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Eni S p A : Annual Report – Fattori di rischio e incertezza (risk factors uncertainties eni ba24)



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RISCHI CONNESSI ALLA CICLICITÀ DEL SETTORE OIL & GAS

Il prezzo del petrolio è la principale variabile che influenza i risultati finanziari e le prospettive industriali di Eni e, al pari delle altre materie prime, ha una storia di volatilità dovuta alla correlazione con il ciclo economico e con lo scenario geopolitico mondiale. Altro fattore chiave di volatilità è la dimensione dei volumi scambiati su base giornaliera nei mercati dei derivati, diverse volte superiori agli scambi fisici, dove il prezzo è influenzato dalle aspettative degli operatori finanziari circa la sua futura direzione. I fondamentali del mercato sono l’equilibrio tra la domanda e l’offerta globale e il livello delle scorte. Nel breve termine, la domanda petrolifera è funzione della crescita del prodotto interno lordo mondiale, del commercio e del turismo internazionale, del livello di fiducia di consumatori e imprese, delle politiche monetarie delle banche centrali, nonché risente di fattori esogeni di varia natura (tensioni geopolitiche, guerre, pandemie eccetera) che possono indurre gli operatori industriali a incrementare o decrementare le scorte. La produzione ha un minore grado di elasticità nel breve termine. Quando l’offerta eccede la domanda con conseguente incremento delle scorte il prezzo del petrolio declina; il contrario avviene quando l’offerta è corta. I movimenti del prezzo guidati dai fattori fisici sono amplificati dal positioning degli operatori finanziari (CTA, hedge fund, money managers, eccetera) con scommesse al rialzo o al ribasso nel mercato dei future, che riflettono le aspettative sull’evoluzione futura della domanda e dell’offerta nel breve e sui possibili impatti dei fenomeni geopolitici e macroeco-nomici sul bilanciamento globale.

Nel lungo termine, i prezzi del petrolio sono influenzati da tendenze più strutturali. La crescita economica e demografica globale determina un aumento della domanda di petrolio, spingendo al rialzo i prezzi. La transizione verso altre fonti energetiche, le politiche climatiche volte a ridurre le emissioni di carbonio e l’efficienza energetica possono ridurre la domanda di petrolio nel tempo, spingendo al ribasso le quotazioni.

Nel 2024 il greggio di riferimento Brent ha registrato una quotazione media di circa 81 $/bbl (83 $/bbl nel 2023) in un contesto di sostanziale equilibrio tra domanda e offerta con le scorte commerciali OCSE diminuite leggermente rispetto agli stock d’inizio anno. La sostanziale stabilità del quadro fondamentale 2024 è in netto contrasto con la volatilità del prezzo, che dopo un primo semestre su valori sostenuti dovuti alla conclusione del ciclo restrittivo da parte della US Fed (media primo semestre quasi 85 $/bbl) ha perso nei mesi di settembre/ottobre circa 15 $/bbl a causa delle massicce vendite di contratti future da parte dei trader sulla base delle aspettative di ulteriore rallentamento dell’economia, in particolare quella cinese, di

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un eccesso di offerta nel primo semestre 2025, nonché in risposta all’evoluzione delle tensioni in Medio Oriente. Il “sentiment” negativo dei trader (misurato in termini di posizioni lunghe possedute) ha raggiunto minimi visti solo nel 2011.

Considerati gli sviluppi dell’ultima parte del 2024, l’outlook 2025 è esposto a diversi fattori di rischio e incertezza in relazione al possibile rallentamento macroeconomico globale, all’efficacia delle misure di stimolo dell’economia adottate dalla Cina, all’andamento dell’in-flazione, all’impatto delle presidenziali USA, agli effetti delle misure protezionistiche sul commercio mondiale, nonché all’evoluzione del quadro geopolitico e delle tensioni e guerre locali in Medio Oriente e tra Russia e Ucraina. Inoltre, l’alleanza OPEC+ per effetto dei diversi tagli ai target di produzione decisi in questi anni dispone una “spare capacity” di circa 5,6 milioni di barili/giorno che rappresenta un potenziale fattore di rischio per l’equilibrio del mercato; il management ritiene che il cartello aumenterà la produzione in maniera graduale. La stima Eni di prezzo per il 2025 è di 75 $/bbl, mentre è confermata la previsione di lungo termine di 80 $/bbl (in termini reali 2028) con un tasso d’incremento del 2,5% fino al 2032. Oltre tale orizzonte, il prezzo del petrolio in termini reali è previsto in declino per riflettere la decarbonizzazione dell’economia.

Nel 2024 il mercato globale del gas ha visto un parziale assorbimento dell’oversupply del 2023, grazie a una minore crescita produttiva con gli USA che si sono stabilizzati intorno ai 100 bcf/d. In Europa, la domanda ha risentito dell’estrema debolezza del comparto manifatturiero, della crescente competizione delle fonti rinnovabili nella generazione di energia elettrica e di una mite stagione invernale, mentre le minori importazioni di gas russo via pipeline sono state compensate da maggiori flussi di GNL. In tale scenario considerato anche il soddisfacente livello degli stoccaggi all’inizio della nuova stagione termica, il prezzo del gas naturale ai principali hub europei (TTF e PSV) ha consolidato l’andamento discendente in atto dall’ul-tima parte del 2022. Nel 2024 le quotazioni del gas naturale presso gli hub europei hanno registrato un valore medio di circa 35 €/MWh (-15% vs. 2023) anche se con una dinamica in ripresa nella parte finale dell’esercizio; il prezzo del gas in EU rimane comunque circa cinque volte quello USA. Nel 2025 e nel medio termine i prezzi sono attesi in leggera ripresa, per poi convergere verso il lungo termine di 25 €/MWh (in termini reali 2030) in relazione all’avvio di rilevanti progetti di GNL soprattutto negli USA e in Qatar e della crescita delle rinnovabili che manterranno il mercato in equilibrio.

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Lo scenario commodity della RFA 2024 è sostanzialmente in linea con l’esercizio precedente; pertanto, non si evidenziano impairment indicator sistemici delle proprietà oil & gas.

I risultati del Gruppo, principalmente del settore Exploration & Production, sono esposti alla volatilità dei prezzi del petrolio e del gas naturale. La riduzione dei prezzi degli idrocarburi ha effetti negativi sui ricavi, sull’utile operativo e sui flussi di cassa a livello consolidato, determinando la flessione dei risultati nel confronto anno su anno. Nel portafoglio corrente Eni, l’esposizione al rischio prezzo riguarda circa il 40% della produzione di petrolio e gas del Gruppo. Tale esposizione, per scelta strategica, non è oggetto di attività di gestione e/o di copertura economica, salvo particolari situazioni aziendali o di mercato.

La parte restante della produzione del Gruppo non è esposta direttamente al rischio prezzo, poiché è regolata dallo schema contrattuale di Production Sharing Agreement (“PSA”) che garantisce il recupero di un ammontare fisso dei costi sostenuti attraverso l’attribuzione di un corrispondente numero di barili, esponendola pertanto a un rischio legato al numero di barili.

L’analisi di sensitività per l’anno 2025 evidenzia una variazione del flusso di cassa operativo prima del capitale circolante al costo di rimpiazzo di circa €0,14 miliardi a fronte di variazioni del Brent di 1 $/ bbl rispetto al prezzo previsivo di 75 $/bbl, pari a uno scostamento di circa l’1,5%; mentre è necessario un movimento di prezzo del gas di circa il 10% per avere effetti analoghi a quelli del petrolio; si precisa che tali analisi di sensitività sono ritenute valide per variazioni di prezzo limitate rispetto alla previsione.

L’attività Oil & Gas è un business che necessita di ingenti risorse finanziarie per l’esplorazione e lo sviluppo delle riserve di idrocarburi. Storicamente, gli investimenti upstream sono stati finanziati attraverso l’autofinanziamento, gli incassi da dismissioni e ricorrendo a nuovo indebitamento attraverso l’emissione di nuove obbligazioni o utilizzando le linee di credito. I flussi di cassa operativi e l’accesso al mercato dei capitali del Gruppo sono soggetti a diverse variabili, quali: (i) l’ammontare delle riserve certe del Gruppo; (ii) il volume di petrolio e di gas naturale che il Gruppo è in grado di produrre e vendere dai pozzi esistenti; (iii) i prezzi di vendita; (iv) la capacità scoprire e mettere in produzione nuove riserve; (v) la capacità e la disponibilità delle banche e delle istituzioni finanziarie e degli investitori a concedere credito/sottoscrivere le obbligazioni emesse da Eni per sostenere i programmi di sviluppo del Gruppo, considerato il rischio strategico della transizione energetica e i sempre più stringenti vincoli nella va-

lutazione delle metriche ESG delle aziende creditrici applicate dalle istituzioni finanziarie.

Un calo dei prezzi del petrolio e del gas per periodi prolungati potrebbe avere effetti negativi rilevanti sulla redditività, i flussi di cassa e le prospettive industriali del Gruppo, poiché uno scenario di contrazione potrebbe limitare la capacità del Gruppo di finanziare i progetti di espansione, riducendo la capacità di crescere in futuro in termini di produzione e ricavi e di rispettare gli obblighi contrattuali. Ove ciò si verificasse, il Gruppo potrebbe essere costretto a rivedere le decisioni di investimento e la fattibilità dei progetti di sviluppo e dei piani di investimento e, a seguito di tale revisione, potrebbe riprogrammare, rinviare, ridurre o cancellare i progetti. Un calo strutturale dei prezzi degli idrocarburi potrebbe determinare una revisione dei valori contabili delle proprietà di petrolio e gas, con la conseguente registrazione di significative svalutazioni delle attività, nonché revisioni negative (debooking) delle riserve di idrocarburi, qualora diventassero antie-conomiche in questo tipo di contesto.

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Nonostante Eni adotti presidi di controllo della redditività dei progetti per verificarne la sostenibilità anche in presenza di scenari prezzo depressi, nonché un framework finanziario basato sulla selettività nelle decisioni d’investimento e sul mantenimento di un adeguato livello di leverage e di riserve di liquidità, il verificarsi di tali rischi potrebbe influenzare negativamente le prospettive di business, i risultati operativi, la generazione di cassa, la liquidità del Gruppo e i ritorni per gli azionisti.

I settori della raffinazione di prodotti petroliferi e della chimica da idrocarburi sono esposti alla volatilità del ciclo economico

Il settore della raffinazione oil e la Chimica sono business ciclici, privi di vantaggi competitivi e con basse barriere d’ingresso, i cui risultati dipendono dall’andamento della domanda e dell’offerta, funzione a loro volta della congiuntura economica, e dai relativi margini di vendita. L’impatto dei movimenti del prezzo del petrolio sui risultati di tali business varia in funzione del ritardo temporale con il quale le quotazioni dei prodotti si adeguano alle variazioni del costo della materia prima, che dipende a sua volta dalle dinamiche competitive dei mercati a valle.

Nel corso del 2024 il margine di raffinazione (SERM) si è progressivamente indebolito chiudendo l’anno al valore medio di circa 5,1

$/bbl circa il 40% in meno rispetto al 2023, a causa dell’ingresso di nuova capacità in Medio Oriente, Africa e Asia con l’avvio di impianti di dimensioni mega, molto più competitivi delle raffinerie europee, e della debole domanda di gasolio/diesel per effetto della recessione

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manifatturiera in Europa e della crisi del settore costruzioni in Cina, nonché della stagnante “driving season” USA che hanno pesato sui crack spread dei prodotti. Il settore della raffinazione europea si conferma un business caratterizzato da fattori di strutturale debolezza a causa della competizione da parte di produttori con maggiori economie di scala e minori costi operativi per oneri ambientali, nonché in considerazione dell’atteso declino della domanda di carburanti tradizionali nei mercati serviti per effetto delle politiche di decarbonizzazione dell’EU.

