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Così Berlino guarda al nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia dell’Ue


Anche le imprese tedesche sarebbero direttamente coinvolte. La società Sefe (Securing Energy for Europe), ex Gazprom Germania e ora sotto controllo statale, continua a importare gas liquefatto russo sulla base di contratti preesistenti.
L’Unione Europea si prepara a dire addio al gas russo entro il 2027: un obiettivo ambizioso che mira a rafforzare la sicurezza energetica, ridurre la dipendenza da Mosca e sostenere la transizione verso fonti rinnovabili. Che effetti potrà avere questo nuovo pacchetto sull’Europa e in maniera più specifica sulla Germania? Agli interrogativi prova a rispondere un servizio della rete televisiva pubblica tedesca ARD, che offre un’analisi a tutto campo sull’impatto delle nuove misure, a patto che il piano presentato dalla Commissione di Ursula von der Leyen venga approvato nella sua interezza.

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CONTESTO GEOPOLITICO E RAGIONI DEL DISIMPEGNO

Attualmente, il gas naturale proveniente dalla Russia rappresenta ancora il 19% delle importazioni dell’Ue, ma la Commissione europea ha tracciato una tabella di marcia per azzerare questo legame nei prossimi anni. Una scelta che si inserisce nel contesto delle sanzioni europee in risposta alla guerra in Ucraina e che promette di avere effetti significativi su consumatori, imprese e sull’intero mercato energetico europeo.

La decisione dell’Unione Europea di eliminare progressivamente le importazioni di gas russo affonda le sue radici nella prosecuzione del conflitto in Ucraina. Dopo aver imposto un embargo su carbone e petrolio, Bruxelles mira ora a colpire anche il settore del gas, finora risparmiato a causa della forte dipendenza di alcuni Paesi membri, in particolare nell’Europa centro-orientale. Tuttavia, l’obiettivo della Commissione è chiaro: recidere i legami economici con Mosca e ridurre le risorse finanziarie a disposizione del regime di Putin.

La Germania, un tempo principale destinataria del gas russo, ha visto interrompersi completamente le forniture già nel 2022. Dopo un breve ritorno in attività del gasdotto Nord Stream, le esportazioni russe sono state sospese nuovamente e in modo definitivo a partire dalla fine di agosto dello stesso anno. Il resto d’Europa, tuttavia, continua a importare gas naturale e GNL dalla Russia, sebbene in misura ridotta rispetto al passato. Solo nel 2023, le importazioni europee di gas dalla Russia hanno raggiunto un valore di 15,6 miliardi di euro, contro i 19,1 miliardi provenienti dagli Stati Uniti.

IL PIANO EUROPEO PER UN’USCITA GRADUALE E LA FINE DI NORD STREAM

Il piano presentato dalla Commissione europea prevede un divieto progressivo delle importazioni di gas russo entro la fine del 2027. In una prima fase, sarà vietata la stipula di nuovi contratti, anche a breve termine, sul cosiddetto mercato spot. In seguito, anche i contratti a lungo termine già esistenti – che attualmente rappresentano circa i due terzi del gas importato dalla Russia – dovranno essere lasciati scadere senza possibilità di rinnovo. Inoltre viene inserito il divieto di transazioni con Nord Stream 1 e 2. Si tratta di una decisione simbolica, dato che i gasdotti non sono operativi, ma significherebbe la fine dell’ipotesi di riattivare questo canale diretto di approvvigionamento energetico dalla Russia, tema che agita di tanto in tanto il dibattito in Germania. Merz ha espresso di recente la volontà di mettere sul gasdotto una pietra sopra e la sponda dell’Ue potrebbe essergli di grande aiuto per superare le resistenze interne.

La base giuridica del provvedimento è ancora in fase di definizione, ma appare improbabile l’adozione di un nuovo pacchetto di sanzioni formali, che richiederebbe l’unanimità dei Ventisette. Alcuni Paesi, tra cui Ungheria e Slovacchia, si sono infatti finora opposti a misure così radicali. È invece più probabile che si ricorra agli strumenti del diritto commerciale per impedire la prosecuzione delle forniture.

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IL COINVOLGIMENTO DELLE IMPRESE TEDESCHE

Anche le imprese tedesche sarebbero direttamente coinvolte. La società Sefe (Securing Energy for Europe), ex Gazprom Germania e ora sotto controllo statale, continua a importare gas liquefatto russo sulla base di contratti preesistenti. Solo nel 2024, Sefe ha movimentato oltre cinque miliardi di metri cubi di GNL dalla Russia al terminal di Dunkerque, in Francia. Secondo l’azienda, non vi sono oggi strumenti legali per annullare questi contratti senza incorrere in penali, e un mancato ritiro del gas permetterebbe ai fornitori russi di rivendere il prodotto, generando comunque introiti per il Cremlino.

PREZZI STABILI E SICUREZZA ENERGETICA

Uno dei principali interrogativi riguarda l’impatto della misura sui prezzi dell’energia. La Commissione europea rassicura: l’eliminazione graduale del gas russo sarà gestita con attenzione per evitare carenze e mantenere stabili i prezzi. Il commissario all’energia Dan Jørgensen ha garantito che nessun Paese membro si troverà a rischio di approvvigionamento. Gli esperti confermano che eventuali aumenti dei prezzi saranno temporanei: a medio e lungo termine, la combinazione tra calo della domanda industriale, efficienza energetica e diffusione delle fonti rinnovabili porterà verosimilmente a una riduzione dei prezzi.

Inoltre, l’espansione globale delle capacità di produzione e trasporto di GNL – prevista soprattutto a partire dal 2026 – dovrebbe aumentare l’offerta disponibile sul mercato internazionale, contribuendo a contenere ulteriormente i costi. Già oggi, gli stoccaggi europei sono in buona parte riempiti, anche se in Germania, a causa di un inverno particolarmente rigido, i livelli attuali si attestano intorno al 45%, sotto la media storica del periodo 2017-2021.

SPINTA VERSO LA TRANSIZIONE ENERGETICA

Al di là delle implicazioni economiche e geopolitiche, il piano della Commissione rappresenta anche un’accelerazione verso la transizione energetica, osserva ARD. L’addio definitivo al gas russo potrebbe incentivare gli investimenti nelle fonti rinnovabili e in tecnologie pulite come l’idrogeno verde, particolarmente utili nei settori a più alta intensità energetica, come la siderurgia e la chimica.

Anche in ambito residenziale si intravede una possibile svolta: la fine delle forniture a basso costo provenienti dalla Russia potrebbe rafforzare il ricorso a soluzioni più sostenibili, come le pompe di calore e i sistemi di teleriscaldamento. Questi ultimi, in particolare, offrono un’alternativa efficiente per il riscaldamento urbano, favorendo un approccio condiviso e centralizzato all’approvvigionamento termico. Bisognerà naturalmente valutare l’impatto di questo aspetto per quel che riguarda l’accettazione da parte dei cittadini, nel recente passato – e soprattutto in Germania – decisamente insofferenti verso cambiamenti che comportavano una maggiore spesa.

In definitiva – conclude l’analisi della tv tedesca – la scelta dell’Ue di interrompere le importazioni di gas russo si presenta non solo come una risposta alla guerra in Ucraina, ma anche come un passo decisivo verso un’Europa energeticamente più autonoma, sostenibile e capace di adattarsi ai cambiamenti.



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