La questione climatica è ormai al centro del dibattito pubblico globale. Ma se c’è una fascia della popolazione che si distingue per attivismo e consapevolezza ambientale, è quella dei giovani. Il rapporto tra giovani e clima è oggi più forte che mai: manifestazioni, innovazione e impegno quotidiano testimoniano la volontà concreta di cambiare rotta. Scopriamo come le nuove generazioni stanno plasmando il futuro del pianeta.
Giovani e clima: le radici dell’impegno
Il rapporto tra giovani e clima affonda le sue radici in un contesto formativo e comunicativo in rapida evoluzione. Scuola e social media rappresentano due pilastri fondamentali nello sviluppo della consapevolezza ecologica tra le nuove generazioni.
Educazione climatica nelle scuole
Negli ultimi anni, l’educazione ambientale è diventata parte integrante dei programmi scolastici in molti Paesi, Italia compresa. L’obiettivo è formare cittadini consapevoli e responsabili, capaci di comprendere la complessità della crisi climatica e di agire in modo sostenibile.
Le scuole propongono oggi percorsi multidisciplinari che toccano temi come il riscaldamento globale, la biodiversità, l’inquinamento e le energie rinnovabili. Alcune regioni italiane hanno inserito corsi obbligatori sull’Agenda 2030 e la sostenibilità ambientale già dalla scuola primaria.
Oltre alla teoria, si punta sempre più su metodi esperienziali e partecipativi:
- Workshop pratici su riciclo, compostaggio e risparmio energetico;
- Progetti digitali e gamification, come app per il monitoraggio dell’impronta ecologica;
- Gite didattiche in aree protette o presso impianti di produzione sostenibile.
Tutto ciò stimola una cultura della responsabilità, dove gli studenti diventano ambasciatori dell’ambiente anche al di fuori del contesto scolastico, influenzando famiglie e comunità.
Influenza dei social media
I social media hanno rivoluzionato il modo in cui i giovani comunicano e si attivano per il clima. Canali come Instagram, TikTok, YouTube e X (ex Twitter) non sono solo luoghi di intrattenimento, ma veri strumenti di sensibilizzazione e mobilitazione ecologica.
Grazie ai social, i giovani:
- Diffondono contenuti educativi, come infografiche, video divulgativi, “climate challenge”;
- Creano reti di attivisti, anche transnazionali, facilitando la collaborazione tra studenti, influencer e ONG;
- Organizzano eventi e mobilitazioni, sfruttando gli hashtag per viralizzare proteste e petizioni (#FridaysForFuture, #ActNow, #ClimateStrike).
Alcuni creator si sono affermati come veri e propri eco-influencer, raggiungendo milioni di follower e portando temi come lo zero waste, la moda etica, o la decarbonizzazione al centro del dibattito pubblico giovanile.
Tuttavia, l’ambiente digitale presenta anche sfide: la diffusione di disinformazione, l’eco-ansia alimentata da contenuti allarmisti e l’effetto “bolla” che limita la pluralità dei punti di vista. Serve quindi educazione digitale, per un uso consapevole dei social in chiave climatica.
Fin dalla giovane età, istruzione e media digitali plasmano la coscienza ambientale, facendo dei giovani una generazione chiave per affrontare la crisi climatica globale.
Mobilitazione e attivismo
Quando si parla di giovani e clima, non si può ignorare il ruolo fondamentale della “mobilitazione dal basso”. Dalle piazze delle città alle conferenze internazionali, le nuove generazioni hanno dimostrato una capacità straordinaria di organizzarsi, comunicare e proporre alternative. Il loro attivismo non è solo simbolico: è strategico, strutturato e mirato al cambiamento reale.
Fridays for Future e scioperi globali
Il movimento Fridays for Future (FFF) è nato nel 2018, quando Greta Thunberg, allora sedicenne, ha iniziato a scioperare ogni venerdì davanti al Parlamento svedese per protestare contro l’inazione climatica del governo. Il suo gesto ha ispirato milioni di giovani in tutto il mondo, trasformando uno sciopero solitario in una mobilitazione planetaria.
Oggi, Fridays for Future è attivo in oltre 100 Paesi e organizza periodicamente scioperi globali per il clima, che coinvolgono scuole, università, associazioni e cittadini. Le manifestazioni:
- Richiamano l’attenzione dei media e dei decisori politici;
- Stimolano il dibattito pubblico su transizione ecologica e giustizia climatica;
- Rappresentano momenti di formazione civica e condivisione.
