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Intervista a Federica Brancaccio, Presidente di ANCE


Governance frammentate, lentezza nelle decisioni, aree delle nostre città in degrado o in disuso che non rispondono più ai bisogni della comunità. Come rispondere in Italia a queste ed altre problematiche in un contesto internazionale sempre più delicato, tra dazi e guerre che non accennano a risolversi? Si parla di rigenerazione urbana, climate change, housing sociale e molto altro ancora in questa intervista a Federica Brancaccio, che a giugno 2025 festeggia tre anni di presidenza di ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili).

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Presidente Brancaccio, qual è oggi la posizione dell’ANCE nei confronti del partenariato pubblico-privato, e quali condizioni ritiene necessarie per renderlo davvero efficace nella rigenerazione urbana?
In uno scenario in cui le risorse a disposizione con la fine del PNRR si vanno assottigliando e sono tornati i vincoli di finanza pubblica con le nuove regole del Patto di stabilità, il partenariato pubblico-privato è sempre più una leva strategica per portare a compimento i progetti di rigenerazione urbana. 

In che modo?
È chiaro che gli interventi potranno essere efficaci se sono prima di tutto sostenibili, e quindi incentivano gli investitori, e se possono contare su una normativa chiara e stabile che garantisca procedure semplici e trasparenti. In questo senso la nuova disciplina della finanza di progetto riscritta dal correttivo al Codice appalti rischia di frenare la spinta dei privati, con un iter complesso che può avere l’effetto di disincentivare la presentazione delle proposte private e allungare i tempi. 

La tutela e il rilancio di spazi e edifici abbandonati è un tema sempre più centrale. In che modo le imprese edili possono contribuire alla loro valorizzazione?
Vediamo troppo spesso aree delle nostre città in degrado o in disuso che non rispondono più ai bisogni della comunità. Possiamo e dobbiamo far diventare questi luoghi delle nuove realtà, spazi vitali e funzionali che con strumenti normativi e fiscali adeguati possono magari essere trasformati in case, studentati o strutture a servizio delle famiglie. Non si tratta di rinfrescare gli edifici o abbellire con qualche ritocco un’area urbana, ma di ridare vita a quartieri e pezzi di città, restituendogli nuova linfa economica e sociale. 

Nel contesto europeo, un piano nazionale per la rigenerazione urbana può diventare una leva per il riposizionamento competitivo dell’Italia. Quali sono, secondo lei, i capisaldi di una strategia per il nostro Paese?
Siamo in un momento davvero delicato e incerto a livello internazionale, tra continuo balletto dei dazi e le guerre che purtroppo non accennano a placarsi. Quello che possiamo fare oggi è impegnarci a dare il nostro contributo, in termini sia di visione che di azioni concrete, per disegnare il futuro affrontando con coraggio le sfide che abbiamo davanti. Un futuro che passa inevitabilmente dalle città e da un nuovo modello di sviluppo orientato alla sostenibilità.

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Entriamo nel dettaglio…
Si tratta di raccogliere tutti gli stimoli e creare un sistema di regole per il territorio con la consapevolezza che rigenerare le città significa far crescere l’economia, combattere il degrado, aumentare la sostenibilità e la sicurezza dei territori, facendo lavorare una delle principali filiere industriali italiane. È quindi fondamentale che si arrivi ad avere un quadro omogeneo e garantito di strumenti semplificati e di incentivi urbanistici, economici e fiscali. Serve inoltre dotare il Paese di una governance organica per le politiche urbane che superi l’attuale frammentazione delle competenze e dei finanziamenti. Siamo convinti che sia il momento giusto anche perché possiamo sfruttare il cambio di passo impresso dal vicepresidente della Commissione Ue Raffaele Fitto alla politica di coesione, che oggi mette l’accento proprio sulle politiche abitative e per le città.

Come può il settore delle costruzioni contribuire a creare nuovo lavoro qualificato, valorizzando le competenze delle PMI e dei giovani imprenditori e professionisti?
Ci stiamo provando con tutte le nostre energie, consapevoli che si tratta di una sfida complessa, in un Paese sempre più vecchio, in cui oltre un terzo dei giovani ha un lavoro precario o part-time mentre le eccellenze continuano a scappare. Quello che stiamo cercando di raccontare all’esterno, con l’esperienza che ci vede riuniti nella Filiera delle costruzioni. Fondamentale, è un lavoro che offre sin dal primo giorno tutela, sicurezza, welfare. Condizioni indispensabili per poter crescere in competenze e professionalità.
E questo grazie al sistema bilaterale: un modello virtuoso, unico nel suo genere, basato sulla sinergia tra imprenditori e lavoratori e che rappresenta una storia e un esempio di successo nel panorama delle relazioni industriali italiane.

Francesco Rutelli

La conferenza Città nel futuro tocca temi chiave come il climate change, l’housing sociale e la gestione dell’acqua. Qual è il contributo di ANCE a questo dibattito strategico?
Quello che stiamo portando avanti con Francesco Rutelli, che ha la direzione della conferenza Città nel futuro, è un approccio nuovo al cambiamento climatico. In un quadro di perenne contrapposizione tra una visione ideologica e una negazionista, la nostra è la via che invita al fare, all’azione.  Mai come in questo momento i temi dell’adattamento, della casa accessibile e di una corretta gestione delle acque sono nodi prioritari non solo per il nostro Paese. Non possiamo più attendere, e la conferenza Città nel futuro, che ci vedrà insieme a tanti partner e stakeholder istituzionali, economici e di filiera, può rappresentare un grande momento di confronto e di definizione delle politiche e delle azioni necessarie per affrontare con determinazione i veri bisogni di città e territori. 

