Sabato 3 maggio 2025 si sono tenute le elezioni federali in Australia per l’elezione del quarantottesimo parlamento, a quasi tre anni dalla tornata precedente (21 maggio 2022). Sono stati chiamati al voto i cittadini per eleggere i 150 seggi della Camera dei rappresentanti, contesi tra una combinazione di partiti maggiori, minori e indipendenti, oltre ai 40 dei 76 seggi del Senato, nell’ambito della “half-senate election” – in totale sei senatori per ogni stato e quattro complessivi per i due territori continentali nel Mainland. Il risultato è stata la rielezione del governo laburista del premier in carica Anthony Albanese che ha rafforzato ulteriormente la maggioranza. Al contrario, la Coalizione liberale-nazionale (da qui in poi “Coalizione”) ha toccato il suo minimo storico dal 1944. È solo la terza volta nella storia del Commonwealth of Australia (fondato nel 1901) in cui un primo ministro del Partito laburista australiano (Alp) vince elezioni consecutive: in precedenza era successo a Gough Whitlam nel 1974 e a Bob Hawke nel 1984. Albanese è anche il primo premier a essere rieletto dopo John Howard, nel 2004. Lo spoglio dei voti per il Senato continuerà per diverse settimane a causa del complesso sistema proporzionale tramite la formula del voto singolo trasferibile. Tuttavia, le proiezioni indicano che la posizione dei laburisti potrebbe uscirne leggermente rinforzata a discapito della coalizione dell’opposizione, mentre i Verdi potrebbero mantenere la propria rappresentanza.
Il contesto di queste elezioni
L’alluvione del Queensland nel marzo 2025 ha costretto il premier Albanese a rinviare le elezioni, che invece avrebbe probabilmente voluto indire per metà aprile. Di conseguenza, il tesoriere James Chalmers ha presentato il bilancio federale il 25 marzo, seguito due giorni dopo dalla risposta del leader dell’opposizione Peter Dutton. Venerdì 28 marzo, il primo ministro Anthony Albanese ha quindi chiesto al governatore generale Sam Mostyn di tenere le elezioni il 3 maggio.
Il principale sfidante del premier Albanese alle elezioni del 2025 è stato il leader del Partito liberale, e quindi della Coalizione federale, Peter Dutton, ex poliziotto e uomo d’affari di successo, membro del parlamento per il seggio di Dickson (Queensland) dal 2001. Il leader del partner minore della coalizione, i Nationals, è stato Michael McCormack (Riverina, Nuovo New South Wales), mentre alla guida dei Verdi vi era Adam Bandt (Melbourne, Victoria). I laburisti si sono presentati alla campagna elettorale con una maggioranza risicata. Già da alcuni mesi gli analisti parlavano della possibilità di avere un “parlamento sospeso” e di un governo di minoranza – sia laburista che di coalizione. Alle elezioni del 2022, il governo laburista, con 77 seggi, aveva ottenuto una maggioranza di soli tre seggi nella Camera. Tale margine era poi salito a cinque seggi dopo la vittoria nelle elezioni suppletive di Aston di aprile 2023. Sul fronte opposto, la Coalizione liberal-nazionale si presentava guidata da Peter Dutton, a capo del Partito liberale, e da Michael McCormack, leader del Partito nazionale. Sebbene i laburisti avessero ottenuto una quota di voti di prima preferenza di poco superiore al 32%, la loro posizione parlamentare risultava più solida di quanto i numeri
suggerissero, poiché la Coalizione deteneva soltanto 58 seggi. A separare questi due blocchi era un ampio gruppo trasversale di partiti minori e indipendenti. I Verdi avevano conquistato tre seggi a Brisbane alle elezioni del 2022, portando il loro totale a quattro; mentre gli Indipendenti comunitari (gli “indipendenti”), avevano vinto o mantenuto il loro numero di seggi tra Sydney, Melbourne e Perth. Complessivamente, il crossbench, ovvero lo scarto in favore della maggioranza, era di 16 seggi dopo le elezioni del 2022 ed è cresciuto a 19 seggi grazie alle defezioni dai partiti principali nel corso della quarantasettesima legislatura.