Gli slogan usati (“There is no planet B”, “Act now”) sono diventati icone del movimento. Le richieste dei giovani sono chiare: decarbonizzazione, stop ai sussidi ai combustibili fossili, tutela della biodiversità e un ruolo attivo nei processi decisionali.
Oltre alle piazze, FFF ha ampliato la sua azione online, con campagne virali, infografiche e comunicati ufficiali. L’obiettivo è mantenere alta l’attenzione e costruire un fronte globale, consapevole e organizzato.
Organizzazioni e ONG giovanili
Accanto a Fridays for Future, esistono numerose organizzazioni e ONG guidate da giovani che operano a livello locale, nazionale e internazionale per affrontare l’emergenza climatica con azioni concrete e durature.
Alcuni esempi rappresentativi:
- Youth for Climate: nato come costola francese di FFF, è attivo in diversi paesi europei e promuove azioni dirette, assemblee pubbliche e campagne politiche locali.
- Plant-for-the-Planet: fondato da un bambino tedesco di 9 anni, oggi è una fondazione internazionale che coinvolge giovani in progetti di riforestazione e formazione ecologica.
- YOUNGO: il gruppo ufficiale di giovani della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici (UNFCCC), partecipa a conferenze come la COP e porta le istanze dei giovani nei negoziati internazionali.
Queste realtà:
- Organizzano eventi di sensibilizzazione, come festival, laboratori e incontri pubblici;
- Sviluppano progetti ambientali, come riforestazioni urbane, orti comunitari, monitoraggio della qualità dell’aria;
- Interagiscono con le istituzioni, presentando proposte di legge, partecipando a tavoli tecnici, promuovendo petizioni e referendum locali.
Ciò che accomuna tutte queste iniziative è un approccio intersezionale e collaborativo, che lega la questione climatica a temi come l’equità sociale, i diritti umani e la giustizia intergenerazionale.
Questa mobilitazione non è solo una reazione all’inazione politica, ma un esempio di cittadinanza attiva, che dimostra come i giovani non chiedano semplicemente di essere ascoltati, ma pretendano di essere coinvolti nelle decisioni che riguardano il loro futuro.
Giovani e clima: le soluzioni pratiche
Oltre alla protesta e all’attivismo, molti giovani scelgono di agire in modo concreto per contrastare il cambiamento climatico. Questo impegno si traduce in soluzioni pratiche e quotidiane, ma anche in iniziative imprenditoriali innovative, spesso radicate nei bisogni reali delle comunità. Il risultato è una rete crescente di azioni dal basso, capaci di generare impatto ambientale, economico e sociale.
Startup e innovazione green
Negli ultimi anni è emerso un ecosistema vivace di startup Climatech fondate da giovani, con l’obiettivo di sviluppare tecnologie e servizi per un mondo più sostenibile. Queste imprese non si limitano a vendere prodotti: sono portatrici di modelli economici alternativi, che integrano sostenibilità ambientale, inclusione sociale e innovazione digitale.
Alcuni settori chiave in cui operano le startup giovanili:
- Energia rinnovabile e microproduzione locale, con pannelli solari intelligenti, microturbine e soluzioni di storage accessibili;
- Agricoltura urbana e idroponica, per coltivare cibo a chilometro zero in città, anche in piccoli spazi;
- Economia circolare, con piattaforme per il riuso, il noleggio e il riciclo creativo di abiti, oggetti e materiali;
- Mobilità sostenibile, tramite app per il bike-sharing, la logistica green o la pianificazione di viaggi a basse emissioni;
- Carbon footprint e climate tech, con strumenti per calcolare e compensare le emissioni individuali e aziendali.
Molti progetti nascono in hub universitari, laboratori di innovazione o contesti locali, dove i giovani identificano problemi ambientali specifici – come inquinamento, sprechi alimentari o consumo eccessivo – e li trasformano in opportunità imprenditoriali. Le soluzioni proposte sono spesso scalabili, replicabili e ad alto impatto sociale.
Cambiamenti nello stile di vita
Accanto all’innovazione tecnologica, un numero crescente di giovani sceglie di vivere in modo più sostenibile, adottando comportamenti quotidiani consapevoli che, nel tempo, possono produrre un effetto sistemico.