Le città italiane spesso soffrono di lentezza nelle decisioni e di governance frammentata. Qual è il ruolo che ANCE intende giocare per promuovere una regia più integrata e lungimirante?
Sul tema della città sono troppi anni che siamo fermi. Sono 76 i tentativi di legge andati in fumo. Abbiamo bisogno di un quadro regolatorio che aiuti a rilanciare la città, che consenta a noi di districarci nella stratificazione di norme che ormai hanno 80 anni e agli amministratori di spingere sugli interventi per rispondere ai bisogni dei cittadini.  Occorre una regia efficace: un unico organo politico e tecnico in grado di stabilire un’Agenda urbana con obiettivi e priorità, e un unico canale di finanziamento pluriennale e stabile nel tempo, attraverso la costituzione di un fondo apposito per la rigenerazione urbana.

Nel dialogo con il Governo, quali strumenti normativi, finanziari e procedurali chiedete con urgenza per sbloccare i cantieri della rigenerazione e accelerare i tempi di attuazione?
Oltre al tema di una governance e di un fondo unico chiediamo il riconoscimento dell’interesse pubblico per gli interventi di rigenerazione, sia pubblici che privati, per poter usufruire di benefici urbanistici e edilizi, incentivazione e misure di vantaggio. Il Testo unificato sulla rigenerazione urbana all’esame del Senato rappresenta, in questo senso, un ottimo punto di partenza, grazie alla previsione di una dotazione di risorse mirate e a lungo termine, di incentivi sia urbanistici che economici e di misure fiscali di vantaggio. 

Le imprese ANCE stanno innovando sul fronte della sostenibilità e dell’ESG? Quali pratiche e tecnologie stanno emergendo come modello?
Le nostre imprese stanno affrontando in modo sempre più convinto queste sfide, con un cambio di paradigma evidente. Se prima i criteri per valutare la sostenibilità erano percepiti come obblighi per allinearsi ai tanti target imposti a livello nazionale e internazionale, oggi vengono riconosciuti come motori di crescita e leve per generare valore per la collettività. Questo si sta traducendo in un cambiamento profondo del modo di progettare, costruire e gestire gli edifici, con un’attenzione crescente rivolta all’intero ciclo di vita delle opere, e alla necessità di rendere il nostro patrimonio e le nostre infrastrutture sempre più capaci di rispondere e resistere ai cambiamenti climatici. Il tema dell’adattamento dei territori e delle città è cruciale per guardare al futuro. Le imprese puntano sempre di più su materiali da costruzione riciclati e riciclabili per ridurre la produzione di rifiuti, efficienza energetica degli edifici, utilizzo di energie rinnovabili, applicazione delle nuove tecnologie. Inoltre, sul fronte della governance, si stanno concentrando sull’utilizzo di strumenti di rating ESG e di calcolo del proprio impegno in termini di sostenibilità attraverso modelli ad hoc messi a punto da Ance.

Per attrarre fondi internazionali e investimenti ESG, è fondamentale anche la qualità del progetto urbano. Come valorizzare il ruolo delle imprese in una logica di sistema?
Il futuro guarda ormai a città e infrastrutture sempre più green, eque e inclusive. Per cui particolare attenzione nei progetti deve essere posta a fattori quali la capacità dell’intervento di recuperare aree degradate, di creare spazi sicuri, punti di incontro e scambio culturale. 

Dal punto di vista delle imprese il valore sociale dell’opera potrebbe diventare un parametro spendibile nelle valutazioni di progetto, nei bandi pubblici, nei processi di rendicontazione ESG, nella selezione di investimenti. In questo modo l’elemento sociale diventerebbe un criterio di premialità nei mercati e nelle politiche pubbliche, ma anche uno strumento per rafforzare la competitività e la reputazione delle aziende, generando un circolo virtuoso tra impatto dell’opera e valore per la collettività.
L’impresa diventa così il vero agente del cambiamento, che, se messo nelle condizioni giuste, può guidare la transizione verso città più resilienti, inclusive e sostenibili. 

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Media culturali come Artribune, anche attraverso la newsletter Render, stanno contribuendo a costruire un dibattito informato e continuo sulle città e lo spazio pubblico. Qual è secondo lei il ruolo che stampa specializzata e opinione pubblica possono giocare nel sostenere una rigenerazione urbana consapevole e condivisa?
Un ruolo decisivo, perché di rigenerazione si parla troppo poco o comunque spesso condizionati da pregiudizi. E invece è un tema che tocca la vita di tutti noi e per questo è essenziale costruire insieme una vera cultura della rigenerazione urbana, per stimolare i cittadini a non arrendersi all’immobilismo e guardare ai migliori esempi che ci sono nel Paese. E ce ne sono tanti, come abbiamo potuto vedere e toccare con mano attraverso Città in scena, il Festival che stiamo realizzando dal 2023 insieme a Mecenate 90, che valorizza i tanti progetti che ci sono sui territori. Ma per far sì che questo movimento si faccia sistema e coinvolga in modo omogeneo i territori dobbiamo lavorare tutti insieme nella stessa direzione.

Paolo Cuccia

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