Il primo governo laburista di Albanese si è contraddistinto per una gestione stabile, priva di scandali, errori gravi e conflitti aperti tra i suoi membri. Sebbene ci sia stato un significativo rimpasto di governo nel luglio 2024, i dossier principali hanno vissuto una sostanziale continuità nel corso dei tre anni. Tra le maggiori sfide del paese, il tema del costo della vita elevato ha occupato un ruolo centrale fin della campagna elettorale del 2022. La guerra russo-ucraina ha poi contribuito all’aumento del costo dell’energia, spingendo il nuovo governo a intervenire per controllare i prezzi. In ambito di politica estera, sono migliorate le relazioni con la Cina, che si erano deteriorate sotto il precedente governo della Coalizione guidato da Scott Morrison (2018-2022). Sul piano della politica fiscale, all’inizio del 2024 il governo ha invertito la decisione di lasciare in vigore i tagli alle tasse per i redditi più alti introdotti dalla precedente amministrazione della Coalizione – previsti in vigore a partire dalla successiva legislatura. Il governo ha invece ridisegnato i tagli per garantire maggiori benefici ai redditi medio-bassi. Altre riforme istituzionali previste includevano anche l’introduzione di una commissione nazionale anticorruzione e il cambio di governance della Reserve bank of Australia. Altra questione di lunga data che ha segnato il mandato del governo, è stato il crescente malcontento per la mancanza di disponibilità di alloggi, problema aggravato dall’impatto della pandemia di Covid-19. Infine, un momento politicamente significativo è stato la bocciatura, al referendum del 14 ottobre 2023, della proposta di introdurre una “voce indigena” in parlamento, suscitando nei sondaggi un calo di consenso per il governo. Infine, la guerra nella striscia di Gaza è stata socialmente e politicamente divisiva in Australia come altrove: il governo ha mantenuto il suo impegno per la soluzione dei due stati, pur essendo criticato da entrambe le parti del conflitto israelo-palestinese.
L’elezione di Donald Trump a novembre 2024, e il successivo ritiro degli Stati Uniti (Usa) da numerosi impegni internazionali, accompagnato da una nuova fase della cosiddetta “guerra dei dazi”, hanno avuto un impatto destabilizzante per le élite australiane e probabilmente anche per molti cittadini. L’analisi della campagna elettorale, sia australiana che estera, ha sottolineato i vantaggi che il governo in carica di Albanese ha tratto dalle turbolenze scatenate dalla nuova amministrazione statunitense. Infatti, in passato Dutton aveva dato l’impressione di voler introdurre in Australia alcune politiche simili alla linea di Trump, arrivando persino a nominare un ministro ombra per l’efficienza del governo. Nella sua replica al bilancio federale, alla vigilia della campagna elettorale, si era anche impegnato a effettuare tagli su larga scala al servizio pubblico. Tuttavia, al momento della campagna elettorale, la Coalizione sembrava aver realizzato che un eccessivo associarsi alla turbolenta amministrazione Trump potesse trasformarsi in un ostacolo: tra le prime azioni di Dutton ci sono stati dunque il tentativo di “smussare” la proposta di tagliare 41.000 posizioni nel servizio pubblico (senza tuttavia ritirarla) e la revoca dell’impegno del suo partito a costringere i dipendenti pubblici che lavorano da remoto a tornare in ufficio.
