Vuoi bloccare la procedura esecutiva?

richiedi il saldo e stralcio

 

Report 2025 IVASS sul monitoraggio dei rischi da catastrofi naturali e di sostenibilità


(AGENPARL) – Roma, 10 Giugno 2025

Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

(AGENPARL) – Tue 10 June 2025 Rapporto 2025
Rischi da catastrofi naturali e di sostenibilità:
monitoraggio annuale
giugno 2025
Rapporto 2025
Rischi da catastrofi naturali e di sostenibilità:
monitoraggio annuale
giugno 2025
A cura di: Katia Specchia (coordinatrice), Leandro D’Aurizio e Marco Ligios.
Tutti i diritti riservati
È consentita la riproduzione a fini didattici e non commerciali, a condizione che venga citata la fonte
Grafica e stampa a cura della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia
Indice
Sintesi
1. Finalità della rilevazione
2. Ambito di riferimento della rilevazione
3. Qualità dei dati
3.1 Qualità dei dati di sottoscrizione dei rischi da catastrofi naturali
3.2 Qualità dei dati degli investimenti sostenibili
e dell’impronta carbonica
4. Principali risultati della rilevazione
4.1 Profili di governance
4.2 Rilevanza del rischio climatico e valutazione
degli scenari in ORSA
on analisi di scenario
4.3 Piani di transizione
4.4 Coperture assicurative dei rischi catastrofali
e indicatori chiave
Focus sui Rischi climatici
relative ai rischi da catastrofi naturali
contributi delle assicurazioni danni
all’attività di sottoscrizione
4.5 Investimenti ecosostenibili e impronta carbonica
del settore assicurativo italiano
di investimento delle compagnie italiane
degli investimenti: principali evidenze
APPENDICE
Principali termini utilizzati nel rapporto
Elenco delle figure
Elenco delle tavole
Bibliografia
Sintesi
Il rapporto descrive i principali esiti del terzo monitoraggio annuale dedicato ai
rischi da catastrofi naturali e della sostenibilità, avviato nel 20221 e rivolto a tutte
le imprese del mercato assicurativo operanti in Italia. L’indagine si compone di una
rilevazione quantitativa, con dati riferiti al 31 dicembre 2023, e di una qualitativa
con informazioni aggiornate a fine 2024.
L’obiettivo principale dell’indagine è la costruzione, nel tempo, di un sistema di
dati sui rischi ambientali, sociali e di governance (ESG) affidabile e funzionale al
supporto degli obiettivi istituzionali. L’indagine è altresì finalizzata a monitorare:
• l’integrazione dei fattori ESG nelle strategie e nella gestione dei rischi
dell’attività assicurativa nel breve, medio e lungo termine;
• l’impatto dei rischi fisici da catastrofi naturali sull’attività di sottoscrizione
assicurativa e di gestione dei rischi;
• la significatività dei rischi di transizione sui portafogli di investimento2.
Il rapporto descrive l’esposizione del settore assicurativo al rischio di cambiamento
climatico in una prospettiva di stabilità finanziaria3, evidenziando il ruolo cruciale
delle assicurazioni nelle misure di adattamento ai rischi fisici, per ridurre il divario
tra perdite e coperture assicurative e per supportare il passaggio a un’economia
sostenibile.
Il presidio dei predetti aspetti risulta sostanziale anche alla luce della legge al
bilancio del 2024 – legge 30 dicembre 2023 n. 2134 – che introduce un sistema
Con lettera al mercato del 27 luglio 2022 l’Istituto contribuisce alla realizzazione dei propri obiettivi
strategici in materia di sostenibilità e al raggiungimento degli impegni assunti in occasione del Finance
Day della Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (COP26).
Cfr. Appendice del Rapporto per le definizioni dei rischi oggetto di analisi.
Si veda l’approfondimento “La mitigazione dei rischi derivanti da catastrofi naturali” nel Rapporto sulla
Stabilità Finanziaria di Banca d’Italia, 1, 2025.
Cfr. Il 27 febbraio 2025 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Ministro dell’economia
e delle finanze e del Ministro delle imprese e del made in Italy, sentito l’IVASS, concernente il
“Regolamento recante modalità attuative e operative degli schemi di assicurazione dei rischi catastrofali
ai sensi dell’articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di bilancio 2024)”.
Il decreto legge del 31 marzo 2025, n. 39, in materia di “Misure urgenti in materia di assicurazione
dei rischi catastrofali”, ha modificato i termini di entrata in vigore dell’obbligo assicurativo. Audizione
del Consigliere prof. R. Cesari (2025), Disegno di legge C. 2333, di conversione in legge del decretolegge 31 marzo 2025, n. 39, recante misure urgenti in materia di assicurazione dei rischi catastrofali,
Commissione VIII (Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici) della Camera dei Deputati, Roma, 9 aprile
2025.
di assicurazione obbligatoria contro i danni da calamità naturali ed eventi
catastrofali per le imprese produttive italiane5. La nuova disciplina mira a ridurre la
sottoassicurazione e a rafforzare il ruolo sociale del settore assicurativo.
La riduzione del divario di protezione assicurativa – inteso come quota non
assicurata di perdite economiche causate da un disastro naturale – è uno degli
obiettivi strategici cruciali per le politiche economiche e di stabilità finanziaria
in ambito nazionale, europeo e internazionale6. Tale divario si è ampliato negli
ultimi anni a causa della crescente intensità e frequenza degli eventi legati al
cambiamento climatico e della vulnerabilità delle aree geografiche più esposte.
Il monitoraggio mostra un aumento dell’esposizione dell’industria assicurativa ai
rischi da catastrofi naturali: l’incremento delle coperture assicurative offerte si è
accompagnato a una significativa riduzione della profittabilità, principalmente a
causa dei sinistri eccezionali verificatisi nel 2023.
Sebbene connotate da diversi livelli di preparazione rispetto alle nuove disposizioni
europee, molte compagnie continuano a segnalare difficoltà nel reperire le
informazioni richieste in materia di investimenti ecosostenibili e sull’attività
di sottoscrizione dei rischi ESG, che richiedono un continuo aggiornamento e
adeguamento delle pratiche operative.
Di seguito una sintesi delle risultanze per ciascuna area oggetto di analisi.
Qualità dei dati
Si registra un progressivo incremento nella disponibilità e nella qualità dei dati
concernenti la sottoscrizione dei rischi derivanti da catastrofi naturali e le emissioni
di gas serra associate agli investimenti in azioni e obbligazioni societarie.
Le imprese che detengono la principale quota di mercato hanno indicato
l’affinamento dei metodi per determinare le principali grandezze di sottoscrizione
(es. premi e somme assicurate per singoli rischi climatici).
Trattasi dell’obbligo di stipulare una copertura assicurativa contro i danni alle immobilizzazioni
materiali (terreni e fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali) cagionati
da calamità naturali ed eventi catastrofali (sismi, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni).
BCE-EIOPA (2024), “Towards a European system for natural catastrophe risk management –
The possible role of European solutions in reducing the impact of natural catastrophes stemming from
climate change”; IAIS – Global Insurance Market Report (2021), The impact of climate change on the
financial stability of the insurance sector; IAIS (2023), A call to action: the role of insurance supervisors in
addressing natural catastrophe protection gaps; G7 Italia (2024), OCSE-IAIS Framework for Public-Private
Insurance Programmes against Natural Hazards, Finance Ministers and Central Bank Governors’ Meeting,
High-Level, G7 Finance Track, Stresa, May.
Governance e gestione dei rischi di sostenibilità
La quasi totalità delle compagnie segnalanti (il 93% su 86) sostiene di avere
incorporato i fattori ESG nelle proprie strategie di governance o di averne
programmato l’implementazione; le compagnie che non hanno ancora intrapreso
iniziative in tal senso si configurano prevalentemente come entità di dimensioni
ridotte, specializzate in determinate aree di business.
Le strutture organizzative a cui sono affidate le competenze in materia di rischi ESG
sono, in prevalenza, rappresentate dai comitati consiliari e/o dai comitati di alta
direzione e/o dalle funzioni di alta direzione. Le compagnie di maggiori dimensioni
presentano anche più di una delle tre strutture citate.
Oltre il 75% delle compagnie ha indicato di aver svolto analisi di materialità dei
rischi fisici e di transizione e di considerarli significativi per il proprio business.
Di queste, il 66% riporta di aver svolto analisi di scenario nel breve, medio e lungo
termine, utilizzando in misura prevalente valutazioni congiunte delle attività e
delle passività del bilancio redatto secondo i criteri Solvency II. Gli scenari climatici
di maggiore impatto sono quelli relativi al rischio fisico, nel medio-lungo temine
e con temperature superiori a 2°C. Le imprese di maggiore dimensione hanno
segnalato di adottare (o pianificare) interventi materia di: i) revisione delle tariffe,
dei limiti contrattuali e/o di esclusione di alcuni eventi dalla copertura; ii) piani di
riassicurazione per eccesso di sinistro al fine di mitigare i sinistri punta; iii) presidi
di controllo e di limiti di tolleranza per l’attività di sottoscrizione di rischi fisici e di
investimento sostenibili.
Sottoscrizione e gestione dei rischi
La raccolta assicurativa a copertura dei rischi da catastrofi naturali risulta in
graduale crescita in termini assoluti, da circa 1,8 miliardi di euro nel 2018 a 2,8
miliardi di euro nel 2023: l’80% fa riferimento a coperture per rischi climatici acuti
(es. inondazione, tempesta e grandine). L’incremento dei premi raccolti è attribuibile
sia a un aumento dell’esposizione delle compagnie ai rischi sottoscritti (ad esempio,
nel 2023 per il rischio inondazione le somme assicurate sono cresciute del 15% per
gli immobili commerciali e dell’8,6% per gli immobili residenziali), sia all’aumento
del premio delle coperture offerte. La quasi totalità della raccolta premi per i rischi
catastrofali proviene dalle polizze “incendio e altri danni ai beni”, prevalentemente
a protezione degli immobili, e dal segmento “altre assicurazioni auto”.
Nello stesso periodo gli oneri per sinistri e le spese a carico delle assicurazioni
hanno registrato un significativo aumento, passando da 1,5-2 miliardi di euro
in media tra il 2018 e il 2022 agli oltre 7 miliardi di euro del 2023; l’aumento è
dovuto a eventi climatici avversi di intensità eccezionale che hanno interessato
aree metropolitane ad alta copertura assicurativa. Nel 2023 gli oneri complessivi
per i sinistri (pagati e riservati) e delle spese di gestione è risultato pari al 352% dei
premi di competenza; si tratta del valore più alto registrato dal 2018.
I dati del monitoraggio mostrano come il rischio di grandine concentri su di
sé la principale porzione sia dei premi lordi contabilizzati per i rischi climatici
(oltre il 60%), sia degli oneri relativi ai sinistri (oltre il 70%). In tale contesto, la
riassicurazione si configura come un meccanismo efficace per la riduzione del
peso degli oneri, determinando un miglioramento del livello di redditività pari a
60 punti percentuali.
Nel corso del 2023 si è registrato un considerevole incremento delle operazioni di
cessione in riassicurazione concernenti le coperture relative a eventi catastrofali,
con una variazione positiva del 13,4% rispetto all’esercizio precedente. Il volume
dei premi ceduti in riassicurazione per tali rischi si attesta a un livello superiore
al doppio di quello relativo al complesso delle attività del ramo danni (il quale
rappresenta il 18,4% del totale dei premi).
I primi cinque gruppi assicurativi concentrano una quota della raccolta premi
relativa ai rischi catastrofali pari al 74,6% del mercato (in aumento rispetto al 72,2%
del 2022).
Sostenibilità degli investimenti
Gran parte delle imprese dichiara di adottare politiche di investimento sostenibili.
Le strategie maggiormente diffuse sono quelle di esclusione dalle scelte di
investimento di singoli emittenti, di settori economici e aree geografiche non
ritenute in linea con i criteri di sostenibilità identificati dalle imprese o adottati da
convenzioni internazionali. Risulta in crescita il numero di imprese che ha fissato un
obiettivo di decarbonizzazione del portafoglio investimenti in linea con l’Accordo
di Parigi. Tali imprese costituiscono una quota di mercato del 67% in termini di
investimenti totali.
Gli investimenti ammissibili in base alla Tassonomia UE sono stimabili tra i 48 e i
55 miliardi di euro, al variare della ponderazione utilizzata (fatturato oppure spese
in conto capitale), mentre quelli allineati, maggiormente orientati agli obiettivi di
sostenibilità, sono valutabili tra i 10 e i 17 miliardi di euro.
Esposizione ai rischi di transizione e impronta carbonica
Le compagnie investono circa 64 miliardi di euro (6,4% del totale dei loro
investimenti) in settori potenzialmente esposti ai rischi di transizione, di cui
circa 10 miliardi di euro nel settore dei combustibili fossili, a rischio maggiore di
perdere valore nei prossimi anni (cd. attivi incagliati o, secondo la terminologia
anglosassone, stranded asset). La stima dell’esposizione ai rischi di transizione
degli attivi in portafoglio è molto variabile tra le compagnie e risulta essere una
valutazione non completamente attendibile, in quanto le compagnie continuano a
segnalare difficoltà nel reperire dati completi sulle emissioni gas serra finanziate
indirettamente attraverso strumenti finanziari complessi e fondi esterni.
Anche se persistono tali difficoltà, si è stimato che, nel 2023, l’intensità delle
emissioni carboniche dirette (Scope 1) e di quelle indirette (Scope 2) sia stata pari,
rispettivamente, a 74 e a 13 tonnellate di gas-serra per milione di euro investito.
