L’Europa deve fare fronte comune per affrontare un mondo sempre più incerto, segnato da conflitti, protezionismo e tensioni economiche. Le attuali dispute commerciali non sono un episodio isolato, ma “il sintomo di un logoramento dei rapporti politici ed economici internazionali che ha radici profonde”. Lo ha sottolineato il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nelle Considerazioni finali pronunciate oggi in occasione della pubblicazione della Relazione annuale sul 2024.
Facendo riferimento alla guerra commerciale scatenata dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, Panetta ha osservato che l’Italia e l’Europa si trovano “di fronte a una crisi profonda degli equilibri che hanno sorretto l’economia globale negli ultimi decenni”, indicando nelle politiche dell’amministrazione statunitense un fattore determinante, seppur inserito in un contesto di trasformazioni più ampio.
Panetta ha espresso forte preoccupazione per l’inasprimento delle barriere doganali deciso dagli Stati Uniti. “L’impatto potenziale dei dazi da parte degli Stati Uniti è oggi molto maggiore rispetto al passato, a causa della stretta integrazione dell’economia globale”, ha spiegato.
Secondo il governatore della Banca d’Italia, l’inasprimento delle barriere doganali potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un biennio. “Negli Stati Uniti, l’effetto stimato è circa il doppio”, ha osservato.
Panetta ha precisato che i dazi imposti da Trump potrebbero comportare una minore domanda di lavoro e un aumento delle pressioni inflazionistiche, “in una fase già caratterizzata da aspettative di inflazione in rialzo”. Inoltre, il governatore della Banca d’Italia ha messo in guardia anche dagli effetti indiretti: “Stanno incidendo negativamente sulla fiducia di famiglie e imprese, con possibili ripercussioni su consumi e investimenti”.
Per Panetta, il susseguirsi di annunci, smentite e revisioni alimenta incertezza e volatilità sui mercati. “Si tratta di condizioni che rischiano di amplificare l’effetto dei dazi e che potrebbero protrarsi nel tempo”, ha osservato.
Secondo Panetta, “i dazi oggi in vigore potrebbero ridurre il commercio internazionale di circa il 5 per cento, dando avvio a una riconfigurazione delle filiere produttive globali. Ne deriverebbe un sistema di scambi meno integrato e meno efficiente”. E ha osservato che “è improbabile che l’innalzamento delle barriere doganali riesca a correggere l’ampio disavanzo commerciale degli Stati Uniti”, che dipende dalla forte domanda interna. Una correzione, ha spiegato, richiederebbe “una riduzione dei consumi o degli investimenti, cui farebbe riscontro un minore afflusso di capitali dall’estero”.
Come osservato da Panetta, l’annuncio di dazi elevati sembra essere utilizzato come leva negoziale per ridefinire i rapporti economici e politici internazionali. “Si tratta, tuttavia, di una strategia che può comportare effetti difficili da prevedere e da gestire”, ha spiegato.
Il ruolo dell’Europa
In questo contesto, “l’Unione europea rimane un baluardo dello Stato di diritto, della convivenza democratica e dell’apertura agli scambi e alle relazioni internazionali”, e, secondo il governatore della Banca d’Italia, “non può però permettersi di rimanere ferma”. Al contrario “deve avere la capacità di superare i particolarismi nazionali, per tradurre in peso politico la sua forza economica e il patrimonio di cultura e valori di cui è portatrice”.
Panetta ha proposto con forza la costruzione di un titolo pubblico europeo e un mercato dei capitali pienamente integrato, strumenti fondamentali per mobilitare risorse e affrontare le sfide comuni.
“È urgente completare la costruzione di un mercato dei capitali europeo pienamente integrato”, ha detto. Panetta ha rilanciato l’idea di un eurobond, osservando quanto sia “cruciale introdurre un titolo pubblico europeo, con un duplice obiettivo: finanziare la componente pubblica degli investimenti e fornire un riferimento comune, solido e credibile all’intero sistema finanziario”.
