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La gestione degli assortimenti e degli spazi espositivi, intervista a Stefano Barzaghi di Axiante


La biodiversità alimentare italiana si riflette in una complessa gestione degli assortimenti. Il punto di vista del project manager Axiante Stefano Barzaghi

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La biodiversità alimentare italiana che si riflette in assortimenti sempre più ricchi, complicati dalla presenza di prodotti locali, pone ancor più che in altri Paesi la sfida dell’automazione dei processi. Non si tratta solo di alleggerire il lavoro dei buyer e category, o del personale che allestisce i punti di vendita, quanto di affrontare concretamente la gestione di una mole di dati ormai non più afferrabile dal singolo operatore, per quanto esperto, sfruttandone gli indubbi vantaggi, a cominciare dal processo decisionale. Obiettivo: migliorare le performance e ragionare, anche insieme all’industria di marca, sui numeri invece che sulle sensazioni. Parliamo di gestione degli assortimenti e degli spazi espositivi con Stefano Barzaghi, project manager di Axiante.

La gestione degli assortimenti e degli spazi espositivi secondo Axiante

gestione assortimenti Axiante
Stefano Barzaghi, project manager di Axiante

È pensabile rinunciare alla tecnologia per la gestione di assortimenti e spazi espositivi?
Direi di no, a causa della crescente complessità: assortimenti di profondità e ampiezza enorme, referenze e cicli di prodotti ad altissima rotazione, una domanda che cambia con frequenza elevata, continue promozioni, diversificazione dei formati dei punti vendita. Certamente occorre rivolgersi a strumenti adeguati in base al target e alla dimensione dell’azienda, ma almeno un primo step di automazione di alcuni processi è indispensabile.

Quali processi dovrebbero essere coinvolti?
L’automazione della distribuzione dei planogrammi nei punti di vendita, del lifecycle, l’elaborazione in forma automatica o semi automatica di proposte di ottimizzazione dell’assortimento ma anche l’assesment e il controllo dell’esecuzione della strategia. Tutti questi aspetti non possono più essere lasciati all’esperienza e azione del singolo se si vuole ottimizzare lo spazio a scaffale renderlo più performante e profittevole, migliorando nel contempo l’esperienza del cliente e la gestione degli stock. Sviluppare questo approccio, più in generale, può supportare anche un cambiamento culturale nelle aziende retail, aiutandole a ragionare sui numeri invece che sulle sensazioni e sullo storico, e stimolandone la propensione al cambiamento, In prospettiva, può dare anche vita a nuovi punti di contatto tra industria e distribuzione, così che possano lavorare in tandem traendone benefici reciproci, oltre che vantaggi per il consumatore.

Dal vostro osservatorio, qual è il livello tecnologico del mercato italiano?
Axiante lavora nel mondo retail con aziende di ogni dimensione, dalle più grandi alle più piccole associate a insegne. Ovviamente le insegne nazionali sono quelle più strutturate e che hanno già adottato soluzioni avanzate di category management, anche se non necessariamente usano tutte le funzionalità di questi strumenti software per migliorare assortimenti ed esposizioni.
Anche le medie imprese si stanno affacciando a queste soluzioni passando da sistemi home made a soluzioni enterprise  più evoluti, optando per proposte scalabili – e quindi in grado di seguire la crescita dell’impresa nel tempo -, accessibili economicamente e con impatti limitati sulla struttura IT. Diversamente nelle aziende più piccole prevale tuttora una gestione poco strutturata, anche se oggi ci sono soluzioni freeware che con una spesa minima e la formazione di una persona in azienda, permetterebbero anche a queste realtà di avviare processi di category management. In sintesi, il livello tecnologico sta crescendo, anche se a velocità diverse.

La tecnologia è quindi alla portata di tutte le aziende?
Le dimensioni aziendali influenzano l’adozione dei software di planogrammazione, ma per i retailer di piccole dimensioni, l’investimento più significativo riguarda in realtà la formazione del personale piuttosto che la tecnologia stessa. Fortunatamente, molti giovani laureati possiedono già competenze in questo ambito. Alle medie e grandi aziende del settore retail, i fornitori offrono soluzioni scalabili con modelli di prezzo flessibili, accessibili a diversi budget. Al contrario, a mio avviso, è l’industria di marca, in particolare le grandi aziende, a investire ancora poco in queste tecnologie. Nonostante siano strumenti strategici per l’ottimizzazione della disposizione dei prodotti, spesso è considerata accessoria e affidata quindi a figure junior o stagisti, senza un vero sviluppo competenze solide e strutturate all’interno dell’organizzazione. La complessità di questi software indubbiamente non aiuta, ma le potenzialità offerte in termini di efficienza operativa e incremento di sell-out/redditività giustificano l’investimento anche da parte dell’Idm. Inoltre, l’integrazione di funzionalità avanzate grazie all’AI, contribuirà a rendere questi tool sempre più intuitivi e accessibili.

