In un momento storico in cui la digitalizzazione rappresenta una leva cruciale per la competitività e la resilienza dei sistemi economici, l’Italia si trova di fronte a una doppia sfida: da un lato colmare il gap infrastrutturale, culturale e normativo che la separa dai Paesi più avanzati, dall’altro cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, dall’intelligenza artificiale all’identità digitale, per costruire un futuro più inclusivo, efficiente e sicuro.
In questo contesto complesso e in continua evoluzione, Intesa ( a Kyndryl company) si posiziona come attore strategico nell’abilitazione di ecosistemi digitali affidabili, al servizio di imprese, istituzioni e cittadini. Forte di un’esperienza consolidata nei servizi fiduciari e in progetti di trasformazione digitale, l’azienda affronta le sfide dell’innovazione non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche culturale, normativo e organizzativo.
Arena Digitale intervista Giuseppe Mariani, general manager di Intesa (a Kyndryl company).
Secondo il vostro punto di vista, quali sono le difficoltà della digitalizzazione delle imprese e dei cittadini italiani: è una questione di infrastrutture, di competenze, di mentalità o c’è dell’altro?
La digitalizzazione non è mai una semplice questione tecnologica: è una trasformazione profonda che attraversa infrastrutture, competenze, cultura organizzativa e mentalità. In Italia, questa transizione si scontra ancora con alcune barriere sistemiche. Secondo il DESI, l’Italia continua a occupare le ultime posizioni nella classifica europea per competenze digitali di base: circa il 46% della popolazione adulta non possiede competenze digitali sufficienti, e oltre il 40% delle PMI faticano ad adottare strumenti digitali in modo strategico.
Tuttavia i limiti non sono solo tecnici. Uno degli ostacoli principali è legato alla capacità, spesso limitata, di interpretare il cambiamento digitale come processo continuo e strategico. Per innovare non basta investire in tecnologie all’avanguardia. L’innovazione, infatti, richiede una cultura della sperimentazione, un’organizzazione capace di apprendere rapidamente e una leadership che sappia creare le condizioni per il cambiamento. A ogni modo, troppe organizzazioni considerano ancora la digitalizzazione come una risposta puntuale a un’esigenza contingente, anziché un’evoluzione strutturale.
È in questo scenario complesso che noi di Intesa ci posizioniamo, consapevoli che per guidare il cambiamento occorre prima viverlo. Abbiamo trasformato i nostri processi interni, adottando metodologie agili e strumenti scalabili, proprio per rendere la trasformazione parte integrante del nostro modo di lavorare. Il nostro approccio è fortemente collaborativo: ogni progetto nasce dall’ascolto, dalla comprensione delle specificità culturali e operative del cliente, e dalla co-progettazione di soluzioni digitali in grado di armonizzare tecnologia, normative e persone.
Dal vostro punto di vista, quanto è importante la fiducia nella stabilità dell’economia digitale e come operate in tal senso?
Per sua natura, l’economia digitale è in costante evoluzione. Nuove tecnologie, nuovi modelli di business e nuove minacce rendono l’ambiente digitale dinamico e spesso imprevedibile.
In un ecosistema sempre più interconnesso e guidato dai dati, ogni scambio digitale, dal login a un portale fino alla firma di un contratto o al pagamento elettronico, si basa sulla certezza che le controparti siano affidabili, che i sistemi siano sicuri e che i dati siano protetti. Se viene meno questo presupposto, si inceppa l’intero meccanismo.
Intesa opera proprio in questa direzione: costruiamo fiducia attraverso l’affidabilità, la conformità e la trasparenza. In qualità di Qualified Trust Service Provider offriamo servizi fiduciari qualificati, come firma digitale, marca temporale e identità elettronica, che rappresentano le fondamenta della digitalizzazione sicura. I nostri servizi sono progettati su infrastrutture robuste, aggiornate e conformi alle normative più avanzate, e guidati da un approccio etico e responsabile. Oltre alla tecnologia e alla compliance, riteniamo che la fiducia si costruisca anche nel tempo, attraverso relazioni solide. Per questo lavoriamo da anni con partner strategici con cui condividiamo visione, obiettivi e responsabilità. Queste collaborazioni di lungo periodo non solo rafforzano la stabilità operativa, ma creano un ecosistema coeso, in grado di rispondere in modo coordinato e affidabile alle nuove sfide digitali.
In un Paese come l’Italia, essere una compagnia che opera in vari aspetti della digitalizzazione, è un vantaggio o amplifica le difficoltà?
L’Italia, per la complessità del suo impianto normativo e la frammentazione dei suoi attori economici, è uno dei contesti digitali più sfidanti d’Europa. Secondo il report annuale della Commissione europea, è tra i Paesi più regolamentati in ambito digitale e privacy. Questo comporta oneri elevati per le aziende che vogliono innovare. Tuttavia, offre anche un’opportunità straordinaria per sviluppare soluzioni avanzate, sostenibili e replicabili in altri contesti europei.
Operare in un ecosistema così articolato richiede una visione più ampia, integrata e lungimirante del cambiamento digitale. Significa pensare in termini di sistema, non di singoli progetti, ed essere pronti ad anticipare regolamentazioni, trend tecnologici e nuovi bisogni.
