di Luca Patrassi
Arrivata oggi ad Osaka la delegazione della Regione che parteciperà questa settimana ad Expo 2025 Osaka durante la settimana tematica “Necessities of Life: Food, Clothing…”: a farne parte anche la consigliera regionale della Lega Anna Menghi.
Qual è il senso di questa sua presenza in Giappone?
«E’ un’occasione importante per promuovere all’estero le eccellenze del nostro territorio. L’Expo è una vetrina internazionale straordinaria e il nostro compito è quello di portare le Marche nel mondo, rafforzare relazioni istituzionali e aprire nuove opportunità per le nostre imprese, per il turismo e per la nostra industria culturale. Ma c’è anche un’altra ragione, più profonda se vogliamo. Oggi per amministrare bene il locale bisogna avere lo sguardo rivolto al globale. Un politico che non si affaccia al mondo, che non viaggia, che non osserva da vicino i modelli virtuosi di altri Paesi, è destinato a rimanere chiuso in una visione provinciale e talvolta miope della realtà. Il viaggio è anche formazione, è confronto, è crescita personale. Governare richiede curiosità, creatività, capacità di aprirsi all’altro trasferendo nel proprio ciò che altrove è ricchezza e benessere per la comunità. In tal senso ogni luogo e tempo sono utili ad accrescere il proprio senso politico. Ad Osaka, insieme ai colleghi della delegazione, sostengo concretamente il lavoro che stiamo facendo per rendere la nostra regione sempre più protagonista nel mondo».
L’economia delle Marche non sembra brillare, però ognuno (maggioranza e opposizione) evidenzia degli aspetti utili a sostenere la propria tesi. Ormai siamo alla fine del quinquennio a guida Acquaroli. Rileva che le cose vadano meglio rispetto al 2020?
«Siamo consapevoli delle difficoltà che l’economia delle Marche sta affrontando, ma i dati ci dicono che, rispetto al settembre 2020, quando Acquaroli e l’amministrazione di centrodestra si sono insediati, la situazione è oltremodo migliorata. Abbiamo lavorato con determinazione per rilanciare settori strategici come il manifatturiero, il turismo, l’agroalimentare e l’innovazione, intervenendo con misure concrete a sostegno di imprese e occupazione. Va anche detto che quando abbiamo vinto le elezioni, nel 2020, eravamo nel pieno della pandemia: a causa del Covid l’economia, non solo regionale, ma mondiale, era paralizzata. Tutto era fermo e si viveva sotto la minaccia costante del lockdown. A questo scenario già drammatico si è aggiunta l’eredità pesante lasciata dalla precedente amministrazione di centrosinistra, che certo non aveva brillato per visione, né per capacità di prevenzione e tenuta. Oggi le Marche sono tornate ad essere competitive e i risultati confortano la nostra visione. Segno evidente che la direzione intrapresa è quella giusta».
Il crac della ex Banca Marche è stato la (con)causa dello scivolamento delle Marche nel versante basso della classifica delle regioni. L’accesso al credito per il tessuto delle piccole imprese marchigiane è spesso un miraggio. I partiti però, su questo versante, sono stati uniti e concordi nel tacere, o no?
«Il crac di Banca Marche ha rappresentato un trauma profondo per il nostro territorio, non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale. È stato certamente una delle cause del rallentamento della nostra economia, perché ha privato migliaia di piccole imprese e famiglie di un punto di riferimento essenziale per l’accesso al credito. Dire però che la politica abbia taciuto in blocco non è del tutto corretto. Nel 2021, a livello nazionale, il nostro segretario Matteo Salvini aveva sottolineato con forza la necessità di giustizia per i risparmiatori truffati dalle banche fallite, tra cui anche Banca Marche. In più occasioni ha chiesto l’accelerazione dei rimborsi e ha parlato della vicenda come di una ferita aperta che ha minato la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. A livello regionale, il nostro impegno, di noi come Lega e del centrodestra, si è concentrato nel costruire condizioni nuove: più solide, più trasparenti e più vicine a chi fa impresa. L’obiettivo oggi è favorire un sistema creditizio alternativo e credibile, che rimetta al centro le esigenze del territorio e protegga chi investe e lavora onestamente».
Quali sono gli elementi introdotti dalla giunta Acquaroli che secondo lei sono risultati positivi in questi cinque anni a sostegno delle imprese marchigiane?
