La Commissione europea ha adottato un nuovo quadro di aiuti di Stato a sostegno del Clean industrial deal (Clean industrial solutions and aid framework, Cisaf), per consentire agli Stati membri di promuovere lo sviluppo dell’energia pulita, della decarbonizzazione industriale e della tecnologia pulita. Le norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato servono a evitare che il sostegno pubblico porti un’azienda a ottenere un vantaggio distorsivo rispetto ai suoi concorrenti. Il Cisaf stabilisce dunque le condizioni alle quali i Paesi comunitari possono concedere un sostegno a determinati investimenti e obiettivi in linea con le norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato. Nell’ambito della disciplina, la Commissione autorizzerà i regimi di aiuto introdotti dagli Stati membri per promuovere l’industria green, consentendo la rapida introduzione di aiuti individuali.
Il nuovo quadro di aiuti di Stato rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2030, garantendo agli Stati membri e alle imprese una prevedibilità a lungo termine e uno strumento in più per competere con la concorrenza cinese e statunitense, dove l’energia ha costi largamente inferiori. Come dice Joachim Schmitz-Brieber del think tank Epico circa le novità introdotte circa le sovvenzioni per i consumi di energia, «è degno di nota che la Commissione sia disposta a consentire una compensazione per spese operative di questa portata. Fino ad ora, ciò era concepibile solo in casi assolutamente eccezionali». L’iniziativa, aggiunge, dà il senso di «quanto seriamente Bruxelles apparentemente prenda il rischio della delocalizzazione industriale.
In particolare, il Cisaf agisce semplificando le norme sugli aiuti di Stato in cinque aree principali. Ovvero: l’introduzione delle energie rinnovabili e dei carburanti a basse emissioni di carbonio; l’alleggerimento temporaneo dei prezzi dell’elettricità per gli utenti ad alta intensità energetica per garantire la transizione verso un’elettricità pulita a basso costo; la decarbonizzazione degli impianti di produzione esistenti; lo sviluppo della capacità produttiva di tecnologie pulite nell’Ue; la riduzione del rischio degli investimenti in progetti di energia pulita, decarbonizzazione, tecnologie pulite, infrastrutture energetiche e progetti a sostegno dell’economia circolare.
Come ha sottolineato la vicepresidente esecutiva della Commissione europea e responsabile per la Concorrenza, Teresa Ribera, con questo nuovo quadro viene offerto un ulteriore strumento ai Paesi Ue «per investire nella decarbonizzazione»: «Vogliamo modernizzare l’economia e fare in modo che sia competitiva e che dia impulso alla prosperità sociale», ha detto presentando il nuovo testo. «Dobbiamo aggiornare la capacità di produrre tecnologia pulita, sviluppare fonti energetiche accessibili, pulite e più affidabili e garantire un’industria più competitiva e decarbonizzata. Ma è importante sottolineare che con questo quadro intendiamo accelerare gli investimenti e garantire una decarbonizzazione più rapida e agevole della nostra economia, tenendo conto che per utilizzare le risorse pubbliche dobbiamo assicurarci che vengano impiegate in modo efficiente e che vadano nella direzione dei nostri grandi progetti europei, in modo da garantire che non si interrompa il funzionamento del mercato unico, sottolineando l’approccio dell’Europa pensante, e che si riesca a garantire che non ci sia un impatto negativo in termini territoriali. Il ruolo dello Stato può essere quello di un regolatore, ma anche di un investitore, che facilita le cose. E se vogliamo diventare competitivi e decarbonizzati, se vogliamo contare su una società giusta, su un modo equo di produrre ricchezza, è importante alimentare l’energia pulita e flessibile. È importante garantire che possiamo rimanere innovativi e trattenere i talenti. È importante affiancare il settore tradizionale per facilitare questa decarbonizzazione. Vogliamo guidare questo processo e garantire che si possa contare su investimenti privati che scommettono sull’Europa, assicurando al contempo che il mercato unico diventi e rimanga una fonte di coesione, progresso sociale, prosperità e concorrenza leale».