Per questo affrontiamo la trasformazione digitale come un sistema interconnesso in cui tecnologia, normativa, sicurezza e user experience devono dialogare in modo armonico. Partecipiamo attivamente ai principali tavoli istituzionali e consorzi internazionali. Inoltre, siamo parte dei principali osservatori universitari (come ad esmepio l’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano) per contribuire alla definizione degli standard di domani. Oggi, infatti, non possiamo più considerare l’Italia un contesto a sé stante: la trasformazione digitale è una questione europea.
Quanto sarà importante e disruptive l’Intelligenza Artificiale? Cosa cambierà nella vita e nel lavoro?
L’intelligenza artificiale non è una tecnologia del futuro, ma una realtà che sta già modificando in profondità i nostri comportamenti, le modalità con cui accediamo alle informazioni, prendiamo decisioni, costruiamo relazioni e proprio per questo va affrontata con consapevolezza, visione e senso di responsabilità.
In ambito lavorativo, cambieranno profondamente ruoli e competenze: le attività più ripetitive verranno automatizzate, liberando tempo e risorse per compiti a più alto valore aggiunto. Ma questo non significa “fare meno”, significa fare meglio e in modo diverso.
In Europa, la Commissione stima che l’adozione diffusa dell’IA possa aumentare la produttività delle imprese fino al 20%. Attualmente però, solo il 38,2% delle aziende italiane ha avviato percorsi concreti di implementazione o sperimentazione dell’IA. Le principali barriere all’adozione includono difficoltà organizzative, livello ancora sperimentale delle tecnologie e mancanza di competenze interne.
L’IA deve diventare un’alleata dell’ingegno umano, non un suo sostituto. E questo richiede cultura, governance e una solida infrastruttura tecnologica.
Al tempo stesso, non possiamo ignorare le minacce potenziali legate all’adozione dell’IA: dal rischio di bias algoritmici alla perdita di controllo sui dati. Pensiamo, ad esempio, al fenomeno dei deepfake, contenuti audio o video generati artificialmente per manipolare la realtà, con potenziali effetti devastanti sulla reputazione di individui, aziende o istituzioni. Sono aspetti che richiedono un’attenzione costante, regolamentazione trasparente e un forte investimento in educazione digitale per cittadini e imprese.
Proprio in questo senso l’Europa sta tracciando un percorso importante con l’AI Act entrato in vigore il 10 agosto 2024, stabilendo norme armonizzate per garantire lo sviluppo e l’utilizzo di sistemi di IA affidabili e sicuri in tutta Europa.
L’IA è già ampiamente utilizzata nei nostri progetti. Però, crediamo che il vero punto di svolta non sia tanto l’intelligenza artificiale in sé, ma il modo in cui scegliamo di integrarla nei modelli organizzativi, nei prodotti e nei servizi. L’intelligenza artificiale è quindi un potente alleato per aumentare l’efficienza e la sicurezza, ma perché sia davvero disruptive in senso positivo deve essere guidata da senso critico, visione e responsabilità.
Con l’imminenza della normativa eIDAS 2 e l’arrivo dell’EUDI Wallet, in che modo ritenete che cambierà l’identificazione di cittadini e imprese? Come vi state muovendo in tal senso?
L’adozione della normativa eIDAS 2.0 e l’introduzione dell’EUDI Wallet rappresentano un cambiamento di paradigma nella gestione dell’identità digitale in Europa. L’obiettivo è chiaro: garantire a cittadini e imprese un’identità digitale interoperabile, sicura e pienamente riconosciuta in tutti gli Stati membri, facilitando l’accesso a servizi digitali pubblici e privati con un’unica soluzione.
Stiamo affrontando questa trasformazione con un approccio proattivo, strutturato e profondamente collaborativo. La nostra esperienza nei servizi fiduciari digitali ci ha insegnato che l’innovazione più solida nasce dal dialogo tra tecnologia, normativa e bisogni reali.
Per questo non ci limitiamo a osservare l’evoluzione di eIDAS 2.0: siamo direttamente coinvolti nei tavoli europei che stanno costruendo il futuro dell’identità digitale. Sediamo infatti ai tavoli del consorzio Potential, uno dei più importanti progetti pilota per la sperimentazione e l’implementazione dell’EUDI Wallet, collaborando con istituzioni, partner tecnologici e stakeholder per sviluppare soluzioni interoperabili, sicure e facili da usare.
Abbiamo già sviluppato la nostra piattaforma Intesa ID, pensata per integrarsi perfettamente con l’EUDI Wallet e offrire esperienze di identificazione digitale semplici, sicure e conformi alle normative europee più avanzate.
Un altro capitolo importante sarà rappresentato dall’European Business Wallet, pensato per le persone giuridiche, che consentirà alle aziende di gestire identità legali, deleghe e credenziali professionali in modo efficiente e sicuro. In un mercato unico digitale, questo strumento sarà determinante per velocizzare le operazioni, garantire trasparenza e favorire nuove forme di collaborazione tra imprese.
In questa fase di transizione, il nostro impegno è duplice: da un lato, supportare l’adozione dell’identità digitale europea in modo accessibile e sicuro per tutti; dall’altro, abilitare nuovi modelli di business basati sulla fiducia digitale, ponendo le basi per un’economia realmente connessa e inclusiva.
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