Il business della Chimica Eni gestito da Versalis è caratterizzato da dinamiche di mercato simili alla raffinazione: eccesso di capacità, pressione competitiva da parte di produttori che beneficiano di economie di scala e altri vantaggi di costo (Cina, Medio Oriente e USA), accentuarsi dei fattori di strutturale debolezza della chimica europea legati agli elevati costi energetici e alle obbligazioni ambientali, nonché dell’evoluzione delle preferenze dei consumatori in relazione alle tematiche di sostenibilità. Il downturn del settore chimico europeo iniziato nel 2023 è proseguito per l’intero 2024, aggravato dalla stagnazione economica dell’Eurozona e dalla caduta della produzione industriale; non si prevedono miglioramenti nel 2025.

I due business hanno registrato cumulativamente una perdita operativa “underlying” di €0,9 miliardi ai quali si aggiungono svalutazioni d’impianti per circa €0,5 miliardi. Eni ha avviato dei piani industriali finalizzati a ridurre l’esposizione verso i settori commodity della raffinazione oil e della chimica di base attraverso ristrutturazioni, ricon-versioni e, nel caso della chimica, la diversificazione verso segmenti dove può contare su vantaggi competitivi (es. chimica bio, prodotti specializzati). L’esecuzione di tali piani è soggetta a rischi operativi e di efficace esecuzione, nonché ai rischi di ritardi nell’ottenimento delle necessarie autorizzazioni.

RISCHI CONNESSI

AL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Il contesto in cui Eni opera è influenzato in maniera rilevante dalle politiche di contrasto al cambiamento climatico messe in atto dai governi di numerosi Stati a seguito degli impegni annunciati nell’am-bito dell’Accordo di Parigi, poi ribaditi e aggiornati in occasione delle successive COP, nonché dall’evoluzione delle preferenze dei consumatori verso prodotti sempre più decarbonizzati.

La transizione dell’economia verso un modello “carbon-neutral” e la diffusione di modelli di consumo più sostenibili dal punto di vista ambientale (come veicoli elettrici, prodotti “plastic-free” e maggiore efficienza energetica) potrebbero determinare una diminuzione strutturale della domanda d’idrocarburi nel medio-lungo termine. Le incertezze sull’andamento della domanda e sulla fattibilità/red-ditività delle tecnologie di decarbonizzazione rendono più rischiose le decisioni di investimento a lungo termine. Inoltre, la crescente polarizzazione del dibattito pubblico sul cambiamento climatico e lo scrutinio sempre più rigoroso da parte di vari stakeholder potrebbero limitare l’accesso al mercato dei capitali e mettere in discussione la “license to operate” delle società petrolifere. Altro fattore

di rischio è il numero crescente di contenziosi climatici promossi da vari esponenti della società civile e, in alcuni casi, da pubbliche amministrazioni. Tali azioni legali hanno la finalità di accertare una possibile responsabilità delle compagnie petrolifere nel perseguire politiche industriali che avrebbero deliberatamente contribuito al cambiamento climatico, lamentando anche violazioni dei diritti umani, nonché di ottenere risarcimenti per i danni economici attribuibili a eventi metereologici o naturali riconducibili al cambiamento climatico.

Eni è impegnata nell’esecuzione di una strategia di riposizionamento del portafoglio basata sulla progressiva riduzione del peso degli idrocarburi a beneficio della crescita delle energie rinnovabili, dei biocarburanti e dei chemical ecocompatibili, così come dello sviluppo di tecnologie di cattura/abbattimento delle emissioni climalteranti e di vettori energetici lower carbon. Tale strategia è soggetta a vari rischi, tra cui le sfide di “esecuzione” (associate alla realizzazione di un progetto), la maggiore incertezza sui ritorni e sul successo degli investimenti in nuove tecnologie e nuovi vettori energetici (ad es. la cattura della CO2oppure la fusione a confinamento magnetico) e la disponibilità di fondi necessari per finanziare lo sviluppo della capacità produttiva di prodotti lower carbon (elettricità da fonti rinnovabili, biocarburanti e biometano).

I rischi connessi al cambiamento climatico sono valutati e gestiti da Eni considerando i cinque driver di riferimento individuati dalla Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD), che si riferiscono sia ai rischi legati alla transizione energetica (normativo, legale, scenario di mercato, tecnologico e reputazionale) sia ai rischi fisici (acuti e cronici) connessi al cambiamento climatico.

Normativo: alla luce degli impegni globali di decarbonizzazione nel breve termine, si assiste ad un incremento di misure protezionistiche, che potrebbero determinare un inasprimento della competizione per il predominio dei settori verdi e una frammentazione delle politiche climatiche. In particolare, nel contesto europeo, gli obiettivi di decarbonizzazione e le politiche climatiche più ambiziose rispetto ai Paesi concorrenti, potrebbero creare costi aggiuntivi e ridurre la competitività dei settori industriali. Nel medio-lungo termine, è ipotizzabile un’evoluzione normativa che porti alla diffusione di nuovi meccanismi di carbon pricing e/o obblighi di introduzione di quote minime di combustibili rinnovabili/lower carbon nel mercato.

Nello specifico, Eni è soggetta all’European Emission Trading Scheme (EU ETS) e all’UK Emission Trading Scheme (UK ETS). Secondo tale meccanismo, l’impresa ha l’onere di acquistare quote di emissione a copertura dell’eccesso rispetto a quanto assegnato gratuitamente. Nel 2024, lo sbilancio del gruppo Eni è stato pari a circa 12 mln/ton, di cui circa l’80% è attribuibile al settore termoelettrico che non riceve quote gratuite. Nell’area extra UE, diverse economie in via di sviluppo hanno annunciato l’implementazione di meccanismi di carbon pricing, seppur si prevede che, almeno in una fase iniziale, questi siano caratterizzati da contenuti prezzi della CO2con impatto non significativo sulle attività Eni.

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Inoltre, la possibile adozione di provvedimenti finalizzati a diminuire il consumo d’idrocarburi o l’introduzione di restrizioni dell’attività estrattiva potrebbero ridurre le prospettive di crescita del business tradizionale con conseguente necessità di accelerare la diversificazione del portafoglio.

Infine, a livello europeo, l’adozione della Direttiva (UE) 2024/1760 (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CS3D), nonché il recepimento, da parte degli Stati membri, della Direttiva (UE) 2022/2464 (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) comporteranno, anche nel breve termine, nuovi obblighi di due diligence e di reporting di sostenibilità in capo alle imprese.

Legale: alcuni soggetti pubblici e privati hanno avviato procedimenti giudiziali nei confronti delle principali compagnie Oil & Gas, sulla base di asserite responsabilità per gli impatti Climate-related, anche connessi ai diritti umani, nonché per lamentate pratiche di

c.d. “greenwashing”. Nel contesto europeo, la giurisprudenza, sebbene non consolidata, si sta evolvendo nel senso di affermare l’esisten-za di un dovere, in capo alle imprese, di contribuire al contesto del cambiamento climatico, anche nella fase di valutazione degli impatti dei propri progetti e pur nell’asserita impossibilità per un giudice di assegnare alle stesse target di riduzione delle emissioni GHG. Quanto sopra dimostra come le istituzioni e gli stakeholder stiano mettendo in discussione la “license to operate” delle società petrolifere occidentali, percepite poco virtuose o restie ad adattare il proprio modello di business e i processi di capital allocation allo scenario di decarbonizzazione, incrementando il rischio di nuovi contenziosi. Infine, anche l’introduzione della CS3D e il recepimento, da parte degli Stati Membri dell’UE, della CSRD potranno influire sull’evoluzione del rischio contenzioso.

Per gli aggiornamenti sui contenziosi di Eni in ambito climatico, si rinvia alle note al bilancio consolidato.

Reputazionale: nella crescente polarizzazione del dibattito pubblico sul cambiamento climatico, una parte della società civile (movimenti ambientalisti, ONG e giovani generazioni), istituzioni governative (specie in ambito USA) e altri stakeholder percepiscono le compagnie Oil & Gas tra i principali responsabili. Ciò porta a una crescente pressione sui board delle compagnie petrolifere per accelerare le strategie e i piani di transizione e sul settore finanziario (asset manager, banche e società assicurative) per allineare i propri portafogli ai target “net zero”, anche alla luce degli obblighi normativi introdotti dall’UE in ambito ESG. Il disimpegno del mondo finanziario dagli idrocarburi potrebbe comportare difficoltà di accesso al mercato dei capitali e una crescente pressione sui titoli delle società Oil & Gas, con conseguente aumento dei costi di finanziamento e del rischio equity. Mercato: il mercato è caratterizzato da un’elevata incertezza a causa dell’interazione di diverse variabili, tra cui le tensioni geopolitiche, le politiche per la decarbonizzazione (estremamente disomo-genee a livello geografico), l’andamento di domanda e offerta. Tale incertezza accentua la difficoltà delle decisioni di investimento e diminuisce la prevedibilità delle modalità e tempistiche della transizione energetica. Pertanto, qualora i meccanismi che regolano la

domanda e l’offerta presente e futura delle diverse tecnologie (sia quelle attualmente disponibili che quelle a differenti stadi di sviluppo o commercializzazione) si muovano più rapidamente di quanto previsto da Eni, ciò potrebbe incidere sostanzialmente sulle prospettive di crescita, sui risultati operativi, sul cash flow e sui ritorni per gli azionisti.

Le incertezze del mercato e l’estensione degli orizzonti temporali rendono complessa la previsione dei prezzi degli idrocarburi a lungo termine. Tale previsione rappresenta un’assunzione critica ai fini della valutazione di recuperabilità degli investimenti Oil & Gas iscritti nel bilancio consolidato. La variabilità delle assunzioni di prezzo può determinare ampie oscillazioni dei valori equi degli investimenti, con impatti potenzialmente significativi sul bilancio consolidato. Ai fini dell’apprezzamento di tale rischio, la Direzione ha verificato mediante analisi di sensitività (c.d. “stress test”) la tenuta dei valori contabili degli attivi Oil & Gas ad assunzioni di prezzo alternative rispetto allo scenario base adottato per i processi di pianificazione e controllo aziendali (“base case”). Tra gli scenari considerati sono inclusi la curva dei prezzi dello scenario IEA Net Zero 2050 (integrata dalle previsioni Eni per gli anni non coperti dall’IEA) e il c.d. “haircut del 10%”. Gli stress test eseguiti nel bilancio 2024 prevedono di modificare solo le variabili prezzo/costo della CO2, mantenendo invariate le altre assunzioni (profili, investimenti e costi operativi). Nonostante questi limiti, i risultati nel complesso confermano la recuperabilità dei valori di bilancio (si rinvia alla nota integrativa n. 15 del bilancio consolidato). Tecnologico: nel medio-lungo termine, ma anche nel breve termine, diverse tecnologie finalizzate a costruire un modello di consumo energetico lower carbon potrebbero raggiungere la fase commerciale, ad esempio, nella mobilità elettrica, nello stoccaggio di energia da fonti rinnovabili, e nello sviluppo di nuovi vettori energetici. Per tale motivo, l’innovazione tecnologica riveste un ruolo chiave nei piani di transizione delle società Oil & Gas.

