di ANTONIO GOZZI
In economia le aspettative e la fiducia sono elementi essenziali. Gli imprenditori, i consumatori, le istituzioni finanziarie prendono le loro decisioni di investimento, produzione, risparmio e consumo anche sulla base del sentiment e cioè dell’atmosfera e di quello che sentono circolare nell’aria, oltre che delle più accurate previsioni sfornate da analisti e centri di ricerca.
Pessimismo e negatività spesso si auto-avverano, danneggiando seriamente l’andamento del PIL, dell’occupazione ecc.
In sistemi politici sempre più polarizzati vi è il rischio che anche lo stato dell’economia, anziché essere letto con oggettività nelle sue luci e nelle sue ombre, venga utilizzato come strumento di propaganda e polemica.
È ciò che sta avvenendo oggi in Italia, dove la rappresentazione che le opposizioni danno dell’economia del nostro Paese è sovente distorta e non rispondente al vero. È questo, d’altro canto, un vecchio vizio della sinistra comunista che nel passato aveva persino usato un detto: “tanto peggio tanto meglio”, che accompagnava l’opposizione dura e senza paura ai Governi centristi e di centrosinistra della Prima Repubblica o ai Governi Berlusconi della seconda.
Ma anche le forze di maggioranza spesso sono carenti in termini di narrazione positiva del nostro Paese.
La visione negativa dell’Italia viene rilanciata poi da molti dei mass media, che sovente amplificano i problemi e non parlano delle tante positività dell’economia nazionale. La lettura che ad esempio molti giornali hanno dato delle comunicazioni all’Assemblea di Banca d’Italia del Governatore Panetta rispecchia questa inclinazione. Il Governatore non ha taciuto i problemi ma ha dato dell’economia italiana un’immagine sostanzialmente positiva. Questa immagina positiva è emersa a stento nelle cronache giornalistiche.
Per molto tempo, poi, vi sono stati vasti settori delle élite culturali, economiche e perfino industriali del nostro Paese che per esterofilia hanno denigrato l’Italia e la sua capacità di farcela.
A questo pessimismo, spesso strumentale, sui destini dell’Italia e della sua economia, bisogna risolutamente opporsi non solo per spirito patriottico, ma soprattutto per amore di verità. I problemi certo non mancano, e sono collegati soprattutto, come ha detto Panetta, a vicende europee e all’incapacità della UE, fino ad oggi, di fare politiche industriali vere. Ma questi problemi si risolvono soltanto in un quadro di valorizzazione e sostegno della nostra economia, che nel panorama europeo è certamente quella che si presenta meglio.
Al riguardo vorrei commentare per ‘Piazza Levante’ i risultati di un’analisi approfondita fatta dal Centro Studi di Confindustria i cui risultati ribaltano completamente la visione pessimistica dell’Italia e della sua economia e, al contrario, valorizzano il ruolo e la prospettiva del nostro Paese. Lo studio si intitola “Unveiling Italy’s Economic Potential, A Perspective on a Dynamic and Resilient Economy” (L’inaspettato potenziale economico dell’Italia, una prospettiva su un’economia dinamica e resiliente).
È scritto in inglese perché è stato presentato a tutte le principali agenzie internazionali di rating che lo hanno molto apprezzato arrivando, come nel caso di Standard and Poor’s, a migliorare il ratingsull’Italia.
Vediamo alcuni elementi essenziali dello studio.
Crescita del PIL: l’Italia è stata per molto tempo la Cenerentola della crescita in Europa ma nell’ultimo periodo, 2018-2023, ha superato per crescita la Germania, il Regno Unito, la Francia e il Giappone, con una crescita media dell’1% all’anno. Anche la crescita del Reddito pro-capite nel periodo considerato (2019-2023 ) ha visto l’Italia con il + 1,3% all’anno, seconda solo agli USA (+1,9%) ma avanti di molto a tutti gli altri Paesi europei.
Crescita degli Investimenti produttivi: nel periodo tra il 2018 e il 2023 l’Italia ha visto una importante crescita degli investimenti più alta di quella registrata in tutti gli altri maggiori Paesi europei. In questo periodo infatti gli investimenti produttivi dell’Italia sono cresciuti del +17,8% contro un +6% della Francia, e un -4,5% della Germania. Questa esplosione degli investimenti si deve alla misura adottata dal Governo Renzi e chiamata “Industria 4.0”, che ha funzionato benissimo e ha incentivato significativamente gli investimenti in impianti, macchinari, tecnologie.
