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Biometano: le nuove norme danno slancio alla filiera, ma la capacità realizzata coprirà al massimo il 60% dell’obiettivo di consumo al 2030


Le nuove norme hanno dato slancio alla filiera del biometano, portando a un aumento significativo dei progetti e a un maggiore interesse da parte degli investitori, ma anche nello scenario più ottimistico la capacità realizzata
coprirà al massimo il 60% dell’obiettivo di consumo al 2030.

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È quanto emerge dall’Hydrogen and Alternative Fuels Report 2025, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.

Il Report analizza in dettaglio i diversi settori in cui sono imprescindibili i combustibili alternativi, descrivendone prospettive e stato dell’arte.

La decarbonizzazione dell’economia europea non può prescindere dall’impiego di combustibili alternativi – dai biocarburanti ai combustibili sintetici, a quelli gassosi come idrogeno e biometano – perché l’elettrificazione non può rispondere in modo esaustivo alle esigenze energetiche dei trasporti pesanti marittimi e aerei e dei settori industriali Hard to Abate (ad esempio siderurgie, cartiere, imprese chimiche e petrolchimiche) che contribuiscono a circa il 43% dei consumi energetici e al 30% delle emissioni di gas climalteranti.

Grazie alla sua capacità di integrarsi direttamente con le infrastrutture esistenti del gas naturale, nei contesti in cui è applicabile il biometano rappresenta una risorsa rilevante, che rafforza la sicurezza energetica e valorizza le risorse organiche con logiche di economia circolare.

Proprio su questo fronte, dopo anni di stallo e incertezza normativa, il Decreto Ministeriale 2022 ha introdotto in Italia un quadro incentivante chiaro e coerente che ha restituito slancio all’intera filiera, testimoniato dal numero crescente di progetti avviati e dall’interesse degli investitori.

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Dopo quattro aste che avevano suscitato scarso interesse, la quinta – la cui graduatoria è stata resa nota ad aprile – ha visto quasi saturato il contingente da assegnare.

Tuttavia, anche nello scenario più ottimistico si stima che la capacità complessivamente realizzata, includendo quella incentivata dal DM 2018, coprirà al massimo il 60% dell’obiettivo di consumo di biometano previsto dal PNIEC per il 2030.

“Il biometano si conferma come un tassello strategico della transizione energetica, a maggior ragione in un contesto in cui l’Europa e l’Italia puntano con decisione a ridurre la dipendenza energetica da Paesi extra-europei”, commenta Paolo Maccarrone, Direttore Scientifico del Report.

“È dunque fondamentale continuare a supportare e valorizzare questo percorso, affinché il settore possa consolidarsi e contribuire in modo sempre più rilevante agli obiettivi di sostenibilità, sicurezza energetica e sviluppo industriale del Paese: il policy maker deve inviare segnali chiari e tempestivi, per ridurre l’incertezza e permettere a tutti gli operatori di procedere a una pianificazione”, aggiunge.

Trasporto pesante: le barriere all’utilizzo di combustibili alternativi nell’aviazione e settore marittimo

Dal 1° gennaio 2025 sono entrati in vigore due regolamenti europei per la decarbonizzazione dei trasporti pesanti: il ReFuelEU Aviation (RFEUA) per l’aviazione e il FuelEU Maritime (FEUM) per il comparto marittimo.

In base al RFEUA, i fornitori dovranno garantire una quota minima di carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF) rispetto al totale dell’energia fornita. Gli obiettivi partono dal 2% nel 2025-2030, salgono al 6% nel quinquennio successivo e raggiungono il 70% al 2050. I carburanti ammessi includono i biocarburanti avanzati (bioSAF), i combustibili da carbonio riciclato (RCF), i carburanti sintetici (eSAF) e l’idrogeno in forma pura.

A partire dal 2026, poi, il settore aereo non godrà più delle quote gratuite nell’ambito del sistema ETS (Emissioni Trading System) e gli operatori dovranno compensare integralmente le proprie emissioni, con conseguente aumento dei costi operativi legati all’uso di carburanti convenzionali.