Eni è attiva nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie e vettori energetici volti a trasformare il proprio portfolio. Tra le iniziative intraprese da Eni figurano la cattura e stoccaggio della CO2, la produzione/trasporto di idrogeno, e la fusione a confinamento magnetico. Tuttavia, il mancato presidio di tecnologie che si riveleranno essenziali per la transizione energetica e, d’altra parte, il fallimento o il ritardo nello sviluppo delle tecnologie in cui Eni investe potrebbe comportare rischi finanziari significativi.

Fisici: diversi studi della comunità scientifica hanno associato l’au-mento della frequenza di fenomeni meteoclimatici acuti e il verificarsi di eventi cronici alla influenza del cambiamento climatico. Gli eventi metereologici estremi, quali, a titolo esemplificativo, uragani, inondazioni, siccità, desertificazione, innalzamento del livello degli oceani e scioglimento dei ghiacciai perenni, hanno un impatto sull’e-conomia e sulla vita della comunità. Questi eventi possono anche comportare interruzioni più o meno prolungate delle operazioni industriali e danni a impianti e infrastrutture, con conseguente perdite finanziarie, riduzione di cash flow e incremento dei costi di ripristino e manutenzione, compresi gli effetti sulla catena di fornitura.
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In risposta a queste tendenze emergenti, Eni individua azioni di trattamento e monitora la resilienza del portafoglio agli scenari di transizione o ai possibili eventi fisici (per approfondimenti si veda “Obiettivi, Principali Rischi e azioni di trattamento”, “Nota15 del Bilancio” e “Il processo di Asset Integrity”).

RISCHI CONNESSI AL CONTESTO ECONOMICO GLOBALE E AL QUADRO GEOPOLITICO

I risultati economici e i flussi di cassa previsti dal Gruppo nel 2025 sono esposti ai rischi di rallentamento dell’economia globale e all’incertezza connessa al complesso quadro geopolitico in relazione al protrarsi della guerra in Ucraina, alle crescenti tensioni in Medio Oriente e alle controversie commerciali tra Stati Uniti, Europa e Cina, che possono innescare nuovi shock globali. La persistenza di rischi sistemici e di incertezza e volatilità nei mercati finanziari ed energetici possono incidere sull’attività produttiva mondiale, sulla catena delle forniture e sulla fiducia dei consumatori, delle imprese e degli investitori con conseguenti ritardi o arresti nelle decisioni di spesa e d’investimento. Tali condizioni potrebbero determinare una riduzione della domanda delle materie prime energetiche e una conseguente riduzione dei prezzi, con ricadute negative sui risultati economici, i flussi di cassa e la realizzazione dei piani industriali del Gruppo.

La principale esposizione di Eni nei confronti della Russia riguarda i contratti di approvvigionamento di gas naturale di lungo termine con società del Gruppo Gazprom. Nel 2024, analogamente a quanto avvenuto nel 2023, Eni non ha effettuato prelievi di gas naturale da Gazprom per la commercializzazione nei mercati UE nell’ambito di varie controversie commerciali tra le parti (occorre risalire al 2022 per registrare volumi significativi di gas naturale di provenienza russa nel portafoglio Eni, che in quell’anno avevano coperto il 18% degli acquisti totali di gas naturale del Gruppo al servizio del mercato europeo). I piani commerciali del Gruppo per il 2024 avevano scontato il possibile scenario di zero forniture dalla Russia per il mercato EU, dimensionando coerentemente gli impegni di vendita. Il management assume che le forniture di gas naturale dalla Russia saranno pressoché nulle anche nei prossimi anni. Per far fronte a questa situazione, il Gruppo attraverso varie iniziative commerciali, quali ad esempio l’utilizzo delle flessibilità contrattuali per aumentare i prelievi da altre ge-ografie e l’aumento delle produzioni con la prossima entrata in esercizio/a regime di progetti GNL e con azioni a sostegno della produzione nazionale, ha adattato il portafoglio di forniture e sarà in grado nel medio termine di aumentare progressivamente le vendite una volta assicurata la copertura delle esigenze di approvvigionamento interne (in particolare il feedgas per le centrali termiche di Gruppo) e i volumi per il settore retail gas gestito da Plenitude. Il complessivo processo di sostituzione del gas russo nel portafoglio Eni potrebbe far emergere eventuali rischi operativi e finanziari.

RISCHIO MERCATO, RISCHIO CREDITO, RISCHIO LIQUIDITÀ

Eni è esposta ai rischi di fluttuazioni dei prezzi delle commodity, dei tassi di cambio dell’euro con le principali valute, in particolare il dollaro statunitense, e dei tassi di interesse che potrebbero comportare una diminuzione del valore di bilancio delle attività o un incremento delle passività o un impatto negativo sui cash flow attesi. Tali esposizioni sono normalmente gestite dal Gruppo tramite l’utilizzo di strumenti derivati, ad eccezione delle esposizioni strategiche relative alle produzioni delle riserve di idrocarburi, ai margini di raffinazione e a una quota dei volumi di gas naturale approvvigionati dai contratti long-term venduti al mercato grossista, salvo particolari situazioni di mercato, nonché l’esposizione al dollaro USA relativa alla conversione in euro dei bilanci delle società del settore E&P che hanno il dollaro come valuta funzionale. Con riguardo a quest’ultima, l’analisi di sensitività per l’anno 2025 prevede una variazione del flusso di cassa operativo prima del capitale circolante al costo di rimpiazzo di circa

€0,3 miliardi a fronte di variazioni di 5 centesimi del tasso di cambio USD/EUR rispetto all’assunzione del management per il 2025 pari a un cambio euro/dollaro di 1,05.

Il rischio di liquidità è il rischio che il Gruppo non sia in grado di rispettare gli impegni di pagamento a causa della difficoltà di reperire adeguate fonti di finanziamento o che il Gruppo non sia in grado di liquidare le proprie attività sul mercato per far fronte alle esigenze finanziarie di breve termine. Tale situazione potrebbe avere un impatto negativo sui risultati economici e sui flussi di cassa del Gruppo, in quanto comporterebbe per Eni un aumento degli oneri finanziari per far fronte alle proprie obbligazioni, o nel peggiore degli scenari, una situazione di insolvenza che pone a rischio la continuità aziendale.

Il Gruppo è esposto al rischio di potenziali perdite derivanti dall’ina-dempienza delle controparti di pagare gli importi dovuti a Eni alla scadenza contrattuale in relazione alle forniture di prodotti o servizi Eni o altri addebiti da parte del Gruppo nel normale svolgimento delle operazioni. In caso di tali rischi o di situazioni di default delle controparti, il Gruppo incorre in perdite su crediti con impatti negativi sulla generazione di cassa. Per maggiori informazioni sul rischio mercato si rinvia alle Note al bilancio consolidato della Relazione Finanziaria Annuale (nota n. 28 Garanzie Impegni e Rischi).

RISCHIO PAESE

Al 31 dicembre 2024, circa l’83% delle riserve certe di idrocarburi del Gruppo risulta localizzato in Paesi non OCSE, principalmente in Africa, Asia Centrale e Medio Oriente, che per varie ragioni sono caratterizzati, rispetto all’area OCSE, da un minore grado di stabilità politica, sociale ed economica e anche del quadro normativo e legale. Tale instabilità e incertezza può causare eventi destabiliz-zanti quali conflitti interni, rivoluzioni, instaurazione di regimi non democratici, disordine sociale, scioperi, atti di vandalismo alle infrastrutture e altre forme di disordine civile e fenomeni similari tali da compromettere in modo temporaneo o permanente la capacità di

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Eni di operare in condizioni economiche e di assicurarsi l’accesso alle riserve di idrocarburi.

I principali rischi connessi all’attività svolta in tali Paesi esteri sono rappresentati da: (i) mancanza di un quadro legislativo stabile e incertezze sulla tutela dei diritti della compagnia straniera in caso di inadempienze contrattuali da parte di soggetti privati o Enti di Stato;

(ii) sviluppi o applicazioni penalizzanti di leggi, regolamenti, modifiche contrattuali unilaterali che comportano la riduzione di valore degli asset del Gruppo, disinvestimenti forzosi, nazionalizzazioni ed espropriazioni; (iii) restrizioni di varia natura sulle attività di esplorazione, produzione, importazione ed esportazione; (iv) incrementi della fiscalità applicabile; (v) complessi iter di rilascio/rinnovo di autorizzazioni e permessi che impattano sul time-to-market dei progetti di sviluppo; (vi) sistema di sanzioni adottate dagli USA e dall’UE nei confronti di determinati Paesi che possono compromettere la capacità di Eni di continuare a svolgere le proprie attività o a svolgerle con talune limitazioni.

Nello scenario corrente, il Gruppo Eni è esposto al rischio Paese in Libia, Venezuela ed Egitto.

Per quanto riguarda la Libia, uno dei Paesi a più elevato rischio politico nel recente passato, la situazione di maggiore stabilità interna ha consentito un sostanziale svolgimento delle attività estrattive nel 2024, nonché il progredire dei diversi progetti di sviluppo sanzionati nel 2023. La produzione Eni in Libia nell’esercizio è stata di 176 mila boe/giorno, pari a circa il 10% della produzione complessiva della Società. A fine 2024 sono state inoltre riavviate le attività di esplorazione con la perforazione iniziata a fine anno nell’Area B nel bacino del Ghadames.

L’attuale contesto in Medio Oriente ha compromesso la crescita economica e ridotto le disponibilità finanziarie dell’Egitto, riducendo il grado di solvibilità delle Compagnie di Stato che acquistano la quota equity delle produzioni delle società petrolifere internazionali. Tuttavia, nel corso del 2024, importanti interventi di investimento estero ed aiuti da parte di istituzioni internazionali, associati ad un programma di riforme economiche, hanno portato ad un graduale miglioramento della capacità di soddisfare gli impegni verso le società internazionali. Questo ha consentito ad Eni di concordare con le compagnie di Stato, a giugno 2024, un piano di rientro dello scaduto e di incassare sostanzialmente i crediti maturati nell’anno.

Il Venezuela versa da alcuni anni in una crisi economica e finanziaria per l’impossibilità di esportare petrolio a causa delle sanzioni USA volte a colpire la principale fonte di entrate del Paese, il Governo venezuelano e le Società di Stato del petrolio. L’outlook finanziario del Paese rappresenta un rischio per il recupero dell’investimento Eni nel giacimento offshore a gas Perla, operato dalla società locale Cardón IV, joint venture paritetica con un’altra compagnia petrolifera internazionale, a causa dello stato d’insolvenza della società di Stato Petróleos de Venezuela SA (“PDVSA”) alla quale è venduta l’intera

produzione di gas naturale del progetto. Gli investimenti e le riserve in altri progetti Eni nel Paese sono stati completamente svalutati in precedenti reporting period a causa dei rischi connessi all’ambiente operativo. Alla data di bilancio, l’esposizione creditoria Eni verso PDVSA ammonta a circa €2,1 miliardi (€0,8 miliardi al netto del fondo svalutazione). Nel corso del 2024, grazie alla temporanea sospensione delle sanzioni accordata dagli USA, è stato possibile compensare una parte dei crediti maturati nel semestre con carichi di greggio di proprietà PDVSA fino a circa il 45% degli ammontari maturati nel periodo. L’esposizione verso il Venezuela rimane un fattore di rischio nel breve-medio termine.