Tra i principali cambiamenti nello stile di vita:
- Riduzione degli sprechi: attenzione alla quantità di plastica utilizzata, preferenza per prodotti sfusi, riutilizzo e autocostruzione;
- Mobilità attiva: camminare, andare in bici, usare mezzi pubblici o servizi di car-sharing per ridurre le emissioni e il traffico urbano;
- Alimentazione sostenibile: maggiore consumo di alimenti vegetali, stagionali e locali, diminuzione di carne e derivati animali, attenzione agli sprechi alimentari;
- Consumo critico e minimalismo: acquisti più selettivi, attenzione all’etica e alla provenienza dei prodotti, scelte che privilegiano la durabilità e la riparabilità;
- Digitale consapevole: riduzione del tempo online non necessario, utilizzo di servizi cloud a basso impatto energetico, attenzione alla sostenibilità delle criptovalute e delle tecnologie emergenti.
Questi comportamenti vengono spesso condivisi sui social o in comunità digitali, dando origine a movimenti virali come:
- #ZeroWaste
- #SlowLiving
- #MeatlessMonday
- #FridaysForFutureLifeStyle
La logica alla base è chiara: il cambiamento sistemico inizia dal singolo, e l’accumulazione di tante piccole azioni quotidiane può contribuire significativamente alla riduzione delle emissioni e alla diffusione di una cultura ecologica.
La combinazione tra innovazione e trasformazione personale rende i giovani protagonisti di una rivoluzione silenziosa ma potente: un nuovo modello di vita e impresa che sfida i paradigmi consumistici e promuove un equilibrio tra persone, pianeta e progresso.
Giovani e clima: sfide e ostacoli
Nonostante l’entusiasmo, la creatività e l’impegno, i giovani attivisti e imprenditori per il clima devono affrontare numerose barriere strutturali e psicologiche. Il cammino verso un futuro sostenibile è tutt’altro che lineare, e richiede il superamento di ostacoli complessi, spesso legati a dinamiche di potere, limiti normativi e fragilità emotiva.
Difficoltà politiche ed economiche
Una delle principali frustrazioni per i giovani impegnati nella causa climatica è la lentezza delle istituzioni. Nonostante l’urgenza della crisi, le politiche ambientali spesso avanzano a rilento, vincolate da interessi economici, lobby industriali e strategie a breve termine.
Tra gli ostacoli più comuni:
- Normative obsolete o poco flessibili, che rallentano l’adozione di soluzioni innovative (es. burocrazia per installare pannelli solari o avviare progetti di riforestazione urbana);
- Mancanza di incentivi mirati per le startup green, l’imprenditoria giovanile o le comunità energetiche locali;
- Accesso limitato ai finanziamenti, con bandi complessi, requisiti poco inclusivi o fondi inadeguati a sostenere progetti su larga scala;
- Esclusione dai processi decisionali, dove i giovani faticano a ottenere spazio nei tavoli istituzionali o nei piani di sviluppo urbano e nazionale.
Inoltre, molti attivisti denunciano la retorica simbolica delle politiche climatiche: proclami e dichiarazioni d’intenti senza reali ricadute operative. Questo genera sfiducia e frustrazione, soprattutto tra chi chiede azioni concrete e tempestive.
Servono quindi strategie di governance più inclusive, programmi specifici per il coinvolgimento dei giovani e un maggiore investimento nella transizione ecologica guidata dal basso.
Disillusione e burnout climatico
Un’altra sfida sempre più evidente è di tipo emotivo e psicologico: la cosiddetta eco-ansia o burnout climatico. Si tratta di uno stato di stress cronico causato dalla consapevolezza dell’emergenza climatica e dalla percezione che le soluzioni siano lontane o insufficienti.
I sintomi più comuni includono:
- Ansia e frustrazione costante, legate all’inazione politica o alla gravità delle notizie;
- Senso di colpa per non riuscire a fare abbastanza a livello personale o collettivo;
- Disillusione nei confronti della società adulta o delle istituzioni;
- Esaurimento emotivo dovuto al continuo attivismo, spesso vissuto come missione solitaria e totalizzante.
Questo fenomeno colpisce soprattutto chi è profondamente coinvolto, come attivisti, divulgatori o volontari, ma può estendersi anche a chi semplicemente è esposto quotidianamente a contenuti drammatici sul cambiamento climatico attraverso media e social.
