Nonostante le crescenti esigenze da parte del mondo produttivo, si stima che molti posti rimarranno scoperti
PALERMO – Da una parte la disoccupazione galoppante, dall’altra le difficoltà delle aziende nel trovare il personale necessario. Si prevede, nel 2025, che in Sicilia più di quattro lavoratori su dieci siano di difficile reperimento. E ciò non succede soltanto per le posizioni apicali, ma anche per quelle che dovrebbero avere una platea di reperimento più ampia.
Crescita dei posti di lavoro
Tutto questo, nonostante i posti disponibili nelle aziende siano aumentati: nel primo trimestre 2025 si prevedono quasi 80 mila entrate nel mondo del lavoro, contro le quasi 70 mila dello stesso periodo del 2024. Una differenza che si concretizza in una crescita, quella siciliana, del 14,4%; la più alta tra le regioni italiane. Un buon risultato, considerato che la media nazionale è negativa, addirittura ferma a -0,2% ma su cui non ci si può certo cullare.
I dati di Unioncamere
I dati sono quelli di Unioncamere, estrapolati dal sistema Excelsior ed elaborati dall’ufficio studi della Cgia, l’associazione degli artigiani e piccole imprese di Mestre. Se si scende ad analizzare il territorio in termini di province, Siracusa si pone addirittura al primo posto, in termini di crescita di disponibilità di posti di lavoro, arrivando al 29,8% in più sempre in riferimento al confronto tra il primo trimestre del 2024 e tra quello del 2025. Messina, poco sotto, si ferma al +19,1%, Palermo al +14,1%, Catania al +13,7%. Sempre a due cifre la percentuale di crescita registrata in provincia di Caltanissetta, al +10,2%, e ad Enna, al +10,1%. Agrigento si ferma al +9,7%, Ragusa al +8,1%, Trapani al 6,4%. Fermo restando la necessità di prendere sempre con le pinze i valori in percentuale, la crescita rappresenta sicuramente una buona notizia, con tutte le province isolane entro i primi 45 posti della classifica.
Moltissimi i posti di lavoro che rimarranno scoperti
Eppure, sono moltissimi i posti di lavoro che rimarranno scoperti, in parte per mancanza di candidati disponibili, in parte perché non hanno i requisiti richiesti. “La verità – è l’analisi del presidente di Confindustria Sicilia, Gaetano Vecchio – è che sta venendo il nodo al pettine e si palesa oggi un’offerta di lavoro che non è conforme alla domanda. Dall’edilizia all’agricoltura, arrivando all’industria: non si trovano i profili, per esempio escavatoristi, carpentieri, muratori, perché la scuola di formazione professionale non si è nel tempo adattata alle necessità di mercato. Non parlo solo dei corsi di formazione organizzati dalla Regione, ma anche della scuola pubblica. Mancano i geometri, ma molti indirizzi sono stati soppressi, per esempio. Adesso siamo d’accordo rispetto all’idea del Governo regionale di organizzare un catalogo della formazione che permetta di realizzare corsi adatti alle reali esigenze: basta con estetisti e parrucchieri”.
Oggi mancano operai e artigiani
“Ma attenzione – aggiunge – c’è anche un problema culturale: vorremmo che i nostri figli facciano gli impiegati, che dirigano da dietro una scrivania. Ma oggi mancano operai e artigiani, spesso molte di queste figure guadagnano più dell’impiegato che dirige. È quindi un errore pensare che andare a lavorare dietro una scrivania sia la strategia più redditizia”.
Con un costante decremento della popolazione giovanile, con tanti ragazzi che scelgono di abbandonare la terra natia per cercare la propria realizzazione altrove, e un incremento significativo della fascia più anziana, gli imprenditori manifestano una crescente preoccupazione per la mancanza di personale, che è decisamente superiore ai possibili effetti di una nuova crisi. Crisi che, tuttavia, si sta diffondendo in buona parte dell’Unione Europea. “Il rischio – evidenzia Vecchio – è che adesso non si possano neanche utilizzare tutti i fondi del Pnrr. Qui mancano anche gli ingegneri, gli esperti informatici. Come Confidustria lanciamo un appello affinché si punti sul ritorno dei siciliani, costretti a emigrare per trovare un lavoro. Ci sono 24 miliardi di investimenti, servono carpentieri, operai e muratori che hanno costruito case in Veneto o in Piemonte”.
Il problema non è solo isolano ma nazionale. La fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni, che nel 2004 contava circa 8,5 milioni di persone, è scesa ai circa 6,2 milioni attuali. Si tratta di un crollo inedito rispetto al passato e tra i più accentuati in Europa. Tale forte riduzione della popolazione attiva, rilevante anche nella fascia di età dai 35 ai 49 anni, trascina verso il basso la forza lavoro che potenzialmente può sostenere il mondo del lavoro.
La percentuale di difficoltà nel reperire il personale è più che raddoppiata
Secondo gli imprenditori italiani, come rilevato dal sistema Excelsior di Unioncamere, tra il 2017 e l’inizio di quest’anno la percentuale di difficoltà nel reperire il personale è più che raddoppiata. Se otto anni fa 21,5 imprenditori su cento avevano denunciato la grave difficoltà nel trovare collaboratori da assumere nella propria attività, per l’anno in corso la soglia è salita, a livello nazionale, al 49,4. In buona sostanza un imprenditore su due non riesce a trovare addetti da assumere nella propria azienda. Ed è un vero peccato, considerato che sempre Unioncamere ha previsto, per il quinquennio 2024-2028, un fabbisogno occupazionale delle imprese pubbliche e private di circa 3,6 milioni di occupati. Di, questi, poi, circa l’83% dovrebbe sostituire chi è destinato ad uscire dal mondo del lavoro per raggiunti limiti di età.
