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Frassinetti su scuola, merito e competenze per il rilancio dell’Italia


(Intervista a Sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti pubblicato per l’Economista, inserto de Il Riformista)

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«Troppo spesso in Italia si scambiano i successi delle imprese con l’effetto di strategie di sviluppo che non ci sono state», ha detto Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, nella sua prima relazione da numero uno. Da Bologna ha lanciato l’idea di un Piano industriale straordinario, fondato su investimenti, regole e soprattutto competenze. È su questo terreno – quello della formazione come motore della competitività e della coesione – che si muove anche il lavoro della sottosegretaria all’Istruzione e al Merito Paola Frassinetti. In questa intervista a Il Riformista rivendica il calo della dispersione scolastica, il rilancio della filiera tecnico-professionale, l’investimento nelle STEM e nei corretti stili di vita come strumenti per ridurre il peso sul welfare e aumentare la produttività. La scuola, dice, non è solo un luogo di trasmissione del sapere, ma una leva economica che il Paese non può più permettersi di sottovalutare.

Sottosegretaria, leducazione è spesso considerata un investimento a lungo termine. Perché oggi, più che mai, la scuola italiana può e deve essere vista come una leva di crescita economica?
«L’istruzione riveste un ruolo determinante nei processi di crescita di un Paese, sia per il miglioramento delle conoscenze e delle competenze, sia perché aumenta le probabilità di attivazione dell’ascensore sociale, tutelando i meritevoli e i capaci. Questo Governo ha fatto del contrasto all’abbandono scolastico la propria bandiera. A tal proposito, voglio ricordare che la dispersione scolastica in Italia è scesa al 9,4% nel 2024 (dato OCSE), anticipando l’obiettivo del 10,2% fissato dal PNRR per il 2026. Anche l’Invalsi certifica questa inversione di tendenza, frutto di interventi mirati soprattutto nelle regioni del Sud e nelle periferie del Nord, tra cui è stato determinante il decreto Caivano. Un contributo importante è arrivato anche dalla riforma dell’orientamento scolastico, che prevede le figure del docente tutor e del docente orientatore, per sostenere i ragazzi nelle scelte future, anche lavorative».

Tra le sue deleghe c’è leducazione alla salute e ai corretti stili di vita. Quanto possono incidere le scelte formative su sanità, sistema pensionistico e produttività del lavoro?
«È fondamentale mettere al centro della vita dei nostri studenti l’educazione alimentare e alla salute, che abbiamo inserito nelle nuove linee guida dell’educazione civica, perché troppo a lungo trascurata. Nella scuola, la salute non è solo un contenuto tematico, ma anche un processo che influenza il successo formativo. Abbiamo dato impulso alle reti delle “Scuole che Promuovono Salute”, un progetto coordinato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Salute, per rafforzare la prevenzione attraverso una rete tra enti e Regioni. Mangiare sano non è solo una scelta individuale, ma una responsabilità collettiva da coltivare e trasmettere».

Leducazione civica è tornata nei programmi scolastici con grandi aspettative, ma spesso resta ai margini. Davvero può diventare una leva anche per lo sviluppo economico?
«Più che tornata, direi rinnovata. Come prevede la legge 92/19, non è una materia autonoma ma un insegnamento trasversale. Siamo stati i primi a inserire, tra i nuclei tematici fondamentali, l’educazione al rispetto verso ogni essere umano, in particolare verso le donne, gli animali e l’ambiente. Cittadini più consapevoli e rispettosi concorrono alla formazione di classi dirigenti più responsabili. È da qui che si costruisce una società più equa e coesa».

