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PMI italiane: i fattori che determineranno la competitività nel prossimo futuro


Siamo in un periodo che, a ragione, può essere definito critico per le PMI italiane che, tra la rivoluzione dell’intelligenza artificiale, i prossimi dazi USA e altri fattori, devono gestire al meglio tutti gli aspetti che contribuiscono alla loro competitività su scala nazionale (e non solo).

Il nodo della transizione energetica

Da diversi anni a questa parte, la transizione energetica è un punto fondamentale per la crescita delle piccole e medie imprese italiane e per il mantenimento, da parte di queste ultime, di una posizione di eccellenza.

A rendere le cose non semplici ci ha pensato, nel corso dell’ultimo triennio, il caro energia, dovuto sia all’impatto della guerra russo-ucraina, sia alla ripartenza dell’economia mondiale dopo i mesi di lockdown (gli effetti di quest’ultimo fattore non si sono visti ovviamente nell’immediato, ma un paio di anni dopo la fine della fase più aspra delle restrizioni sociali).

Per evitare che le realtà aziendali del nostro Paese, il cui tessuto economico è letteralmente sorretto dalle PMI, rimangano indietro, per il 2025 l’esecutivo ha incrementato i finanziamenti al Fondo per la transizione energetica nel settore industriale.

Il periodo utile alla presentazione delle domande, da caricare esclusivamente sul sito di Invitalia, è scaduto lo scorso 8 aprile.

In attesa di capire cosa succederà nel 2026, gli imprenditori possono fare riferimento all’affiancamento di professionisti oggi, comprensibilmente, molto richiesti sul mercato.

Si tratta degli esperti in riduzione costi aziendali utenze che, avendo spesso dietro aziende strutturate e in grado di intervenire su diverse voci di spesa si occupano, giusto per citare uno dei tanti aspetti, di fornire consulenza nella scelta del fornitore di energia migliore per l’energia elettrica.

L’impegno – decisivo – nella formazione finanziata

La tecnologia corre a velocità inimmaginabile fino a solo un paio d’anni fa. Non sempre, però, le PMI italiane, realtà che, molto spesso, sono a gestione familiare, hanno in seno persone con le giuste competenze per cavalcare quest’onda inarrestabile.

Ciò porta, di riflesso, a problematiche non indifferenti dal punto di vista della competitività su tutti i fronti.

A rendere le cose meno complesse ci pensa un patrimonio importantissimo come la formazione finanziata.

Di questo tema si parla già da diversi anni. Tutto è cominciato ai tempi del Covid, con l’istituzione del Fondo Nuove Competenze 3 – Competenze per l’innovazione.

Avendo come principale obiettivo quello di elevare il capitale umano che porta avanti le PMI italiane ogni giorno, viene loro incontro finanziando le ore di lavoro nel corso delle quali si fa formazione.

Per l’anno in corso, è stato stanziato un budget di oltre 730 milioni di euro, con una particolare attenzione al ruolo della formazione incentrata sull’intelligenza artificiale, che non è il futuro ma già presente in tantissimi settori, con un ruolo di potenziamento di ormai ex innovazioni come il machine learning in comparti come quello industriale.

I numeri della formazione finanziata in Italia e le sfide da vincere

La formazione finanziata è senza dubbio uno degli asset più interessanti per ottimizzare la competitività delle PMI italiane.

I numeri più recenti che la riguardano parlano, come evidenziato dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano, di circa il 78% delle imprese interpellate che ha affermato di aver fatto ricorso ai sopra menzionati finanziamenti.

I numeri sono incoraggianti, su questo non ci sono dubbi, ma i margini di miglioramento sono comunque presenti.

La consapevolezza in merito alle caratteristiche e al valore degli incentivi non è ancora capillarmente diffusa.

Sempre prendendo in mano i dati dell’Osservatorio, infatti, si nota un’importante mancanza di conoscenza dei singoli strumenti. 

Questa carenza informativa riguarda anche quelli dall’accesso più agevole, in primis il credito d’imposta per la formazione incentrata sull’industria 4.0.

Il ruolo dell’AI nel miglioramento della competitività delle imprese italiane

Nonostante gli innegabili passi ancora da fare nelle formazione finanziata, l’AI è già uno caposaldo quando si parla di strumenti che le PMI stanno adottando per aumentare la loro competitività.

Secondo una recente indagine condotta dalla società di ricerche di marketing OnePoll, l’intelligenza artificiale, soprattutto nei comparti dell’automotive e della manifattura, vede le imprese italiane, anche quelle piccole, sempre più coinvolte.

Circa il 43% delle realtà prese in considerazione con questa survey ha implementato l’AI nei suoi processi o ha intenzione di adottarla a breve.

Si tratta di un segno di cambiamento importante: l’intelligenza artificiale non è più il concetto astratto e l’innovazione difficile da definire che si staglia all’orizzonte.

Rappresenta ormai, come già detto, un’alleata speciale per quanto riguarda l’incremento della competitività delle imprese italiane, che la stanno utilizzando soprattutto sul fronte del miglioramento dell’efficienza operativa.

Entrando nel vivo delle applicazioni pratiche e guardando sempre ai risultati del sopra menzionato sondaggio, troviamo la maggior parte dei titolari di PMI interpellati, il 57% nello specifico, che parla di un utilizzo dell’intelligenza artificiale per l’efficientamento dei processi produttivi.

Una percentuale minore ma comunque interessante, pari al 38, ha l’AI come alleata nelle fasi di progettazione.

Tutto questo comporta dei risultati che si possono toccare con mano. Sempre guardando all’indagine di OnePoll, si può notare come l’88% delle realtà aziendali coinvolte abbia decantato il miglioramento della qualità dei prodotti. 

Per il 38, invece, si parla di una riduzione dei costi, aspetto come accennato all’inizio dell’articolo di massima rilevanza e che può essere ottimizzato anche attraverso ambiti diversi dall’energia.

Sì, si parla pure di ritorno economico: il 68% degli imprenditori coinvolti nel sondaggio, ha infatti parlato di un incremento dei profitti a seguito dell’implementazione dell’AI nelle varie fasi del processo aziendale. 

Numerose realtà, inoltre, hanno fatto passi avanti nello sviluppo di nuovi prodotti.

L’AI rappresenta a tutti gli effetti uno strumento per competere in uno scenario imprenditoriale internazionale che, soprattutto grazie alla digitalizzazione, corre velocissimo.

Non a caso, il 75% circa delle imprese coinvolte nel sopra menzionato sondaggio la considera ormai indispensabile nella quotidianità aziendale e in tutti gli step che permettono di arrivare allo sviluppo dei prodotti e dei servizi.

Si guarda con speranza anche alle iniziative istituzionali, con forte fiducia nei confronti dell’UE, dai cui vertici ci si attende, a breve, lo sviluppo di tecnologie autonome che vedono l’AI protagonista, con l’obiettivo di ridurre progressivamente la dipendenza dalle startup USA e cinesi.



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