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Programma di Storia dell’economia e dell’impresa


CRISI BANCARIA E SPECULAZIONE EDILIZIA

Tra il 1888 e il 1894, l’Italia affronta una crisi bancaria ed economica profonda. Molti capitali,

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attratti in Italia dalla stabilità monetaria, vengono investiti in speculazioni edilizie, specialmente a

Roma e Napoli.

La fine del boom edilizio lascia molte imprese in difficoltà, trascinando con sé diverse banche

che avevano finanziato i progetti. Tra queste, anche grandi istituti come il Credito Mobiliare e la

Banca Generale, che saranno costretti a chiudere

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Riforma bancaria e nascita della Banca d’Italia (1893)

La crisi porta a uno scandalo finanziario che coinvolge la Banca Romana, accusata di eccessiva

emissione di banconote e finanziamenti illeciti a politici.

Lo Stato interviene riducendo gli istituti di emissione a tre principali: la Banca d’Italia, il Banco di

Napoli e il Banco di Sicilia, e mette in liquidazione la Banca Romana. Nascono nuove banche

miste, come la Banca Commerciale Italiana, che giocheranno un ruolo importante nel sostenere

le industrie nazionali nell’età giolittiana

Ripresa economica e sviluppo industriale

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Dopo il 1896, l’economia italiana inizia una rapida crescita, che prosegue fino alla crisi del 1907.

Durante la Belle époque, coincidente con l’età giolittiana, l’Italia vive un periodo di prosperità:

● la rete ferroviaria è quasi completata

● le banche sono risanate e stabili

● il bilancio dello Stato è in attivo

Gli scambi commerciali con la Francia riprendono, e l’aumento dei prezzi agricoli favorisce il

settore agricolo.

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Agricoltura in espansione

L’agricoltura beneficia del rialzo dei prezzi, e si adottano nuove tecnologie: l’uso di concimi

chimici diventa più comune, così come le prime macchine agricole nelle grandi aziende.

Lo Stato investe nelle bonifiche, rendendo coltivabili nuove terre, come avviene nel Ferrarese,

dove vengono recuperati circa 400.000 ettari.

l’Aumento del Divario Nord-Sud

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Lo sviluppo non è omogeneo: il divario tra Nord e Sud si approfondisce, portando alla “questione

meridionale”.

L’emigrazione aumenta drasticamente, con 8,6 milioni di italiani, principalmente dal Sud e dalla

Sicilia, che emigrarono tra il 1900 e il 1914, soprattutto verso Stati Uniti, Argentina e Brasile.

Situazione dell’Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale e la ricostruzione

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si trovava in condizioni drammatiche. Le infrastrutture

erano distrutte, con l’80% della marina mercantile perduto.

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Sebbene l’industria avesse subito meno danni, il PIL pro capite crollò al 55% rispetto ai livelli del

1939, e la popolazione viveva in condizioni di povertà estrema.

La ricostruzione fu resa possibile grazie agli aiuti statunitensi, inizialmente attraverso l’UNRRA e

successivamente con il Piano Marshall. Tra il 1948 e il 1952, l’Italia ricevette beni essenziali,

macchinari e materie prime; tuttavia, la maggior parte di questi fondi fu indirizzata alle industrie

del Nord, in particolare a Torino, Milano e Genova, lasciando al Sud una quota minore.

Nel dopoguerra, l’Italia si trovò anche a fronteggiare un’inflazione galoppante, causata dalla

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scarsità di beni, dall’emissione di moneta e dalla circolazione della valuta alleata, la cosiddetta

“amlira”. Il ministro Luigi Einaudi intervenne per combattere l’inflazione, adottando misure come

l’aumento dei tassi di interesse e delle riserve bancarie, riducendo così la quantità di moneta in

circolazione. Anche se queste politiche causarono temporaneamente un aumento della

disoccupazione, permisero di stabilizzare la lira e di attirare investimenti esteri. Nel 1947, il

governo italiano optò per un’economia di mercato aperta, allineandosi con la sfera di influenza

americana e revocando le misure protezionistiche dell’epoca fascista. Inoltre, l’Italia aderì a

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organismi internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.

Nonostante l’Italia non avesse nazionalizzato le industrie come altri Paesi europei, aveva

comunque un forte settore pubblico, con enti come l’IRI e l’AGIP che controllavano settori

strategici. Enrico Mattei, alla guida dell’AGIP, fondò nel 1953 l’ENI per garantire

l’approvvigionamento energetico del Paese. Per gestire le imprese pubbliche in concorrenza con

quelle private, fu istituito il Ministero delle Partecipazioni Statali. Nel 1950 furono avviate due

importanti riforme per il Sud: la Riforma Agraria, che redistribuì circa 800.000 ettari di terra ai

contadini, e la creazione della Cassa per il Mezzogiorno, destinata a finanziare inizialmente

infrastrutture agricole e, successivamente, dal 1960, a sostenere l’industrializzazione nel Sud.

Tra il 1950 e il 1963, l’Italia attraversò un periodo di forte crescita economica, con un aumento

medio annuo del PIL pro capite del 5,8%. Questo boom economico portò profondi cambiamenti

sociali: l’occupazione agricola diminuì drasticamente, mentre aumentavano i lavoratori

nell’industria e nei servizi. Anche il livello di istruzione migliorò significativamente, con una

riduzione dell’analfabetismo e un aumento dei diplomati e dei laureati. L’agricoltura, inoltre, si

modernizzò con l’uso di macchine agricole, pesticidi e fertilizzanti, e la produzione si specializzò

in colture come ortofrutta, vite e olivo.