Come sottolinea Ribera, il nuovo quadro stabilisce regole chiare che danno prevedibilità agli investimenti, «fornisce salvaguardie per garantire condizioni di parità e solidarietà territoriale» e concorre all’obiettivo di «ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili per proteggerci dalla volatilità dei prezzi e dai rischi geopolitici, per fornire prezzi dell’energia più stabili e accessibili».
Il nuovo quadro di aiuti di Stato non riceve però giudizi positivi a 360 gradi. «Sebbene il Cisaf sostenga gli investimenti verdi e richieda giustamente ai beneficiari di fondi pubblici di contribuire direttamente alla transizione verde, lascia ancora delle scappatoie che permettono ai governi dell’Ue di finanziare il gas fossile e tecnologie costose e non provate come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs). Le sovvenzioni non devono servire a coprire le carenze normative e devono essere vincolate a condizioni ambientali e sociali vincolanti. Il denaro pubblico non deve diventare un’ancora di salvezza per i ricchi inquinatori con il pretesto di una transizione verde», spiega Riccardo Nigro, senior policy officer per l’Industria a inquinamento zero dell’European environmental bureau (Eeb). Tra le criticità del testo, la rete di associazioni e Ong cita il fatto che «i costi dell’inquinamento sono ignorati», che «il denaro pubblico può sovvenzionare gli inquinatori senza tenere conto dei costi ambientali e sanitari che essi comportano», che l’interesse pubblico non è garantito perché «gli aiuti dovrebbero essere chiaramente legati agli obiettivi ambientali e di autonomia strategica dell’Ue, ma il quadro rivisto lascia troppo spazio all’interpretazione». Non solo. L’Eeb nota che il gas fossile è ancora ammissibile, che i requisiti per la Ccs non garantiscono che «i progetti siano l’ultima risorsa o che non ostacolino alternative più efficaci come l’efficienza o l’elettrificazione». E poi ci sono «sussidi per l’elettricità non mirati all’ambiente» perché «le misure di riduzione dei prezzi (art. 112) si applicano indipendentemente dal fatto che l’elettricità provenga da fonti pulite o fossili» e gli obiettivi sociali e circolari non sono vincolanti: «Il quadro normativo si limita a incoraggiare gli Stati membri a includere condizioni ambientali e sociali».
È sulla stessa linea ma con una posizione in qualche modo più aperturista è Can Europe, che sottolinea che gli aiuti di Stato possono essere «il motore principale per la decarbonizzazione industriale» e giudica «nel complesso positivo» che siano state poste forti condizioni climatiche e barriere di sicurezza all’alleggerimento delle bollette elettriche per l’industria all’interno del quadro normativo. «Sebbene sia molto preoccupante che il gas fossile e i combustibili a basse emissioni di carbonio siano ammissibili agli aiuti di Stato – sottolinea la rete di Ong e associazioni ambientaliste – la menzione di un obiettivo di eliminazione graduale del gas nel 2040 è un passo positivo, ma deve essere applicato dagli Stati membri per garantire che i beneficiari siano ritenuti responsabili».
Più critico il commento della Fead (European waste management association) che evidenzia il fatto che «contrariamente a quanto richiesto», le misure di economia circolare non sono state incluse in questo nuovo quadro di aiuti di Stato: «Al contrario, il Cisaf afferma che le misure a sostegno dell’economia circolare possono già essere concesse nell’ambito delle discipline esistenti. Dice Paolo Campanella, che è il segretario generale di questa associazione europea che rappresenta l’industria privata della gestione dei rifiuti e delle risorse: «Gli attuali aiuti di Stato non sono purtroppo sufficienti. Anche se l’ambizione del Clean Industrial Deal è quella di fare dell’Ue il leader mondiale dell’economia circolare entro il 2030, l’industria del riciclo nell’Ue è sottoposta a gravi pressioni economiche per diversi motivi, tra cui gli elevati costi energetici. Ci rammarichiamo quindi profondamente che il Cisaf stia ancora una volta limitando le opzioni di sgravi temporanei sui prezzi dell’elettricità alle industrie ad alta intensità energetica. Le industrie manifatturiere coperte da tali opzioni di sgravio dei prezzi dell’elettricità possono beneficiare di una riduzione dei prelievi energetici, mentre l’industria del riciclaggio che produce materiali riciclati per la produzione è esclusa».
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