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Come si inserisce l’intelligenza artificiale (Ai) in questi strumenti?
L’intelligenza artificiale potrebbe essere integrata in maniera marcata nelle tecnologie per il category management, soprattutto in alcune aree. Dico potrebbe perché è un’integrazione tuttora in divenire. Ma, per esempio, nell’ottimizzazione dei planogrammi basati su banche dati molto ricche, eviterebbe grande parte del lavoro di analisi e proporrebbe una base di partenza ottimale. Oppure nell’ottimizzazione degli assortimenti, l’AI potrebbe migliorare gli algoritmi già in uso grazie all’identificazione delle correlazioni tra prodotti su grandi basi dati, si potrebbero identificare i prodotti che generano cannibalizzazione di fatturato, così da concentrarsi sui prodotti veramente incrementali o i segmenti a più elevata probabilità di crescita. Operazioni che un essere umano non può fare. E ancora, nell’ambito del riconoscimento per immagini per le verifiche sui planogrammi, la AI può imparare a dagli errori dando in tempo reale suggerimenti di miglioramento e modifica del facing, evitando per esempio rotture di stock o duplicazioni. Questi sono solo alcuni esempi.

C’è anche un’ambiguità di fondo rispetto a cosa si intende per AI…
Per sua natura, l’AI dovrebbe essere in grado di apprendere dai dati per formulare previsioni e offrire raccomandazioni su una base dati adeguata. Diversamente, si rimane nell’ambito delle attuali piattaforme caratterizzate da algoritmi anche avanzati ma deterministici, ovvero si limitano a seguire regole predefinite e non su un apprendimento continuo vero e proprio. Certamente, le potenzialità dell’intelligenza artificiale sono molto ampie e investiranno anche questo ambito con due modalità. Da un lato, l’AI può essere integrata direttamente all’interno di questa tipologia di applicazioni, diventandone parte integrante. Dall’altro, può operare come uno strumento esterno, collaborativo, simile a come oggi funziona una chatbot: separata dall’applicazione ma in grado di interagirvi in modo “intelligente”.

A che punto siamo dunque con l’integrazione della AI nei software di category management?
Come già accennato, l’integrazione della AI, soprattutto nei software di automazione dei planogrammi, procede ma lentamente, anche da parte dei grossi vendor. Probabilmente questo è legato agli enormi investimenti in ricerca e sviluppo che sono necessari. Possiamo dire di essere in attesa di mettere alla prova la grande scommessa della AI e di vederne i frutti in termini soprattutto di semplificazione e automazione. Questo tipo di soluzioni è indubbiamente strategico ma anche complesso da utilizzare, mentre l’AI, in base a obiettivi come quote spazio e quote assortimentali, potrebbe proporre in pochi minuti un planogramma ideale perché basato sulla correlazione fra molti dati e variabili.

Che ruolo è riservato all’umano?
Sicuramente il ruolo delle persone in azienda è destinato a cambiare, è la prima conseguenza dell’adozione di qualsiasi tecnologia. In una prospettiva negativa, alcuni ruoli possono diventare inutili e sparire; in una prospettiva positiva, quella che ritendo più probabile, i ruoli saranno rivisitati. In questa direzione la tecnologia potrebbe trasformare il category manager o il buyer in un ruolo meno tecnico e noioso e più creativo, strategico, nel quale la persona ha più tempo per concentrarsi sugli obiettivi del display e a medio periodo.

gestione assortimenti AxianteL’adozione della tecnologia determina un cambiamento nell’organizzazione del retailer? In quale direzione?
La tecnologica certamente porta a un cambio di mentalità. Grazie a essa, lo scenario non è più statico, ma caratterizzato da cambiamenti che richiedono flessibilità, rapidità di adattamento e apertura mentale. Uno degli effetti più evidenti sarà anche l’abbattimento dei silos informativi: le diverse funzioni aziendali sono infatti sempre più chiamate a collaborare in modo trasversale; e la tecnologia abilita questa integrazione tra reparti e un approccio più sinergico nei processi decisionali. Questo cambiamento coinvolgerà anche il rapporto tra industria e distribuzione, che devono orientarsi sempre più verso una logica di collaborazione strategica, con progetti congiunti in grado di generare valore per entrambe le parti. Si tratta di trasformazioni positive, peraltro già in atto, che delineano un nuovo modello organizzativo più dinamico, interconnesso e soprattutto orientato all’innovazione continua.

I retailer stanno già cominciando a fare affidamento sui dati?
I retailer che impiegano tecnologie abilitanti hanno già dati e insight, però devono saperli sfruttare a livello di organizzazione aziendale. L’ostacolo maggiore è il cambio di mentalità, che però nelle nuove generazioni è più rapido, oltre che di revisione dei processi.

Axiante come abilita le aziende nell’uso di queste tecnologie?
In qualità di business innovation integrator il nostro compito è anche quello di guidare l’organizzazione in un percorso di adozione concreta e diffusa di queste soluzioni attraverso un approccio orientato al cambiamento e al dato e alla valorizzazione delle competenze interne che aiuti a superare le “normali” resistenze. Concretamente, si tratta di tradurre e condividere le funzionalità della piattaforma in benefici tangibili per i team e armonizzare i processi esistenti con le nuove logiche di category management.

 

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