La politica interna
Le campagne elettorali australiane tendono a essere dominate dalle questioni di politica interna e il risultato si decide dunque sulle questioni che toccano direttamente le vite quotidiane degli elettori. Le elezioni del 2025 non solo non hanno fatto eccezione, ma hanno rappresentato un’estremizzazione di questa tendenza. Tra le politiche proposte dalla Coalizione spiccava il taglio del 50% dell’aliquota delle accise sul carburante, con l’obiettivo di ridurne il prezzo di 25 centesimi al litro. Il governo laburista ha risposto offrendo uno sconto di $150 sulle bollette dell’energia elettrica per le famiglie e per le piccole e medie imprese, a cui si aggiungeva un aumento di $8,5 miliardi a Medicare per rendere più disponibili le consultazioni gratuite. Il governo si è inoltre impegnato a ridurre del 20% i debiti universitari. Nel bilancio presentato poco prima dell’inizio della campagna, l’amministrazione laburista aveva inoltre annunciato alcuni tagli alle imposte sul reddito.
Come già anticipato, in un contesto segnato dalla crescente insoddisfazione pubblica per il calo del tasso di proprietà delle case e l’aumento degli affitti – fenomeni che hanno colpito soprattutto i giovani – il problema degli alloggi è stato uno dei temi principali della campagna. Su questo fronte i due partiti hanno offerto soluzioni diverse. Le politiche del governo di Albanese comprendevano un programma che consentiva agli acquirenti della prima casa di aprire un mutuo con un acconto del 5%, affiancato da un investimento di $10 miliardi destinato alla costruzione di abitazioni per la vendita. La proposta di maggior rilievo della Coalizione è stata invece la deducibilità fiscale degli interessi pagati dagli acquirenti di prime case che costruiscono una nuova abitazione nei primi cinque anni di mutuo. Entrambi i partiti sono stati criticati per le proposte, in quanto avrebbero potuto aumentare il prezzo degli immobili. Tuttavia, le politiche dei laburisti sono state recepite in maniera più positiva per la loro attenzione all’incremento dell’offerta. Le politiche abitative rimangono una delle questioni più importanti per il loro impatto sull’equità intergenerazionale e per il posto che la casa di proprietà occupa nell’immaginario collettivo nazionale del cosiddetto “sogno australiano”.
Una questione su cui la Coalizione ha indubbiamente mostrato una certa audacia è stata quella energetica, che ruotava attorno alla proposta di costruire sette centrali nucleari, per un costo totale stimato di $331 miliardi, entro il 2050.1 Nel frattempo, la proposta prevedeva anche un prolungamento della vita delle centrali a carbone, investimenti nelle infrastrutture per il gas e una misura che avrebbe richiesto ai produttori di gas di riservare una parte del gas al mercato nazionale per mantenere i prezzi bassi. Mentre il piano per aumentare la riserva di gas ha suscitato apprezzamenti, la politica nucleare non ha avuto successo. Il governo laburista ha infatti bollato questa proposta come costosa e impraticabile e non sono emersi segnali di un grande sostegno da parte degli elettori per il progetto. Il governo Albanese, nel frattempo, è rimasto fedele all’impegno di ridurre le emissioni al 43% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030 – in linea con l’impegno assunto con l’Accordo sul clima di Parigi prima delle elezioni del 2022. Tuttavia, i critici hanno sottolineato che il governo ha approvato nuovi progetti per il carbone e il gas durante il suo primo mandato e che le riduzioni annuali delle emissioni non sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi legislativi di decarbonizzazione. Inoltre, tra i partiti dell’opposizione permane una tendenza al negazionismo del cambiamento climatico che è dannosa dal punto di vista elettorale nelle aree metropolitane, avvantaggiando così i laburisti, i verdi e gli indipendenti.
Le questioni regionali e internazionali
Le questioni di politica estera non sono salite alla ribalta durante la campagna elettorale. Infatti, le elezioni australiane tendono a essere dominate dalle preoccupazioni interne, con occasionali eccezioni, in base al contesto internazionale. Nella campagna del 2022 si era assistito a un’importante controversia sulla decisione delle Isole Salomone di firmare un accordo di sicurezza con la Cina. All’inizio della campagna elettorale per il 2025, invece, il portale su temi di difesa Janes ha pubblicato una notizia secondo cui la Russia avrebbe chiesto al governo indonesiano di stabilire una base per aerei a lungo raggio a Papua, allertando dunque l’Australia e gli stati insulari vicini.2 L’opposizione ha cercato di sfruttare la questione così come i laburisti avevano fatto con l’accordo di sicurezza sulle Isole Salomone nel 2022. Tuttavia, la vicenda è sfumata quando il governo indonesiano ha respinto la notizia e ha assicurato al ministro della Difesa australiano, Richard Marles, che nessun aereo russo sarebbe stato operativo al di fuori dell’Indonesia.