Piani di transizione
Quattro compagnie capogruppo hanno indicato di aver redatto il piano di transizione;
ulteriori 18 imprese di grandi dimensioni hanno indicato che le attività sono ancora
in corso di pianificazione. Per la redazione di tali piani sono state indicate difficoltà
analoghe alla precedente rilevazione 2023, connesse ai seguenti principali
fattori: i) continua evoluzione e complessità del quadro normativo nazionale
ed europeo di riferimento; ii) incompletezza dei dati ESG e carenza di metriche
condivise dal settore; iii) difficoltà di prevedere la profittabilità di strategie volte a
ridurre le emissioni di gas serra a livello aziendale e attraverso la propria attività;
iv) tempistiche di adeguamento del modello aziendale agli obiettivi di sostenibilità.
1. Finalità della rilevazione
La rilevazione ha l’obiettivo di costruire un quadro aggiornato del ruolo delle
assicurazioni operanti in Italia nell’offerta di protezione assicurativa dai rischi
da catastrofi naturali che possono incentivare l’adozione da parte della propria
clientela di comportamenti di prevenzione e mitigazione di tali rischi. Le imprese di
assicurazione sono anche investitori istituzionali impegnati nella transizione verso
un’economia sostenibile.
L’arricchimento e aggiornamento delle informazioni sui rischi climatici e di
sostenibilità (ESG) del settore assicurativo contribuisce a:
• migliorare la comprensione delle possibili implicazioni sulla stabilità
finanziaria dei rischi fisici e finanziari legati alla transizione7;
• facilitare l’inclusione dei fattori di sostenibilità nei sistemi di governance e di
risk management delle compagnie vigilate;
• accrescere la conoscenza del livello di protezione assicurativa dai rischi
climatici8, delle coperture offerte, degli impatti sulla profittabilità del
business;
• irrobustire le analisi relative al ruolo dei rischi ambientali e climatici nelle
politiche di investimento9;
• monitorare l’adeguamento delle compagnie vigilate alle nuove disposizioni
europee in materia di finanza sostenibile, tenuto conto dei recenti criteri di
vaglio tecnico e degli indicatori fondamentali di prestazione (Key performance
indicators, KPI) in materia di attività di sottoscrizione e di investimenti.
La rilevazione contribuisce a orientare l’allineamento della regolamentazione
secondaria emanata dall’Istituto alla normativa e agli standard europei e a definire
il contributo dell’Istituto ai lavori internazionali in materia di finanza sostenibile.
Cfr. Appendice “Principali termini utilizzati nel Rapporto”, in cui si forniscono le definizioni.
Nel novembre 2024 è stato aggiornato da EIOPA (con il contributo delle autorità nazionali competenti)
il Dashboard on insurance protection gap for natural catastrophes (i dati storici fanno riferimento al
periodo 1980-2023).
Cfr. Appendice “Principali termini utilizzati nel Rapporto”, in cui si fornisce la definizione.
2. Ambito di riferimento della rilevazione
La rilevazione ha coinvolto, al 31 dicembre 2023, 89 imprese di assicurazione
operanti nel business danni e/o vita in Italia, di cui 85 imprese nazionali e
4 rappresentanze di imprese extra UE; tali compagnie raccolgono l’85% della
raccolta assicurativa totale10. La quasi totalità delle stesse (86 compagnie, nel
seguito chiamate imprese segnalanti) hanno trasmesso informazioni quantitative
in materia di sottoscrizione e investimenti sostenibili, nonché evidenze qualitative
sui profili di governance, sulla gestione dei rischi climatici e sulle valutazioni di
impatto nel breve, medio e lungo termine.
Le informazioni quantitative in materia di sottoscrizione per i rischi da catastrofi
naturali sono state prodotte, come richiesto, solo dalle imprese di assicurazione
danni o multiramo, pari a un totale di 59 compagnie, di cui 51 imprese con coperture
nei rischi oggetto di indagine.
Il restante 15% dei premi (vita e danni) è raccolto da imprese SEE di assicurazione e riassicurazione
autorizzate a operare in Italia con 88 rappresentanze e 897 imprese in libera prestazione di servizi.
Cfr. IVASS, I principali numeri delle assicurazioni in Italia (2023).
3. Qualità dei dati
I dati quantitativi della rilevazione sono stati sottoposti a un preliminare controllo
tramite tecniche di individuazione degli outlier.
3.1 Qualità dei dati di sottoscrizione dei rischi da catastrofi naturali
La disponibilità e la qualità dei dati in materia di sottoscrizione dei rischi da catastrofi
naturali risulta progressivamente migliorata rispetto alle precedenti rilevazioni (fig. 1).
Rispetto al 2022, emergono miglioramenti nella disponibilità dei dati riferiti ai rischi
climatici aggregati e un maggiore ricorso a stime per i dati riferiti ai singoli rischi (inondazione, grandine, tempesta e terremoto) come segnalato dal 61,3% di imprese (57,1%
di imprese nel 2022); in diminuzione la percentuale di imprese con “dati non disponibili”.
Figura 1
Rischi climatici: dati disponibili, dati stimati, gap di dati (% di compagnie segnalanti),
2022-2023
70,0%
61,3%
60,0%
57,1%
51,0%
50,0%
40,4%
40,0%
35,6%
31,0%
30,0%
20,0%
21,6%
18,4%
24,4%
33,3%
31,1%
27,5%
24,5%
28,6%
22,2%20,5%
18,2%
10,0%
Dati disponibili
Rischi climatici aggregati
Dati non disponibili
Rischi distinti per inondazione, tempesta e grandine
Dati stimati
Rischi fisici per immobili
In particolare:
• i premi, le spese e le somme assicurate per singoli rischi nei casi di coperture
multirischio sono prevalentemente stimati (ad esempio in funzione degli
importi dei sinistri )11;
In generale, le principali grandezze come premi e somme assicurate sono imputate alle linee di business
in proporzione all’importo lordo degli oneri per sinistri – nell’esercizio o su un orizzonte pluriennale –
per singolo rischio assicurato (es. tempesta, grandine e inondazione). Sono stati segnalati criteri di
ripartizione equa nel caso di garanzie che coprano più rischi/eventi. Di contro le componenti degli oneri
per sinistri sono disponibili in modo puntuale per singolo evento climatico.
• le imprese che detengono la principale quota di mercato, hanno affinato
i metodi di determinazione delle principali grandezze, ma, in assenza di
processi contabili non completamente strutturati, sono utilizzati criteri di
imputazione12;
• riguardo il numero di immobili assicurati, in mancanza di informazioni
puntuali, è stato utilizzato il numero di polizze emesse.
3.2 Qualità dei dati degli investimenti sostenibili
e dell’impronta carbonica
I metodi di misurazione dell’impronta carbonica del portafoglio investimenti
sono adottati dal 70% delle compagnie (a cui sono riferibili oltre il 90% degli
investimenti del settore assicurativo). Le emissioni sono rilevate su circa il 40%
degli investimenti privati, percentuale che sale a oltre il 60% per quelli effettuati nei
settori industriali. Le informazioni sull’impronta carbonica degli investimenti sono
di difficile reperimento in particolare sugli investimenti indiretti in organismi di
investimento collettivo del risparmio (OICR), per circa il 40% dei quali le compagnie
non sono state in grado di effettuare la necessaria analisi di look-through.
Ad esempio, in caso di contratto con più garanzie di rischio climatico (es. alluvione ed eventi atmosferici),
è stata identificata e segnalata nell’indagine la somma assicurata più elevata del contratto. Nell’ambito
del “rischio tempesta” sono stati considerati anche gli eventi “vento forte” ed “eccesso di pioggia”,
nel “rischio grandine” anche gli eventi “colpo di sole”, “gelo/brina”, “sbalzo termico”, “vento caldo” e
“siccità”.
4. Principali risultati della rilevazione
4.1 Profili di governance
Dal 2018 al 2024 la maggior parte delle imprese di assicurazione in Italia dichiara
di aver adottato scelte organizzative volte a presidiare e gestire i rischi ESG e di
aver integrato i fattori ambientali e sociali negli obiettivi strategici, nei sistemi di
governance, nei sistemi di gestione dei rischi e nella struttura organizzativa13. Le
imprese di assicurazione che hanno integrato o pianificano di integrare i rischi ESG
nel sistema di governance rappresentano il 93%14 di quelle oggetto di indagine.
Le restanti imprese di assicurazione di piccole dimensioni, specializzate in
particolari linee di business e/o con portafogli di investimenti non esposti a impatti
ambientali, non hanno ancora adottato iniziative perché considerano il rischio
climatico non significativo.
I fattori di sostenibilità vengono in prevalenza integrati nelle politiche di
investimento e in quelle di remunerazione (fig. 2).
Figura 2
Politiche di governance integrate con i fattori di sostenibilità ESG
(% di compagnie segnalanti1)
90,0%
83,7%
79,1%
80,0%
70,0%
64,1%
57,6%
57,0%
60,0%
52,3%
50,0%
39,5%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
Politiche di
remunerazione
Incentivi connessi a
sostenibilità
Politiche di
investimento
Politiche di
Politiche di
sottoscrizione – vita sottoscrizione (in % rispetto alle 39 danni (in % rispetto
alle 59 imprese
imprese
danni/multiramo)
vita/multiramo)
Politiche di
distribuzione
Politiche di
riassicurazione
Le quote di compagnie che hanno integrato le politiche di sottoscrizione con obiettivi ESG sono state rapportate al totale delle imprese
che esercitano i rami danni e/o vita (e non al totale delle imprese segnalanti) per fornire una rappresentazione maggiormente aderente alle
peculiarità del business.
L’art. 4 del regolamento IVASS n. 38 del 2018, prevede che “I presidi relativi al sistema di governo
societario coprono ogni tipologia di rischio aziendale, ivi inclusi i rischi di sostenibilità, generati o subiti, anche
secondo una visione prospettica ed in considerazione del fabbisogno complessivo di solvibilità dell’impresa.
La responsabilità è rimessa agli organi sociali, ciascuno secondo le rispettive competenze. L’articolazione
delle attività aziendali nonché dei compiti e delle responsabilità degli organi sociali e delle funzioni deve
essere chiaramente definita”.
Le imprese di assicurazioni che hanno integrato i rischi ESG nel sistema di governance rappresentano
l’87% delle segnalanti; quelle che hanno pianificato di integrare tali fattori (il 6% delle segnalanti)
lo realizzeranno entro i prossimi due anni.
Il seguente riquadro fornisce alcune evidenze sulle modalità di integrazione dei
fattori ESG nelle politiche di governance adottate dall’industria assicurativa.
INTEGRAZIONE DEI FATTORI ESG NELLE POLITICHE
DI GOVERNANCE
Politiche di remunerazione: oltre la metà delle imprese collega
l’attribuzione di incentivi variabili al personale al raggiungimento di
specifici obiettivi di sostenibilità, quale importante meccanismo per
allineare le performance individuali con i principi ESG.
Politiche di investimento: le strategie adottate si ispirano
prevalentemente ai principi dell’investimento responsabile. Le imprese
orientano le scelte verso iniziative a tutela dell’ambiente, come il
finanziamento di progetti per la riduzione delle emissioni di gas serra.
Sono inoltre diffuse pratiche di esclusione nei confronti di emittenti
che non rispettano i diritti sociali o presentano profili critici in ambito di
governance societaria.
Politiche di sottoscrizione: le compagnie adottano criteri ESG per
identificare, valutare e gestire i rischi assicurativi. Le principali iniziative
includono: i) l’analisi degli impatti ESG sulle passività assicurative e sulle
aree di attività del business danni; ii) lo sviluppo di coperture inclusive,
sostenibili sotto il profilo tecnico-tariffario, rivolte a categorie sociali
vulnerabili (giovani, anziani, persone con patologie); iii) l’esclusione di rischi
non coerenti con i principi ESG (es. industria bellica); iv) l’introduzione di
meccanismi premiali per i clienti che manifestano preferenze ESG; v) la
progettazione di soluzioni assicurative orientate allo sviluppo sostenibile.
Politiche di distribuzione: le imprese rafforzano il supporto alla clientela
attraverso attività di risk assessment, consulenza preventiva e soluzioni
tecnologiche innovative. L’obiettivo è duplice: ridurre l’esposizione ai
rischi ESG e promuovere una maggiore consapevolezza degli effetti
negativi generati dai comportamenti individuali. Inoltre, le compagnie
mettono a disposizione il proprio know-how per favorire azioni di
prevenzione e mitigazione degli impatti assicurabili.
Politiche di riassicurazione: i gruppi di maggiore dimensione effettuano
valutazioni del profilo ESG dei riassicuratori, integrando tali considerazioni
nei processi di selezione e collocamento dei trattati riassicurativi.
I rischi di sostenibilità sono in misura crescente oggetto di analisi e di valutazioni
nell’ambito dei comitati consiliari e/o comitati di alta direzione e/o funzioni di alta
direzione (fig. 3). Le compagnie di maggiori dimensioni presentano anche più di una
delle tre citate strutture organizzative; le compagnie di medio-piccole dimensioni
integrano, in prevalenza, le competenze nelle strutture esistenti (es. in funzioni di
alta direzione). In particolare:
• il 46% delle compagnie ha comitati consiliari con attribuzioni in materia ESG,
di cui solo il 6,4% è dedicato specificamente a tali temi;
• il 55,6% delle compagnie ha comitati di alta direzione con attribuzioni in
materia ESG, di cui il 27,2% con competenze specifiche, scelta adottata da
ulteriori 13 compagnie rispetto al precedente esercizio;
• nel 74,3% delle compagnie le competenze sui fattori ESG sono affidate a
funzioni di alta direzione; il 19,2% sono specificamente dedicate a tali temi.