Per contrastarlo, è essenziale:
- Normalizzare il disagio emotivo legato alla crisi ambientale, trattandolo come parte del processo di consapevolezza;
- Promuovere il sostegno psicologico e comunitario, attraverso spazi di ascolto, gruppi di mutuo aiuto e percorsi educativi sull’ecologia emotiva;
- Valorizzare i piccoli successi, per contrastare il senso di impotenza e restituire fiducia nel cambiamento;
- Coltivare pratiche rigenerative, come la cura del corpo, il contatto con la natura, l’arte e la mindfulness.
Lottare per il clima significa anche prendersi cura di sé, imparando a gestire le emozioni e a costruire un attivismo più sostenibile nel tempo.
Affrontare queste sfide non è semplice, ma è cruciale per garantire che l’impegno giovanile non si esaurisca, bensì si trasformi in una forza resiliente, organizzata e capace di costruire soluzioni durature per il futuro del pianeta.
Tra ansia ambientale e voglia di agire
Secondo il recente report “Youth perspectives on climate: Preparing for a sustainable future“ pubblicato congiuntamente dal Capgemini Research Institute e da Generation Unlimited dell’UNICEF, la maggior parte dei giovani è seriamente preoccupata per il cambiamento climatico.
Oltre due terzi (67%) dei 5.100 giovani che hanno partecipato al sondaggio – di età compresa tra i 16 e i 24 anni in 21 paesi tra Africa, Americhe, Asia-Pacifico ed Europa – temono per il proprio futuro a causa della crisi climatica, una percentuale in crescita rispetto al 2023 quando un sondaggio di UNICEF USA rilevava che il 57% dei giovani nel mondo soffriva di “eco-ansia”.
L’eco-ansia colpisce soprattutto il Nord del mondo
L’ansia climatica è più diffusa tra i giovani del Nord globale (76%) rispetto a quelli del Sud globale (65%). È inoltre evidente il divario tra aree rurali e urbane: il 72% dei giovani che vivono in aree urbane e suburbane esprime preoccupazione per l’impatto del climate change sul proprio futuro, contro il 58% delle aree rurali.
Ciò che emerge dunque è che i giovani, sia nel Sud che nel Nord del mondo, vogliono far parte della soluzione: molti sono interessati a contribuire alla definizione delle politiche ambientali e a intraprendere una carriera green. Tuttavia, il report evidenzia una preoccupante mancanza di competenze necessarie per affrontare la transizione sostenibile in tutte le sue declinazioni.
Competenze green, la chiave per il futuro sostenibile
I giovani riconoscono l’importanza delle competenze green, ma se il 61% ritiene che queste possano offrire nuove opportunità di carriera, solo il 44% crede di possederle realmente.
Cosa sono le competenze green?
Le competenze green includono sia abilità tecniche o hard skills (come il risparmio energetico o il design sostenibile) sia competenze più trasversali o soft skills legate alla consapevolezza ambientale e all’azione sostenibile. Comprendono, ad esempio:
- Gestione e riduzione dei rifiuti
- Uso efficiente delle risorse
- Conoscenza delle energie rinnovabili
- Comunicazione e advocacy ambientale
Secondo l’OCSE, le competenze in materia di sostenibilità ambientale si basano su una solida preparazione scientifica, sulla comprensione dei cambiamenti climatici, sull’impegno a proteggere l’ambiente, sulla capacità di spiegare problematiche ambientali e sulla motivazione ad agire in modo sostenibile.
OECD, Skills Outlook 2023: Skills for a resilient green and digital transition, 6 novembre 2023
Il divario generazionale e geografico
Dalla ricerca emerge che meno della metà dei giovani a livello globale (44%) ritiene di possedere le competenze green necessarie per avere successo nell’attuale mondo del lavoro. Il divario è particolarmente marcato nelle aree rurali, dove i giovani sono ancora meno preparati rispetto ai coetanei dei centri urbani e suburbani. Le differenze sono significative anche a livello regionale: nel Sud globale, circa sei giovani brasiliani su dieci dichiarano di possedere competenze green, ma in Etiopia solo il 5% si sente preparato.
Rispetto alla precedente ricerca del Capgemini Research Institute del 2023, i giovani di diversi paesi del Nord del mondo sono peggiorati nella propria conoscenza delle competenze green. Tra i giovani della fascia 16–18 anni in Australia, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, il riciclo e la riduzione dei rifiuti restano le competenze più diffuse. Tuttavia, la familiarità con il design sostenibile, l’energia sostenibile e i trasporti sostenibili è significativamente diminuita dal 2023.