Inoltre, l’ombra della presidenza Trump è calata sulla campagna elettorale. Nessuno dei due partiti principali ha voluto avviare grande dibattito sul futuro dell’alleanza con gli Stati Uniti o sull’accordo di sicurezza Aukus (partenariato tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, annunciato nel 2021), che è diventato più controverso tra gli elettori nel corso del primo governo Albanese. D’altra parte, ogni leader dei maggiori partiti ha voluto presentarsi come il candidato più adatto a difendere gli interessi dell’Australia nei confronti dell’amministrazione statunitense. Dutton non è riuscito a convincere molti che avrebbe potuto limitare i danni dei dazi di Trump; inoltre, è stato criticato per la promessa di aumentare la spesa militare di $21 miliardi nei prossimi cinque anni, senza chiarire ulteriormente come sarebbe stato usato quel denaro.
Nel complesso, Albanese e i laburisti sono stati in grado di proiettare un’immagine più centrista, moderata e misurata – particolarmente efficace in un mondo turbolento. Nel suo discorso di vittoria la sera delle elezioni, Albanese aveva indubbiamente in mente Trump e gli Usa – pur senza menzionarli – quando ha detto: “Il nostro governo sceglierà la via australiana, perché siamo orgogliosi di chi siamo e di tutto ciò che abbiamo costruito insieme in questo paese. Non abbiamo bisogno di elemosinare, prendere in prestito o copiare da nessun altro. Non cerchiamo ispirazione all’estero”.3 Albanese, tuttavia, ha espresso una posizione abbastanza ambivalente su Trump e gli Stati Uniti, come ha sostenuto il commentatore James Curran, presentando il suo governo come una “polizza assicurativa” contro le potenziali conseguenze destabilizzanti del secondo mandato Trump, pur affermando che intende continuare a sviluppare l’alleanza con Washington, anche attraverso il suo impegno nell’accordo di sicurezza Aukus.4
Alla luce delle incertezze scatenate dalla presidenza Trump e in seguito alle elezioni, l’Australia potrebbe decidere di porre maggiore enfasi sulle relazioni di sicurezza con l’Europa. Infatti, dopo aver partecipato a una riunione telefonica con altri leader mondiali a metà marzo, Albanese aveva già suggerito che l’Australia potrebbe impegnarsi con un piccolo contributo per una futura forza di pace in Ucraina. È interessante notare che Dutton si è opposto a questa idea, anche se ha ribadito il sostegno del suo partito all’Ucraina. A questo riguardo, la dott.ssa Anne McNaughton, direttrice del Centro di studi europei dell’Australian National University, ritiene che “l’elezione sia di buon auspicio ma non una garanzia” di un miglioramento delle relazioni tra Australia ed Europa. Le implicazioni sembrerebbero quindi positive per sbloccare anche lo stallo dei negoziati di libero scambio: il senatore Don Farrell, riconfermato ministro del Commercio e del Turismo, ha parlato positivamente di un nuovo impegno australiano su questo tema in occasione della giornata dell’Europa tenutasi a Canberra poco dopo le elezioni. In definitiva, l’ampiezza della maggioranza parlamentare, unita alla percezione dell’Europa come partner stabile e affidabile in un’epoca di instabilità globale, potrebbero offrire al governo rieletto il margine di manovra necessario per portare avanti l’accordo di libero scambio.