Figura 3
Interventi organizzativi che integrano i rischi di sostenibilità
(% di compagnie segnalanti)
60,0%
55,1%
50,1%
50,0%
30,0%
28,4%
27,2%
24,4%
19,2%
20,0%
10,0%
42,0%
39,7%
40,0%
Specifico sui temi ESG
esistente con
attribuzioni ESG
Comitato consiliare
In corso di pianificazione
Comitato di alta direzione
Non sono previsti
Comitati/Funzioni con
competenze ESG
Alta direzione
4.2 Rilevanza del rischio climatico e valutazione degli scenari
in ORSA15
L’analisi condotta ha mostrato che la rilevanza dei rischi da catastrofi naturali (rischi
fisici climatici e terremoto) e di transizione per il settore assicurativo è strettamente
connessa: i) al potenziale impatto di tali rischi sull’attività di sottoscrizione delle
coperture assicurative in portafoglio16, in termini di profittabilità e sinistrosità
storiche, attuali e attese; ii) agli investimenti ecosostenibili in portafoglio; iii)
ai livelli di emissioni carboniche finanziate con gli investimenti e/o generate con la
propria attività; iv) ai piani strategici adottati.
Rispetto alla precedente rilevazione del 2023, emerge una crescente attenzione
da parte dell’industria assicurativa verso entrambe le tipologie di rischio climatico,
rischi fisici e di transizione (fig. 4), in particolare:
• le valutazioni sulla materialità dei rischi climatici sono state svolte dalla
quasi totalità delle compagnie, tenuto conto delle specificità del business
esercitato, incluse le imprese di piccole e medie dimensioni rispetto al 2023;
• le analisi d’impatto, attraverso l’utilizzo di scenari climatici, sono state svolte
dalla maggioranza delle imprese che hanno valutato il rischio significativo
come previsto dalla recente normativa di settore.
La “Relazione ORSA per il supervisore” (Own Risk and Solvency Assessment Supervisory report)
comprendere una valutazione interna del rischio e della solvibilità secondo le previsioni di cui
all’articolo 306 del regolamento delegato UE 2015/35 e dal regolamento IVASS n. 32 del 2016. I recenti
interventi normativi a livello europeo hanno integrato i fattori di sostenibilità all’interno del framework
prudenziale del settore assicurativo. Viene raccomandato alle imprese di assicurazione di valutare,
nell’ambito del processo interno di analisi dei rischi e di determinazione del capitale necessario a
fronteggiarli, la significatività (cd. “materialità”) del rischio climatico e, laddove ritenuto significativo,
a valutarne i relativi impatti sul business assicurativo e sul bilancio Solvency II (lato attivo e passivo),
mediante analisi di scenari dei cambiamenti climatici. Il regolamento delegato UE 2021/1256, che
modifica il regolamento delegato UE 2015/35 con riguardo all’integrazione dei rischi di sostenibilità
nella governance delle imprese di assicurazione e di riassicurazione, prevede che: “le decisioni in materia
di investimenti tengono conto anche dell’impatto potenziale a lungo termine sui fattori di sostenibilità;
la politica degli investimenti tiene conto, ove pertinente, delle preferenze di sostenibilità dei clienti dell’impresa
che sono state valutate nel processo di approvazione dei prodotti di cui all’articolo 30-decies del Codice e
delle relative disposizioni di attuazione”. Cfr. direttiva UE 2025/2 del 27 novembre 2024, che modifica
la direttiva 2009/138/CE, per quanto concerne la proporzionalità, la qualità della vigilanza,
l’informativa, le misure relative alle garanzie a lungo termine, gli strumenti macroprudenziali, i rischi
di sostenibilità e la vigilanza transfrontaliera e di gruppo, e le direttive 2002/87/CE e 2013/34/UE. Al
riguardo l’EIOPA ha pubblicato specifiche raccomandazioni per i supervisori e una guida operativa per
valutare la rilevanza dei rischi climatici delle compagnie e ha fornito indicazioni su come effettuare
analisi d’impatto dei rischi in questione. Cfr. EIOPA (2021), Opinion on the supervision of the use of climate
change risk scenarios in ORSA, EIOPA (2022), Application guidance on running climate change materiality
assessment and using climate change scenarios in the ORSA, EIOPA-BoS-22/329.
Ci si riferisce, in particolare, ai volumi sottoscritti, alle tipologie di eventi climatici coperti, alle somme
assicurate, alle esposizioni nette, ai livelli di riassicurazione, alla distribuzione geografica, alla clientela
di riferimento (es. corporate e/o retail).
Figura 4
Significatività del rischio climatico per il settore assicurativo vita e/o danni
a. Business vita
b. Business danni
(% di 39 compagnie vita/multiramo segnalanti)
10,3%
(% di 59 compagnie danni/multiramo segnalanti)
16,9%
76,3%
82,1%
Rischio climatico materiale
Rischio climatico non materiale
Valutazioni in corso di pianificazione
Rischio climatico materiale
Rischio climatico non materiale
Valutazioni in corso di pianificazione
Oltre il 75% delle imprese di assicurazione ha indicato di aver svolto analisi
di materialità (cd. materiality assessment) dei rischi fisici e di transizione e di
considerarli significativi per il proprio business.
Le imprese svolgono in prevalenza analisi di tipo qualitativo e quantitativo considerando
congiuntamente le attività e le passività valutati secondo i criteri Solvency II.
Il rischio fisico risulta maggiormente critico per le imprese danni che sottoscrivono
rischi per danni da eventi naturali (es. inondazione, tempesta, grandine, terremoto),
al crescere del volume della produzione assicurativa, della varietà dei contratti
offerti e della relativa distribuzione geografica.
Le evidenze raccolte dimostrano l’utilizzo di specifici indicatori adottati dalle imprese
per monitorare nel tempo la propria esposizione rispetto ai crescenti impatti di
eventi naturali. Il 46,4% delle imprese di assicurazione che ha indicato di aver svolto
analisi di materialità utilizza indicatori di soglie massime (risk appetite) di potenziali
perdite in caso di scenari catastrofali che misurano la possibile propensione al
rischio entro perimetri prefissati e la devianza massima consentita (risk tolerance).
Ulteriori indicatori riguardano la riassicurazione, i livelli di profittabilità del proprio
business (confronto tra oneri per sinistri e spese rispetto ai premi di competenza)
e di sinistrosità a livello di portafoglio complessivo e di linea di business. Le imprese
vita considerano significativo principalmente il rischio di transizione e adottano
valutazioni che tengono conto congiuntamente delle attività e passività di bilancio
e con un maggior utilizzo di valutazioni qualitative17.
Per i rischi finanziari sono valutate la composizione e le caratteristiche del proprio portafoglio
investimenti, mentre per i rischi di sottoscrizione l’analisi viene svolta sulle best estimate
(es. frequenza e intensità dei sinistri, durata dei contratti, tassi di interesse e inflazione), tenuto conto
delle caratteristiche dei prodotti offerti.
con analisi di scenario
Il 66% delle compagnie segnalanti, che hanno valutato il rischio climatico significativo,
ha condotto analisi di scenario sui rischi fisici e di transizione, considerando orizzonti
temporali di breve, medio e lungo termine (57 compagnie). La maggior parte di queste
ha utilizzato scenari climatici con temperature superiori ai 2°C (l’83,3% delle compagnie
che hanno considerato il rischio significativo, fig. 5), identificando in particolare i rischi
fisici a medio-lungo termine come quelli potenzialmente più impattanti18.
Figura 5
Rischi fisici – Approcci adottati per le analisi di scenario (% di 57 compagnie)
a. Rischi fisici – Analisi di scenario climatico
b. Rischi fisici – Ipotesi di scenario climatico
10,5%
50,9%
36,8%
83,3%
Scenari temp. ≤ 2°C
Valutazione qualitativa e quantitativa
Valutazione quantitativa
Valutazione qualitativa
In corso di pianificazione
Orizzonte temporale delle analisi
di scenario climatico
T ≤ 1 anno
T ≤ 3 anni
T ≤ 5 anni
T ≤ 10 anni
a breve termine
52,3%
31,8%
a medio-lungo termine
Altri scenari
Scenari con temp. ≤ 2°C
e con temp. > 2°C
o scenari solo con
temp. ≥ 2°C
T ≤ 20 anni
T ≤ 30 anni
T ≤ 50 anni
T > 50 anni
11,8%
51,0%
13,7%
17,6%
In un’ottica prospettica, a fronte di potenziali impatti rilevanti sulle passività
assicurative e sul risultato tecnico dell’area di attività danni, le imprese di maggiore
dimensione hanno dichiarato di aver adottato, o di pianificare l’adozione, di specifici
interventi di adattamento e mitigazione, tra cui:
• la revisione delle tariffe, dei limiti contrattuali e/o l’introduzione di esclusioni
dall’indennizzo per determinati eventi, in un’ottica di sana e prudente
gestione;
• la rimodulazione dei piani di riassicurazione per eccesso di sinistro, al fine di
contenere l’esposizione ai cosiddetti “sinistri punta”;
• l’introduzione di presidi di controllo e limiti di tolleranza nelle aree di
sottoscrizione e investimento, per consentire l’attivazione tempestiva di
misure correttive in caso di superamento delle soglie di rischio definite.
Per il rischio di transizione, gli interventi principali sono sostanzialmente orientati
all’adeguamento delle strategie di gestione degli investimenti (fig. 6) alla luce delle
Gli orizzonti temporali generalmente utilizzati sono sino al 2025, 2030 e 2050.
analisi di impatto svolte sulla base di possibili scenari climatici (scenari ordinati e
scenari disordinati) in un’ottica prospettica19.
Figura 6
Rischi di transizione – Approcci adottati per le analisi di scenario (% di 57 compagnie)
a. Rischi di transizione – Analisi di scenario
climatico
b. Rischi di transizione – Ipotesi di scenario
climatico
10,2%
10,2%
16,0%
40,7%
34,0%
48,0%
39,0%
Valutazione qualitativa e quantitativa
Valutazione quantitativa
Valutazione qualitativa
In corso di pianificazione
Scenari temp. ≤ 2°C
Orizzonte temporale delle analisi
di scenario climatico
T ≤ 1 anno
T ≤ 3 anni
T ≤ 5 anni
T ≤ 10 anni
a breve termine
44,1%
44,1%
a medio-lungo termine
Scenari con temp. ≤ 2°C e con
temp. > 2°C
o scenari solo con
temperatura
≥ 2°C
Altri scenari
T ≤ 20 anni
T ≤ 30 anni
T ≤ 50 anni
T > 50 anni
58,5%
17,1%
17,1%
La quasi totalità delle imprese segnala che le analisi di scenario sono condotte
sul portafoglio assicurativo e sugli investimenti in essere (cd. dati di bilancio non
proiettati) e che le valutazioni non considerano i potenziali effetti di future azioni
Figura 7
Approcci adottati per le analisi di scenario dei rischi fisici e di transizione
(% di 57 compagnie)
94,7%
84,1%
75,6%
73,1%
13,3%
11,4%
Dati di bilancio non
proiettati
Dati proiettati – approccio Dati proiettati – approccio
statico
dinamico
Rischio di transizione
Scenari climatici a breve termine
17,3%
Dati di bilancio non
proiettati
11,1% 9,6%
Dati proiettati – approccio Dati proiettati – approccio
statico
dinamico
Rischio fisico
Scenari climatici a medio/ lungo termine
Gli scenari sono classificati in 4 combinazioni sulla base della probabilità di rischi fisici o di transizione. Uno
scenario in cui si adottano politiche climatiche poco stringenti aumenta la probabilità di eventi climatici
avversi (scenari “hot house world”). Se si adottano politiche limitate e tardive ci si trova in una situazione in
cui si manifestano sia i rischi fisici sia di transizione (scenari “Too little, too late”). Se, al contrario, si adottano
politiche stringenti in maniera ordinata, si ridurranno entrambe le tipologie di rischi (scenari di transizione
“orderly”); se invece vi saranno tentennamenti sulle politiche, marce indietro o attuazioni tardive, vi sarà una
transizione disordinata (“disorderly”). Cfr. Lavecchia at al., Dati e metodi per la valutazione dei rischi climatici
e ambientali in Italia, QEF, 2022. NGFS – BIS – Climate risks: scenario analysis.
di mitigazione e di adattamento climatico (fig. 7) derivabili da modifiche nella
gestione strategica degli investimenti dei titoli maggiormente sensibili, come azioni
quotate e obbligazioni corporate (es. potenziale acquisto di derivati per proteggere
il portafoglio).
Le imprese di maggior dimensione hanno segnalato di adottare più scenari
climatici (fig. 8)20, anche combinati per il rischio fisico e di transizione21,
corrispondenti a diversi possibili andamenti futuri, basati sulle più
recenti indicazioni del Network for Greening the Financial System (NGFS) e
dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).
Figura 8
Metodologie di analisi di scenario adottate
(% di compagnie segnalanti solo vita, solo danni e multi-ramo)
70,4%
55,2%
39,7%
14,6%
Metodologie NGFS
Altri scenari climatici
Rischi di transizione
Metodologie NGFS
Altri scenari climatici
Rischio fisico
Sono citate una serie di metodologie che a loro volta fanno prevalentemente riferimento alle indicazioni
del Network for Greening the Financial System (NGFS) e dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC),
quali: Net Zero 2050, Below 2°C, Divergent Net Zero, Delayed Transition, Nationally Determined Contributions
(NDC), Current Policies e SSP1-2.6, SSP2-4.5 and SSP5-8.5). Per le valutazioni qualitative sono citati scenari
IPCC “Business as Usual”, che considera nell’orizzonte temporale l’attuale stato delle politiche climatiche;
scenari quantitativi, quali: RCP2.6, RCP4.5, RCP6.0 e RCP8.5. I grandi gruppi hanno realizzato metodologie
interne di valutazione degli impatti, che consentono di cogliere, per ciascuno scenario climatico di
riferimento, l’impatto sulle esposizioni del gruppo tramite l’applicazione di diversi livelli di stress climatici.