Lei ha la delega allinnovazione e alla transizione digitale. A che punto è lItalia nellinserimento delle competenze digitali nei curricula scolastici?
«C’è un grande impegno del Ministero sulla digitalizzazione, ma con l’attenzione che l’intelligenza – anche quella emotiva – resti al centro. I nostri giovani devono imparare non solo a usare la tecnologia, ma a comprenderla e guidarla criticamente. Stiamo inserendo l’informatica già dalla scuola primaria e rafforzando le misure di protezione dai rischi del web, come cyberbullismo e disinformazione. Ricordo i 450 milioni per la formazione dei docenti sulla transizione digitale e i 2,1 miliardi per trasformare almeno centomila aule in ambienti digitali innovativi».

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Le materie STEM sono considerate strategiche per la competitività. LItalia sta facendo abbastanza per colmare il gap, anche di genere?
«Abbiamo stanziato 600 milioni di euro per promuovere le competenze STEM, in linea con il PNRR. Risorse importanti anche per colmare il divario di genere e incoraggiare le ragazze a intraprendere questi percorsi. Le STEM non sono per pochi, ma strumenti per affrontare insieme le sfide del futuro».

Una parte importante della sua delega riguarda linclusione degli studenti con disabilità. In che modo questo investimento si traduce in maggiore coesione economico-sociale?
«L’inclusione scolastica di studenti con disabilità è tra i nostri principali obiettivi. Abbiamo rinnovato l’Osservatorio Permanente per l’Inclusione, potenziato le assunzioni di docenti di sostegno e attivato nuovi percorsi di formazione con INDIRE. È stato introdotto il principio della continuità didattica su richiesta delle famiglie, misura fortemente voluta e condivisa con le associazioni, ma osteggiata da alcuni sindacati. L’inclusione è una leva di partecipazione e coesione: un Paese più inclusivo è anche un Paese più competitivo».

Il Piano Mattei e i nuovi assetti geopolitici richiedono una cittadinanza preparata anche a livello culturale. Come può contribuire la scuola italiana?
«Abbiamo firmato memorandum per sviluppare partnership nell’istruzione tecnica e professionale con Paesi africani, formando giovani qualificati per i rispettivi mercati del lavoro. Il modello italiano degli ITS è attrattivo anche all’estero. Inoltre, stiamo sostenendo la formazione dei docenti e la diffusione della lingua italiana, per offrire agli studenti africani reali opportunità di carriera e studio».

La riforma della filiera tecnologico-professionale 4+2 punta a un sistema che già oggi mostra tassi di occupazione elevatissimi. Il modello funziona?
«La riforma sperimentale 4+2 connette i quattro anni degli istituti tecnico-professionali al biennio degli ITS Academy. Un modello innovativo che crea continuità formativa con il mondo del lavoro. Le iscrizioni per il prossimo anno scolastico sono più che triplicate: un segnale forte di apprezzamento da parte di famiglie e studenti. Anche all’estero si guarda con interesse al nostro sistema».

DallAmericas Cup a Napoli ai Giochi Invernali di Cortina, lo sport è sempre più strategico per limmagine e leconomia del Paese. In questo quadro, quanto conta il rilancio dello sport scolastico?
«Sono eventi di grande prestigio e rappresentano un’opportunità per tutto il Paese. Come Ministero, abbiamo reintrodotto i Giochi della Gioventù, coinvolgendo 2.500 studenti da tutta Italia. Abbiamo introdotto due ore settimanali di educazione motoria nelle quarte e quinte classi della primaria, allineando l’Italia agli standard europei. Abbiamo stanziato 2 milioni per il programma “studente-atleta” e altri 45 milioni per attrezzature sportive scolastiche. Investire nello sport significa investire nei valori e nella crescita dei nostri giovani».

Infine, quali sono le tre priorità per fare dellistruzione un pilastro del rilancio economico del Paese?
«La prima è il merito: una scuola che premia il talento costruisce una società più equa, in cui ciascuno può emergere secondo le proprie capacità. Il merito è un ascensore sociale. La seconda è l’inclusione, fondata sul rispetto, valore chiave di ogni nostro intervento. La terza è il diritto allo studio: non solo accesso, ma capacità della scuola di trattenere, motivare e orientare».







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