Tornando invece al contesto regionale, il governo Albanese porterà avanti le relazioni commerciali con la Cina, e a collaborerà contemporaneamente con i vicini dell’Indo-Pacifico in materia di sicurezza, sviluppo e cambiamento climatico. Con questi paesi cercherà inoltre, seppur in maniera non invasiva, di fungere da contrappeso all’influenza cinese. È probabile che gli stati insulari del Pacifico accolgano con favore il ritorno di un governo Albanese che, pur avendo deluso nel suo primo mandato sul fronte dell’azione climatica, rappresenta per loro un interlocutore più ricettivo rispetto a un governo della Coalizione. Con il taglio statunitense degli aiuti internazionali, l’Australia diventa il principale donatore della regione e, dato che la Coalizione aveva tagliato gli aiuti durante il suo ultimo mandato, un governo laburista potrebbe essere considerato preferibile anche su questo tema. Non a caso, il primo ministro della Papua Nuova Guinea, James Marape, ha salutato la rielezione del governo con notevole calore, così come il ministro degli Esteri della Papua Nuova Guinea aveva espresso la sua preferenza per i laburisti.5
La campagna elettorale
Molti osservatori hanno elogiato la campagna del partito laburista, guidato dal segretario nazionale del partito Paul Erickson, che si era già fatto notare anche per la vittoria del 2022. Se nel 2022 Albanese aveva vacillato all’inizio della campagna – mostrandosi incapace di ricordare le statistiche relative alla disoccupazione e ai tassi di interesse – nel 2025 ha condotto invece una campagna quasi impeccabile. Albanese ha partecipato a quattro dibattiti formali in cui ha sempre fatto complessivamente meglio del suo avversario.
Al contrario, la campagna di Dutton è stata ampiamente criticata. Le motivazioni principali sono state i “dietrofront” sui tagli al servizio pubblico e sulla politica del lavoro da remoto – quest’ultima in risposta all’impopolarità della politica della Coalizione presso gli elettori femminili. A questi si sono aggiunti errori comunicativi come la singolare osservazione di Dutton in un’intervista radiofonica sulla sua intenzione di vivere a Kirribilli House a Sydney piuttosto che nella residenza ufficiale del primo ministro, la “Lodge”, a Canberra. Lo sforzo della Coalizione di capitalizzare sul malcontento per il costo della vita è stato compromesso quando Dutton ha spostato la sua attenzione su questioni appartenenti alle “guerre culturali”. Tra queste, la proposta di indire un referendum che permetta al governo di espellere individui con doppia cittadinanza che abbiano condanne penali – annunciata già prima dell’inizio della campagna elettorale – e le critiche all’“indottrinamento” dei bambini nelle scuole e alle cerimonie indigene di benvenuto nel paese. Nel complesso, la sua campagna ha dato l’impressione di una mancanza di preparazione politica sui tre anni precedenti, e, soprattutto, dell’assenza di una strategia per ottenere supporto dai gruppi lasciati fuori dalla base elettorale della Coalizione, come le donne e i giovani.