Per quanto riguarda la Nigeria, il completamento del processo di vendita delle attività operate da Eni nell’onshore del Paese (licenze produttive OML 60/61/62/63) al partner privato locale, nell’ambi-to della strategia di upgrading e di ribilanciamento del portafoglio upstream, consente di limitare l’esposizione a un contesto operativo complesso e sfavorevole (furti di petrolio, danneggiamenti, oil spill, interruzioni delle attività) e ai rischi di perdite su crediti in relazione alle difficoltà finanziarie e alle contestazioni dei coventurer (tra cui anche la compagnia di Stato) nell’assicurare i fondi per lo sviluppo della produzione, che avevano penalizzato per anni la redditività delle attività Eni.

L’evoluzione del contesto economico, finanziario e politico dei Paesi in cui opera il Gruppo potrebbe influire sulle scelte operative e di investimento di Eni che potrebbe anche, in ultima istanza, decidere di ridimensionare la presenza del Gruppo in determinate aree, con conseguenti possibili ripercussioni negative sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo.

RISCHIO OPERATION E CONNESSI RISCHI IN MATERIA DI HSE

L’attività del Gruppo è soggetta alla normativa italiana, europea e internazionale in materia di tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza. Benché il Gruppo svolga la propria attività nel rispetto di tali leggi e regolamenti, il rischio di incorrere in incidenti, violazioni di complesse normative e altri oneri imprevisti, ivi comprese le richieste di risarcimento dei danni a cose e persone, nonché il rischio reputazionale, sono legati alla natura delle attività poste in essere dal Gruppo.

Le attività industriali Eni nei settori della ricerca, sviluppo e produzione di idrocarburi, della raffinazione, delle produzioni petrolchimiche e del trasporto degli idrocarburi sono esposte per loro natura ai rischi operativi connessi con le caratteristiche chimico-fisiche delle materie prime e dei prodotti (tra cui infiammabilità, tossicità, instabilità). Guasti tecnici, malfunzionamenti di apparecchiature e impianti, errori umani, atti di sabotaggio, perdite di contenimento, incidenti di pozzo, incidenti a raffinerie e impianti petrolchimici, fenomeni atmosferici avversi possono causare danni alle persone, all’ambiente e alle proprietà di proporzioni anche rilevanti come nel caso di esplosioni,

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incendi, fuoriuscite di greggio, gas e prodotti (da pozzi, piattaforme, navi cisterna, pipeline, depositi e condutture), rilascio di contaminanti nel suolo, nelle falde e nell’ambiente acquatico, emissioni nocive e altre similari avverse conseguenze. Vi sono rischi che tali eventi possano assumere proporzioni catastrofiche per l’ambiente, la sicurezza delle persone e la proprietà, come nel caso dell’incidente petrolifero del pozzo Macondo occorso nel 2010 nel Golfo del Messico a una compagnia petrolifera internazionale.

Tali rischi sono influenzati dalle caratteristiche degli ambiti territoriali nei quali sono condotte le operazioni (condizioni onshore vs. offshore, ecosistemi sensibili quali l’Artico, il Golfo del Messico, il Mar Caspio, impianti localizzati in prossimità di aree urbane), dalla complessità delle attività industriali e dalle oggettive difficoltà tecniche nell’esecuzione degli interventi di recupero e contenimento degli idrocarburi o altre sostanze chimiche liquide sversate nell’ambien-te o di emissioni nocive in atmosfera, delle operazioni di chiusura e messa in sicurezza di pozzi danneggiati o in caso di blowout, di spegnimento di incendi occorsi a raffinerie, complessi petrolchimici o pipeline. Per questi motivi le attività del settore petrolifero, della raffinazione, del trasporto degli idrocarburi e della chimica sono sottoposte a una severa regolamentazione a tutela dell’ambiente e della salute e della sicurezza delle persone, sia a livello nazionale/locale sia attraverso protocolli e convenzioni internazionali.

Gli oneri e i costi associati alle necessarie azioni da mettere in atto per rispettare gli obblighi previsti dalle normative che regolamentano le attività industriali nel campo degli idrocarburi costituiscono una significativa voce di costo ricorrente del bilancio. Eni si è dotata di sistemi gestionali integrati, standard di sicurezza e pratiche operative di elevata qualità e affidabilità per assicurare il rispetto della regolamentazione ambientale e per tutelare l’integrità delle persone, dell’ambiente, delle operations, della proprietà e delle comunità interessate. Tuttavia, nonostante tali misure e precauzioni, non è possibile escludere del tutto il rischio di accadimento di incidenti e altri eventi dannosi quali quelli sopra descritti o di incorrere in passività ambientali che potrebbero avere impatti potenzialmente rilevanti sul business, sui risultati economici e finanziari, sulle prospettive di sviluppo del Gruppo e sulla sua reputazione, nonché sui ritorni per gli azionisti.

In relazione alle contaminazioni storiche, con particolare riguardo all’Italia, Eni continua ad essere esposta al rischio di passività e oneri ambientali in relazione a diversi siti oggi inattivi dove ha condotto in passato attività minero-metallurgiche e chimiche poi chiuse, dismesse o liquidate; in tali siti, sono emersi livelli di concentrazione di sostanze inquinanti non in linea con l’attuale normativa ambientale. Eni ha avviato progetti di bonifica e ripristino dei terreni e delle falde nelle aree di proprietà contaminate dalle attività industriali ormai cessate, d’intesa con le competenti Autorità amministrative. Nonostante Eni abbia reso la dichiarazione di “proprietario non colpevole” poiché la Compagnia ritiene di non essere responsabile per il superamento di parametri d’inquinamento tollerati dalle leggi di allora o per situazioni d’inquinamento provocato da precedenti operatori ai quali è suben-

trata nella gestione di tali siti, Eni è stata citata in giudizio da vari enti pubblici (Ministero dell’Ambiente, Enti locali o altri) e da privati per la realizzazione di interventi di bonifica e per il risarcimento di eventuali danni in base agli standard e parametri previsti dalla legislazione corrente. In alcuni casi, i manager e il personale di Eni sono parte di procedimenti penali, come ad esempio per asseriti reati in materia ambientale quali omessa bonifica e disastro ambientale o per asseriti reati contro l’incolumità pubblica, facendo scattare in capo a Eni la responsabilità amministrativa dell’ente.

Il bilancio Eni accoglie i costi che dovrà sostenere in futuro per eseguire le bonifiche e i ripristini di aree contaminate a causa delle proprie attività industriali dove esiste un’obbligazione legale o di altro tipo e per i quali è possibile stimare l’ammontare dei relativi oneri in modo attendibile (anche questo costituisce comunque, nelle fasi realizzative, un fattore di incertezza in relazione alla complessità della materia), a prescindere dall’eventuale quota di responsabilità di altri operatori ai quali Eni è subentrata. È possibile che in futuro possano essere rilevate ulteriori passività in relazione ai risultati delle caratterizzazioni ambientali in corso sui siti d’interesse, in base alla normativa ambientale corrente o a futuri sviluppi regolatori, all’esito dei procedimenti amministrativi o giudiziali in corso, all’emergere di nuove passività ambientali e ad altri fattori di rischio.

Nel giugno 2024, in relazione alle passività ambientali relative ai siti italiani oggetto di conferimento nel 1989 da un operatore italiano a Eni, le due parti hanno definito i termini di una transazione che riconosce il principio della condivisione al 50% dei costi delle attività di bonifica e ripristino ambientale. Tale accordo riguarda sia i costi sostenuti da Eni per le operazioni di bonifica sin qui condotte in relazione alla dismissione/chiusura di gran parte di quelle attività o in relazione ai livelli d’inquinamento accertati a seguito di caratterizzazioni ambientali nei siti ancora operativi, sia i costi futuri che il Gruppo prevede di sostenere in relazione alle obbligazioni costruttive o legali esistenti alla data della situazione contabile al 30 giugno i cui relativi costi sono stati accantonati in bilancio. Tale accordo ha comportato un beneficio per Eni di circa €0,8 miliardi e consente di de-rischiare in modo significativo le potenziali passività associate alle operazioni di bonifica in corso presso i siti italiani oggetto dell’accordo che costituiscono la gran parte dei siti a rischio ambientale di Eni in Italia.

Inoltre, il mancato adeguamento alla normativa ambientale (che risulta peraltro in rapida e continua evoluzione) ovvero il mancato adempimento a provvedimenti e imposizioni di adeguamento delle attività svolte, può esporre il Gruppo al rischio di essere ritenuto responsabile civile di eventuali danni e conseguenti richieste di risarcimento. L’eventuale soccombenza in relazione ai procedimenti in corso potrebbe determinare in relazione alla responsabilità amministrativa dell’Ente l’applicazione di sanzioni pecuniarie e/o interdittive, quali l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o la revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni, con possibili conseguenti effetti negativi sull’attività, le prospettive, la reputazione nonché la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo.

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RISCHI CONNESSI ALL’AUMENTO DELLE IMPOSTE SUL REDDITO E DELLE ROYALTIES

Le operazioni nel settore Oil & Gas sono soggette al pagamento di royalties e imposte sul reddito, la cui incidenza sull’utile ante imposte tende a essere più elevata rispetto alle altre attività commerciali. Il possibile aumento dell’aliquota fiscale marginale nel settore Oil & Gas connesso all’aumento dei prezzi del petrolio potrebbe rendere più difficile per Eni tradurre l’aumento dei prezzi del petrolio in un aumento dell’utile netto. Sfavorevoli variazioni dell’aliquota fiscale applicabile all’utile prima delle imposte del Gruppo nelle attività Oil & Gas comporterebbero un impatto negativo sui futuri risultati economici e sui flussi di cassa.

Il più recente provvedimento fiscale relativo al settore Oil & Gas è stata la legge di bilancio 2023 dello Stato italiano che ha introdotto a carico delle imprese del settore energetico un contributo soli-daristico da versare nel 2023, calcolato applicando un’aliquota del 50% all’imponibile IRES 2022 che eccede l’ammontare pari al 110% dell’imponibile medio registrato nei quattro anni precedenti. La base imponibile comprende anche la distribuzione di riserve in sospensione d’imposta, la cui inclusione è contestata da Eni perché ritenute estranee ai profitti connessi allo scenario energetico 2022. Il relativo debito d’imposta pari a €454 milioni stanziato nel bilancio 2023 è stato versato nel corso del 2024.

Eventuali ulteriori inasprimenti della pressione fiscale o eventuali prelievi straordinari una tantum sulla base di provvedimenti che potrebbero essere emanati dai governi dei Paesi in cui opera il Gruppo potrebbero determinare un incremento, anche significativo delle imposte cui è soggetto il Gruppo, con conseguenti impatti significativi sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo.

RISCHI CONNESSI AL QUADRO COMPETITIVO NEL SETTORE IN CUI OPERA IL GRUPPO

L’attuale contesto competitivo in cui Eni opera è caratterizzato da prezzi e margini volatili delle commodity energetiche, limitata differenziazione dei prodotti e complessi rapporti con le Compagnie di Stato e le agenzie nazionali dei Paesi in cui sono ubicate le riserve di idrocarburi per l’ottenimento di diritti di sfruttamento minerario. Poiché i prezzi delle materie prime sono al di fuori del controllo di Eni, la competitività della compagnia in tale contesto richiede una continua attenzione all’innovazione tecnologica, al raggiungimento e mantenimento di efficienze nei costi operativi, a una gestione efficace delle risorse di capitale e alla capacità di fornire servizi agli acquirenti di energia.

Nel caso in cui il Gruppo non sia in grado di gestire efficacemente i rischi competitivi, che possono aumentare per effetto di una ripresa macroeconomica più debole del previsto o in relazione all’evoluzione dei conflitti tra Russia e Ucraina e in Medio Oriente, il Gruppo potrebbe non essere in grado di mantenere i volumi e i margini di vendita.

