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I NUMERI DELL’ECONOMIA/ I rischi per l’Italia tra dazi, consumi e Pnrr


A fine mese l’economia italiana virerà alla boa di metà anno, in un contesto contrastato, caratterizzato da luci e ombre. Si delineano diffusi segnali statistici positivi su made in Italy, costruzioni e mercato del lavoro, mentre si riduce la pressione degli oneri finanziari.

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Gli aspetti più contraddittori, che delineano uno scenario in chiaroscuro, riguardano la ripresa dell’economia tedesca, il sostegno della politica fiscale, il clima di fiducia delle imprese e la domanda turistica. Il costo dell’energia elettrica, pur discendendo dai picchi di inizio anno, rimane su livelli molto elevati. Si attenua la stretta creditizia, ma rimane più severa per le piccole imprese.



I rischi maggiori arrivano dall’impatto dei dazi, per ora sospesi fino al 9 luglio, da una crisi ancora profonda della manifattura, in particolare per meccanica e moda, e dalla debolezza dei consumi rispetto alle previsioni. Un freno è rappresentato dal ritardo nella messa a terra degli interventi del Pnrr.

Le luci – Dopo la stagnazione (-0,4%) del 2024, torna a salire l’export che nel primo trimestre 2025 segna un +3,2%. Torna il segno positivo delle vendite del made in Italy nei tre principali mercati di Germania (+5,4% vs -5,0% del 2024), Francia (+1,8% vs -2,1% del 2024) e Stati Uniti (+11,8% vs -3,6% del 2024), anche grazie all’anticipo a marzo degli acquisti da parte delle imprese statunitensi (+41,2%) per evitare gli annunciati dazi.


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Il settore delle costruzioni manifesta una significativa resilienza, nonostante il venire meno del sostegno del Superbonus. Nel primo trimestre del 2025 la produzione nell’edilizia sale del 3,4% su base annua a fronte del ristagno (-0,2%) registrato nell’Ue, mentre il calo del 4,9% degli investimenti in abitazioni è più che compensato dall’aumento a doppia cifra (+10,6%) di fabbricati diversi da abitazioni e altre opere, posta sostenuta dagli interventi del Pnrr.

Ad aprile 2025 il numero di occupati è stabile rispetto a marzo e in dodici mesi cresce di 282mila unità (+1,2%), grazie al traino dei dipendenti permanenti (+345mila pari al +2,2%). In salita le previsioni di assunzione monitorate dal sistema Excelsior che per il trimestre maggio-luglio 2025 segnano un incremento del 4,4% su base annua.



Giovedì scorso il Consiglio direttivo della Bce ha deliberato l’ottavo taglio dei tassi di riferimento della politica monetaria. Prosegue la discesa del costo dei prestiti per le imprese che ad aprile 2025 in Italia è pari al 3,89% (era 4,05% a marzo e 4,13% a febbraio), pur rimanendo di 226 punti base superiore al livello di giugno 2022, precedente dell’avvio della stretta monetaria deflazionistica. Nel primo trimestre del 2025 ritorna in positivo (+0,6%) la dinamica tendenziale degli investimenti in macchinari e impianti, dopo quattro trimestri consecutivi di calo.

La zona grigiaLe previsioni di maggio della Commissione europea indicano per la Germania una crescita zero del Pil per quest’anno (era +0,7% nelle previsioni di novembre), collocando la maggiore economia europea pericolosamente vicina al terzo anno consecutivo di recessione. Un segnale di risveglio della manifattura tedesca si registra nel primo trimestre 2025, con la produzione che sale dell’1,8% rispetto al quarto trimestre del 2024, invertendo il segno dopo tre cali consecutivi. Effetti benefici potrebbero arrivare da una politica di bilancio più espansiva del nuovo Governo Merz.

La politica fiscale per l’Italia, soggetta alla procedura per disavanzo eccessivo, è intonata alla prudenza e il limite alla crescita della spesa pubblica toglie spazio per interventi anti-ciclici. Secondo le previsioni della Commissione europea, il deficit dal 3,4% del Pil nel 2024 scende al 3,3% nel 2025 e al 2,9% nel 2026, mentre il sentiero tracciato dal Governo nel Documento di finanza pubblica 2025 avvia la discesa del rapporto debito/Pil nel 2027.