Nonostante la piena compatibilità chimica dei SAF con motori e infrastrutture esistenti, permangono due ostacoli principali: l’elevato costo, che può risultare fino a tre volte (nel caso dei bioSAF) e sette volte (nel caso degli eSAF) superiore al cherosene fossile, e l’assenza di una filiera strutturata per i carburanti sintetici e l’idrogeno, il che solleva dei seri dubbi sulla possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati.

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Diversamente dal RFEUA, il FEUM non impone l’adozione di carburanti specifici nel settore marittimo, ma si basa sul principio della neutralità tecnologica, limitandosi a stabilire obiettivi di riduzione dell’intensità emissiva dell’energia consumata dalle navi (il riferimento sono i livelli del 2021) e lasciando agli operatori navali come raggiungerli.

Anche in questo caso, gli obiettivi si articolano su base quinquennale: -2% nel periodo 2025-2030, -6% nei cinque anni successivi, fino ad arrivare all’80% nel 2050.

Dal 2024, inoltre, il settore marittimo è stato incluso nel sistema ETS, con piena applicazione a partire dal 2026.

Nel trasporto marittimo però non tutti i carburanti alternativi sono compatibili con le tecnologie di bordo e le infrastrutture portuali: lo sono le versioni sostenibili del diesel, ma non lo sono il gas naturale, il metanolo (anch’essi disponibili in versioni bio o sintetiche), l’ammoniaca e l’idrogeno.

“È dunque necessario un forte coordinamento tra tutti gli attori della filiera, dagli operatori navali ai fornitori di carburanti, dalle autorità portuali ai gestori dei servizi portuali affinché la transizione energetica avvenga lungo una traiettoria condivisa e coerente”, spiega Maccarrone.

Gli obiettivi fissati dal FEUM hanno suscitato diverse critiche, perché vengono considerati poco ambiziosi, permettendo alle compagnie di rispettarli a lungo semplicemente adottando la propulsione a gas naturale, anche nella sua forma fossile.

In effetti, la maggior parte delle nuove navi a propulsione alternativa è progettata per l’utilizzo di gas naturale: i carburanti alternativi presentano costi più elevati rispetto a quelli convenzionali, il che rappresenta una barriera fondamentale alla loro diffusione su larga scala.

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Decarbonizzazione e settori hard-to-abate: il quadro italiano

Per quanto riguarda i settori industriali hard-to-abate e quello civile, la normativa europea si limita a fissare obiettivi generali di riduzione delle emissioni e di progressiva penetrazione delle fonti energetiche rinnovabili, lasciando agli Stati membri il compito di elaborare piani coerenti con le peculiarità dei propri territori.

In Italia, il PNIEC prevede entro il 2030 il consumo di 4 miliardi di metri cubi di biometano per usi termici, con particolare attenzione agli impieghi industriali, e una quota di idrogeno rinnovabile pari al 54% dei consumi di idrogeno nell’industria.

Un impulso decisivo alla decarbonizzazione di questi settori proviene anche dal sistema ETS: i comparti industriali hard-to-abate sono già soggetti al meccanismo di compensazione delle emissioni e dal 2026 inizierà una progressiva riduzione delle quote assegnate gratuitamente, garantite invece per i settori a rischio di delocalizzazione fino al 2030, con un aggravio dei costi per le imprese.

Inoltre, dal 2027 anche il settore civile entrerà a far parte del nuovo ETS 2, con conseguente aumento dei costi per i clienti finali, soprattutto coloro che utilizzano sistemi di riscaldamento alimentati da fonti fossili, come le caldaie a gas.

“Dal punto di vista tecnologico, il biometano, sostituto diretto del gas naturale, risulta pienamente compatibile con le infrastrutture esistenti. Inoltre, presenta un differenziale di costo contenuto, anche grazie al DM 2022. Tuttavia, la disponibilità sul mercato è ancora limitata e la sua scalabilità bassa”, spiega Maccarrone.

“Misure come quelle previste dal Decreto Legge Agricoltura, che punta a integrare maggiormente la filiera agricola con le industrie hard-to-abate, e la messa a punto di ulteriori schemi incentivanti potrebbero contribuire a un significativo incremento dell’offerta nei prossimi anni”, aggiunge.