RISCHI CONNESSI ALL’ATTIVITÀ DI RICERCA E PRODUZIONE DI

IDROCARBURI, ALL’IMPOSSIBILITÀ DI RIMPIAZZO DELLE RISERVE E ALLE INCERTEZZE NELLE STIME DELLE RISERVE DI PETROLIO E DI

GAS NATURALE E ALLE RISERVE NON ANCORA SVILUPPATE

Le attività di ricerca, sviluppo e produzione di idrocarburi richiedono elevati investimenti con tempi di ritorno medio-lunghi e sono soggette al rischio minerario e di insufficienti ritorni del capitale per l’espo-sizione alla volatilità dei prezzi, nonché a rilevanti rischi operativi in funzione della natura delle operazioni.

Rischi economici

Il rischio minerario è rappresentato dall’incertezza dell’attività esplorativa che può avere esito negativo a causa della perforazione di pozzi sterili o della scoperta di quantità di idrocarburi non economiche o insufficienti a giustificare il completamento dei pozzi esplora-tivi come produttori. Nelle attività di sviluppo il rischio minerario è dovuto alla possibile sotto performance dei reservoir e al recupero di volumi di idrocarburi inferiori alle stime iniziali. I progetti di sviluppo delle riserve d’idrocarburi sono caratterizzati da lunghi tempi di realizzazione e di pay-back e dall’elevata esposizione finanziaria nella fase di costruzione/commissioning, che li espone al rischio di ritorni economici inferiori al costo del capitale a causa di aumenti non pianificati dei costi d’investimento/operativi, di possibili ritardi nell’avvio della produzione e della volatilità dei prezzi degli idrocarburi che potrebbero essere inferiori rispetto alle assunzioni sottostanti la decisione finale di investimento (FID). Inoltre, numerosi rischi di execution possono penalizzare i ritorni di tali progetti, quali difficoltà tecniche impreviste, mancato rispetto dei tempi/budget da parte dei fornitori di infrastrutture critiche (navi FPSO, piattaforme, impiantistica upstream), efficacia dei global contractors, puntuale rilascio delle autorizzazioni da parte delle Autorità di Stato e ritardi nelle fasi di commissioning.

I livelli futuri di produzione Eni dipendono dalla capacità dell’azienda di rimpiazzare le riserve prodotte attraverso l’esplorazione di successo, l’efficacia e l’efficienza delle attività di sviluppo, l’applicazione di miglioramenti tecnologici in grado di massimizzare i tassi di recupero dei giacimenti in produzione e l’esito dei negoziati con gli Stati possessori delle riserve. L’insuccesso nell’ottenere adeguati tassi di rimpiazzo delle produzioni potrebbe influenzare in maniera negativa le prospettive di crescita del Gruppo, i risultati, il cash flow, la liquidità e i ritorni per l’azionista.

Il time-to-market delle riserve è un fattore critico per la redditività dell’industria petrolifera, considerata la complessità tecnologica e realizzativa dei progetti, l’esposizione finanziaria durante la fase realizzativa e il differimento temporale dei cash flow positivi. Ogni ritardo nell’ottenimento del first oil/gas comporta un peggioramento della redditività dei progetti. Lo sviluppo e messa in produzione delle

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riserve scoperte comporta normalmente un insieme complesso di attività con lunghi tempi di realizzazione: verifica della fattibilità economico-tecnica con possibili ulteriori fasi di appraisal della scoperta, definizione del piano di sviluppo con i partner industriali dell’iniziati-va, compresa la first party di Stato, ottenimento delle autorizzazioni da parte dello Stato host, talora il project financing, l’ingegneria di front-end e di dettaglio e la realizzazione di pozzi e impianti, piattaforme, unità di floating production, centri di trattamento, linee di export e altre facilities critiche. Durante la fase realizzativa, la Compagnia è esposta finanziariamente a causa del differimento temporale dei cash flow positivi che si manifestano a partire dall’inizio della produzione consentendo il recupero del capitale nell’arco di anni. Ritardi nell’ottenimento delle necessarie autorizzazioni o nelle fasi di costruzione, limitati dati per la progettazione, ritardi nel recupero di costi investimenti per difficoltà della first party o altri eventi similari possono determinare slittamenti nei tempi di avvio della produzione e un incremento dei costi, con ricadute significative sulla redditività del progetto. Le eventuali complessità dell’ambiente circostante sono un ulteriore fattore di rischio per i tempi e i costi di realizzazione dei progetti (condizioni metereologiche, temperature, offshore profondo e ultra-profondo, tutela dell’ecosistema, ecc.). I progetti di sviluppo sono esposti ai rischi di cost overrun in funzione dell’evoluzione dell’ambiente operativo. L’industria è esposta ai rischi di strozzature nelle catene di fornitura e nella logistica, ridotta disponibilità di yard di costruzione, nonché incrementi del costo dei fattori produttivi quali materie prime (acciaio, cemento), lavoro specializzato e altri input, come si è verificato negli ultimi anni in relazione alla pressione inflazionistica in tutti i settori produttivi a partire dalle materie prime. Per il 2025 è prevedibile un allentamento della pressione inflazionistica per alcuni beni; tuttavia, le daily rate di rig e altri mezzi navali di perforazione e sviluppo sono attesi rimanere su elevati livelli a causa della disciplina finanziaria adottata dal settore dei servizi all’industria in risposta alla contrazione degli investimenti da parte del settore petrolifero durante i recenti downturn e al mantenimento di un approccio selettivo al capital budget. Pertanto, le società petrolifere sono esposte al rischio di competere rispetto a un’offerta limitata di unità di perforazione e altri mezzi.

Rimpiazzo delle riserve

La redditività futura di Eni dipende dall’accuratezza delle stime delle riserve certe e delle previsioni relative ai tassi futuri di produzione e ai futuri costi operativi/di sviluppo. Tali stime dipendono da un insieme di fattori, assunzioni e variabili, quali: (i) la qualità dei dati geologici, tecnici ed economici disponibili e la loro interpretazione e valutazione; (ii) le assunzioni sui futuri tassi di produzione e le previsioni di costi operativi e dei tempi di sostenimento dei costi di sviluppo; (iii) le modifiche della normativa fiscale vigente, delle regolamentazioni amministrative e delle condizioni contrattuali; (iv) l’esito di perforazioni e di test di produzione e l’effettiva performance produttiva dei giacimenti successivamente alla data della stima che può determinare sostanziali revisioni al rialzo o al ribasso delle riserve; (v) le

variazioni dei prezzi del petrolio e del gas naturale che potrebbero influire sulle quantità delle riserve certe, poiché la loro stima si basa sui prezzi e sui costi esistenti alla data della stima.

Oltre a dipendere dalla produzione, dalle revisioni e dalle nuove scoperte, il rimpiazzo delle riserve del Gruppo è influenzato dal meccanismo di attribuzione previsto dai “PSA”, in base al quale il Gruppo ha diritto a una parte delle riserve di un giacimento, la cui vendita è destinata a coprire i costi dallo stesso sostenuti per lo sviluppo e la gestione del giacimento stesso. Sulla base di tali meccanismi contrattuali previsti nei PSA, maggiori sono i prezzi di riferimento del Brent utilizzati per stimare le riserve certe dell’Emittente, minore è il numero di barili necessari per recuperare lo stesso ammontare di costo, e viceversa. La produzione futura di petrolio e gas dipende dalla capacità del Gruppo di accedere a nuove riserve attraverso nuove scoperte, l’applicazione di miglioramenti tecnici, il successo delle attività di sviluppo, le trattative con le compagnie petrolifere nazionali e altri proprietari di riserve note e le acquisizioni.

Il Gruppo potrebbe non ottenere adeguati tassi di rimpiazzo delle riserve prodotte con nuove riserve scoperte o un migliore rendimento da parte dei giacimenti ovvero potrebbe incorrere in insuccessi delle attività di esplorazione o nella mancata scoperta di ulteriori riserve commerciali con una conseguente riduzione della produzione futura di petrolio e gas naturale, che dipende in larga misura dal tasso di successo dei progetti di esplorazione e dall’efficienza delle attività di sviluppo nel recuperare i volumi inizialmente stimati.

Una riduzione del prezzo del petrolio o la previsione di costi operativi e di sviluppo più elevati possono comportare significative revisioni negative di stima delle riserve certe per il fatto che esse potrebbero diventare non economiche al variare dei fattori suddetti, determinando un impatto negativo sulle prospettive di business, sui risultati operativi, sui flussi di cassa e sulla liquidità del Gruppo.

Rischi operativi

L’attività di ricerca, sviluppo ed estrazione degli idrocarburi è esposta a specifici rischi operativi in relazione alla natura dei prodotti idrocarburi (infiammabilità, instabilità, tossicità, ecc.), alle caratteristiche dei giacimenti (temperatura, pressione, profondità) e alla tipologia delle operazioni necessarie all’estrazione ed al trattamento dei prodotti. Sono rischi di pericoli e possibili eventi dannosi a carico della salute e della sicurezza delle persone, dell’ambiente e della proprietà, quali esplosioni con rilascio incontrollato di petrolio o gas naturale dai pozzi incidentati (c.d. “blowout”), contaminazioni, malfunzionamenti delle apparecchiature con conseguenti sversamenti di petrolio, fuoriuscite di gas, incendi di pozzi, piattaforme o unità galleggianti di produzione, collisioni marine e altri eventi similari che potrebbero essere di entità tale da causare perdite di vite umane, disastri ambientali, danni alla proprietà, inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo e altre conseguenze negative. Tali rischi sono potenzialmente maggiori per le attività svolte nell’offshore a causa della maggiore complessità e difficoltà delle operazioni di contenimento e recupero delle fuoriuscite di petrolio in mare aperto. Al 31 dicembre 2024 la

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produzione offshore del Gruppo ha rappresentato una quota rilevante di quella complessiva pari a circa il 70%. Al riguardo, si segnala che il Gruppo adotta tecnologie, procedure e best practices internazionali al fine di mantenere elevati standard operativi dei propri impianti ed ha in essere coperture assicurative per limitare i possibili effetti economici derivanti dai danni provocati a terzi e alla proprietà, agli attivi industriali e da responsabilità di bonifica e ripristino dell’ambiente in caso di incidente. Ciononostante, un evento dannoso di ampie proporzioni o catastrofico, quale fu l’esplosione del pozzo Macondo nel Golfo del Messico nel 2010 operato da una grande compagnia petrolifera internazionale, sarebbe coperto solo in minima parte dalla capacità assicurativa disponibile sul mercato e comporterebbe a carico del Gruppo il riconoscimento di oneri e passività di ammontare straordinario determinando impatti negativi rilevanti sul business, sui risultati economici e finanziari, sulle prospettive di sviluppo del Gruppo e sulla sua reputazione.

Rischio competitivo

Nel settore Exploration & Production il Gruppo è esposto alla concorrenza di società petrolifere internazionali e compagnie di Stato per l’ottenimento dei diritti di esplorazione e sviluppo, inoltre deve essere in grado di sviluppare e applicare nuove tecnologie sostenibili per massimizzare l’estrazione di idrocarburi. A causa delle dimensioni inferiori di Eni rispetto ad altre compagnie petrolifere internazionali, il Gruppo potrebbe trovarsi in uno svantaggio competitivo in presenza di progetti di dimensioni rilevanti o a elevata intensità di capitale che richiedono un’ampia disponibilità di risorse tecniche e finanziarie. Il Gruppo potrebbe essere esposto al rischio di ottenere minori risparmi sui costi in un contesto deflazionistico rispetto ai suoi concorrenti più grandi, dato il suo potere di mercato potenzialmente inferiore rispetto ai fornitori, mentre in caso di aumento dei costi dovuti alla carenza di materiali, manodopera e altri fattori produttivi, Eni potrebbe subire maggiori pressioni da parte dei propri fornitori per aumentare il prezzo di beni e servizi rispetto ai principali concorrenti.