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Un impulso dato dalla politica europea di incremento della spesa per la difesa non appare sostenibile per la fragile finanza pubblica italiana. Gli esercizi di simulazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio indicano che, nello scenario di massima spesa per la difesa consentita dalla clausola di salvaguardia, nel 2041 il debito salirebbe al 138,9% del Pil, ben 25,2 punti superiore al 113,7% previsto nel Piano strutturale di bilancio varato a settembre.

Inoltre, gli effetti sull’economia sono depotenziati dall’elevata spesa per il personale della difesa (58,2% in Italia a fronte del 42,2% della media Ue) e dall’alta quota di importazioni: dalla documentazione della Commissione europea si evince che dal 2022 oltre i tre quarti (78%) delle acquisizioni nel settore della difesa da parte degli Stati membri dell’Ue è stato effettuato presso Paesi terzi, quasi due terzi (63%) dai soli Stati Uniti. Come indicato anche dal Fondo monetario internazionale, una nuova misure di spesa per la difesa “dovrebbe essere pienamente compensata da ulteriori risparmi in altri settori”.

Il contesto internazionale incerto si riflette sulla instabilità dell’indice del clima di fiducia delle imprese che a maggio 2025 torna a salire, dopo tre mesi di cali consecutivi.

Si sgonfia la bolla energetica di inizio anno ma i prezzi dell’energia elettrica per le piccole imprese con consumi fino a 20 MWh all’anno rimangono i più alti d’Europa. Pur rallentando la discesa dei prestiti alle imprese (-1,1% a marzo, -2,1% nel mese precedente), persiste un calo più accentuato per le piccole imprese, “un andamento che merita attenzione” come segnalato nelle recenti Considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia.

Nel primo bimestre del 2025 le presenze turistiche crescono (+1,7%), pur decelerando rispetto al trend del 2024 (+2,5%).

Le ombre – Da aprile incombono i rischi dello scoppio di una guerra dei dazi. Secondo le previsioni di primavera della Commissione europea nel 2025 il valore dell’export dell’Italia sale del 2,1% e nel 2026 del 3,3%, revisionando al ribasso le previsioni di autunno, elaborate prima delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti (+4,3% nel 2025 e +4,8% nel 2026). La produzione manifatturiera in Italia segna un calo su base annua per l’ottavo trimestre consecutivo, perdendo il 3,1% nel primo trimestre del 2025, con un calo più marcato per moda (-12,5%) e meccanica (-4,9%).

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Nonostante il calo dell’inflazione e la risalita del potere d’acquisto, la spesa delle famiglie cresce meno delle attese. A maggio 2025 il tasso di inflazione, sia in Italia che in Eurozona, si ferma all’1,9% su base annua, mentre i consumi delle famiglie segnano un +0,2% rispetto al trimestre precedente e un +0,6% su base annua, in attenuazione rispetto al +1,5% del quarto trimestre 2024. Il trend in corso appare più debole delle previsioni di crescita per il 2025 (+1,2% secondo la Commissione europea a maggio). Nei primi quattro mesi del 2025 il volume delle vendite al dettaglio scende dell’1,2% su base annua, con un segnale congiunturale positivo nel mese di aprile (+0,5% rispetto a marzo).

Il Pnrr sta sostenendo gli investimenti in costruzioni, ma un ritardo nell’attuazione degli interventi del Piano depotenzierebbe gli effetti sulla crescita. Come indicato nell’ultima relazione della Corte dei conti l’incremento di spesa registrato nel 2024 rappresenta solamente il 44% di quanto previsto per l’anno nel cronoprogramma finanziario. Tra le raccomandazioni della Commissione europea dello scorso 4 giugno è chiesto all’Italia di “accelerare l’attuazione del piano per la ripresa e la resilienza”.

Nostre elaborazioni su dati Banca d’Italia, Bce, Commissione europea, Corte dei conti, Eurostat, Fondo monetario internazionale, Istat, Mef, Unioncamere e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e Upb.

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