Esportazioni e commercio internazionale: l’Italia si è confermata negli ultimi anni come il quarto Paese più esportatore del mondo. Nel 2023 su un fatturato della manifattura italiana pari a 1200 miliardi di euro ne sono stati esportati più di 630 miliardi (pari al 52,5% del totale). In assenza di quelle che un tempo si chiamavano “svalutazioni competitive” della Lira, non più consentite dall’esistenza dell’Euro, questi numeri mostrano un vantaggio competitivo formidabile della nostra industria. Ma quali sono le sorgenti di questo vantaggio competitivo? La grande diversificazione della nostra manifattura articolata su molti settori di eccellenza (meccanica e meccatronica, farmaceutico, agro-alimentare, sistema moda, legno arredo ecc); l’alta qualità del Made in Italy, richiestissimo in tutto il mondo; l’alta produttività delle nostre imprese industriali, che nelle classi tra i 10 e i 50 addetti e in quella tra i 50 e i 250 è la più alta di tutta Europa, e che nella classe dai 250 addetti in su è seconda solo alla Germania; l’estrema flessibilità delle nostre imprese prevalentemente pmi a controllo famigliare; un’innovazione di prodotti e processi continua e incrementale, che spesso non viene evidenziata nelle spese di R&S.
Sostenibilità ambientale dell’economia italiana: il settore industriale manifatturiero italiano (la seconda industria d’Europa) ha emissioni di CO2 più basse del 5,1% rispetto alla media di emissione dell’industria europea. Inoltre tra il 2013 e il 2023 vi sono stati investimenti ingentissimi in energie rinnovabili (si parla di oltre 200 miliardi di euro di incentivi all’orizzonte del 2030). Inoltre l’Italia è il primo Paese europeo per economia circolare in termini di valore aggiunto e addetti.
Capitalizzazione delle imprese: a partire dalla crisi finanziaria del 2007-2008 le imprese italiane hanno dato vita a un processo di progressivo rafforzamento finanziario e patrimoniale. La capitalizzazione delle imprese italiane raggiunge nel 2022 il 47,3% del totale delle fonti finanziarie, si allinea a quella delle imprese tedesche e spagnole ed è superiore a quella delle imprese francesi. Ciò ha consentito di diminuire i debiti delle imprese italiane verso le banche dal 53,9% sul totale del capitale investito del 2011 al 27,4% del 2024. Ciò significa che le imprese italiane nel periodo che va dal 2011 al 2024 hanno praticamente dimezzato i loro debiti.
Mercato del lavoro: il Governatore della Banca d’Italia Panetta dedica una parte rilevante della sua relazione annuale al mercato del lavoro, sottolineandone la performance straordinaria degli ultimi anni. Contrariamente a quanto sostengono CGIL e i promotori dei referendum l’occupazione in Italia è continuata ad aumentare raggiungendo un record storico di occupati, soprattutto nella parte rappresentata dai contratti a tempo indeterminato; e ciò che colpisce in particolare è che nel 2024, nonostante il rallentamento dell’economia e dell’industria, l’occupazione (sempre a tempo indeterminato) ha continuato a crescere. Landini dice che è cresciuto solamente il lavoro precario, ma questo è un falso smentito dalla relazione di Panetta. Scrive infatti Bankitalia: “La crescita dell’occupazione è stata trainata dal lavoro dipendente a tempo indeterminato, a fronte di un calo di quello a termine, che risente maggiormente del ciclo economico.” Sempre i promotori dei referendum sostengono che il Jobs Act ha indebolito i contratti e reso più semplici e convenienti i licenziamenti e reso i giovani più precari. Un altro falso: scrive sempre Bankitalia “ Secondo i dati dell’INPS la crescita dei contratti a tempo indeterminato è stata favorita anche dal basso tasso di licenziamenti e dall’alto numero di trasformazioni dei contratti temporanei in essere. Si sono invece ridotte le assunzioni a termine per i giovani. Sempre con riferimento ai giovani la disoccupazione nel 2024 è scesa al 6,5% il valore più basso degli ultimi 17 anni”. E la disoccupazione giovanile nei primi mesi del 2025 è ancora in calo, oggi siamo al 6%. “Il numero degli occupati ha ricominciato a crescere in maniera decisa beneficiando degli investimenti connessi con il Pnrr. La crescita dell’occupazione è proseguita tra i più anziani ed è ripresa tra i giovani”. Avete letto sui giornali queste considerazioni positive del Governatore? Francamente molto poco.
Naturalmente restano tanti problemi da affrontare: la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, il livello dei salari, il consistente flusso di emigrazione di giovani laureati, l’insufficiente flusso di immigrati qualificati anche per compensare il declino demografico ecc. Ma presentare tutto come una tragedia è una menzogna formidabile.
Attrattività per gli investimenti esteri: in un quadro europeo da questo punto di vista drammatico, perché sono dieci anni che gli investimenti esteri calano nell’Unione europea – a dimostrazione del fatto che il nostro continente non viene percepito come un posto buono in cui investire – l’Italia, in totale controtendenza, ha chiuso il 2024 con un aumento del 5% negli investimenti diretti esteri. La Francia, al contrario, nello stesso periodo, ha registrato un crollo del 14 %. Stiamo parlando del termometro che misura l’attrattività industriale, tecnologica e strategica di un paese. L’Italia ha battuto la Francia, è riuscita a non crollare quando in Europa tutto crollava, e ad attirare capitali mentre i grandi Paesi europei non erano più in grado di farlo. I pessimisti continuano a considerare l’Italia un Paese in declino mentre fuori dai confini c’è chi guarda al nostro sistema con interesse crescente.
