Il dibattito sull’intelligenza artificiale è continuamente alimentato da nuove, spesso stupefacenti applicazioni consumer che hanno catturato l’immaginario collettivo, dagli assistenti conversazionali ai sempre più realistici generatori di immagini e video. Esiste però una frontiera di questa tecnologia che si muove su binari differenti, caratterizzata da metriche di successo radicalmente diverse: è l’AI industriale: un dominio dove l’errore non è un’opzione perché sono in gioco la sicurezza delle persone, l’efficienza di una linea produttiva e la solidità di investimenti milionari.
A tracciare una linea di demarcazione netta è Floriano Masoero, CEO di Siemens Italia, azienda che ha posto la fusione tra reale e digitale al centro della sua strategia. “L’intelligenza artificiale industriale e quella consumer sono due mondi diversi“, afferma Masoero. “Quella consumer può permettersi delle ‘allucinazioni’. Se un’AI consiglia un ristorante sbagliato, il disagio è minimo. Ma se un errore viene commesso nella progettazione di una fabbrica o nella gestione di un processo critico, le conseguenze possono essere gravissime“.
L’affidabilità, il primo grande spartiacque
La prima, fondamentale, differenza risiede quindi nel concetto di affidabilità. L’AI industriale deve essere robusta, prevedibile e sicura a un livello che non è richiesto nel mondo consumer. Un requisito che si traduce nella necessità di ottenere certificazioni di sicurezza e di rispettare normative stringenti e che innalza enormemente la complessità dello sviluppo e dell’implementazione: non si tratta solo di addestrare un algoritmo su un dataset, ma di integrarlo in sistemi complessi dove operano persone e macchinari, garantendo che ogni sua decisione sia tracciabile e spiegabile.
Questa esigenza di robustezza si scontra con una realtà complessa. Dati recenti di Boston Consulting Group e Forrester indicano una diffusa diffidenza: oltre il 40% delle aziende a livello globale ritiene che l’intelligenza artificiale non sia ancora abbastanza affidabile per un impiego su larga scala. A questo si aggiunge un evidente e preoccupante divario di competenze. “Il 92% delle imprese lamenta la difficoltà nel reperire professionalità necessarie a sviluppare e gestire progetti di AI”, sottolinea Masoero. “Questa carenza non riguarda solo i data scientist, ma anche ingegneri e tecnici in grado di creare un ponte tra mondo operativo e digitale“.
La sfida della scalabilità e la delusione dei progetti pilota
Un altro fattore di forte differenziazione tra AI consumer e industriale è la scalabilità. Molte aziende approcciano l’intelligenza artificiale trattandola come un progetto IT tradizionale. Si inizia con un “proof of concept” su un perimetro limitato, spesso con risultati incoraggianti. Il problema sorge quando si tenta di estendere la soluzione all’intera organizzazione. È qui che la maggior parte delle iniziative si arena, finendo col diventare solo delle isole di innovazione.
Secondo Masoero, la ragione di questo fallimento sistematico risiede in un approccio sbagliato. “Partire ogni volta da zero, costruendo soluzioni su misura senza un’infrastruttura standardizzata, rende la scalabilità quasi impossibile. È un approccio che genera un enorme debito tecnologico“. Il risultato è una profonda insoddisfazione. “Solo il 16% delle aziende che hanno introdotto l’AI si dichiara pienamente soddisfatto. Significa che oltre l’80% non raggiunge gli obiettivi sperati, un dato che testimonia un cimitero di progetti pilota promettenti ma mai decollati”.
La risposta di Siemens: infrastruttura, software e prodotti
Per superare queste barriere, Siemens ha sviluppato un approccio strategico che poggia su tre pilastri. L’obiettivo è trasformare l’intelligenza artificiale da un complesso esercizio di consulenza a una tecnologia accessibile e scalabile.
Un’architettura hardware e software integrata
Il primo pilastro è la creazione di un’infrastruttura tecnologica che combina hardware e software in modo sinergico. La potenza non risiede nei singoli componenti, ma nell’integrazione basata su PC industriali dotati di capacità di calcolo avanzate che permettono di eseguire algoritmi di AI direttamente a bordo macchina (edge computing). Si tratta di un approccio che riduce drasticamente la latenza e che garantisce anche la sovranità e la sicurezza dei dati – due “effetti collaterali” particolarmente importanti in questo momento storico. A questo si affianca la Siemens AI Suite, una piattaforma software che standardizza gli strumenti di sviluppo e gestione.
Dalla consulenza al prodotto: il caso di Inspecto
Il secondo e forse più innovativo pilastro è la “prodottizzazione” dell’intelligenza artificiale. “Invece di vendere progetti complessi, offriamo applicazioni AI pronte all’uso, che il cliente può configurare in autonomia”, spiega Masoero. “L’esempio più calzante è Inspecto, una soluzione per il controllo qualità visivo. Il cliente non sviluppa un modello AI da zero, ma implementa una soluzione standardizzata e pre-addestrata, rendendo la tecnologia accessibile e riducendo drasticamente tempi e costi”.
Il futuro? È degli agenti orchestratori
Guardando al futuro (prossimo), Masoero individua una tendenza chiara: l’avvento degli “agenti AI“ organizzati. Non più quindi singole applicazioni isolate, ma un vero e proprio ecosistema di agenti software specializzati che collaborano tra loro. “A coordinarli ci sarà un ‘orchestratore’, un’intelligenza artificiale di livello superiore con un ruolo simile a quello di un medico di base: riceve una richiesta, la analizza e la affida agli ‘specialisti’ più adatti a risolverlo”.
È un modello che promette di automatizzare processi complessi e interfunzionali, liberando le risorse umane per attività a più alto valore aggiunto come la strategia e l’innovazione.
Un nuovo paradigma per la leadership
Questa evoluzione tecnologica impone un cambiamento profondo anche nei modelli di management.
“I manager di domani non gestiranno più solo persone, ma team ibridi composti da esseri umani e agenti AI”, prevede Masoero. “Dovranno quindi evolvere da supervisori a progettisti di sistemi. Il loro ruolo sarà meno basato sul controllo diretto e più sulla capacità di dare una direzione chiara, lasciando che il flusso di lavoro, orchestrato dall’AI, proceda in modo flessibile. Servirà la capacità di fidarsi della tecnologia, potenziando al contempo le capacità unicamente umane del proprio team: creatività e pensiero critico”.
L’Italia protagonista
E l’Italia? Secondo Masoero ha l’opportunità di giocare un ruolo da protagonista. Il know-how manifatturiero e una radicata cultura dell’innovazione costituiscono un terreno fertile. La democratizzazione dell’accesso a queste tecnologie permette anche alle aziende più agili di trarne beneficio. “Il momento per agire – conclude Masoero – è adesso”.
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