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Maria Grazia Bizzarri: (Italiaonline): “La sfida dell’AI per le imprese non è tecnica: è etica ed organizzativa”


Intervista a Maria Grazia Bizzarri, Chief human resources and facilities officer Italiaonline

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Per la rubrica di Fortune Italia con Digit’Ed, intervistiamo Maria Grazia Bizzarri. Attraverso la sua pluriennale esperienza nella funzione HR di grandi imprese, ci facciamo accompagnare nel suo approccio chiaro, determinato e prospettico sulle sfide presenti nella agenda sua ma più in generale della funzione HR: lavorare con l’intelligenza artificiale, valorizzare la nuova generazione, rinnovare l’approccio al cambiamento.

Siete un’organizzazione che ha la tecnologia e il digitale nel proprio Dna. Come state vivendo la rivoluzione in corso di lavorare con un’intelligenza artificiale sempre più pervasiva?

L’intelligenza artificiale, per noi di Italiaonline, è già una realtà concreta e operativa. È uno strumento che permea il nostro modo di fare business, creando valore per i clienti e rendendo più efficienti ed efficaci i processi interni. Vi condivido alcuni esempi fattuali che riguardano le diverse anime della nostra azienda.

Il primo riguarda “Bizpal”, azienda del Gruppo dove l’intelligenza artificiale viene adottata per supportare i nostri professionisti. Lo speech to text consente di trasformare automaticamente le chiamate dei clienti in testo, evidenziando parole chiave, che vengono subito elaborate, così da garantire una efficace interazione con i clienti.

Il secondo esempio è legato ai nostri magazine digitali – come DiLei, SiViaggia, Qui Finanza e Virgilio Motori – dove il combinato di dati e AI supporta i nostri esperti nella creazione di contenuti per rendere l’esperienza degli utenti più personalizzate e interessante. I contenuti generati dall’AI costituiscono una base di lavoro che viene rivista e rielaborata dalle nostre redazioni, garantendo la protezione della proprietà intellettuale.

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Un ultimo esempio riguarda la nostra Digital Factory, dove l’AI è in grado di realizzare schede tecniche e siti web più semplici, lasciando a cura delle persone la costruzione di siti web a maggiore complessità.

Tutto ciò determina una riflessione su diversi temi. Innanzitutto, l’etica: abbiamo scelto di stabilire fin da subito che l’AI debba essere un supporto per le persone, e non un mezzo per monitorare.

Pertanto, abbiamo siglato con le organizzazioni sindacali il protocollo sulla gestione etica dei sistemi, dei processi e delle informazioni derivanti dall’uso dell’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di utilizzarne le potenzialità tecnologiche tutelando la dignità di lavoratori/lavoratrici e prevenendo la finalità di controllo della prestazione.

La responsabilità sociale d’impresa: l’evoluzione di ruoli ha portato l’azienda a internalizzare attività a valore aggiunto, garantendo il perimetro occupazionale. In tale processo abbiamo preso in considerazione l’intera catena del valore, identificato i potenziali rischi sociali e tutelato i partner, ridistribuendo equamente la fornitura di servizi.

La valorizzazione e lo sviluppo delle competenze: l’adozione dell’AI sta ridefinendo i ruoli professionali, richiedendo competenze tecniche avanzate e trasversali differenti nel tempo. Tale cambiamento implica l’investimento di risorse economiche e tempo nella formazione continua per rimanere competitivi sul mercato del lavoro.

Per quanto concerne il ruolo dell’HR in questo contesto, è stato fondamentale comprendere al meglio il business e partecipare alle sue conversazioni fin dall’inizio delle progettualità basate su AI. Il percorso di adozione e integrazione dell’intelligenza artificiale non è lineare, bisogna avere l’onestà di riconoscere che non si hanno tutte le risposte e richiede la capacità di sperimentare e farsi domande su domande.

Uno dei paradossi fra domanda ed offerta di lavoro è quello nello sviluppo commerciale. Perché non prepariamo giovani a questo ruolo, se così richiesto dalle aziende? So che avete deciso di fare innovazione su questo tema.

Quello dell’avvicinamento delle nuove generazioni a professioni che spesso non conoscono o che non vogliono svolgere è un tema rilevante. Un esempio: l’agente di commercio. Molte aziende hanno una rete di vendita – nel nostro caso contiamo 700 agenti – ma l’età media è alta e non c’è ricambio generazionale.

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Ci siamo chiesti: perché i giovani non si avvicinano a questa professione? Uno: perché non la conoscono, in quanto non esiste una scuola che insegna a fare il commerciale. Due: per via della partita Iva che spesso spaventa le famiglie che tendono a scoraggiare questa strada, temendo la precarietà, senza comprendere i benefici del regime fiscale forfettario ed i valori tempo/guadagno offerti.

Pertanto, ci siamo domandati: come possiamo attrarre i giovani alle vendite? È nata dunque un’Academy che li affianca sin da prima dell’assunzione: una giornata in filiale per sperimentare il ruolo, poi un percorso formativo di un anno – 20% teoria, 40% simulazione e 40% messa in pratica – Si impara subito il metodo di vendita, che si sperimenta già a partire dalla seconda settimana. Si studiano prodotti, strumenti e si lavora sulla gestione dei clienti; alla fine, si ottiene una certificazione attraverso il gruppo Digit’Ed. Per questo stiamo valutando di portare questo modello anche sul mercato.

Per far superare la paura del contratto a partita Iva, abbiamo pensato a una soluzione di natura contrattuale ‘‘ibrida’’: 30% da dipendenti, il resto come agenti. Questa proposta è stata accolta positivamente dalle organizzazioni sindacali in quanto consente ai giovani di avere tutele, flessibilità e la possibilità di lavorare per obiettivi, svolgere ruoli complementari (come formazione o selezione), e costruirsi così una professionalità completa.

Sviluppare questo approccio non è stato facile: all’inizio ci dicevano che “non si poteva fare”, ma abbiamo insistito.

Mi piace dire che “lo stesso cambiamento è cambiato”. Quale la sfida della funzione HR in questo contesto incerto, complesso, altamente variabile?

Sia sull’AI che sui giovani, abbiamo scelto di mettere in discussione lo status quo, accettando l’imperfezione e rischiando. Le risorse umane devono lasciarsi interrogare dalla realtà che cambia perché non serve avere tutte le risposte ma – come già detto – farsi le domande giuste, insieme.

Bisogna essere immersi nella realtà, coglierne gli stimoli e trasformarli in opportunità. Le figure HR devono aiutare le persone a non temere il cambiamento, accompagnandole e coinvolgendole. Come? Entrando nelle conversazioni di business, alzando lo sguardo, ponendo domande e ascoltando quelle poste.

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Il concetto di sistema è la sfida: in un contesto dominato da Kpi e obiettivi a breve termine, le HR devono guardare anche al domani, agendo come mediatori tra la realtà e l’organizzazione. Solo così si può promuovere un cambiamento reale e sostenibile.

L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia del giugno 2025 (numero 5, anno 8)



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