“Serve un vero e proprio patto europeo per la produttività”, ha poi aggiunto, “un programma di riforme sostenuto da risorse adeguate e scandito da tempi certi”.
Panetta ha anche rilanciato il tema della difesa comune europea, chiarendo che “investire in sicurezza non significa avviare una corsa agli armamenti, ma affrontare con realismo minacce comuni che nessun paese può contrastare da solo”.
I limiti strutturali dell’economia europea
Il governatore della Banca d’Italia ha evidenziato anche i ritardi accumulati in Europa in termini di produttività, innovazione e competitività. “Negli ultimi trent’anni, la produttività del lavoro nell’Unione europea è cresciuta del 40 per cento, oltre 25 punti percentuali in meno degli Stati Uniti. Questo ritardo riflette principalmente la difficoltà di innovare”.
“In rapporto al Pil, le imprese europee investono in ricerca e sviluppo la metà di quelle statunitensi”. E se “la spesa pubblica per ricerca e sviluppo è comparabile”, ha aggiunto, “è frammentata tra Stati membri”.
Come sottolineato da Panetta, “la manifattura rappresenta ancora il 15 per cento del Pil europeo, ma la concorrenza dei Paesi emergenti sta erodendo il vantaggio competitivo”, mentre “il surplus nei servizi deriva ancora da settori tradizionali come turismo e trasporti”.
Le croniche debolezze dell’Italia
Panetta ha poi dedicato una parte importante del suo intervento all’Italia, che “sconta vecchie debolezze strutturali che non abbiamo saputo superare: il dualismo territoriale, i bassi livelli di istruzione, la frammentazione del sistema produttivo, la difficoltà di innovare”.
“Sopportiamo, da quarant’anni, il peso di un debito pubblico che toglie spazio agli investimenti e condiziona le politiche economiche”.
Eppure, ha riconosciuto, non mancano segnali incoraggianti: “Dopo la scossa delle crisi finanziaria globale e dei debiti sovrani, stiamo vedendo segni di cambiamento: nella manifattura e nei servizi, nel settore finanziario, nel funzionamento delle Amministrazioni pubbliche, nella capacità di ricerca”.
Per il governatore della Banca d’Italia, questi “sono segni di vitalità che non vanno dispersi”. “Non sono risultati compiuti, ma rappresentano un avanzamento reale”, ha aggiunto Panetta, osservando che rappresentano “una base concreta su cui costruire, impegnandosi nelle riforme, combattendo le rendite di posizione, offrendo prospettive ai giovani. Abbiamo la responsabilità e la possibilità di farlo”.
Il governatore della Banca d’Italia è ritornato sul tema dell’invecchiamento della popolazione e la bassa natalità, ricordando che sono “destinati a incidere profondamente sul potenziale di crescita dell’economia italiana”.
Panetta ha citato i dati Istat, secondo cui entro il 2040 il numero di persone in età lavorativa si ridurrà di circa 5 milioni. “Ne potrebbe conseguire una contrazione del prodotto stimata nell’11 per cento, pari all’8 in termini pro capite”, ha aggiunto Panetta, che altrove nel suo discorso ha sottolineato come l’immigrazione regolare possa fornire “un apporto rilevante, soprattutto nei settori delle costruzioni e del turismo, che registrano una crescente scarsità di manodopera”.
Il governatore della Banca d’Italia ha inoltre affrontato il tema del basso livello dei salari in Italia, cresciuti in termini reali “molto meno che negli altri principali Paesi europei” e oggi sotto i livelli del 2000.
Per Panetta, nonostante un recupero lo scorso anno, ciò riflette “il problema centrale” della produttività con incrementi conseguiti finora che “sono incoraggianti, ma non bastano a sostenere lo sviluppo del Paese”. Il governatore della Banca d’Italia ha osservato che per garantire un aumento duraturo delle retribuzioni è indispensabile rilanciare la produttività e la crescita attraverso l’innovazione, l’accumulazione di capitale e un’azione pubblica incisiva.
[a cura di Simone Cantarini]
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