Riguardo la neutralità climatica, si veda: i) la “Normativa europea sul clima” di cui al regolamento UE
2021/1119 del 30 giugno 2023, che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica
e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento UE 2018/1999; ii) il Rapporto Speciale
dell’IPCC sugli impatti del riscaldamento globale di 1,5 °C al di sopra dei livelli preindustriali e sui relativi
percorsi di emissione globale di gas serra, nel contesto del rafforzamento della risposta globale alla
minaccia del cambiamento climatico, dello sviluppo sostenibile e degli sforzi per eliminare la povertà.
4.3 Piani di transizione
Quattro imprese assicurative capogruppo hanno indicato di aver redatto il piano di
transizione, mentre ulteriori 18 imprese di grandi dimensioni hanno indicato che le
attività sono ancora in corso di pianificazione22.
Sono state segnalate difficoltà nella redazione di tali piani sostanzialmente
analoghe alla precedente rilevazione 2023:
• la continua evoluzione e complessità del sistema normativo nazionale ed
europeo di riferimento23;
• l’incompletezza dei dati ESG interni o esterni all’impresa, incluse le difficoltà
di prevedere la profittabilità di politiche strategiche ecosostenibili24 volte a
ridurre le emissioni di gas serra a livello aziendale e attraverso la propria
attività, anche tenuto conto della carenza di dati storici;
• le problematiche legate alle tempistiche di adeguamento del modello
aziendale agli obiettivi di sostenibilità;
• la carenza di metriche condivise dal settore e di dati storici per calcolare le
emissioni connesse agli asset e alle attività.
4.4 Coperture assicurative dei rischi catastrofali
e indicatori chiave
Le linee di business in cui si concentra la quasi totalità della produzione assicurativa
per i rischi da catastrofi naturali sono le “assicurazioni incendio e altri danni ai beni”
(oltre il 70% dei premi raccolti per tali rischi) e le “altre assicurazioni danni” (circa il
20-25%). Di seguito sono descritti i principali aspetti emersi dall’indagine.
Due imprese hanno specificato che completeranno le attività in occasione della definizione del piano
strategico 2025-2027.
Le normative europee di riferimento per il settore assicurativo sono: la disciplina prudenziale di recente
integrazione (direttiva 2009/138/CE – Solvency II), la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD –
Direttiva UE 2022/2464) e la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD – direttiva UE
2024/1760) che prevede un approccio graduale di applicazione entro cinque anni dall’entrata in vigore
(a partire dal 26 luglio 2024). Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 26 luglio 2026, le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva CSDDD che prevede
obblighi in capo alle società (art. 2 – ambito di applicazione) di adottare e attuare un piano di transizione
per la mitigazione dei cambiamenti climatici volto a garantire, con il massimo impegno possibile,
la compatibilità del modello e della strategia aziendali della società con la transizione verso un’economia
sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 oC in linea con l’accordo di Parigi.
Il business low carbon viene considerato poco maturo e volatile per fare previsioni di profittabilità su
dati attendibili.
La raccolta assicurativa 2023 a copertura dei rischi da catastrofi naturali – rischi
climatici e terremoti – si conferma, come nel 2022, in crescita (nel corso del
quinquennio 2018-2023 è passata da circa 1,8 miliardi di euro a 2,8 miliardi di
euro). I premi fanno riferimento in misura preponderante (per oltre l’80%) alle
coperture per rischi da cambiamenti climatici rispetto a quelle per il terremoto.
Gli oneri per sinistri e spese a carico delle assicurazioni (eventi grandine, alluvioni,
pesanti piogge, frane e smottamenti) sono aumentati da 1,5-2 miliardi di euro
in media tra 2018 e 2022 agli oltre 7 miliardi di euro del 2023: tale incremento
è stato causato dagli eventi climatici avversi di intensità eccezionale che hanno
interessato aree metropolitane intensamente assicurate. Al rischio grandine
risulta attribuita sia la principale quota di premi raccolti per i rischi climatici (oltre il
60%) sia quella dei relativi oneri per sinistri (oltre il 70%).
Dal 2018 al 2023, le linee di business in cui si concentra la quasi totalità della
produzione assicurativa per i rischi da catastrofi naturali sono le “assicurazioni
incendio e altri danni ai beni” (oltre il 70% dei premi raccolti per tali rischi) e le “altre
assicurazioni danni” (circa il 20-25%).
Le evidenze qualitative raccolte segnalano che le politiche di sottoscrizione
adottate dalle imprese danni sono state caratterizzate principalmente da:
• un progressivo incremento dei premi assicurativi in rapporto alle somme
assicurate, in media tra il 20-50% negli ultimi cinque anni;
• interventi di riduzione delle somme assicurate o dei rischi assunti attraverso
la modifica delle condizioni contrattuali (franchigie, massimali ed esclusioni);
• adozione di processi di selezione e tariffazione del rischio in base alla
vulnerabilità del territorio in cui si colloca il bene da assicurare25;
• affinamento – soprattutto da parte delle grandi compagnie – degli strumenti
di analisi dei rischi e di gestione delle tariffe assicurative26.
La raccolta premi danni per le coperture assicurative dei rischi catastrofali (inclusi i
rischi sismici) è stata di 2,8 miliardi di euro nel 2023 (2,5 miliardi nel 2022), pari al
7,1% della raccolta danni complessiva (6,6% nel 2022).
Le compagnie di maggiore dimensione hanno sviluppato nuovi prodotti con tariffe differenziate a
livello geografico che tengono conto della rischiosità dei territori. Altre imprese hanno segnalato di
aver avviato una revisione dell’impianto tariffario, ridotto i massimali sulle garanzie a copertura degli
eventi naturali e aumentate le franchigie.
Ad esempio: mappe di rischio con maggiori livelli di personalizzazione territoriale, maggiore profondità
storica dei dati, utilizzo di provider specializzati, interventi commerciali in funzione di misure preventive
da adottare (da cliente/impresa) rispetto ai rischi climatici oggetto di copertura.
Focus sui Rischi climatici
La raccolta premi per le coperture dei rischi climatici (2,4 miliardi di euro, + 262
milioni di euro rispetto al 2022) è pari al 6,1% dei premi danni lordi complessivi
(tav.1).
Il peso degli oneri complessivi per i sinistri (pagati e riservati) e delle spese di
gestione è risultato nel 2023 significativamente elevato, pari al 352% dei premi
di competenza; si tratta del valore più alto registrato tra il 2018 e il 2023. La
riassicurazione contribuisce a mitigare il peso degli oneri, migliorando il livello di
redditività di 60 punti percentuali (il combined ratio netto risulta pari a 291%)27.
Tavola 1
Attività di sottoscrizione complessiva per i rischi climatici: premi, sinistri,
spese e indicatori di performance(a)
Dati sui rischi climatici
Totale
(milioni di
euro)
% rispetto
al totale
mercato
danni
Totale
(milioni di
euro)
% rispetto
al totale
mercato
danni
2.121
1.631
1.933
1.505
1.895
1.512
2.383
1.537
2.180
1.410
7.018
3.458
Premi lordi
Premi al netto riass.
Premi di competenza lordi
Premi di competenza al netto riass.
Sinistri (pagati e riservati) al lordo riass.
Sinistri (pagati e riservati) al netto riass.
Spese sostenute
Indicatori di performance (%)
Combined ratio = Loss ratio + expense ratio
Loss ratio = Sinistri lordi / premi di competenza
Expense ratio = Spese sostenute/ premi di competenza
126,7%
98,0%
28,7%
351,7%
322,0%
29,7%
Variazione
2023/2022
12,4%
-5,8%
12,8%
-6,3%
270,3%
128,7%
16,6%
Variazione
2023/2022
(punti
percentuali)
224,9
224,0
(a) Elaborazioni al netto dei dati outlier o anomali di una compagnia.
I premi per rischi climatici sono attribuibili alle coperture dei rischi grandine (per il
66,5%), tempesta (per il 21,1%) e inondazione (per il 12,4%; tav. 2); la prima tipologia
di copertura è quella che ha mostrato il maggiore incremento dei premi raccolti
rispetto alla fine del 2022 (+16%).
Il combined ratio è un indicatore di profittabilità del business assicurativo o indice di qualità tecnica della
gestione danni, pari all’incidenza della sinistralità (loss ratio) e delle spese della gestione assicurativa
(expense ratio) sui premi di competenza [(Claim-Related Losses + Expenses) / Earned Premium].
Il volume dei premi relativi alle coperture dei rischi da inondazione, tempesta e
grandine rappresenta la quasi totalità (99,1%) dei premi complessivi relativi a tutti
i rischi climatici28.
Tavola 2
Attività di sottoscrizione per i singoli rischi climatici: premi, sinistri, spese e indicatori
di performance(a)
Dati della produzione
assicurativa
Premi lordi
Premi al netto riass.
Premi di competenza lordi
Premi di competenza al netto riass.
Sinistri (pagati e riservati)
al lordo riass.
Sinistri (pagati e riservati)
al netto riass.
Spese sostenute
Inondazione % rispetto Variazione Tempesta % rispetto Variazione Grandine % rispetto Variazione
(milioni di ai rischi 2023/2022 (milioni di ai rischi 2023/2022 (milioni di ai rischi 2023/2022
euro)
climatici
euro)
climatici
euro)
climatici
totali 2023
totali 2023
totali 2023
12,3%
12,3%
13,0%
12,8%
12,7%
-8,3%
15,0%
-7,7%
20,9%
19,2%
21,2%
18,9%
-16,0%
-18,1%
1.570
1.412
65,9%
63,5%
64,8%
62,3%
16,0%
-3,3%
16,3%
-3,0%
10,1%
338,9%
1.084
15,4%
190,6%
5.187
73,9%
285,4%
11,7%
194,2%
12,2%
28,7%
2.556
73,9%
147,0%
12,1%
14,7%
17,5%
13,0%
68,2%
18,9%
Variazione
2023/2022
(punti
percentuali)
Variazione
2023/2022
(punti
percentuali)
Variazione
2023/2022
(punti
percentuali)
93,1%
185,2
109,0%
258,5% 149,5
141,5%
398,6%
257,1
65,4%
185,2
86,0%
234,1% 148,1
110,9%
367,4%
256,4
27,7%
23,0%
24,5%
30,6%
31,2%
Indicatori di performance (%)
Combined ratio=Loss ratio +
expense ratio
Loss ratio=Sinistri lordi /
premi di competenza
Expense ratio=Spese sostenute/
premi di competenza
(a) Elaborazioni al netto dei dati outlier o anomali di una compagnia.
Il volume dei sinistri del rischio grandine, che rappresenta il 73,9% dell’importo
complessivo di quelli da eventi climatici, ha un’incidenza pari a 367,4% sul volume
della raccolta premi di competenza (cd. loss ratio); se si considerano anche le spese
sostenute, tale percentuale aumenta al 398,6% (cd. combined ratio, aumentato di
257,1 punti percentuali rispetto al 2022). Il combined ratio non mostra differenze in
relazione alla dimensione dell’impresa che ha rilasciato la copertura.
Nel 2023 è stato registrato un forte aumento delle cessioni in riassicurazione per
le coperture offerte rispetto al 2022 (+13,4%). In particolare, la quota di premi per
le coperture catastrofali ceduti in riassicurazione, pari al 38,2% (24,8% nel 2022,
fig. 9), è oltre il doppio rispetto a quella relativa al totale del business danni (18,4%).
Nell’evento “tempeste” e/o “grandine” sono spesso inclusi altri rischi climatici individuati come “eventi
atmosferici”.
Figura 9
Quota di premi contabilizzati ceduti in riassicurazione, 2023 (a) (b)
51,9%
40,9%
37,8%
35,5%
25,0%
35,5%
25,5%
37,5%
23,1%
20,8%
17,1%
18,4%
Inondazione
Tempeste
Grandine
Totale peril
climatici
Terremoto
Totale rami
danni
(a) Elaborazioni al netto dei dati anomali di una compagnia. – (b) Quote calcolate come rapporto percentuale tra premi ceduti e premi
contabilizzati lordi per singoli rischi.
Per i rischi terremoto i premi raccolti sono pari a 385 milioni di euro (336 milioni di
euro nel 2022) con un incremento del 14,6% (tav. 3).
Tavola 3
Rischio da terremoto: premi, sinistri, spese e indicatori di performance(a)
Dati sul rischio terremoto
(premi, sinistri e spese)
Premi lordi
Premi al netto della riassicurazione
Premi di competenza lordi
Premi di competenza al netto riass.
Sinistri (pagati e riservati) al lordo riass.
Sinistri (pagati e riservati) al netto riass.
Spese sostenute
Totale
(milioni di euro)
% rispetto
al totale
mercato
danni
Totale
(milioni di euro)
% rispetto
al totale
mercato
danni
Variazione
2023/2022
14,6%
-11,9%
17,5%
-9,6%
16,7%
-22,2%
Indicatori di performance (%)
Variazione
2023/2022
(punti
percentuali)
Combined ratio = Loss ratio + expense ratio
Loss ratio = Sinistri lordi / premi di competenza
29,6%
03,9%
27,4%
Expense ratio = Spese sostenute/
premi di competenza
25,8%
23,8%
(a) Elaborazioni al netto dei dati outlier o anomali di una compagnia.
Anche per il 2023 le linee di business in cui si concentra la quasi totalità della
produzione assicurativa per i rischi fisici catastrofali sono le “assicurazioni incendio
e altri danni ai beni” (73,7% dei premi raccolti a copertura dei rischi climatici) e le
“altre assicurazioni danni” (21,8% dei premi raccolti a copertura dei rischi climatici).
La figura 10 confronta, in termini percentuali, i premi contabilizzati, i sinistri e le
spese per entrambe le linee di business.