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L’idrogeno presenta invece due principali criticità: un significativo gap di costo rispetto al gas naturale e una rete infrastrutturale ancora in fase di sviluppo, che ne limita l’accesso su larga scala.

Per quanto riguarda il primo punto, si attende l’emanazione del cosiddetto “decreto tariffe”, attualmente in fase di valutazione da parte di Bruxelles, che incentiverà la produzione di idrogeno rinnovabile e bioidrogeno.

In merito alla carenza di un’infrastruttura hydrogen ready, va invece segnalata l’iniziativa del SoutH2 Corridor, parte integrante del progetto più ampio della European Hydrogen Backbone, che prevede la creazione di una rete dedicata all’idrogeno che attraverserà l’Italia da Sud a Nord e si realizzerà con la riconversione di una parte dei metanodotti esistenti e la costruzione di nuovi idrogenodotti.

Tuttavia, l’infrastruttura non sarà operativa prima della fine del decennio. Infine, mentre i settori industriali hard-to-abate (per le caratteristiche dei processi e l’intensità energetica) non dispongono di alternative praticabili nel breve termine diverse da biometano e idrogeno, per il settore civile esiste la strada dell’elettrificazione, ad oggi preferita dal mercato.

Con la pubblicazione dei risultati della quinta asta, nel mese di aprile 2025 si è concluso l’iter applicativo del Decreto Ministeriale 2022, nato con l’obiettivo di sostenere gli investimenti nella realizzazione di nuovi impianti di produzione di biometano.

Mentre le prime quattro aste avevano riscosso un successo piuttosto limitato, nella quinta il contingente disponibile è stato quasi completamente assegnato: molto elevata la partecipazione di impianti agricoli (292), con una prevalenza di quelli derivanti dalla riconversione di impianti a biogas esistenti (191).

Due fattori principali spiegano questa predominanza: la scarsa partecipazione alle aste precedenti dovuta all’attesa della pubblicazione di altre misure di sostegno (come il decreto sui prezzi minimi garantiti per l’energia elettrica prodotta e il FER 2), e i tempi di realizzazione più rapidi che favoriscono il completamento dei lavori entro il termine per accedere ai contributi in conto capitale finanziati dal PNRR (30 giugno 2026).

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Purtroppo, a causa della crescita dei costi di realizzazione o conversione degli impianti, con conseguente maggiore richiesta di finanziamento media per progetto, dei 298 progetti vincitori della quinta asta solo i primi 148 in graduatoria avranno accesso al contributo in conto capitale (se rispetteranno la scadenza del 30 giugno 2026), mentre 150 rimarranno esclusi a causa dell’esaurimento dei fondi stanziati.

Questo potrebbe provocare un numero di rinunce molto elevato, perché le simulazioni economico-finanziarie indicano come il contributo sia un elemento cruciale per la sostenibilità tecnico-economica dei progetti.

Per scongiurare questo rischio, il Governo ha presentato alla Commissione Europea una proposta di revisione del PNRR contenente due richieste fondamentali che saranno determinanti per la fattibilità:

  1. l’ampliamento dei fondi, destinando al contributo in conto capitale le risorse inutilizzate da altre missioni
  2. uno slittamento di sei mesi del termine ultimo per l’accesso ai contributi in conto capitale.

La capacità produttiva di biometano rimarrà comunque ben al di sotto degli obiettivi fissati dal PNIEC per il 2030, con una percentuale stimata che oscilla tra il 40% e il 50% a seconda degli scenari.

Ciò sottolinea l’urgenza di ulteriori interventi a sostegno del settore, che potrebbero includere:

  • una sesta asta nell’ambito del DM 2022 per assegnare la capacità residua, condizionata però all’approvazione da parte della Commissione Europea della rimodulazione dei fondi e dell’allentamento delle scadenze
  • l’introduzione di un nuovo decreto incentivante, accompagnato da una revisione delle tariffe, con procedure competitive
  • la proposta Biometano Release, lanciata da Confindustria, ispirata allo schema Energy Release e volta a connettere i produttori di biometano con le industrie hard-to-abate, basato su uno schema normativo ben strutturato.



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