RISCHI CONNESSI ALL’ATTIVITÀ DI GENERAZIONE ELETTRICA

DA FONTI DI ENERGIA ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Il Gruppo è attivo nello sviluppo e nella realizzazione di impianti per la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili nell’ambito della strategia di diversificazione e trasformazione del modello di business per ridurre l’esposizione del portafoglio al settore degli idrocarburi. Lo sviluppo e la realizzazione di impianti per la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili sono soggetti a processi autorizzativi lunghi e complessi e richiedono investimenti di rilevante entità che vengono recuperati in base ai ricavi generati nel corso della vita utile degli impianti. Gli investimenti necessari per lo sviluppo e la costruzione di un impianto variano, tra l’altro, in base ai costi dei materiali e delle componenti impiantistiche, dei servizi per la realizzazione delle opere civili e per l’installazione e l’interconnessione con la rete di tra-

smissione, nonché alle tempistiche e disponibilità dei suddetti elementi. Il settore ha registrato in passato incrementi, anche repentini, dei costi di alcune materie prime, della componentistica e dei servizi, nonché strozzature e ritardi nella catena di approvvigionamento con ricadute negative sulla redditività attesa degli investimenti. Un eventuale rilevante incremento di tali costi di sviluppo e realizzazione degli impianti, ovvero una significativa dilatazione dei tempi di reperimento dei principali materiali e componenti potrebbe comportare effetti negativi sull’attività e sulla situazione economica, patrimoniale e/o finanziaria del Gruppo e, in aggiunta, ove il Gruppo non dovesse essere in grado di realizzare gli impianti di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili secondo criteri di economicità, il Gruppo potrebbe incontrare difficoltà nel perseguimento dei propri obiettivi di sviluppo, con conseguenti effetti pregiudizievoli sull’attività e sulla situazione economica, patrimoniale e/o finanziaria del Gruppo.

Inoltre, il business delle rinnovabili è influenzato da fattori quali (i) le politiche di incentivazione alla generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, (ii) eventuali malfunzionamenti e interruzioni dell’o-peratività degli impianti di trasmissione e generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, (iii) l’evoluzione tecnologica e (iv) le variazioni climatiche.

Le politiche di incentivazione alla generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, adottate dalla maggior parte dei Paesi in cui il Gruppo opera, possono incidere in maniera significativa sulle prospettive reddituali della produzione da fonti rinnovabili per gli operatori del settore. Eventuali mutamenti o ridimensionamenti di tali politiche, anche attraverso misure fiscali temporanee o straordinarie, potrebbero indurre il Gruppo a modificare o ridurre i suoi piani di sviluppo, nonché incidere negativamente sull’economicità della produzione da alcune fonti, con conseguenti effetti negativi sull’attività e sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo.

Con riferimento ad eventuali malfunzionamenti e interruzioni di operatività, sia degli impianti di generazione sia delle reti elettriche alle quali gli stessi sono connessi, benché il Gruppo ritenga di essere dotato di adeguata struttura organizzativa, idonei contratti di manutenzione e coperture assicurative, il Gruppo è esposto a rischi di malfunzionamento e di imprevista interruzione dei suddetti impianti, causati da eventi sia operativi quali incidenti, guasti o malfunzionamento di apparecchiature o sistemi di controllo, sia di natura straordinaria quali difetti di fabbricazione dei componenti degli impianti, calamità naturali, eventi catastrofici, fenomeni climatici estremi, sabotaggi e altri eventi straordinari similari. Il verificarsi di eventi di tale natura, non del tutto prevedibili e/o non completamente evitabili, potrebbe causare un aumento dei costi e una perdita di ricavi, l’insorgenza di potenziali perdite, la necessità di modificare il piano di investimenti del Gruppo, nonché avere effetti negativi sulla reputazione del Gruppo.

Il rendimento degli impianti di energia rinnovabile varia in funzione delle condizioni climatiche. Eventuali condizioni climatiche avverse ovvero non in linea con quelle attese possono comportare una minore produttività e redditività degli impianti del Gruppo. L’eventuale

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perdurare di condizioni meteorologiche avverse potrebbe comportare una riduzione dei volumi di energia elettrica prodotti dal Gruppo ovvero, al contrario, un eccesso dei volumi offerti che potrebbe comportare una riduzione, anche significativa, dei prezzi, con conseguenti effetti negativi sull’attività e sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo.

RISCHI CONNESSI ALLE SANZIONI ECONOMICHE E FINANZIARIE

Nel 2024 non sono state irrogate sanzioni nei confronti del Gruppo nell’ambito dei programmi di sanzioni economiche e finanziarie adottate da USA, EU e UK nei confronti di determinati Paesi. Il Gruppo è esposto attualmente a questo tipo di rischio esclusivamente per le attività condotte in Venezuela e Russia, come descritto nei paragrafi precedenti.

Sebbene le sanzioni siano generalmente volte a colpire l’economia del Paese oggetto del programma sanzionatorio e il Gruppo adotti misure volte a garantire che le proprie attività siano svolte in conformità con le norme applicabili, non si può escludere che il possibile deterioramento della situazione economica, sociale e politica del singolo Paese sanzionato, il protrarsi dell’applicazione delle sanzioni, la modifica ovvero l’inasprimento delle stesse possano limitare l’operatività del Gruppo, anche in modo significativo, con impatti negativi sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo.

RISCHI CONNESSI AL MERCATO GGP

Il settore Global Gas & LNG Portfolio (GGP) di Eni opera nel mercato all’ingrosso del gas prevalentemente in ambito europeo e nel mercato del GNL a livello globale. I risultati di tale business sono influenzati dalle dinamiche globali e regionali della domanda e dell’offerta di gas naturale e dal conseguente contesto competitivo. L’attuale fase di mercato è caratterizzata su scala globale dalla persistenza di un equilibrio instabile a fronte di consumi in ripresa e crescita del supply in rallentamento rispetto alle aspettative. Nel 2024 i prezzi si sono attestati su una media inferiore al 2023, pur registrando trend di crescita in risposta all’instabilità del contesto geopolitico e all’indi-sponibilità temporanea di alcuni impianti.

Il settore GGP è esposto ai rischi dovuti alla rilevante presenza nel portafoglio di approvvigionamento di contratti long-term con clausola take-or-pay. Per assicurarsi un’adeguata disponibilità di gas nel medio-lungo termine, a sostegno dei programmi di vendita, contribuendo alla sicurezza di approvvigionamento del mercato europeo in generale e di quello italiano in particolare, Eni ha stipulato nel passato e intende stipulare in futuro contratti di acquisto di lungo termine con i principali Paesi produttori che riforniscono il sistema europeo. Tali contratti di approvvigionamento prevedono la clausola di take-or-pay, in base alla quale l’acquirente è obbligato a pagare al prezzo contrattuale, o a una frazione di questo, la quantità minima di gas prevista dal contratto, anche se non ritirata, avendo la facoltà di prelevare negli anni contrattuali successivi il gas pagato ma non riti-

rato ad un prezzo che tiene conto della frazione di prezzo contrattuale già corrisposto. Il meccanismo degli anticipi contrattuali espone l’impresa a significativi rischi finanziari nel caso in cui, a causa di un eventuale eccesso di offerta i prezzi di mercato non fossero remunerativi rispetto alla quota di minimum take non coperta da contratti di vendita e attività di risk management, facendo scattare l’applicazio-ne della clausola. Analoghe considerazioni si applicano agli impegni contrattuali di lungo termine ship-or-pay attraverso i quali Eni si è assicurata l’accesso alle capacità di trasporto lungo le principali dorsali europee che convogliano il gas dai luoghi di produzione ai mercati di consumo. In tale scenario, il management di Eni è impegnato nella rinegoziazione dei contratti di approvvigionamento long-term e in azioni di ottimizzazione del portafoglio, quali leve per gestire il rischio take-or-pay/ship-or-pay e l’associato rischio finanziario. Relativamente ai contratti di fornitura take-or-pay con le società di Stato russe (Gazprom e le sue affiliate), nello scenario in cui Eni sia costretta a cessare i prelievi per adempiere a possibili regimi sanzionatori o in vista dell’obiettivo comunitario di cessare ben prima del 2030 la dipendenza dalle forniture d’idrocarburi dalla Russia, considerato che la data di scadenza di tali contratti è ben oltre il 2030, il Gruppo potrebbe sostenere oneri e passività di ammontare incerto, ma che potrebbero essere significativi.

RISCHI CONNESSI A PROCEDIMENTI GIUDIZIARI E ARBITRALI DEL GRUPPO

Eni è parte di procedimenti giudiziari civili o penali o arbitrali anche duraturi, con conseguente impiego di risorse, costi e spese legali. Per alcuni di questi procedimenti Eni è stata chiamata in causa ai sensi del D.Lgs. 231/01 in materia di responsabilità d’impresa. Eni ha rilevato in bilancio le passività associate ai procedimenti per i quali è probabile la soccombenza e l’onere possa essere stimato in maniera attendibile. Tali oneri non costituiscono a oggi una voce significativa del bilancio consolidato.

Tuttavia, nel caso in cui gli accantonamenti effettuati relativi ai procedimenti pendenti risultassero insufficienti a far fronte interamente agli oneri, alle spese, alle sanzioni e alle richieste risarcitorie e resti-tutorie formulate in caso di soccombenza in dipendenza ad esempio di nuovi elementi informativi e di sviluppi non previsti al momento della stima del fondo di bilancio, si potrebbero avere effetti negativi sull’attività, sulla situazione patrimoniale e finanziaria e sui risultati economici del Gruppo.

Non può escludersi che l’esito dei procedimenti in corso alla data di bilancio, nonché degli eventuali ulteriori procedimenti che si dovessero instaurare successivamente in relazione a controversie pendenti con terze parti non risolte in via extragiudiziale, possano avere un esito sfavorevole per il Gruppo, con accoglimento, in tutto o in parte, delle pretese avanzate dalle controparti per un ammontare superiore alle ragionevoli stime operate dal Gruppo – che, in tal caso, si troverebbe a dover far fronte a passività non previste, con possibili conseguenti effetti negativi sull’attività, sulla situazione patrimoniale e finanziaria e sui risultati economici del Gruppo.

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Non si può escludere che rischi valutati remoti o possibili dal Gruppo possano diventare probabili e determinino adeguamenti al valore dei fondi rischi, o che, in caso di soccombenza in contenziosi per cui i relativi fondi rischi erano ritenuti adeguati, il Gruppo potrebbe subire effetti negativi sulla propria situazione economica, patrimoniale e/o finanziaria.

Non è possibile escludere che, nel caso in cui la responsabilità amministrativa di Eni fosse concretamente accertata, oltre alla conseguente applicazione delle relative sanzioni, si verifichino ripercussioni negative sulla reputazione, sull’operatività e sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo.

RISCHI CONNESSI AL FUNZIONAMENTO DEI SISTEMI INFORMATICI E ALLA SICUREZZA INFORMATICA

L’operatività del Gruppo dipende in misura significativa dai sistemi informatici, inclusi quelli di terze parti, che supportano in maniera pervasiva tutti i processi aziendali. I suddetti sistemi sono esposti al rischio di malfunzionamenti, virus, accessi non autorizzati, sottrazione di informazioni sensibili che possono causare danni operativi, economici e reputazionali.