Figura 10
Quote di premi, sinistri e spese di gestione per le linee di business maggiormente
impattate dai rischi fisici nel 2023(a)
INONDAZIONE
GRANDINE
TEMPESTE
TERREMOTO
Altre
assicurazioni
Assicurazione
incendio e altri
danni ai beni
Altre
assicurazioni
Premi contab. lordi
Assicurazione
incendio e altri
danni ai beni
Altre
assicurazioni
Assicurazione
incendio e altri
danni ai beni
Sinistri (pagati e riservati) lordi
Altre
assicurazioni
Assicurazione
incendio e altri
danni ai beni
Spese di gestione
(a) Elaborazioni al netto dei dati anomali di una compagnia.
I dati individuali sul combined ratio (tav. 4) mostrano l’elevata variabilità
dell’indicatore tra le imprese, con picchi che superano il 350% per il rischio grandine.
Tavola 4
Distribuzione del combined ratio per perils (dati 2021-2023) (a) (b)
Peril
Primo quartile
Mediana
Terzo quartile
Inondazione
19,9%
36,1%
75,5%
Tempeste
55,6%
87,6%
131,4%
Grandine
79,0%
122,7%
176,6%
Terremoto
21,9%
33,7%
Inondazione
20,2%
37,8%
56,9%
Tempeste
56,7%
82,6%
116,6%
Grandine
75,7%
114,6%
170,6%
Terremoto
21,1%
37,1%
Inondazione
28,9%
98,0%
287,5%
Tempeste
108,2%
176,1%
342,5%
Grandine
162,4%
265,5%
564,8%
Terremoto
24,9%
41,0%
(a) Elaborazioni al netto dei dati anomali di 3 imprese nel 2021 e di un’impresa nel 2022 e 2023. Non sono considerati i valori superiori al 95°
percentile. – (b) Quartili e mediana relativi a indicatori percentuali semplici calcolati per ogni compagnia.
A fronte del citato incremento della raccolta assicurativa nel 2023, è aumentato il
valore complessivo delle somme assicurate del patrimonio edilizio commerciale e
residenziale e il corrispondente numero di unità immobiliari coperte.
Nella tavola 5 si riportano i dati relativi alle coperture degli edifici residenziali e
commerciali rispetto al rischio inondazione e terremoto29. In particolare, la somma
assicurata lorda misura l’esposizione complessiva a cui le imprese sarebbero
esposte al verificarsi di un evento dannoso coperto, al lordo dell’eventuale
beneficio derivante dalla cessione in riassicurazione dei rischi assunti e dei limiti
contrattuali:
• la somma assicurata del patrimonio edilizio non residenziale è pari a circa
1.600 miliardi di euro (+15% circa rispetto al 2022), ripartita su oltre 0,7
milioni di unità assicurate, per un valore medio di 2,2 milioni di euro;
• la somma assicurata del patrimonio edilizio residenziale è pari a circa 500
miliardi di euro (+9% circa rispetto al 2022), ripartita su circa 1,7 milioni di
unità assicurate, per un valore medio di circa 300 mila euro.
Tavola 5
Protezione assicurativa del patrimonio immobiliare commerciale e residenziale per i
rischi da inondazione e terremoto: valori assicurati, unità assicurate e valore medio
assicurato per gli immobili (a)
Immobili commerciali assicurati
Inondazione
Terremoto
2023/2022
2023/2022
Esposizione a lordo della riassicurazione
Somma assicurata (miliardi euro)
1.405
1.425
Num. immobili assicurati (in migliaia di unità)
Somma media assicurata (migliaia di euro)
1.871
1.964
Somma assicurata a lordo della riass. (miliardi euro)
1.623
15,5%
1.638
15,0%
Num. immobili assicurati (in migliaia di unità)
Somma media assicurata (migliaia di euro)
2.122
13,4%
2.214
12,7%
Immobili redidenziali assicurati
Inondazione
Terremoto
2023/2022
2023/2022
Esposizione a lordo della riassicurazione
Somma assicurata (miliardi euro)
Num. immobili assicurati (in migliaia di unità)
1.389
1.483
Somma media assicurata (migliaia di euro)
Somma assicurata (miliardi euro)
Num. immobili assicurati (in migliaia di unità)
1.624
16,9%
1.784
20,3%
Somma media assicurata (migliaia di euro)
-7,1%
-9,2%
(a) Elaborazioni al netto dei dati anomali di una compagnia.
La tavola non riporta i dati relativi ai rischi da grandine e da tempesta.
Le imprese hanno segnalato di aver adottato interventi di politica tariffaria dei
prodotti danni non auto per tener conto del peggioramento del quadro climatico;
i dati raccolti confermano che nel corso del 2022-2023 sono aumentate le tariffe
delle garanzie “eventi atmosferici” (trattasi di più eventi assicurati frequentemente
inclusi, nella presente rilevazione, nell’evento “tempeste”) e per l’evento alluvione.
La quota di premi raccolti per rischi da catastrofi naturali relativi a contratti con
durata annuale varia tra il 45,3% e il 71,2%, mentre durate superiori (tra i 2 e
i 5 anni) riguardano una quota di premi tra il 27,3% e il 53,5% (fig. 11); solo in via
residuale i premi fanno riferimenti a contratti con durate superiori.
Figura 11
Durata media dei contratti in portafoglio suddivisa per tipo di rischio
(% del mercato espresso in termini di premi da catastrofi naturali)
71,2%
50,6% 50,6%
47,5% 47,5%
53,5% 53,5%
45,3% 45,5%
27,3%
durata fino a 1 anno
eventi connessi alla
temperatura
eventi connessi al
vento
durata compresa tra 2 e 5 anni
eventi connessi
all’acqua
eventi
connessi alle
masse solide
durata superiore a 5 anni
altri rischi fisici (es.
terremoti)
Le coperture assicurative sono maggiormente diffuse nell’area Nord per circa l’80%
delle imprese di assicurazione tenuto conto del portafoglio assicurativo in essere,
nell’area centrale per circa il 10% e in via residuale al sud e nelle isole (fig. 12).
Il potenziale danno che rimane a carico della clientela, espresso in percentuale della
somma assicurata, tenuto conto delle franchigie e massimali, è estremamente
eterogeneo a livello nazionale, in considerazione degli elevati livelli di
personalizzazione delle tariffe (c.d. contratti tailor made) e di coperture multirischio.
La tavola che segue (tav. 6) riporta il valore medio delle percentuali a carico degli
assicurati relativi a contratti a copertura degli eventi climatici e per il terremoto,
distinte per tipologia di clientela.
Figura 12
Aree geografiche con la maggior collocazione di contratti di assicurazione
(% di compagnie danni1)
86,4%
88,7%
79,5%
78,9%
71,5%
11,4%
12,8%
11,4%10,5%
11,4%
11,4%
0,0% 0,0% 0,0%
eventi connessi alla temperatura
Centro
eventi connessi al vento
eventi connessi alle masse solide
altri rischi fisici (es. terremoti)
2,9% 2,6%
Sud e isole
Dato non disponibile
eventi connessi all’acqua
Si fa riferimento alle 51 compagnie con coperture nei rischi oggetto di indagine
Tavola 6
Quota media del potenziale danno che rimane a carico della clientela
(% della somma assicurata)
Quota media della
somma assicurata
(o potenziale perdita
economica) a carico
degli assicurati
eventi connessi a eventi connessi a eventi connessi a eventi connessi a
temperatura
acqua
vento
masse solide
Terremoto
compagnie
compagnie
compagnie
compagnie
compagnie
Clientela retail
23,9%
21,4%
27,7%
19,7%
24,4%
Clientela commerciale
29,4%
29,4%
35,2%
29,7%
38,6%
Dalle informazioni segnalate dalle compagnie emerge che la clientela cd.
commerciale mantiene un’esposizione al rischio a proprio carico tendenzialmente
maggiore rispetto alla clientela cd. retail. Tale evidenza deriva principalmente
dalle maggiori somme assicurate coperte dai contratti destinati alle aziende.
relative ai rischi da catastrofi naturali
Le coperture assicurative dei rischi da catastrofi naturali sono offerte a livello
nazionale principalmente da cinque gruppi assicurativi, la cui raccolta premi è pari
al 74,6% di quella di mercato (72,2% nel 2022).
A livello di singola impresa si evidenzia una significativa concentrazione
delle coperture assicurative dei rischi da catastrofi naturali (63% dei premi)
in 6 compagnie di grandi dimensioni (con raccolta premi complessiva danni
superiore a un miliardo di euro, fig. 13).
Figura 13
Concentrazione della raccolta premi nelle grandi imprese assicurative (% di premi danni)
76,9%
60,3%
62,6%
32,7%
31,3%
22,6%
Grandi
imprese (raccolta
danni>1 miliardo di euro)
Raccolta premi per rischi
climatici (A)
Imprese medio-grandi (100
milioni < raccolta danni ≤ 1
miliardo di euro)
Raccolta premi per il rischio
terremoto (B)
Imprese minori (raccolta
danni ≤ 100 milioni di euro)
Raccolta premi per complesso
rischi fisici (A)+(B)
L’impatto dei rischi legati agli eventi climatici sulla redditività delle compagnie
assicurative, valutata attraverso il combined ratio, è rilevante per tutte le imprese
del settore, indipendentemente dalla loro dimensione: il ratio è pari a 366% per
le imprese minori (raccolta danni ≤ 100 milioni di euro), a 289% per le imprese
medio-grandi (100 milioni 1 miliardo di euro).
Nel successivo quinquennio (2024-2029), anche alla luce dei recenti interventi
normativi in materia di obbligo assicurativo degli eventi cagionati da calamità naturali,
la maggior parte delle imprese prevede un’espansione dell’offerta di copertura
assicurativa dei rischi climatici, nonostante le attese di crescita dei fattori di rischio
(in termini di frequenza, impatto e vulnerabilità) connessi ai citati eventi.
delle assicurazioni danni
A livello nazionale, solo una minoranza delle imprese che esercitano il business
danni (il 7%, pari a 4 imprese danni, di grandi dimensioni) risulta utilizzare tecniche
di modellizzazione e di determinazione del prezzo dei rischi climatici che riflettono
congiuntamente i tre profili richiamati dalla normativa europea in materia30:
• i rischi legati al cambiamento climatico;
• l’utilizzo di dati storici (es. dati sui sinistri) e attesi (es. frequenza, intensità
e vulnerabilità);
• includono scenari prospettici.
Cfr. criteri di vaglio tecnico per le Attività Finanziarie – Assicurazione non vita: sottoscrizione dei pericoli
legati al clima, di cui al regolamento delegato UE 2021/2139, che integra il regolamento UE 2020/852
(c.d. regolamento Tassonomia).
In generale, le evidenze indicano che le principali imprese di assicurazione danni
adeguano nel tempo le tecniche di modellizzazione utilizzate per valutare i rischi
fisici collegati ai cambiamenti climatici (46,2% delle imprese danni); per contro le
imprese danni di minore dimensione presentano ancora criticità connesse alla
carenza di dati (11,5%) o delle conoscenze tecniche (9,6%).
In continuità con le precedenti rilevazioni, il 41% delle imprese di assicurazione
dichiara di utilizzare per la determinazione del premio sia dati storici che stimati
per il futuro31; la maggior parte delle imprese dichiara di utilizzare solo dati storici.
Le iniziative di adattamento climatico stanno diventando sempre più parte
integrante sia della progettazione dei prodotti assicurativi (dal 41,5% nel 2022
al 45,8% nel 2023), sia delle soluzioni di copertura innovative (dal 47,2% al 63,5%
nel 2023; tav. 7). Le innovazioni consistono in una accentuata personalizzazione
delle coperture (su richiesta del cliente) e nella fornitura di servizi aggiuntivi per la
gestione dei sinistri (ad esempio con team dedicati, network di partner specializzati
e unità mobili per assistere tempestivamente i clienti dai danni subiti).
Il 21% di imprese ha dichiarato di offrire polizze nat-cat alle aziende che estraggono,
fanno stoccaggio e trasportano combustibili fossili32.
Tavola 7
Introduzione di innovazioni nella progettazione dei prodotti e nella copertura
assicurativa (% di compagnie che sottoscrivono rischi naturali)
1 Progettazione del prodotto
Esercizi
I premi tengono
conto di misure
preventive
adottate dal
contraente
2 Soluzioni innovative
3 Condivisione 4 Soluzione
dei dati
post-catastrofe
5 DNSH
Le strategie di
I prodotti
Personalizzazione
I dati sulle
Elevato livello
Sono offerte
distribuzione
assicurativi offerti
dei prodotti a
perdite assicurate
di servizio in
coperture per:
informano
offrono coperture seconda delle
è messa
situazione postassicurazione
i contraenti
per eventi climatici
esigenze
gratuitamente a
catastrofe
in attività di
sull’importanza
se il cliente lo
del cliente
disposizione delle (i sinistri sono
estrazione,
delle misure
richiede
autorità pubbliche trattati in modo
stoccaggio,
preventive e i
ai fini di ricerca equo e tempestivo)
trasposto,
relativi effetti
produzione
sulle condizioni
combust. Fossili
contrattuali
41,5%
13,2%
47,2%
41,5%
52,0%
75,5%
20,4%
45,8%
18,8%
63,5%
47,1%
45,7%
76,6%
21,3%
L’orizzonte temporale di stima per il futuro è entro l’anno per il 22% di imprese, entro i cinque anni
per il 38%, oltre i cinque anni per il 16%.
Il tema rileva ai fini delle valutazioni connesse alla condizione di “Non arrecare danno significativo”
agli altri obiettivi climatici (Do No Significant Harm, DNSH).
all’attività di sottoscrizione
La rilevazione consente di determinare per ciascuna impresa l’indicatore
fondamentale di prestazione (Key Performance Indicator, KPI) dell’attività di
sottoscrizione danni33: il KPI misura la quota di premi danni ammissibili e/o allineate
ai criteri di vaglio tecnico ai sensi della tassonomia europea34.