L’industria italiana si concentrò principalmente sulla produzione di automobili, elettrodomestici e

prodotti chimici, adottando il modello produttivo fordista, che si diffuse anche in Italia grazie

all’influenza americana. Con il boom delle esportazioni e il turismo, la bilancia dei pagamenti

divenne positiva dal 1957, e i consumi di massa iniziarono a diffondersi rapidamente. Milioni di

persone lasciarono le campagne per trasferirsi nelle città industriali del Nord, come Torino,

Milano e Genova, mentre il Sud continuava a rimanere economicamente svantaggiato. La Cassa

per il Mezzogiorno creò industrie nel Sud, ma queste assorbirono poca manodopera,

mantenendo alta la disoccupazione. Questo portò a una ripresa dell’emigrazione verso l’Europa

e le Americhe, e circa due milioni di italiani emigrarono dal Sud al Nord Italia.

Il Miracolo Economico del Dopoguerra

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia conobbe un periodo di crescita straordinaria, noto

come “miracolo economico,” tra il 1950 e il 1963.L’industria automobilistica e quella

elettrodomestica divennero settori chiave, mentre la popolazione si trasferiva dalle campagne

alle città industriali.

Il miracolo economico italiano fu alimentato da diversi fattori:

● Aiuti americani: sostegno economico essenziale per la ripresa.

● Economia aperta e orientata all’export: traino per la crescita.

● Manodopera a basso costo: forza lavoro abbondante fino agli scioperi degli anni ’60.

● Prezzi bassi delle materie prime e energia: vantaggio per le importazioni.

● Ruolo dello Stato: finanziamenti in settori chiave come agricoltura e infrastrutture,

inclusa l’Autostrada del Sole (Milano-Napoli).

● Sistema bancario solido: istituti come Mediobanca sostennero l’industria con prestiti

a medio-lungo termine.

Tuttavia, nonostante la crescita complessiva, il divario Nord-Sud rimase ampio. Le politiche

governative si concentrarono sul Nord, lasciando il Mezzogiorno in una posizione svantaggiata e

costringendo molte persone a emigrare per cercare lavoro.

Certamente, ecco una versione meno sintetica e leggermente più discorsiva degli appunti:

La Crisi Petrolifera e l’Inflazione (1973)

Nel 1973, la crisi petrolifera colpì pesantemente l’economia italiana, rallentando la crescita del

PIL e causando un’impennata dell’inflazione, che rimase mediamente al 13,5% fino agli anni

Ottanta. Per rispondere alla crisi, il governo introdusse diverse misure di risparmio energetico, tra

cui il divieto di circolazione domenicale per le auto e la chiusura anticipata di negozi e luoghi di

svago. Inoltre, l’Italia iniziò gradualmente a ridurre la sua dipendenza dal petrolio, aumentando

l’uso di gas naturale e promuovendo le fonti di energia rinnovabile per diversificare le risorse

energetiche.

Intervento Statale e Sostegno al Reddito

Per fronteggiare la crisi economica, lo Stato intervenne con una serie di aiuti sia per le imprese

che per le famiglie. Le aziende poterono beneficiare di una riduzione dei contributi previdenziali e

di finanziamenti erogati dalla Società per le Gestioni e Partecipazioni Industriali (Gepi), istituita

per sostenere le aziende in difficoltà economica. Sul fronte del welfare, lo Stato ampliò le tutele

per i lavoratori introducendo la Cassa integrazioneguadagni, che garantiva un sostegno

economico ai lavoratori licenziati o sospesi. Nel 1978 fu inoltre istituito il Servizio Sanitario

Nazionale, che permise a tutti i cittadini di accedere alle cure mediche, segnando un’importante

espansione del sistema di welfare italiano.

Aumento della Spesa Pubblica e Nuove Imposte

Durante questi anni, la spesa pubblica italiana crebbe notevolmente, favorita dalle nuove

assunzioni nel settore pubblico, dall’istituzione delle Regioni nel 1970 e dalla costruzione di

nuove infrastrutture. Per finanziare queste spese crescenti, il governo riformò il sistema fiscale

introducendo nuove imposte, come l’IVA e l’IRPEF. Tuttavia, queste entrate fiscali non furono

sufficienti, e lo Stato dovette ricorrere al debito pubblico e all’emissione di moneta, provocando

un ulteriore aumento dell’inflazione, che raggiunse il 21% nel 1980.

Politiche Contro l’Inflazione

Per cercare di ridurre l’inflazione, il governo adottò una serie di misure restrittive. Limitò i crediti

bancari e ridusse il ricorso alla Banca d’Italia per finanziare la spesa pubblica, cercando di

contenere l’eccessiva emissione di moneta. Un’altra misura adottata fu la scala mobile, introdotta

nel 1975, che adeguava automaticamente i salari al tasso di inflazione; tuttavia, questo

strumento fu progressivamente ridotto e infine abolito nel 1992. Alla fine degli anni Ottanta,

grazie a queste misure, l’inflazione scese al 6%, continuando a diminuire fino a stabilizzarsi al

2% nel 1997.

Privatizzazioni e Riduzione del Debito Pubblico (Anni ’80-’90)

Negli anni Ottanta e Novanta, il governo avviò un ampio programma di privatizzazioni con

l’obiettivo di ridurre il debito pubblico. Tra le aziende vendute ci furono importanti realtà come

Alfa Romeo, Mediobanca e diverse imprese del gruppo IRI. Anche il sistema bancario subì una

significativa trasformazione: passò a un modello di banca universale, che combinava attività

commerciali e d’investimento. Mol





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