Nel Sud del mondo i giovani dimostrano maggiore conoscenza in ambiti come risparmio energetico e idrico, ma hanno meno familiarità con tecnologie climatiche, analisi dei dati e design sostenibile.
Il lavoro green come aspirazione: una scelta di valori
Poco più della metà dei giovani a livello globale (53%) vorrebbe intraprendere una carriera green, con un picco del 64% nel Nord globale. Questo dato riflette la volontà di allineare i propri valori ambientali alla sfera lavorativa.
La transizione verso un’economia sostenibile offre nuove professioni, ma la formazione attuale non è sufficiente. I giovani chiedono:
- Accesso a corsi di formazione mirati
- Percorsi professionali chiari nel settore ambientale
- Stage e opportunità concrete nel mondo green
Giovani e clima: come colmare il divario di competenze
Nonostante l’ansia e le difficoltà, i giovani non si arrendono. Il 71% pensa che dovrebbero avere un ruolo attivo nella definizione delle politiche ambientali, ma solo il 47% crede che le proprie opinioni vengano davvero ascoltate dai leader politici e aziendali.
“I giovani sono pienamente consapevoli delle sfide urgenti poste dal cambiamento climatico, ma è evidente che vogliono anche essere parte attiva della soluzione”, ha dichiarato Alessandra Miata, CSR Director di Capgemini in Italia. “Dobbiamo aiutarli a trasformare la loro passione in azioni concrete, investendo nelle competenze green. Questo report evidenzia quanto sia cruciale che imprese, governi e istituzioni educative collaborino per colmare il divario di competenze, valorizzare le voci giovanili e creare percorsi verso carriere green e di successo.”
Raccomandazioni concrete per governi e aziende
Il report invita i decisori politici a sostenere i giovani nello sviluppo di soluzioni climatiche e di competenze green. Le raccomandazioni includono l’integrazione dell’educazione ambientale nei curricula, l’ampliamento dell’accesso a corsi di formazione, l’allineamento tra obiettivi climatici e strategie occupazionali giovanili.
Le aziende, invece, potrebbero contribuire creando percorsi per lavori green, investendo in iniziative guidate dai giovani e includendo le loro voci nelle strategie CSR, ESG e climatiche per favorire la fiducia e l’innovazione sostenibile.
Iniziative globali: il caso di Green Rising
Movimenti globali come Green Rising, guidato da Generation Unlimited con il supporto di con di partner pubblici e privati, tra cui Capgemini, puntano a supportare 20 milioni di giovani entro il 2026. L’obiettivo? Offrire loro strumenti e competenze per diventare veri attori del cambiamento, attraverso:
- Formazione
- Advocacy
- Progetti di impatto locale
- Lavoro retribuito nel settore green
“I giovani stanno progettando soluzioni per il clima: stanno ideando e implementando risposte innovative ai problemi climatici che affliggono le loro comunità”, ha affermato Kevin Frey, CEO di Generation Unlimited presso UNICEF. “Green Rising, con la sua rete di partner pubblici e privati, supporta i giovani fornendo loro le competenze e le opportunità necessarie per agire in questo senso, creare imprese ecologiche, accedere a lavori sostenibili e sviluppare soluzioni green.”
I giovani vogliono fare la differenza nella lotta al cambiamento climatico. Ma senza formazione adeguata e spazi di partecipazione, il rischio è che l’entusiasmo si trasformi in frustrazione. Investire nelle competenze green e valorizzare le loro idee non è solo una necessità ambientale: è un’opportunità sociale ed economica per costruire un futuro più equo e sostenibile.
Il futuro del movimento climatico giovanile
Il movimento giovanile per il clima non è un fenomeno passeggero: sta evolvendo e maturando, diventando una componente sempre più integrata nelle dinamiche sociali e politiche. Dopo le manifestazioni di piazza e le campagne online, si apre ora una nuova fase: quella della costruzione, della proposta concreta e della collaborazione trasversale. Il futuro del movimento dipenderà dalla capacità dei giovani di dialogare, influenzare e co-creare politiche durature.
Verso un’alleanza intergenerazionale
Uno dei passi più promettenti verso un futuro sostenibile è la costruzione di ponti tra generazioni. Se all’inizio il movimento giovanile per il clima si è definito anche in contrapposizione alle generazioni precedenti — accusate di immobilismo o di aver causato il problema — oggi cresce la consapevolezza che solo un’azione collettiva e intergenerazionale può essere davvero efficace.