Nello specifico il rischio legato alla cyber security è considerato elevato in quanto:

  • Eni è un obiettivo particolarmente appetibile per i cyber criminali in ragione del settore in cui opera e del contesto geopolitico attuale (ad es. conflitto Russia-Ucraina);

  • gli attacchi informatici, attuati anche mediante l’utilizzo dell’intel-ligenza artificiale, sono in costante aumento (ad esempio spear phishing, malware, deep fake ecc.).

    Per Eni quindi la gestione dei rischi di cyber security risulta essere prioritaria ed ha come obiettivo la protezione dei sistemi informatici, reti, software e dati garantendo la riservatezza, l’integrità e la disponibilità delle informazioni, in particolare:

  • Riservatezza: assicurare che le informazioni siano protette da accessi non autorizzati. La diffusione di informazioni riservate o una violazione di informazioni sensibili di dipendenti e clienti potrebbe causare danni reputazionali ed economici al gruppo oltre a gravi ripercussioni legali (ad es. sanzioni), dovute al mancato rispetto di obblighi normativi e/o contrattuali;

  • Integrità: assicurare che le informazioni non siano soggette a modifiche e/o cancellazioni non autorizzate. La compromissione della qualità delle informazioni aziendali può avere conseguenze di vasta portata su vari aspetti dell’operatività e della sostenibilità aziendale oltre a causare potenziali danni reputazionali ed economici al Gruppo;

  • Disponibilità: assicurare che le informazioni e i servizi siano sempre disponibili e accessibili ai soggetti autorizzati. La indisponibilità dei sistemi potrebbe avere un impatto significativo sul business, in particolare se coinvolge i sistemi business critical. In generale,

malfunzionamenti dei sistemi informatici potrebbero rallentare la produzione o i piani di digitalizzazione e ostacolare l’innovazione tecnologica aumentando i costi dei progetti digitali e riducendo i benefici attesi.

RISCHI RELATIVI AL QUADRO LEGALE E NORMATIVO

Rischi connessi con la regolamentazione del settore del gas e dell’energia elettrica

L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), in virtù della Legge istitutiva n. 481/95, svolge attività di regolazione e controllo nei settori dell’energia elettrica, del gas naturale, dei servizi idrici, del ciclo dei rifiuti e del telecalore. Tra l’altro ARERA svolge funzione di monitoraggio dei livelli dei prezzi del gas naturale e definisce le condizioni economiche di fornitura del gas ai clienti che hanno diritto di accedere alle condizioni tariffarie stabilite dalla stessa Autorità (cosiddetti clienti tutelati).

Le decisioni dell’Autorità in tale materia possono limitare la capacità degli operatori del gas di trasferire gli incrementi del costo della materia prima nel prezzo finale o limitare il riconoscimento dei costi e rischi tipici dell’attività commerciale con i clienti tutelati.

Fino al 31.12.2023, i clienti che avevano diritto al servizio di tutela gas erano i clienti domestici e i condomini con uso domestico con consumi non superiori a 200.000 standard metri cubi (Smc)/annui. Nel 2013 l’Autorità ha riformato la struttura delle tariffe gas ai clienti tutelati del segmento civile con il passaggio all’indicizzazione hub della componente a copertura del costo della materia prima – quotazioni forward rilevate presso l’hub olandese TTF – in luogo della precedente, prevalentemente oil-linked, in un contesto di mercato che vedeva quotazioni hub del gas significativamente inferiori rispetto a quelle dei contratti long-term indicizzati all’olio, introducendo strumenti di incentivazione agli operatori per la promozione della rinegoziazione dei contratti di approvvigionamento di lungo termine. Dato il contesto di prezzi crescenti verificatosi fra 2021 e 2022 ARERA ha avviato una serie di indagini per valutare interventi sui prezzi delle commodity a favore dei consumatori, con particolare riferimento al gas. In esito ad una ricognizione effettuata sui contratti di importazione di gas, ARERA con delibera 374/2022/R/GAS ha determinato il passaggio del riferimento della materia prima da TTF a PSV con aggiornamento mensile della componente CMEM a copertura dei costi di approvvigionamento del gas naturale all’ingrosso per i clienti in condizioni di tutela.

La Legge 4 agosto 2017, n. 124, “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” aveva inizialmente fissato la fine della tutela di prezzo dell’Autorità al 1° luglio 2019 per i settori dell’energia elettrica (per i clienti domestici e le piccole imprese connesse in bassa tensione) e del gas naturale (per i clienti domestici come sopra definiti). La legge di conversione del Decreto Legge n. 91/2018 (c.d. Milleproroghe) -Legge 108 del 21 settembre 2018 – aveva rinviato questa scadenza al 1° luglio 2020. Con il Decreto Legge n. 162/2019 (c.d. D.L. Mil-

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leproroghe) – è stata ulteriormente modificata la Legge 124/17; in particolare per le PMI non microimprese, per il servizio di fornitura di energia elettrica, la data è stata fissata al 1° gennaio 2021 (il servizio è stato poi assegnato a luglio 2021 tramite gara definita da ARERA con delibera 491/2020/R/eel), mentre per le microimprese per l’elet-tricità e per le famiglie per gas e luce, era fissata al 1° gennaio 2022. Con la Legge 21/2021 di conversione del D.L. Milleproroghe 183/2020 è stata ulteriormente modificata la data di superamento del mercato tutelato. In particolare, il termine è stato rinviato dal 2022 al 2023 per i clienti domestici nel mercato del gas naturale, e per le microimprese e i clienti domestici nel mercato dell’energia elettrica. Dal 1° gennaio 2021 era previsto il superamento della maggior tutela elettrica per le piccole imprese con più di 10 dipendenti e un fatturato annuo o un totale di bilancio superiore a 2 milioni di euro; ARERA ha regolato la procedura di gara per assegnazione del servizio con decorrenza 1.7.2021 (dal 1.1.21 al 30.6.21 il servizio è stato assegnato transito-riamente agli esercenti la maggior tutela). Gli assegnatari del servizio sono stati principalmente gli operatori già presenti nel servizio di maggior tutela (tranne per un’area geografica, assegnata ad un operatore di libero mercato) e i risultati della gara hanno evidenziato un allineamento alla remunerazione del servizio di maggior tutela (in 6 aree su 9 la gara si è conclusa con rilancio pari a zero). Il disegno della gara si è mostrato funzionale non tanto alla liberalizzazione quanto alla continuità tariffaria nei confronti dei clienti finali. Con legge di Bilancio 2022 (L. 233/21) è stato poi introdotto il termine del 10 gennaio 2024: data entro la quale verrà regolato da ARERA e assegnato il servizio a tutele graduali ai clienti domestici elettrici che in quel momento non avessero ancora scelto un fornitore del mercato libero, garantendo la continuità della fornitura di elettricità.

Il quadro delineato vedeva quindi il superamento della tutela tariffaria confermato, senza deroghe, per i clienti domestici gas e le microimprese elettriche al 1° gennaio 2023, prevedendo però la possibilità di derogare questa data, fino al 10 gennaio 2024, per i clienti domestici elettrici. Con la delibera 491/2021/R/eel ARERA ha regolato la procedura di gara per assegnazione del servizio a tutele graduali per le microimprese con decorrenza 1.1.2023 (poi slittata al 1.4.2023). ARERA, con una segnalazione a Governo e parlamento di giugno 2022 ha richiesto ufficialmente lo slittamento della fine della tutela per i clienti domestici gas al 2024. L’8.09.2022 il MiTE ha pubblicato il D.M. su criteri e modalità per il superamento dei regimi di prezzi regolati e sui criteri per assicurare la fornitura di energia elettrica alle microimprese (≤ 15 kW) che, al 1° gennaio 2023 (poi slittato regola-toriamente al 1° aprile), non hanno un fornitore sul mercato libero. Il medesimo D.M. (art. 3 comma 5) ha previsto che alla scadenza del periodo di erogazione del Servizio Tutele Graduali (STG) il cliente che non abbia optato per una offerta da mercato libero, sarà rifornito dal medesimo esercente il STG sulla base della sua offerta di mercato libero più conveniente.

Sul tale contesto si è inserito il D.L. 18 novembre 2022, n. 176 (Aiuti Quater) che ha stabilito all’art. 5 l’ulteriore proroga nel settore del gas naturale:

  • rinvio al 10 gennaio 2024 del termine per la rimozione della tutela di prezzo nel settore gas previsto dalla Legge Annuale per la Concorrenza n. 124/2017 (art. 1 comma 59);

  • proroga al 10 gennaio 2024 (in luogo del 1° gennaio 2023) del termine a decorrere dal quale i fornitori e gli esercenti il servizio di fornitura di ultima istanza sono tenuti a offrire ai clienti vulnerabili una tariffa agevolata per la fornitura di gas naturale (modifica art. 22, co. 2-bis.1, D.Lgs. 164/2000).

In vista dell’obiettivo di superamento delle tariffe di tutela gas e power, nel corso degli anni sono state introdotte misure per accompagnare la scelta del consumatore sul mercato libero con adeguati supporti informativi e prevedendo strumenti di confrontabilità delle offerte di mercato fra gli operatori. A tal fine l’ARERA ha previsto che gli operatori, in aggiunta alle loro offerte di mercato, forniscano ai clienti, a decorrere da marzo 2018, anche una proposta a prezzo variabile e una a prezzo fisso per gas ed elettricità a prezzo libero ma a condizioni contrattuali comparabili regolate da ARERA (offerte “PLACET”). È inoltre operativo un apposito portale web gestito da Acquirente Unico per conto di ARERA (Portale Offerte) che consente la comparazione di tutte le offerte generalizzate di gas ed energia elettrica disponibili; su questa area di regolazione ARERA di recente ha proposto orientamenti – non ancora deliberati ufficialmente – mirati ad aumentare la possibilità di comparazione delle offerte commerciali sulla base del prezzo.

Dal 1° gennaio 2024, i clienti domestici non vulnerabili, precedentemente serviti in tutela gas, e che non hanno sottoscritto un contratto di mercato libero, vedono applicarsi l’offerta PLACET definita ad hoc dagli operatori per tali clienti.

Per quanto riguarda il settore elettrico, il Decreto legge n. 181 del 9 dicembre 2023, che reca disposizioni urgenti per la sicurezza energetica del Paese, ha posticipato lo svolgimento delle procedure concorsuali per il servizio a tutele graduali per i clienti domestici non vulnerabili al 10 gennaio 2024 (prima previste in data 11 dicembre 2023). Di conseguenza, l’ARERA con Delibera 600/2023/R/eel, ha differito al 1° luglio 2024 l’attivazione del servizio a tutele graduali in esito all’asta a turno unico svoltasi il 10 gennaio e ridotto a 2 anni e 9 mesi la durata del servizio di tutela graduale, il cui termine rimane fissato al 31 marzo 2027 per legge.

Inoltre, il D.L. 181/23 ha modificato, altresì, il contenuto della clausola sociale prevedendo l’obbligo, per i soli esercenti il servizio di maggior tutela, di continuare ad utilizzare i servizi di contact center prestati da soggetti terzi sino alla conclusione delle procedure competitive o fino alla scadenza dei contratti in essere se antecedente a tale data. La pubblicazione degli esiti della procedura di gara è avvenuta il 6 febbraio 2024. Plenitude non risulta aggiudicataria di nessuna delle aree. Sarà fondamentale che vengano adeguatamente monitorate le modalità con cui i vincitori gestiranno i clienti per evitare pratiche scorrette.