Il risultato elettorale
Al termine delle elezioni, la Commissione elettorale australiana (Aec) e l’Australian broadcasting corporation (Abc) hanno attribuito al Partito laburista australiano 93 seggi su 150 della Camera dei rappresentanti. Dall’allargamento del parlamento nel 1984, una performance superiore è stata registrata solo dai 94 seggi conquistati dalla Coalizione liberale-nazionale di John Howard alle elezioni del 1996. Tuttavia, l’Alp potrebbe almeno eguagliare questo risultato una volta che tutti i voti saranno stati contati. Seguono poi la Coalizione con 42 seggi, nove “indipendenti”, e un solo membro per i Verdi – in calo rispetto ai quattro seggi delle elezioni del 2022 -, uno per l’Alleanza di centro e uno per il Partito australiano di Bob Katter. Due leader di partito, Adam Bandt dei Verdi e Peter Dutton dei liberali, hanno perso i loro seggi. Mentre era già successo che dei primi ministri perdessero i loro seggi alle elezioni generali, questa è stata la prima volta che un leader dell’opposizione ha subito questa sorte. In base al sistema di voto preferenziale (voto alternativo) utilizzato per la Camera, il Partito laburista ha ottenuto una quota di two-party preferred vote pari al 54,8%, contro il 45,2% della Coalizione. Tale percentuale rappresenta una delle più alte registrate nella storia dell’Australia federale, superata solo dal 56,9% e dal 55,7% della Coalizione rispettivamente nel 1966 e 1975.6 Nel quadro delle elezioni federali del 2025, l’Alp emerge come forza dominante delle aree metropolitane dell’Australia. Gli indipendenti soprannominati “teals”7 hanno messo in difficoltà i rivali del partito in diversi seggi, ma in termini di numeri alla Camera hanno perso terreno in termini di rappresentanza parlamentare. Tale flessione è da attribuire alla ridistribuzione dei seggi di Sydney prima delle elezioni e alla probabile perdita del seggio di Goldstein a Melbourne a favore del precedente esponente liberale, Tim Wilson. Per quanto riguarda la Camera dei rappresentanti, i liberali non hanno alcun seggio nella capitale dello stato dell’Australia meridionale, Adelaide, e non hanno alcun seggio nell’isola di Tasmania. A Perth, nell’Australia occidentale, detengono solo un seggio nella frangia periferica della capitale. A parte Goldstein e i seggi nella frangia periferica di Melbourne, non hanno rappresentanza in quella città. Anche a Brisbane si sono registrate perdite per i liberali e guadagni per i laburisti (sia da parte dei liberali che dei verdi), mentre i laburisti hanno conquistato il seggio di Leichhardt, nel Far North Queensland, grazie al ritiro di un membro liberale di lunga data. I laburisti continuano a ottenere buoni risultati a Sydney, aggiungendo altri due seggi dal 2022. Il partito dei Nationals ha invece mantenuto il proprio radicamento nell’Australia rurale, suo principale bacino elettorale, ma un membro che aveva disertato il partito per la sua opposizione alla voce indigena in parlamento.
Fig. 8 – Risultati delle elezioni federali australiane alla Camera dei rappresentanti (2025)
Conclusioni
Per molti aspetti, le elezioni australiane sono sembrate replicare alcuni degli schemi stabiliti nelle recenti elezioni canadesi, con alcune estremizzazioni. Il governo di centro-sinistra, che aveva ottenuto scarsi risultati nei sondaggi, ha beneficiato dell’“effetto Trump” per ottenere la rielezione. I cittadini che stavano valutando la possibilità di un cambio di governo sembrano infatti essersi rivolti al partito in carica percepito come un porto sicuro in un mare turbolento, piuttosto che premiare un partito di centro-destra vicino al populismo di stampo trumpiano.
Se è vero però che il recupero del governo Albanese nei sondaggi di opinione ha coinciso con l’arrivo di Trump alla presidenza, bisogna ricordare anche che il fallimento della Coalizione è dovuto a ragioni interne. Dutton ha commesso un grave errore alla vigilia della campagna elettorale quando, mentre un ciclone si abbatteva sul Queensland, il suo Stato natale, ha scelto di partecipare a una raccolta fondi del partito a Sydney. Come già suggerito, a questo episodio si è poi aggiunta una campagna elettorale scadente, con diversi sondaggi di opinione che hanno indicato un rapido allontanamento degli elettori dalla Coalizione. La mancanza di strategia e di visione politica contribuisce a spiegare il fallimento della coalizione, ma l’’effetto Trump, tuttavia, ha probabilmente