Efficacia delle riforme finora fatte:
a) il sistema giudiziario italiano ha sofferto a lungo tempo di importanti inefficienze e disfunzioni ma le recenti riforme, come l’introduzione dei sistemi telematici e digitali, e la semplificazione delle regole procedurali hanno portato a una sostanziale riduzione delle cause pendenti e della durata dei processi. Una più rapida risoluzione delle liti significa meno incertezza per il business e maggiore attrattività del Paese. Nel 2014 c’erano 4.353.122 cause pendenti; nel 2024 si sono ridotte a 2.710.905;
b) le diverse riforme delle pensioni (l’ultima quella della Fornero governo Monti) hanno garantito all’Italia di avere un sistema pensionistico sostenibile e sotto controllo anche in presenza di un progressivo invecchiamento della popolazione che costituisce in prospettiva il maggiore problema. Altri Paesi europei (vedi Francia) che questa riforma non hanno fatto per tempo stanno incontrando gravi problemi sociali e di consenso a introdurla;
c) anche la riforma fiscale in particolare con l’introduzione della fattura elettronica e più in generale della digitalizzazione di tutto il sistema ha condotto a importanti risultati di recupero dell’evasione. Uno degli indici principali per misurare questi miglioramenti è il così detto VAT Compliance gap che misura la differenza tra i potenziali incassi di IVA data l’economia del Paese e quelli effettivamente realizzati. La Commissione Europea calcola che questo indice sia passato in Italia dal 21,6% del 2018 al 10,6% del 2022 con un recupero di evasione di Iva stimato in circa 10 miliardi di euro l’anno e i conseguenti effetti positivi anche in termini di recupero delle imposte dirette.
Sostenibilità del debito pubblico e della finanza pubblica: al riguardo ci sono due elementi fondamentali che hanno condotto al miglioramento del rating dell’Italia e al riconoscimento a Giancarlo Giorgetti della palma di miglior ministro delle Finanze europeo dell’anno. Il primo elemento riguarda la crescita del debito pubblico rispetto al PIL. L’Italia nel periodo 2019-2023 si posiziona al miglior posto nella classifica mondiale con una crescita di questo indice dell’1,2% contro un +4,3% della Germania, un +7,5% della Spagna, un +11,8% della Francia, una media EU del +3,5%, un +15% degli USA. È vero che il nostro debito pubblico era ed è molto alto ma l’indice mostra una capacità significativo di controllo della sua dinamica da parte delle autorità di Governo. Inoltre l’Italia continua ad avere un importante avanzo primario (il saldo attivo del bilancio dello Stato prima del pagamento degli interessi sul debito). Il Fondo Monetario Internazionale prevede che nei prossimi cinque anni (2025-2029) l’avanzo primario italiano rimarrà in media intorno all’1% del PIL, molto più alto di quello della Germania (0,1%) della Spagna (-0,3%) e della Francia (-3,3%), confermando l’impegno del Paese a ridurre con costanza il suo debito pubblico.
L’altro elemento molto importante riguarda i proprietari del debito pubblico italiano. Tra il 2022 e il 2024 c’è stato un importante e positivo cambiamento al riguardo nella composizione dei portatori del debito pubblico italiano, e ciò sotto due punti di vista: si è ridotta significativamente la percentuale di debito pubblico sottoscritta dalle banche, che dopo la crisi finanziaria del 2011-2012 era diventata eccessiva, e si è ridotta la percentuale di debito pubblico in mani straniere che oggi non arriva al 28%, alleggerendo così la dipendenza da investitori esteri.
Stabilità politica: l’Italia marca a partire dal 2018 un miglioramento nella stabilità politica del suo sistema. La banca Mondiale che da un punteggio sulla stabilità politica dei vari Paesi ha aumentato l’indice per l’Italia dallo 0,33 del 2018 allo 0,50 del 2023, piazzando l’indice della stabilità politica del nostro paese molto vicino a quello della Germania (0,59) ma più avanti di quello della Francia (0,34) e della Spagna (0,29). La stabilità politica insieme all’efficacia delle riforme su giustizia e fisco e alla performance del sistema industriale sta alla base dell’attrattività del Paese per gli investimenti esteri.
Questi i dati analizzati approfonditamente dal Centro Studi di Confindustria. A questi dati dovremmo aggiungere quello relativo ai risparmi e alla ricchezza privata degli italiani che sono tra i più importanti d’Europa in relazione al PIL. Si pensi che più dell’80% delle famiglie italiane possiede l’abitazione dove abita e che la ricchezza finanziaria delle famiglie cresce di anno in anno confermando che gli italiani sono grandissimi risparmiatori.
Come si vede è difficile presentare l’Italia come un Paese in declino, chi lo fa o non capisce niente di economia o fa propaganda strumentale per ragioni politiche. Al contrario una narrazione condivisa rappresenterebbe un valore immenso per il futuro dell’Italia e per la sua collocazione nel mondo e, per questo, non bisogna stancarsi mai di richiamare tutti al senso di responsabilità e rispetto verso la Patria e la bandiera.
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