Il numeratore dell’indice è pari al volume dei premi lordi contabilizzati dei rischi climatici
nelle specifiche attività di sottoscrizione (o linee di business) ammissibili/allineate alla
tassonomia UE; il denominatore è dato dal volume di premi lordi complessivi.
Il KPI di sottoscrizione medio è pari a 6,1% dei premi lordi contabilizzati complessivi
(5,7% nel 2022). La distribuzione dei KPI individuali nell’ultimo triennio (fig. 14),
Figura 14
Distribuzione dei KPI di sottoscrizione delle compagnie (2021-2023)(a)
mediana: 4,3%
3° quart.: 7,3%
3° quart.: 8,0%
3° quart.: 6,6%
mediana: 5,4%
mediana: 3,6%
1° quart.: 2,2%
1° quart.: 2,9%
mediana: 3,9%
1° quart.: 2,4%
(a) Quartili e mediana relativi a indicatori percentuali semplici calcolati per ogni compagnia.
In base all’art. 10 del Reg. delegato UE 2021/2178, fino al 31 dicembre 2023, le imprese di assicurazione
sono tenute a comunicare la quota di attività economiche di assicurazione danni ammissibili (e non)
secondo il regolamento Tassonomia. Dal 1o gennaio 2024 le imprese comunicano i KPI relativi alle
attività di sottoscrizione allineate alla tassonomia.
Il KPI è stato determinato sulla base dei dati forniti dalle compagnie. Sono 8 le linee di business
delle assicurazioni danni ammissibili e/o allineate (in caso di verifica del rispetto dei criteri di vaglio
tecnico) alla tassonomia UE: (a) assicurazione spese mediche; (b) assicurazione protezione del reddito;
(c) assicurazione di compensazione dei lavoratori; (d) assicurazione sulla responsabilità civile risultante
dalla circolazione di autoveicoli; (e) altre assicurazioni auto; (f) assicurazione marittima, aeronautica e
trasporti; (g) assicurazione incendio e altri danni ai beni; (h) assistenza.
evidenzia un aumento del valore medio, generato dall’incremento della produzione
unito all’incremento della dispersione.
4.5 Investimenti ecosostenibili e impronta carbonica
del settore assicurativo italiano
Al 31 dicembre 2023 gli investimenti totali segnalati dalle imprese che hanno
partecipato al monitoraggio ammontano a circa 930 miliardi di euro.
La composizione tra classi di attivi è pressoché invariata rispetto all’esercizio
precedente: il 62,4% degli investimenti (circa 580 miliardi) è costituito da obbligazioni
governative e corporate e il 15,4% da azioni e altri strumenti di partecipazione (circa
144 miliardi); il restante 22% (circa 205 miliardi) è costituito da immobili, contante (e
equivalenti), prestiti ipotecari, fondi d’investimento sui quali non è stato effettuato
il look-through e derivati (fig. 15).
Figura 15
Composizione del portafoglio investimenti del settore assicurativo italiano
per tipologia di strumento finanziario al 31 dicembre 2023
a. Portafoglio totale
22,1%
15,4%
62,4%
Strumenti di debito e assimilabili
Strumenti di partecipazione e assimilabili
Altro
b. Portafoglio con rischio a carico dell’impresa
c. Portafoglio con rischio a carico dei contraenti
14,2%
33,3%
14,0%
46,6%
71,8%
20,0%
Strumenti di debito e assimilabili
Strumenti di debito e assimilabili
Strumenti di partecipazione e assimilabili
Strumenti di partecipazione e assimilabili
Altro
Altro
La composizione del portafoglio è differenziata a seconda se il rischio è sopportato
dall’impresa (c.d. classe C) o dagli assicurati (c.d. classe D).
delle compagnie italiane
Al 31 dicembre 2023 il 79% delle imprese segnalanti (fig. 16) ha dichiarato di aver
adottato una politica di investimenti sostenibile, in leggero aumento rispetto
alla rilevazione precedente. In particolare, hanno risposto in tal senso tutte le 12
imprese miste operanti del settore e la quasi totalità delle imprese vita (26 su 27),
nonché quasi due terzi delle imprese danni (30 su 47).
Figura 16
Adozione di una politica degli investimenti sostenibile (% di compagnie segnalanti)
In corso di
pianificazione
No 13%
Sì 79%
Nel complesso queste 68 imprese coprono il 99,5% degli investimenti del settore.
Tra esse risulta in crescita – sia in valore assoluto (38) sia in percentuale (58%) –
il numero di imprese che ha fissato un obiettivo di de-carbonizzazione del
portafoglio investimenti, generalmente in linea con quello fissato dall’Accordo di
Parigi, che prevede emissioni nette nulle di gas serra entro il 2050. Tali imprese
costituiscono una quota di mercato del 67% in termini di investimenti totali.
Il 94% delle suddette 68 imprese dichiara di applicare una politica sostenibile agli
investimenti a copertura dei fondi propri e del patrimonio libero, in misura minore
a quelli a copertura delle riserve tecniche vita (71%) e danni (69%). Sebbene in
aumento, ancora limitata è l’applicazione delle politiche sostenibili agli investimenti
a copertura delle riserve tecniche dei prodotti unit e index-linked 35.
Ciò è probabilmente legato alla strategia di investimento connessa a tale comparto, caratterizzata
dalla presenza massiccia di fondi esterni su cui il controllo dell’impresa è più limitato. A conferma di ciò,
si sottolinea che circa il 40% delle imprese dichiara di applicare la politica sostenibile solo agli investimenti
diretti, escludendo quelli indiretti. Tale risultato è in linea con quello della scorsa rilevazione.
Con riferimento alle asset class coperte dalla politica di investimenti sostenibile
(fig. 17), quasi tutte le imprese hanno dichiarato di includere le obbligazioni
corporate e le azioni quotate su un mercato regolamentato, in linea con il risultato
della precedente rilevazione.
Figura 17
Classi di attivi a cui vengono applicate politiche di investimento sostenibile(a)
(% di 68 compagnie che hanno adottato una politica degli investimenti sostenibile)
Obbligazioni corporate
Azioni quotate
Titoli di Stato
Organismi di investimento collettivo
Azioni non quotate (private equity)
Investimenti immobiliari
Infrastrutture
(a) Possibili risposte multiple.
Relativamente alle modalità di gestione, il 44% delle compagnie (30 su 68) ha in essere
mandati di gestione con obiettivi di sostenibilità. La libertà del gestore è in generale
limitata e circoscritta nell’ambito delle linee guida approvate dall’organo amministrativo.
Il 35% delle compagnie (in calo rispetto all’esercizio precedente) dichiara di avvalersi
anche di advisor esterni per selezionare gli investimenti ESG. Il 90% utilizza le valutazioni
di ESG rating provider per la selezione degli investimenti, generalmente integrata (nel
70% dei casi) da analisi di due diligence interna dei possibili investimenti.
Con riferimento alla gestione dei rischi climatici, rispetto alla precedente
rilevazione resta costante la percentuale di compagnie che analizza (o ha
pianificato di analizzare nel breve termine) l’esposizione ai rischi fisici e ai
rischi di transizione nella fase di selezione e valutazione degli investimenti
(rispettivamente 40% e 50%, fig. 18).
La valutazione dei rischi fisici si concentra per lo più sui rischi acuti (sebbene il
numero di compagnie che analizza anche quelli cronici risulti in lieve aumento)
e viene effettuata principalmente per gli investimenti immobiliari e per le azioni
non quotate. La valutazione dei rischi di transizione viene effettuata soprattutto
per gli investimenti in obbligazioni corporate, in azioni (quotate) e immobili.
Figura 18
Analisi dei rischi climatici nella fase di selezione e valutazione degli investimenti
(% di 68 compagnie che hanno adottato una politica degli investimenti sostenibile)
a. Rischi fisici
b. Rischi di transizione
In corso di
pianificazione
In corso di
pianificazione
Nella figura 19 e nel riquadro sono riportate le principali strategie d’investimento
sostenibile adottate dalle assicurazioni italiane.
Figura 19
Strategie di investimento sostenibile adottate(a)
(% di 68 compagnie che hanno adottato una politica di investimenti sostenibile)
Esclusioni “activity-based”
Integrazione ESG
Norms-based screening
Engagement
Best in class
Investimenti tematici
Impact investing
Altro
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
(a) Possibili risposte multiple.
LE STRATEGIE DI INVESTIMENTO ESG DELLE
ASSICURAZIONI ITALIANE
La strategia d’investimento sostenibile più diffusa permane, come
evidenziato nella precedente rilevazione, quella dell’esclusione di imprese,
settori economici e paesi dall’universo degli investimenti ammissibili, sulla
base di criteri di carattere ambientale, sociale e di governance. I criteri di
esclusione maggiormente utilizzati sono, nell’ordine, i fattori sociali1,
quelli di natura ambientale2 e di governance3. Il 40% delle compagnie che
dichiarano di utilizzare tale strategia, ha anche proceduto, almeno in
parte, al disinvestimento di asset che corrispondono ai criteri di esclusione
individuati; tuttavia la maggioranza si limita ad applicare la strategia solo
sui nuovi investimenti, mantenendo in portafoglio le attività acquisite
in precedenza che violano i criteri adottati. Molto diffusa (84% delle
compagnie) è anche la strategia delle esclusioni sulla base dell’aderenza ai
principi di convenzioni internazionali (c.d. “norms-based screening”).
Sebbene la strategia di esclusione di interi paesi/settori con elevate
emissioni di gas serra contribuisca alla decarbonizzazione dei portafogli
degli assicuratori, essa potrebbe avere scarsa efficacia nel fornire alle
imprese dei settori esclusi incentivi finanziari per la transizione verso
un’economia sostenibile. Sotto questo profilo, le strategie best in class4 e
dell’engagement5 potrebbero rivelarsi approcci più efficaci. Tali strategie,
consentendo il finanziamento alle imprese più virtuose operanti anche
in settori ad alte emissioni, potrebbero contribuire maggiormente alla
decarbonizzazione dell’economia. L’adozione di ambedue le strategie è in
aumento nel settore assicurativo italiano (circa due terzi delle compagnie
le utilizza, per una quota di investimenti rispettivamente dell’83% e del 90%).
I settori/paesi più comunemente esclusi sono i produttori di armi controverse (per
esempio mine antiuomo) e i paesi/imprese che non rispettano i diritti umani, civili e
politici.
Il carbone e l’estrazione di petrolio da fonti non convenzionali sono i criteri più utilizzati.
I principali criteri sono costituiti dalla corruzione e dal riciclaggio e finanziamento del
terrorismo.
La strategia best in class consente agli investitori di scegliere, all’interno di ciascun
settore industriale, le società leader sotto il profilo di uno o più criteri ESG, tenendo
conto dei rendimenti finanziari.
Tale strategia consiste nel dialogo con le società e nell’utilizzo dei diritti di voto al fine
di influenzare le decisioni delle stesse, con l’obiettivo di ridurre i rischi potenziali e
monitorarne i progressi.
Per quanto concerne la strategia best in class, il criterio di selezione degli
investimenti utilizzato da tutte le compagnie è tuttavia costituito dal
rating ESG e solo in subordine vengono indicati la performance di riduzione
delle emissioni. In un limitato numero di casi vengono analizzati i piani di
transizione delle imprese oggetto dell’investimento. Con riferimento alla
strategia dell’engagement, le compagnie assicurative italiane adottano sia
approcci di tipo “soft” (per esempio incontri con le dirigenze aziendali tesi a
valutare tematiche ESG specifiche) sia di tipo “hard” (per esempio esercizio
del diritto di voto e proxy voting). Infine, in molti casi tale strategia viene
effettuata solo indirettamente, attraverso il gestore delegato.
Altre strategie diffuse sono costituite dall’integrazione dei fattori ESG nel
processo di selezione degli investimenti (85%) e l’investimento su specifici
temi allineati allo sviluppo sostenibile (57%) delle compagnie6, mentre
l’impact investing7 è adottato dal 41% delle compagnie.
Gli investimenti tematici vengono effettuati spesso tramite l’acquisto di obbligazioni
“verdi”.
Approccio che consiste nell’investimento in progetti specifici in grado di generare un
impatto sociale e/o ambientale positivo e misurabile, garantendo al tempo stesso un
rendimento finanziario positivo.
Le imprese di assicurazione hanno fornito dati sugli investimenti riclassificati sulla base
del macro-settore economico dell’emittente degli strumenti finanziari in portafoglio36.
La figura 20 riporta la composizione degli investimenti sulla base del
macro-settore NACE sia per il totale del portafoglio che per i portafogli in cui il
rischio è sopportato, rispettivamente, dall’impresa e dai contraenti. In linea con il
risultato della precedente rilevazione, dai dati emerge:
• una significativa incidenza dei titoli governativi (cod. NACE O), pari al 43%
(pannello a) degli investimenti totali;
• la concentrazione dei titoli governativi nel portafoglio di classe C, in
cui rappresentano il 48,1% del totale, mentre costituiscono il 26% degli
investimenti di classe D37 (pannelli b e c);
Nel monitoraggio è stata richiesta la classificazione degli investimenti secondo la prima cifra (lettera)
del codice NACE di classificazione delle attività economiche. Per dettagli sulla classificazione NACE
si rinvia al link https://ec.europa.eu/competition/mergers/cases/index/nace_all.html e al documento
Si evidenzia che, rispetto allo scorso anno, l’incremento dei governativi nel portafoglio di classe D
è legato soprattutto alla migliorata capacità di look-through dei fondi da parte degli assicuratori.