giocato un ruolo. I sondaggi di Q+A/YouGov riportati a fine marzo indicavano che tra il giugno 2024 e l’aprile 2025, la percentuale di intervistati che affermava che l’Australia non poteva contare sugli Stati Uniti per la sicurezza era cresciuta dal 39% al 66%. Albanese è stato giudicato più capace di gestire le relazioni con Washington (55% delle preferenze contro il 45%di Dutton).8
Il governo Albanese dovrebbe continuare a seguire, in politica estera e di sicurezza, la linea generale del suo primo mandato, nonostante le incertezze del contesto internazionale. Si impegnerà quindi nello sviluppo delle relazioni economiche con la Cina e cercherà di tenersi lontano da eventuali controversie economiche tra Pechino e Washington, mentre farà del proprio meglio per trovare un equilibrio nei rapporti con le due potenze. Continuerà, inoltre, a considerare gli Usa come il suo principale partner per la sicurezza e procederà con l’attuazione dell’Aukus, cercando al contempo di sviluppare le proprie capacità industriali e di difesa. Inoltre, è possibile che si muova verso una velocizzazione di un accordo di libero scambio con l’Unione Europea. Infine, l’Australia continuerà a impegnarsi nella regione indo-pacifica nel tentativo di presentarsi come un contrappeso all’influenza cinese nel suo vicinato, pur senza generare eccessivo allarme diplomatico o pubblico per il potenziale di minaccia che ne deriva.9
Una vittoria elettorale così ampia comporta anche nuove sfide per i vincitori. Tra queste la gestione delle aspettative all’interno del partito: con molti candidati idonei per una promozione nel partito, le ambizioni di molti saranno inevitabilmente disattese. I laburisti hanno già vissuto l’esperienza di faziosità e malumori in fase di composizione dei ministeri, con due membri del Consiglio – il procuratore generale Mark Dreyfus e il ministro per l’Industria e la Scienza Ed Husic – che hanno finito per perdere il loro posto. Una vittoria così ampia suscita anche delle aspettative nei cittadini e nei gruppi d’interesse riguardo quanto i laburisti riusciranno a ottenere in termini di risultati concreti in questo secondo mandato. È improbabile che Albanese e il governo mettano da parte la loro linea di cautela, specialmente di fronte all’incertezza dello scacchiere internazionale, ad un’economia che cresce a rilento (+1,3% nel 2024), ad un rallentamento della produttività e alla stagnazione dei patrimoni familiari. Il successo o meno nel dedicarsi a questi problemi – oltre all’impegno sull’assistenza all’infanzia, la salute e il problema abitativo – determinerà il futuro del prossimo governo. Il buffer dato dagli indipendenti e la profonda crisi del centro-destra, tuttavia, potranno comunque offrire loro almeno altri sei anni al governo.
1 A. Macdonald-Smith, “Dutton’s nuclear costings underpinned by ‘distorted numbers’”, Australian Financial Review, 13 dicembre 2024.
2 R. Rahmat, “Indonesia mulls options after Russia seeks access to air force base”, Janes, 14 aprile 2025. Per maggiori informazioni sull’accordo di sicurezza del 2022 tra Cina e Isole Salomone si veda il capitolo 2.3.
3 K. Barlow, “Albanese wins second term as Coalition loses leader”, The Saturday Paper, 3-9 maggio 2025.
4 J. Curran, “Trump’s Shadow is all over this election”, Australian Financial Review, 21 aprilel 2025; D. Flitton, “Australia’s election: After branding his opponents Trump-like, Albanese now needs to work with the US President”, The Interpreter, 4 maggio 2025.
5 Isabelle Zhu-Maguire, “What the Pacific sees at stake in the Australian election”, The Interpreter, 1 maggio 2025.
6 Commissione elettorale australiana, ultimo accesso effettuato il 15 maggio 2025.
7 I “teals” sono candidate indipendenti che nel 2022, con una campagna finanziata principalmente dall’organizzazione “Climate 200”, hanno sconfitto alcuni candidati liberali in roccaforti storicamente appartenute al partito della Coalizione. Cfr. P. Leslie, “The parliamentary voting behaviour of ‘teal’ independent MPs”, Australian Journal of Political Science, 28 aprile 2025.
8 Jason Whittaker, “US independence day? Poll shows Australians’ radical shift over Trump, economy”, ABC News, 27 April 2025.
9 ‘Not so Lucky’, The Economist, 10 May 2025, p. 18.
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