L’alleanza tra giovani e senior si basa su elementi complementari:
- La determinazione e la visione innovativa delle nuove generazioni;
- L’esperienza, la rete e le competenze tecniche di chi lavora da anni nei settori della politica, dell’economia e della scienza;
- L’urgenza condivisa di proteggere il futuro dei figli e delle generazioni future.
Numerosi esempi concreti dimostrano che questo dialogo è già in atto:
- Progetti comunitari intergenerazionali su mobilità sostenibile, orti urbani o riforestazione;
- Formazioni congiunte tra esperti climatici e giovani attivisti;
- Tavoli di co-progettazione per il clima in ambito municipale, scolastico o aziendale.
Iniziative come Elders for Climate Action o reti ibride nate durante le COP (Conference of the Parties) promuovono proprio questa sinergia. Perché se il cambiamento climatico riguarda tutti, le soluzioni devono essere costruite insieme.
La spinta verso policy concrete
Negli ultimi anni, i giovani attivisti hanno compreso che la mobilitazione è solo il primo passo: per cambiare davvero il sistema, bisogna incidere sulle leggi, sulle regole e sui piani strategici. Da qui nasce un nuovo filone del movimento climatico giovanile: l’azione istituzionale e la pressione politica strutturata.
Tra le richieste più urgenti portate avanti dalle reti giovanili:
- Obiettivi net-zero vincolanti, con roadmap chiare verso la neutralità climatica entro il 2050 (o prima);
- Divestimento dai combustibili fossili, con la fine dei sussidi pubblici e il reinvestimento in energie rinnovabili;
- Transizione energetica giusta, che garantisca equità sociale, nuovi posti di lavoro e accesso democratico all’energia pulita;
- Tutela della biodiversità e dei territori vulnerabili, con attenzione agli effetti climatici sulle comunità marginalizzate.
Sempre più giovani partecipano attivamente a:
- Consigli comunali e consulte ambientali;
- Assemblee cittadine sul clima (climate citizens’ assemblies);
- Consultazioni pubbliche europee su Green Deal, agricoltura, trasporti e fondi NextGenerationEU;
- Processi legislativi internazionali, grazie a piattaforme come YOUNGO, che dà voce ai giovani nei negoziati ONU.
In molti casi, il contributo dei giovani è anche tecnico: portano dati, analisi, proposte legislative scritte e campagne ben strutturate, con competenze che spaziano dalla giurisprudenza ambientale alla comunicazione politica.
Il futuro del movimento giovanile per il clima sarà determinato dalla sua capacità di trasformare la protesta in proposta, di costruire coalizioni solide, e di spingere per un cambiamento legislativo reale e misurabile. È il momento di passare dal “perché” al “come”, e i giovani hanno già cominciato a farlo.
Giovani e clima, un binomio indispensabile
Nel panorama globale della lotta contro il cambiamento climatico, i giovani occupano un ruolo sempre più centrale e insostituibile. Non si limitano ad essere semplici osservatori del disastro ecologico in atto: ne sono protagonisti attivi, consapevoli e determinati. Che si tratti di mobilitarsi nelle piazze, innovare con progetti sostenibili o influenzare decisioni politiche, la loro voce è diventata una delle più autorevoli e ascoltate a livello internazionale.
I giovani sono motore di cambiamento: pongono domande scomode, chiedono responsabilità, rifiutano il compromesso con modelli economici inquinanti e propongono alternative fondate su giustizia sociale, equità intergenerazionale e tutela ambientale. Ma sono anche catalizzatori culturali, capaci di diffondere nuovi stili di vita attraverso i social media, la scuola, l’arte e l’attivismo digitale.
Inoltre, rappresentano un serbatoio di innovazione concreta: le loro idee danno forma a startup green, tecnologie low-carbon, comunità energetiche locali e iniziative collettive capaci di incidere nei territori.
Ciò che li distingue è la combinazione unica tra urgenza etica, competenza tecnica e visione a lungo termine. In un mondo dove le crisi ambientali si moltiplicano, la loro energia è indispensabile per riorientare le priorità delle istituzioni, delle imprese e della società.
Per questo motivo, giovani e clima formano un binomio strategico e non negoziabile: investire nel loro potenziale, ascoltarli nei processi decisionali e affiancarli nella costruzione di soluzioni sistemiche è oggi una delle sfide più importanti — e promettenti — per garantire un futuro davvero sostenibile per tutti.
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