• la rilevanza dei titoli emessi dagli intermediari finanziari (cod. NACE K), che
costituiscono il 21,7% del totale38 (24,9% classe C, 11,7% classe D).
Figura 20
Composizione degli Investimenti delle compagnie segnalanti per settore “NACE”
(dati 2023)
a. Portafoglio totale
b. Portafoglio con rischio a carico dell’impresa
Altro 2,78%
c. Portafoglio con rischio a carico dei contraenti
B 0,25%
D 2,38%
A 0,03% C 5,10% E 0,13% F 0,40%
G 0,31%
H 1,11%
classificabili
I 0,13%
9,46%
A 0,01%
B 0,59%
C 9,64%
D 1,04%
E 0,19%
F 0,24% G 1,48%
H 0,64%
I 0,23%
K 11,70%
Non classificabili
42,07%
K 24,87%
L 0,49%
O 48,11%
Altro
5,06%
L 4,93%
O 26,62%
Il 17% degli investimenti (il 9,5% per la classe C e il 42,1% per la D) risulta non
classificabile in nessuno dei settori NACE. Tale quota è composta quasi interamente
dalla quota di fondi d’investimento per i quali le compagnie non sono state in grado
di effettuare il look-through ai fini delle informazioni di sostenibilità.
Rispetto alla precedente rilevazione, la minore incidenza dei titoli finanziari è legata alla diversa
classificazione dei fondi d’investimento su cui le compagnie non sono state in grado di effettuare il
look-through. Tali fondi fino alla scorsa rilevazione erano classificati sotto il cod. NACE K; da quest’anno
è stato chiesto di fornire separata evidenza di tali investimenti.
Gli investimenti nel settore privato (al netto cioè di quelli in titoli governativi e
finanziari, nonché quelli segnalati come non classificabili) costituiscono il 18% degli
investimenti totali (19,6% classe C, 17,5% classe D).
Tali investimenti sono particolarmente concentrati nel settore manifatturiero (cod.
NACE C, 6,2% del totale), delle attività immobiliari (cod. NACE L, 3,9% del totale) e
dell’energia elettrica e gas (cod. NACE D, 2,1%). Si evidenzia che gli investimenti nei
settori D e L sono particolarmente concentrati nel portafoglio con rischio a carico
dell’impresa, quelli nel settore C nel portafoglio con rischio a carico dei contraenti.
L’utilizzo del modulo della reportistica di vigilanza Solvency II sugli investimenti al
31 dicembre 2023 consente di stimare l’esposizione delle compagnie assicurative
italiane ai rischi di transizione39.
Gli investimenti in settori potenzialmente esposti ai rischi di transizione sono
circa 64 miliardi di euro, pari al 6,4% del totale degli investimenti delle compagnie,
una stima per difetto che non considera l’esposizione indiretta attraverso gli
investimenti nel settore finanziario, in particolare, attraverso fondi.
È forte la variabilità tra le compagnie della quota di investimenti in settori a rischio
di transizione (fig. 21).
Un sotto-insieme degli investimenti a rischio di transizione è quello nel settore
dei combustibili fossili (9,8 miliardi di euro in termini di valore, equivalenti all’1%
del totale). Questi attivi presenterebbero il rischio maggiore di perdita di valore
(cd. beni incagliati o “stranded assets”) nel caso di transizione disordinata verso
un’economia a emissioni nette nulle.
Il monitoraggio rende possibile misurare le emissioni finanziate dalle compagnie
assicurative40, che rappresentano un ulteriore elemento per valutare la sostenibilità
dei portafogli di investimenti nel settore privato41. Le imprese che aderiscono
al protocollo GreenHouse Gas Emissions42 dovrebbero rendicontare le emissioni
di gas-serra derivanti dalla propria attività produttiva, sia diretta sia indiretta.
Cfr. Battiston et al. (2017), Nature Climate Change, sviluppa una classificazione delle attività economiche
per valutare il rischio di transizione climatica (Climate Policy Relevant Sectors – CPRS). I CPRS forniscono
una classificazione standardizzata delle attività (a livello NACE Rev2, 4 cifre) i cui ricavi potrebbero
essere influenzati positivamente o negativamente in una transizione disordinata a basse emissioni di
carbonio, in base alla loro tecnologia energetica.
La rendicontazione dei gas serra lungo l’intera catena del valore è un passaggio necessario per le
organizzazioni per gestire meglio le proprie emissioni e allinearsi all’Accordo di Parigi.
Non è possibile fare riferimento alla misura delle emissioni del settore governativo in quanto risente
di differenti metodologie adoperate dalle compagnie e non risulta direttamente comparabile.
WBCSD e WRI (2004), The Greenhouse Gas Protocol. A Corporate Accounting and Reporting Standard.
Figura 21
Quota di investimenti esposta ai rischi di transizione (dati 2023) (a) (b)
terzo quartile: 11,3%
mediana: 6,4%
primo quartile: 3,4%
(a) Elaborazione in base alla reportistica Solvency 2. – (b) Quartili e mediana relativi a indicatori percentuali semplici calcolati per ogni
compagnia.
L’approccio classifica queste emissioni in tre categorie (Scope 1, 2 e 343), a seconda
che siano generate direttamente o indirettamente dall’impresa.
Il numero di compagnie in grado di fornire dati sulle emissioni è non dissimile a
quello dello scorso anno: 65 per le emissioni di tipo Scope 1, 66 per quelle di tipo
Scope 2 e 62 per le emissioni di tipo Scope 3.
La quota di investimenti nel settore privato utilizzata per il calcolo delle emissioni
ammonta rispettivamente al 40,7% per le emissioni Scope 1 e 2, al 38,9% per le
emissioni Scope 3. Se si considera il portafoglio investimenti delle sole compagnie
che sono state in grado di fornire dati di emissione, la quota ammonta a circa il
50%. Queste percentuali segnalano che persistono difficoltà nel reperimento di
informazioni complete sulle emissioni finanziate dal settore assicurativo.
Pur con i limiti segnalati sopra, è possibile stimare l’intensità di emissioni
degli investimenti privati delle compagnie italiane, misurata in tonnellate di
CO2-equivalenti per milione di euro investito (fig. 22). L’intensità di emissioni di
tipo Scope 1, attribuibili direttamente agli investimenti delle compagnie, è pari a
Le emissioni Scope 1 sono quelle dirette di gas serra provenienti da fonti possedute o controllate dalla
società segnalante. Le emissioni Scope 2 sono quelle indirette derivanti dalla generazione di elettricità,
vapore, riscaldamento o raffreddamento consumati dalla società segnalante. Le emissioni Scope 3 sono
tutte le altre emissioni indirette di GHG (non incluse nello Scope 2) che si verificano nella catena del valore
della società segnalante (suddivisibili in emissioni a monte e a valle).
74 tonnellate di CO2 per milione di euro investito (fig. 22.a) e risulta al massimo
pari a 77,9 per circa tre quarti delle compagnie (fig. 22.b). L’intensità media delle
emissioni di tipo Scope 2 è pari a 12,9 tonnellate, meno di un quinto di quella
diretta. Ben superiore risulta l’intensità media delle emissioni di tipo Scope 3,
pari a 479,3 tonnellate, con circa tre quarti delle compagnie che presentano
valori inferiori a 641,6 (fig. 22.d).
Figura 22
Emissioni del portafoglio di titoli privati del settore assicurativo italiano (dati 2023)
(tonnellate di CO2 per milione di euro investito)
a. Intensità di emissioni
Scope 1, 2 e 3(a)
b. Distribuzione dell’intensità
di emissioni Scope 1(b) (c)
479,28
74,04
terzo quartile: 77,9
12,93
mediana: 48,3
Scope 1
Scope 2
primo quartile: 31,7
Scope 3
c. Distribuzione dell’intensità
di emissioni Scope 2(b) (c)
d. Distribuzione dell’intensità
di emissioni Scope 3(b) (c)
terzo quartile: 16,5
terzo quartile: 641,6
mediana: 9,4
mediana: 361,9
primo quartile: 5,3
primo quartile:
(a) Indicatori calcolati come rapporto tra emissioni totali e investimenti totali.– (b) Quartili e mediana relativi a indicatori percentuali semplici
calcolati per ogni compagnia. – (c) Rappresentate le compagnie con valori fino al 95° percentile.
degli investimenti: principali evidenze
Con riferimento al 31 dicembre 2023, l’indagine ha chiesto, per la prima volta,
alle compagnie di segnalare i dati relativi agli investimenti nel settore privato
allineati (aligned) alla tassonomia UE, oltre che per quelli ammissibili (eligible), in
concomitanza del primo anno per il quale le imprese finanziarie hanno l’obbligo
di fornire tali dati.
Per quanto riguarda la valutazione in base al fatturato (turnover-based),
66 compagnie hanno fornito dati sull’ammissibilità, mentre per l’allineamento
il numero scende a 62. Per quanto riguarda il criterio di valutazione in base alla
spesa in conto capitale (capex-based), i due numeri sono pari rispettivamente a
65 e 62. Nel complesso, le compagnie che sono state in grado di classificare i loro
investimenti in base alla Tassonomia rappresentano poco più di tre quarti degli
investimenti complessivi.
L’indagine ha consentito di classificare 48,2 miliardi di euro di investimenti in titoli
privati (fig. 23.a) come ammissibili in base al fatturato (pari al 5,2% del totale, fig.
23.b), che diminuiscono a 9,6 miliardi di euro (1% del totale) se si adottano i criteri
più stringenti per identificare gli investimenti allineati rispetto alla Tassonomia.
I valori aumentano lievemente se si adotta il criterio capex-based, in particolare
aumenta all’1,8% la quota di investimenti allineati sul totale44.
Figura 23
Investimenti in titoli privati ammissibili e allineati alla Tassonomia UE
a. Valore degli investimenti in titoli
privati ammissibili e allineati rispetto alla
Tassonomia UE
b. Quota degli investimenti in titoli
privati ammissibili e allineati rispetto alla
Tassonomia UE sul totale degli investimenti(a)
(miliardi di euro)
in base alle spese in
conto capitale
Ammissibili
in base al fatturato
in base al fatturato
in base alle spese in
conto capitale
in base al fatturato in base alle spese in in base al fatturato in base alle spese in
conto capitale
conto capitale
Ammissibili
Allineati
Allineati
(a) Indicatori calcolati come rapporto percentuale rispetto agli investimenti totali purché ammissibili o allineati e investimenti totali.
È possibile infine presentare una prima valutazione della distribuzione per le
compagnie di assicurazione italiane del rapporto tra gli investimenti in titoli privati
allineati e quelli totali, che rappresenta un Indicatore Principale di Performance
(KPI) per la sostenibilità ambientale degli investimenti in portafoglio (fig. 24).
La mediana della quota di investimenti totali allineati in base al fatturato è pari
La differenza tra i valori degli investimenti sostenibili in base ai due diversi criteri di valutazione si
spiega col fatto che, mentre la valutazione in base al fatturato è di tipo retrospettivo, quella in base agli
investimenti in conto capitale è prospettica perché tiene conto dei piani di de-carbonizzazione delle
aziende in cui investono le compagnie. Si veda al riguardo https://finanzasostenibile.it/wp-content/
uploads/2021/09/Tassonomia-europea_WEB.pdf.
Figura 24
Distribuzione della quota di investimenti in titoli privati allineati alla Tassonomia UE
rispetto al totale degli investimenti(a)
3° quart.: 2,9%
3° quart.: 1,6%
mediana: 1,8%
mediana: 1%
1° quart.: 1,2%
1° quart.: 0,6%
(a) Quartili e mediana relativi a indicatori percentuali semplici calcolati per ogni compagnia.
all’1% e per tre quarti delle compagnie è inferiore all’1,6%. Se si utilizza il criterio
della spesa in conto capitale, la mediana aumenta all’1,8%, con tre quarti delle
compagnie caratterizzate da una quota inferiore al 2,9%.
Nel 2023 le obbligazioni verdi emesse dal settore privato sono detenute da 64
compagnie45, per un totale di circa 14 miliardi di euro (pari a circa l’8% del totale
delle obbligazioni private). La quota mediana è pari al 7,9% (fig. 25).
Se si esamina la ripartizione settoriale delle obbligazioni verdi (fig. 26), al settore
finanziario e assicurativo è riferita la quota maggiore del 38,3%; tra i settori industriali,
a quello energetico è riferita la quota del 31%, seguito dal manifatturiero (7%) e dalla
logistica (4%). Tra i servizi privati, emerge il peso del settore immobiliare (11%).
L’eterogeneità dei criteri di certificazione delle obbligazioni verdi ha suggerito, a partire da questa
edizione del monitoraggio, di richiedere la segnalazione delle stesse da parte delle compagnie senza
considerare la loro eventuale certificazione.
Figura 25
Quota di obbligazioni verdi sul totale delle obbligazioni private, 2023(a)
terzo quartile: 11,7%
mediana: 7,9%
primo quartile: 5%
(a) Quartili e mediana relativi a indicatori percentuali semplici calcolati per ogni compagnia.
La presenza di qualche forma di certificazione delle obbligazioni verdi da parte
di enti certificatori esterni riguarderebbe infine i quattro quinti delle obbligazioni
verdi private detenute dalle assicurazioni italiane.
Figura 26
Ripartizione delle obbligazioni verdi private detenute dalle compagnie italiane per
attività economica dell’emittente, 2023
APPENDICE
Principali termini utilizzati nel rapporto
Attività economica ecosostenibile – un’attività economica è considerata
ecosostenibile se: a) contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di uno
o più dei sei obiettivi ambientali; b) non arreca un danno significativo a nessuno
degli obiettivi ambientali (cd. Do No Significant Harm – DNSH); c) è svolta nel rispetto
delle garanzie minime di salvaguardia; d) è conforme ai criteri di vaglio tecnico
stabiliti nei regolamenti delegati adottati dalla Commissione europea. Tali criteri
consentono di stabilire il grado di ecosostenibilità di un investimento in attività
economiche (cfr. art. 3 del regolamento UE n. 2020/852).
