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La rivoluzione dell’IA non è (ancora) partita, i grandi licenziamenti sì


Nonostante i benefici dell’intelligenza artificiale sul lavoro siano modesti, le grandi aziende come Microsoft hanno iniziato a tagliare posti in modo aggressivo. Perché i finanziatori stanno foraggiando pesantemente questa corsa all’innovazione tech e così i ceo devono provare a dimostrare progressi che giustifichino certi investimenti. Ma così si distruggono competenze umane inseguendo un miraggio.

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La rivoluzione dell’IA non è (ancora) partita, i licenziamenti massicci sì

Siamo al thriller. Solo che in ballo ci sono vite vere. Da un lato uno studio del National Bureau of Economic Research ci dice che il beneficio dell’intelligenza artificiale è marginale: grazie ai Chatbot generativi possiamo risparmiare un quarto d’ora di lavoro al giorno in media. Dall’altro la cruda realtà ci racconta di aziende come Microsoft che ha appena licenziato 6 mila dipendenti, pari al 3 per cento della forza lavoro, e i software engineer rappresentano oltre il 40 per cento dei tagli. Insomma dati concreti mostrano benefici ancora limitati e ci parlano di una tecnologia acerba. Ma le decisioni aziendali sembrano anticipare una rivoluzione imminente. Nel mezzo, startup come Duolingo incarnano perfettamente le contraddizioni del momento: prima annunciano di voler diventare “AI-first” licenziando centinaia di traduttori, poi fanno marcia indietro sotto la pressione delle critiche da parte di utenti insoddisfatti dei risultati guidati dall’intelligenza artificiale.

Se Nadella detta la linea, quelli come von Ahn arrancano

Figure come Satya Nadella, amministratore delegato di Microsoft, stanno scommettendo più di tutti, investendo miliardi e ristrutturando le proprie aziende attorno all’IA, creando pressione competitiva sulle altre aziende tech. Profili come Luis von Ahn, ceo di Duolingo, rappresentano invece la categoria dei capi di aziende più piccole, costretti a tenere il passo ma consapevoli che la realtà è più complessa delle semplici promesse.

La rivoluzione dell'IA non è (ancora) partita, i licenziamenti massicci sì
Il ceo di Microsoft Satya Nadella (foto Ansa).

La rivoluzione tecnologica del secolo? Solo annunciata

Sembra dunque di assistere al più classico remake del mantra della Silicon Valley: «Fake it until you make it», ossia comportati come se avessi già raggiunto un obiettivo che in realtà non hai ancora raggiunto, con l’idea che questo atteggiamento ti aiuterà effettivamente a raggiungerlo. E infatti se l’IA fosse davvero così dirompente come sostengono non dovremmo vedere risultati così modesti negli studi. Quei miseri 15 minuti al giorno di produttività guadagnata non possono giustificare quella che è stata definita come la rivoluzione tecnologica del secolo.

Una corsa al ribasso mascherata da sfida per l’innovazione

Eppure Nadella continua a spingere sull’acceleratore, creando una dinamica pericolosa: più Microsoft investe e licenzia per l’IA, più gli altri ceo si sentono obbligati a fare lo stesso per non sembrare di essere in ritardo. È una corsa al ribasso mascherata da sfida per l’innovazione. E manager come von Ahn sono l’esempio perfetto dei ceo intrappolati in questa logica, alle prese con ripensamenti strategici che altro non sono se non puro controllo del danno per non continuare a perdere clienti.

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L’amministratore delegato di Duolingo Luis von Ahn.

Distrutte competenze umane per inseguire un miraggio

Il punto è che questa dinamica del fake it until you make it funziona solo se alla fine you make it. Vale a dire: se l’IA non mantiene le aspettative nei tempi previsti, avremo società che avranno distrutto competenze umane per inseguire un miraggio, con conseguenze che andranno ben oltre i bilanci aziendali. Quindi la domanda delle domande è: cui prodest? A chi giova tutto ciò? Perché se le imprese devono dimostrare di essere pronte per mantenere il proprio valore, nonostante i benefici concreti siano ancora limitati, il punto focale di tutta questa faccenda diventa: chi ci guadagna davvero? E quindi: chi sta mettendo pressione?

BlackRock investe e vuole vedere i risultati

Per farsi un’idea, prendiamo il caso di Microsoft. Deve dimostrare che i suoi investimenti sull’intelligenza artificiale stanno dando frutti agli investitori. Quando BlackRock, che è allo stesso tempo azionista di Microsoft e partner in un fondo IA da 30 miliardi di dollari, chiede risultati, Nadella deve rispondere. In pratica, gli stessi investitori che possiedono le aziende tech stanno anche investendo miliardi nell’IA, creando un conflitto d’interessi dove gli amministratori delegati devono dimostrare progressi per giustificare sia le valutazioni sia gli investimenti paralleli.

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BlackRock (Getty Images).

Una scommessa globale ha deciso che l’IA deve funzionare

È un circolo vizioso che si autoalimenta: più investono nell’IA, più pretendono che le aziende adottino l’IA, indipendentemente dai risultati reali. Una dinamica così pervasiva da coinvolgere la finanza internazionale a tutti i livelli: dai fondi di venture capital alle banche centrali, passando per private equity, hedge fund, fondi sovrani, compagnie assicurative. Tutti sono in modalità all-in. E quando anche più della metà dei family office dei più noti miliardari, normalmente più conservatori, stanno scommettendo miliardi sull’IA, significa che l’intera piramide della ricchezza globale è allineata su questa scommessa. Una scommessa che ha deciso che l’intelligenza artificiale deve funzionare, indipendentemente dalla realtà.

Serve un nuovo sistema per poter pagare le pensioni…

E quindi la domanda diventa: perché? Per provare a rispondere, bisogna partire da una considerazione: l’economia globale è intrappolata in una crisi strutturale dalla quale finora nessuno è riuscito a trovare una via d’uscita. Popolazione che invecchia, crescita economica che rallenta, debiti pubblici che crescono, mercati saturi, politica senza più risposte. In questo contesto, l’IA è diventata l’unica speranza per generare produttività esplosiva, scalabile e su scala industriale. Insomma, una tecnologia capace di creare nuovi mercati da trilioni di dollari e, visto l’invecchiamento crescente della popolazione, pagare le pensioni: ossia la vita di una porzione sempre più ampia della società che non è più produttiva. Il problema però è che se salta l’IA salta tutto.



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