«La giunta Acquaroli ha fatto molto per il tessuto imprenditoriale marchigiano. Penso, ad esempio, al rafforzamento dell’accesso al credito, con strumenti dedicati alla capitalizzazione delle piccole e medie imprese, che sono il motore della nostra economia. È stata posta grande attenzione alla transizione ecologica, con fondi importanti destinati all’efficientamento energetico e agli investimenti green, anche nel settore turistico. Abbiamo sostenuto il ricambio generazionale e l’imprenditoria giovanile e femminile con contributi a fondo perduto. Abbiamo dato impulso al rilancio dei borghi come poli di attrattività economica e culturale. Si è lavorato per creare un ecosistema più solido, moderno e competitivo, capace di affrontare le sfide attuali e future».
Siamo alla vigilia delle scelte per la formazione delle liste elettorali. Lei pensa di ricandidarsi? Si sente sempre salviniana o avverte il richiamo di quella parte di lei che è civica?
«Siamo in una fase in cui è giusto che ogni scelta venga valutata con attenzione. Non ho mai rincorso una candidatura e non comincerò certo ora. Credo, però, che ogni partito, in vista delle elezioni, debba fare una riflessione seria su chi, nei territori, ha costruito consenso, credibilità e radicamento. Io ho sempre lavorato con spirito di servizio, sia come espressione civica, sia all’interno della Lega, partito con cui ho condiviso battaglie importanti, in particolare sul fonte della disabilità, che oggi ha dignità e spazio nell’agenda governativa proprio grazie a Matteo Salvini e alla Lega. La mia coerenza è sotto gli occhi di tutti: ogni volta che ho preso un impegno, come la candidatura alle scorse Europee, l’ho onorato fino in fondo. Questo non cambia oggi. Se ci saranno le condizioni politiche giuste, si valuterà insieme. Ci tengo a dire comunque che non ho bisogno di dimostrare nulla, semmai credo sia nell’interesse di chi costruisce le liste riconoscere il valore di chi ha saputo rappresentare territori e comunità con serietà, impegno e risultati».
I sindaci di riferimento del centrodestra maceratese, Parcaroli e Ciarapica, sembrano in difficoltà con le rispettive maggioranze. Un problema dei sindaci o un problema di mancanza di cultura di governo da parte di alcuni esponenti dei partiti che circolano allegramente da una parte all’altra?
«Credo sia importante distinguere le difficoltà fisiologiche della gestione amministrativa, specie in realtà complesse come Macerata e Civitanova, da ciò che attiene alla responsabilità politica più ampia. I sindaci Parcaroli e Ciarapica hanno dimostrato capacità e visione, ma è evidente che, in certi contesti, serve maggiore maturità da parte di tutti gli attori della coalizione. Governare non significa solo conquistare consenso, ma saper gestire la cosa pubblica con coerenza e lealtà. Chi cambia casacca con troppa disinvoltura dimostra di non avere a cuore né il bene del territorio né la stabilità amministrativa. La cultura di governo si costruisce con serietà, continuità e senso di squadra. È su questo che dobbiamo continuare a lavorare come centrodestra. Mi permetta di aggiungere una considerazione: quella di questo quinquennio è stata la prima vera esperienza di governo regionale per il centrodestra nelle Marche dopo decenni di amministrazioni di centrosinistra. È evidente che loro abbiano un vantaggio strutturale, frutto di una lunga permanenza al potere (e pur tuttavia oggi appaiono comunque divisi), mentre noi ci siamo trovati a dover affrontare da subito sfide enormi, come la crisi pandemica e le sue conseguenze economiche e sociali. Sono certa che nel prossimo mandato il centrodestra saprà dimostrarsi forza politica e amministrativa solida, capace di governare con visione e competenza».
Il candidato governatore del centrosinistra Matteo Ricci ha iniziato da mesi la sua campagna elettorale e sembra già certo della vittoria. Che scenario si aspetta da qui al voto?
«Matteo Ricci appare sicuro di vincere, è vero, ma francamente non vedo in lui una proposta politica nuova. Al contrario mi pare rappresenti la continuità di un sistema che i marchigiani hanno già scelto di superare, nel 2020. Ricci non è il nuovo: è espressione del vecchio Pd che ora tenta di riprendersi il potere per tenere in vita schemi clientelari che sono ad esso connaturati e che gli consentono di esistere. Fossi in lui sarei più cauta. E al di là dei sensazionalismi di una campagna elettorale che ha avviato in bicicletta, nel vero senso della parola, lo inviterei a confrontarsi con noi su un piano politico serio. Comprendo che la campagna elettorale consenta suggestioni comunicative per le quali il Pd è maestro da sempre, ma poi governare è un’altra cosa. Ho fiducia nel giudizio degli elettori, nella loro capacità di discernere e valutare. Il consenso vero nasce dalla credibilità, non dai colpi di teatro».
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