Emissioni di gas a effetto serra – I gas effetto serra sono sostanze che
contribuiscono alla formazione del noto “effetto serra”. Una maggiore
concentrazione di gas ad effetto serra (es. anidride carbonica – CO2, protossido
di azoto – N2O, il metano – CH4) nell’atmosfera non permette il naturale scambio
con l’esterno del calore prodotto normalmente dagli ecosistemi terrestri. Le
emissioni di natura antropica contribuiscono all’accumulo di tali gas e quindi al
riscaldamento globale; esse sono state classificate dal Green House Gas Protocol
in tre categorie, a seconda siano prodotte direttamente o indirettamente
dall’organizzazione (aziende), ma comunque riconducibili ad essa:
• scope 1, comprende le emissioni dirette controllate (prodotte)
dall’organizzazione;
• scope 2, riguarda le emissioni indirette legate alla produzione di elettricità,
vapore o calore prodotte in un luogo differente rispetto a quello dell’azienda,
ma che sono direttamente attribuibili all’azienda;
• scope 3, include le emissioni indirette provenienti dalla catena del valore
dell’azienda. Tutte queste emissioni sono generate da asset, attività o
processi non controllate in modo diretto all’azienda, ma che possono essere
ricondotte comunque all’attività.
Gap di protezione assicurativa da eventi catastrofali – equivale alla parte
non assicurata delle perdite economiche causate da un disastro naturale. Altre
definizioni si concentrano sul gap (lacuna) di protezione assicurativa attuale pari
all’ammontare delle perdite assicurabili che non sono coperte da assicurazione
e che individui, imprese ed enti pubblici si trovano a dover affrontare. La natura
e l’entità del gap variano a seconda delle regioni e del mercato assicurativo.
Cfr. EIOPA, Report on non-life underwriting and pricing in light of climate change, 2021;
IAIS, A call to action: the role of insurance supervisors in addressing natural catastrophe
protection gaps, November 2023.
Greenhouse Gas Protocol – (GHG), lanciato nel 1998, rappresenta uno standard
riconosciuto a livello internazionale per la contabilizzazione e la segnalazione delle
emissioni di gas ad effetto serra. Esso consente alle aziende, alle organizzazioni e
ai governi di misurare e gestire le emissioni di gas a effetto serra che producono.
I gas serra inclusi sono quelli elencati nel Protocollo di Kyoto e nel successivo
Accordo di Parigi, che rappresentano la maggior parte delle emissioni responsabili
dell’effetto serra.
Neutralità climatica (obiettivo net zero) – raggiungere la neutralità climatica
significa emettere nell’atmosfera solo la quantità di gas a effetto serra che può
essere assorbita dalla natura, ovvero dalle foreste, dagli oceani e dal suolo;
l’obiettivo di neutralità climatica è il punto di equilibrio tra le emissioni di gas
serra prodotte in atmosfera e quelle rimosse dall’atmosfera. Per raggiungere
tale saldo netto di emissioni pari a zero entro il 2050, i paesi dell’UE dovranno
ridurre drasticamente le loro emissioni di gas a effetto serra e trovare modalità
per compensare le emissioni rimanenti e inevitabili. L’importanza di questa sfida
è stata sottolineata dall’Accordo di Parigi del 2015, il quale mira a mantenere
l’aumento al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali, con un obiettivo ancora
più ambizioso di limitare l’incremento a 1.5°C. (Cfr. https://www.consilium.europa.
eu/it/policies/climate-change/).
Investimento sostenibile – investimento in un’attività economica che contribuisce
a un obiettivo ambientale (misurato mediante indicatori chiave di efficienza delle
risorse concernenti l’impiego di energia, di energie rinnovabili, di materie prime,
di risorse idriche, di suolo, della produzione di rifiuti, delle emissioni di gas a
effetto serra nonché dell’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare) o un
investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo sociale
(ad esempio la riduzione della disuguaglianza, o la promozione della coesione e
l’integrazione sociale) a condizione che tali investimenti non arrechino un danno
significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali
investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto
riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del
personale e rispetto degli obblighi fiscali. (Cfr. regolamento UE n. 2019/2088).
Rischio di sostenibilità – è un evento o una condizione di tipo ambientale, sociale
o di governance che, se si verifica, potrebbe provocare un significativo impatto
negativo effettivo o potenziale sul valore dell’investimento o sul valore della
passività (si fa riferimento al regolamento UE n. 2019/2088 e al regolamento
delegato UE n. 2021/1256). Con il termine “fattori di sostenibilità” si fa riferimento
alle problematiche ambientali, sociali e concernenti il personale, il rispetto dei diritti
umani e le questioni relative alla lotta alla corruzione attiva e passiva.
Rischio di transizione – indica la perdita finanziaria in cui può incorrere un ente,
direttamente o indirettamente, a seguito del processo di aggiustamento verso
un’economia a basse emissioni di carbonio (ad esempio per il repricing delle attività
in portafoglio che sono più esposte al rischio di perdere valore nel processo di
de-carbonizzazione).
Rischi fisici connessi ai cambiamenti climatici (es. alluvione, tempesta, grandine)
si riferiscono agli impatti economico e finanziari, diretti ed indiretti, per le famiglie, le
imprese, le realità pubbliche e l’ambiente, che deriva dalle conseguenze di fenomeni
metereologici acuti o cronici (cfr. classificazione dell’appendice A del regolamento
delegato UE n. 2021/2139). Il rischio fisico è classificato come “acuto” se causato
da eventi estremi quali siccità, alluvioni e tempeste, e “cronico” se provocato
da mutamenti progressivi quali aumento delle temperature, innalzamento del
livello del mare, stress idrico, perdita di biodiversità, cambio di destinazione dei
terreni, distruzione degli habitat e scarsità di risorse. Tale rischio può determinare
direttamente, ad esempio, danni significativi o un calo della produttività, oppure
indirettamente eventi successivi quali l’interruzione delle catene produttive.
Rischio sismico – determinato dalla combinazione di pericolosità, vulnerabilità ed
esposizione – è la misura dei danni attesi in un intervallo di tempo, in base al tipo
di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di antropizzazione (natura, qualità e
quantità dei beni esposti).
Cfr. https://rischi.protezionecivile.gov.it/it/pagina-base/rischio-sismico/
Sviluppo sostenibile – viene definito sostenibile «quello sviluppo che consente
alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la
possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri» (Rapporto Brundtland,
«Our common future», United Nations 1987). Lo sviluppo sostenibile si trova al
centro del progetto dell’Unione Europea; il trattato sull’Unione europea (art. 3,
par. 3) e il trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) ne riflettono la dimensione
sociale e ambientale. La regolamentazione europea in materia di sostenibilità
indica nei “considerando” le principali tappe (es. Agenda 2030, Accordo di Parigi,
Piano d’Azione della Commissione UE, Green Deal europeo).
Elenco delle figure
Figura 1
Rischi climatici: dati disponibili, dati stimati,
gap di dati (% di compagnie segnalanti), 2022-2023
Figura 2
Politiche di governance integrate con i fattori
di sostenibilità ESG (% di compagnie segnalanti)
Figura 3
Interventi organizzativi che integrano i rischi
di sostenibilità (% di compagnie segnalanti)
Figura 4
Significatività del rischio climatico per il settore
assicurativo vita e/o danni
Figura 5
Rischi fisici – Approcci adottati per le analisi
di scenario (% di 57 compagnie)
Figura 6
Rischi di transizione – Approcci adottati per le analisi
di scenario (% di 57 compagnie)
Figura 7
Approcci adottati per le analisi di scenario dei rischi fisici
e di transizione (% di 57 compagnie)
Figura 8
Metodologie di analisi di scenario adottate
(% di compagnie segnalanti solo vita,
solo danni e multi-ramo)
Figura 9
Quota di premi contabilizzati ceduti in riassicurazione, 2023
Figura 10
Quote di premi, sinistri e spese di gestione per le linee
di business maggiormente impattate
dai rischi fisici nel 2023
Figura 11
Durata media dei contratti in portafoglio suddivisa
per tipo di rischio (% del mercato espresso
in termini di premi da catastrofi naturali)
Figura 12
Aree geografiche con la maggior collocazione
di contratti di assicurazione (% di compagnie danni)
Figura 13
Concentrazione della raccolta premi
nelle grandi imprese assicurative (% di premi danni)
Figura 14
Distribuzione dei KPI di sottoscrizione
delle compagnie (2021-2023)
Figura 15
Composizione del portafoglio investimenti
del settore assicurativo italiano per tipologia
di strumento finanziario al 31 dicembre 2023
Figura 16
Adozione di una politica degli investimenti sostenibile
(% di compagnie segnalanti)
Figura 17
Classi di attivi a cui vengono applicate politiche
di investimento sostenibile (% di 68 compagnie
che hanno adottato una politica degli investimenti sostenibile)
Figura 18
Analisi dei rischi climatici nella fase di selezione
e valutazione degli investimenti (% di 68 compagnie
che hanno adottato una politica degli investimenti sostenibile)
Figura 19
Strategie di investimento sostenibile adottate
(% di 68 compagnie che hanno adottato una politica
di investimenti sostenibile)
Figura 20
Composizione degli Investimenti delle compagnie
segnalanti per settore “NACE” (dati 2023)
Figura 21
Quota di investimenti esposta ai rischi
di transizione (dati 2023)
Figura 22
Emissioni del portafoglio di titoli privati
del settore assicurativo italiano (dati 2023)
(tonnellate di CO2 per milione di euro investito)
Figura 23
Investimenti in titoli privati ammissibili e allineati
alla Tassonomia UE
Figura 24
Distribuzione della quota di investimenti in titoli privati
allineati alla Tassonomia UE rispetto
al totale degli investimenti
Figura 25
Quota di obbligazioni verdi sul totale
delle obbligazioni private, 2023
Figura 26
Ripartizione delle obbligazioni verdi private detenute
dalle compagnie italiane per attività economica
dell’emittente, 2023
Elenco delle tavole
Tavola 1
Attività di sottoscrizione complessiva per i rischi climatici:
premi, sinistri, spese e indicatori di performance
Tavola 2
Attività di sottoscrizione per i singoli rischi climatici:
premi, sinistri, spese e indicatori di performance
Tavola 3
Rischio da terremoto: premi, sinistri, spese
e indicatori di performance
Tavola 4
Distribuzione del combined ratio
per perils (dati 2021-2023)
Tavola 5
Protezione assicurativa del patrimonio immobiliare
commerciale e residenziale per i rischi da inondazione
e terremoto: valori assicurati, unità assicurate
e valore medio assicurato per gli immobili
Tavola 6
Quota media del potenziale danno che rimane
a carico della clientela (% della somma assicurata)
Tavola 7
Introduzione di innovazioni nella progettazione
dei prodotti e nella copertura assicurativa
(% di compagnie che sottoscrivono rischi naturali)
Bibliografia
Angelini, P. (2024), Portfolio decarbonisation strategies: questions and suggestions,
Questioni di Economia e Finanza, N. 840.
Banca d’Italia (2025), Rapporto sulla Stabilità Finanziaria, N.1/aprile.
Battiston S et al (2017), A climate stress-test of the financial system. Nature Climate
Change, 7(4), 283-288.
Cesari R. (2025), Disegno di legge C. 2333, di conversione in legge del
decreto-legge 31 marzo 2025, n. 39, recante misure urgenti in materia di
assicurazione dei rischi catastrofali, Audizione presso la Commissione VIII
(Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici) della Camera dei Deputati Roma, 9 aprile.
De Polis S (2025), L’assicurazione obbligatoria delle imprese per i danni da
catastrofi naturali, Sapienza Università di Roma, Febbraio.
ECB (2020), Guide on climate-related and environmental risks, Supervisory expectations
relating to risk management and disclosure, November.
ECB-EIOPA (2024), Towards a European system for natural catastrophe risk
management, December.
EIOPA (2021), Opinion on the supervision of the use of climate change risk scenarios in
ORSA, EIOPA-BoS-19/241, April.
EIOPA (2021), Report on non-life underwriting and pricing in light of climate change,
EIOPA-BoS-21/259, July.
EIOPA (2022), Application guidance on running climate change materiality assessment
and using climate change scenarios in the ORSA, August.
EIOPA (2023), Report on the Implementation of Climate-Related Adaptation Measures
in Non-Life Underwriting Practices – Impact underwriting, EIOPA-BoS-22-593,
February.
EIOPA (2024), Dashboard on insurance protection gap for natural catastrophes,
November.
G7 Italia (2024), OCSE-IAIS Framework for Public-Private Insurance Programmes
against Natural Hazards, Finance Ministers and Central Bank Governors’ Meeting,
High-Level, G7 Finance Track, Stresa, May.
IAIS – Global Insurance Market Report (2021), The impact of climate change on the
financial stability of the insurance sector, September.
IAIS (2023), The role of insurance supervisors in addressing natural catastrophe
protection gaps, April.
IAIS (2023), A call to action: the role of insurance supervisors in addressing natural
catastrophe protection gaps, November.
IAIS (2023), Draft Application Paper on climate risk market conduct issues in the
insurance sector, November.
IPCC (2022), Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability, February.
Lavecchia L. et al (2022), Dati e metodi per la valutazione dei rischi climatici e
ambientali in Italia, Questioni di Economia e Finanza (QEF) della Banca d’Italia,
n. 732.
NGFS (2023), NGFS Scenarios for central banks and supervisors, November.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Source link

Contributi e agevolazioni

per le imprese