Il problema, quindi, non sarà riportare in servizio coloro che sono disoccupati, ma riuscire a coprire i posti che rimarranno vacanti. “Oggi – conclude il numero uno siciliano degli industriali – abbiamo bisogno di fare un grande patto per il lavoro con i sindacati, premiando i lavoratori, facendo formazione per far crescere i giovani. Bisogna mettere nero su bianco un programma vero e istituzionale, in cui si scriva effettivamente quanta gente serve in Sicilia. Come ho già detto, si può lavorare facendo rientrare i siciliani emigrati, ma non solo. Si può anche attuare una politica migratoria corretta, che ci permetta di dare spazio a chi vuole davvero lavorare nel nostro territorio e pagare le tasse, e che magari ha una professionalità spendibile in Sicilia”.
Un Osservatorio per rendere più efficaci le politiche occupazionali
PALERMO – Per comprendere meglio la situazione del mercato del Lavoro in Sicilia, abbiamo intervistato l’assessore regionale al ramo, Nuccia Albano, che ha tracciato al QdS le strategie dell’Esecutivo per dare una svolta a una situazione negativa che per dopo molto tempo sembra essersi cristallizzata.
La Sicilia si conferma una terra dove il mercato del lavoro vive da una parte un enorme problema di disoccupazione, uno dei tassi più alti d’Europa; dall’altra, invece, paradossalmente le imprese sostengono di non trovare professionalità adatte. Perché si vive questa strana dicotomia?
“La mancanza di lavoro, in Sicilia, rappresenta il motivo determinante per il quale migliaia di giovani lasciano la propria terra e decidono di investire le proprie risorse e professionalità nel Nord Italia e, sempre di più, all’estero. Eppure, proprio la nostra Isola è potenzialmente una terra con svariate possibilità di creare occupazione e ci sono tante aziende che cercano personale. Quello che è mancato è l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Proprio per facilitare ciò, lo scorso anno, in assessorato abbiamo istituito l’Osservatorio del mercato del lavoro, attraverso cui analizzare le tendenze e i fenomeni relativi al mercato del lavoro in Sicilia e fornire supporto nella programmazione delle politiche occupazionali della Regione. Per la prima volta l’attività di studio e di pianificazione delle politiche formative e l’analisi delle richieste delle imprese in Sicilia hanno una reale sede di confronto. L’Osservatorio determina, in sinergia con l’assessorato della Formazione, un salto di qualità orientando così i corsi verso ciò che chiede realmente il mercato del lavoro. Soltanto avendo contezza delle esigenze delle imprese, quindi dell’offerta di lavoro, si può programmare una formazione specifica e, conseguentemente, riuscire a incrociarla con la domanda”.
Intanto si assiste alla costante fuga dei cervelli, anche se c’è da dire che il mercato del lavoro soffre di mancanza di profili non soltanto collegati a un’alta scolarizzazione, ma anche per quelli legati a una bassa scolarizzazione. Cosa, a suo parere, è mancato in termini di apporto da parte della politica e anche dal mondo dell’imprenditoria nei decenni per essersi creati questi enormi vuoti?
“L’obiettivo, come Governo regionale, è aumentare l’occupazione delle donne e dei giovani, favorire l’inserimento lavorativo e l’occupazione dei disoccupati di lunga durata e dei soggetti con maggiore difficoltà di inserimento. Il sostegno ai giovani attraverso istituzioni e programmi di formazione è un tema cruciale per lo sviluppo sociale ed economico di una comunità. Non mi sono mai illusa: il lavoro non si trova per legge. Abbiamo avuto la stagione trentennale del precariato per legge che ormai è nella sua fase conclusiva e definitiva. Bisogna che i giovani guardino al lavoro come una meta e non cerchino, né gli si offrano, scorciatoie. Occorre che le generazioni ancora giovani, occupabili, pongano lo sguardo al mercato del lavoro, cioè a quella che è l’offerta di lavoro e non a quello che lo Stato può dare loro. Attraverso una programmazione mirata può essere annullato il divario sociale ed economico della Sicilia con le aree più avanzate del Paese nel settore dell’occupazione, e abbattere il gap di competitività che penalizza le nostre aziende nel libero mercato internazionale. I nostri giovani devono essere adeguatamente formati per poter cogliere le nuove opportunità che il mercato del lavoro offre. Il lavoro lo creano le imprese attraverso il libero mercato. La società si è trasformata, siamo nell’era digitale da oltre un ventennio. Bisogna sapere cogliere dai fatti negativi le opportunità di lavoro”.
Cosa può fare la Regione, in termini di sostegno al mercato del lavoro attraverso magari delle misure di finanziamento mirate?
“Il Governo Schifani in questi anni ha messo in campo diverse iniziative. Uno degli strumenti che abbiamo e che vogliamo utilizzare è il Programma Fse+ 2021-2027 con il quale intendiamo aumentare l’occupazione dei giovani; accrescere l’occupazione femminile; favorire l’inserimento lavorativo e l’occupazione dei disoccupati di lunga durata e dei soggetti con maggiore difficoltà di inserimento lavorativo, nonché il sostegno delle persone a rischio disoccupazione di lunga durata; migliorare l’efficacia e la qualità dei servizi al lavoro”.
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