Da ultimo, la Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 (L. 193/2024, art. 24) ha previsto che i clienti domestici vulnerabili

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(di cui all’articolo 11, comma 1, del Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 210) abbiano la facoltà di chiedere, entro il 30 giugno 2025, l’accesso al servizio a tutele graduali (di cui alla delibera ARERA n. 362/2023/R/eel del 3 agosto 2023), fornito dall’operatore aggiudicatario dell’area ove è situato il punto di consegna interessato. In data 22 gennaio 2025, ARERA ha pubblicato la delibera 10/2025/R/ eel stabilendo le modalità di attuazione, ivi comprese quelle concernenti l’attestazione circa la sussistenza dei requisiti di vulnerabilità dandone evidenza nel proprio sito internet istituzionale. La facoltà riguarda tutti i clienti aventi i requisiti di vulnerabilità, anche se serviti sul mercato libero.

Nell’ambito dei costi e dei criteri di accesso alle principali infrastrutture logistiche del sistema gas, i principali fattori di rischio per il business sono legati ai processi di definizione delle condizioni economiche e delle regole di accesso ai servizi di trasporto, rigassificazione GNL, stoccaggio, che interessano periodicamente tutti i Paesi europei in cui Eni opera. I criteri di regolazione del trasporto sono stati ridefiniti per il quadriennio 2024-2027 in Paesi quali Italia, Francia e Belgio, ma la ridefinizione periodica dei criteri tariffari del trasporto, a scadenze pluriennali prestabilite, come anche la puntuale definizione su base annuale dei relativi valori tariffari applicabili, è un elemento che accomuna tutti i Paesi europei e che anche in futuro potrà determinare impatti sui costi logistici. Modifiche di regole e di livelli tariffari possono riguardare anche il settore della rigassificazione e dello stoccaggio, rappresentando fattori di rischio come anche potenziali opportunità per il business.

Inoltre, lo scenario di crisi energetica concretizzatosi nel 2022 ha indirizzato i legislatori, a livello europeo e di singoli Paesi, verso evoluzioni – seppur in taluni casi temporanee – della normativa e della conseguente regolazione che possono incidere sulle dinamiche dei mercati, con la finalità di contenere i prezzi per i clienti finali o migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti (ad esempio, obblighi sulle traiettorie di riempimento degli stoccaggi, possibili obblighi di riduzione dei consumi finali).

Superata la crisi energetica, nel medio termine ci si attende che la domanda di gas a livello europeo possa essere ancora sostenuta dalle politiche orientate al phase-out del carbone nella generazione elettrica, in vista degli obiettivi di decarbonizzazione. D’altra parte, con l’implementazione progressiva del Green Deal europeo e dei relativi ambiziosi interventi normativi finalizzati alla decarbonizzazione, nei prossimi anni la regolamentazione del settore gas sarà interessata da modifiche potenzialmente rilevanti, in conseguenza di adeguamenti nel disegno dei mercati e/o di nuovi obblighi o vincoli in capo agli operatori del settore che accompagneranno l’evoluzio-ne delle normative europee, nel contesto di transizione energetica e coerentemente con gli obiettivi di decarbonizzazione del settore energetico (tra cui i collegati obiettivi di sviluppo di gas rinnovabili o decarbonizzati, di promozione di tecnologie abilitanti una maggiore integrazione tra settore elettrico e settore gas, di riduzione delle emissioni di metano). Questi cambiamenti determineranno

pressioni sul settore del gas naturale ma, al contempo, apriranno e supporteranno nuove opportunità di business nell’ambito dei gas decarbonizzati e rinnovabili, che Eni è pronta a perseguire.

Per quanto riguarda il settore elettrico Eni, dopo l’autorizzazione da parte del MASE con Decreto del 9 maggio 2024, Terna ha pubblicato la Disciplina delle aste del mercato della capacità elettrica (c.d. “Capacity Market”) per gli anni di consegna 2025, 2026, 2027 e 2028. Per l’anno 2025 e 2026 le procedure concorsuali si sono svolte il 25 luglio e il 18 dicembre 2024 ed Eni è risultata assegnataria di capacità per gli impianti esistenti con un premio pari a 45.000 €/MW per l’anno 2025 e 46.000 €/MW per l’anno 2026. Per l’anno 2027 l’asta si terrà il 26 febbraio 2025 mentre per il 2028 non è ancora nota la data perché dovrà prima essere fissata la data per l’asta del mercato centralizzato degli accumuli, il c.d. MACSE. Per le aste relative agli anni precedenti (2022, 2023 e 2024) sono stati ritirati i contenziosi ricorsi presentati da alcuni operatori presso il TAR e Tribunale Europeo per cui è venuto meno il rischio di annullamento delle aste relative a questi anni. Quanto alle aste relative agli anni successivi, alcuni operatori hanno presentato nuovi ricorsi chiedendo anche, tra l’altro, l’annullamento degli esiti dell’asta 2025 e la sospensione e l’annullamento degli esiti dell’asta 2026.

Rispetto ai premi riconosciuti alla capacità esistenti nelle ultime aste che si sono tenute per la consegna al 2024, è possibile che le aste future porteranno ad una riduzione del premio riconosciuto ai soggetti partecipanti per effetto di una maggior concorrenza in fase d’asta dovuta alla riduzione da parte di Terna del fabbisogno di adeguatezza per tenere conto della nuova capacità approvvigionata dalle precedenti aste del Capacity Market e dell’ingresso di nuovi impianti da fonti rinnovabili e, per l’anno 2028, per un’ulteriore significativa riduzione del fabbisogno per tener conto del contributo degli stoccaggi contrattualizzati con il meccanismo MACSE. Inoltre, sono in atto significative evoluzioni della regolamentazione, che possono rappresentare fattori di rischio per il business: tra queste le riforme dei meccanismi di mercato conseguenti a necessità di adeguamento alle normative comunitarie: i prezzi negativi e la riforma del Mercato Infragiornaliero introdotti nel settembre 2021, ulteriore integrazione transfrontaliera dei mercati nazionali sia dell’energia che del dispacciamento, il completamento della riforma del mercato dei servizi di dispacciamento. Si segnala inoltre la possibile riduzione dei ricavi nel Mercato dei servizi di dispacciamento (“MSD”) per effetto degli incentivi riconosciuti da ARERA a Terna per la riduzione dei costi di MSD e per l’ingresso di nuove risorse nel mercato (es. sistemi di accumulo da MACSE).

Per quanto riguarda la regolamentazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (non programmabili, quali vento per la tecnologia eolica e sole per la tecnologia fotovoltaica), molti sono i temi in discussione che potrebbero rappresentare fattori di rischio per il settore.

Il principale fattore di rischio per lo sviluppo delle rinnovabili Eni rimane la complessità degli iter autorizzativi.

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RISCHI CONNESSI ALLA NORMATIVA IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Il Gruppo è esposto al rischio di violazioni della normativa di riferimento in tema di gestione, trattamento e protezione dei dati personali, con effetti pregiudizievoli sull’attività e sulle prospettive del Gruppo.

Nell’ambito dello svolgimento della propria attività, con particolare con riferimento ai mercati finali in cui il Gruppo commercializza gas, energia elettrica e prodotti presso clienti retail e business, il Gruppo gestisce in maniera sostanziale e continuativa dati personali e, pertanto, deve ottemperare alle disposizioni normative e regolamentari di volta in volta applicabili.

In forza delle leggi vigenti in materia di privacy, tutti i soggetti che trattano dati personali sono tenuti al rispetto delle disposizioni applicabili e dei provvedimenti in materia. In caso di violazioni, tali soggetti possono essere chiamati, seppur a vario titolo, a rispondere per le conseguenze derivanti da illecito trattamento dei dati e da ogni altra violazione di legge (quali carente o inidonea informativa e notificazione, violazione delle norme in materia di adozione di misure di sicurezza, false rappresentazioni). Il verificarsi di tali rischi potrebbe avere effetti negativi sulla situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’Emittente e del Gruppo.

La normativa di riferimento è rappresentata dal Regolamento (UE) n. 2016/679 (“GDPR”) che ha introdotto varie modifiche ai processi da adottare per garantire la protezione dei dati personali (tra cui un efficace modello organizzativo privacy, la nuova figura del Responsabile della protezione dei dati (Data Protection Officer – “DPO”), obblighi di comunicazione di particolari violazioni dei dati, la portabilità dei dati), aumentando il livello di tutela delle persone fisiche e inasprendo, tra l’altro, le sanzioni applicabili al titolare e all’eventuale responsabile del trattamento dei dati, in caso di violazioni delle previsioni del regolamento. Alla Data del Prospetto Informativo la Società ha provveduto alla nomina del DPO e adeguato il proprio sistema di gestione dei dati personali agli adempimenti richiesti dal GDPR.

Nonostante i controlli in essere, il Gruppo è esposto al rischio derivante dalla potenziale violazione della disciplina vigente in ragione della sottrazione, divulgazione, perdita o il trattamento per finalità diverse da quelle autorizzate dalla clientela, dei dati personali anche ad opera di soggetti non autorizzati (sia terzi sia dipendenti del Gruppo) o a causa di attacchi cyber.

Pertanto, qualora la Società non fosse in grado di attuare i presidi e gli adempimenti in materia privacy, conformemente a quanto prescritto dal GDPR e dalla ulteriore normativa anche regolamentare applicabile concernente la protezione dei dati personali, inclusi i provvedimenti emanati dall’Autorità Garante per la Protezione dei Dati di volta in volta applicabili, il Gruppo sarebbe esposto a un rischio sanzionatorio nonché a un rischio di perdita di clienti attuali e futuri, con conseguenti possibili effetti negativi sulla situazione economica, patrimoniale, finanziaria e sulla reputazione e le prospettive del Gruppo.

Nel caso in cui venisse accertata una responsabilità del Gruppo per eventuali casi di violazione di dati personali e delle leggi poste a loro tutela, ciò potrebbe dare luogo a richieste di risarcimento danni nonché all’erogazione di sanzioni amministrative, con possibili effetti negativi significativi sull’immagine del Gruppo, sulla sua situazione economica, patrimoniale e finanziaria.

Non è possibile escludere che, in futuro, le procedure e le misure adottate dal Gruppo si rivelino inadeguate, non conformi e che non siano tempestivamente o correttamente implementate da parte dei dipendenti e collaboratori (anche a causa della continua evoluzione della normativa e delle procedure stesse) e, pertanto, che i dati possano essere danneggiati o perduti, oppure sottratti, divulgati o trattati per finalità diverse da quelle autorizzate dalla clientela.

RISCHI CONNESSI ALLA VIOLAZIONE DI NORME ANTICORRUZIONE VIGENTI NEI PAESI IN CUI IL GRUPPO SVOLGE LA PROPRIA ATTIVITÀ

Eni, operando in diversi Paesi del mondo, è tenuta ad agire nel rispetto delle leggi anticorruzione applicabili a livello nazionale e internazionale. Nonostante il Gruppo abbia adottato un sistema di controllo interno, procedure e un codice etico per prevenire la commissione di reati corruttivi da parte die propri dipendenti, che avrebbero riflessi su Eni per via del D.Lgs. 231/01 in materia di responsabilità d’impre-sa e i codici anticorruzione internazionali, non è possibile escludere completamente il rischio di violazione delle leggi anticorruzione e la conseguente applicazione delle sanzioni previste, con possibili ripercussioni negative sulla reputazione, sull’operatività e sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria di Eni.



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