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in tre anni il Sud è ripartito


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Cresce più del resto del Paese, il Mezzogiorno. E stavolta a sottolinearlo è il Governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, parlando peraltro di «sviluppo leggermente superiore alla media nazionale» nell’annuale relazione sullo stato dell’economia italiana. Un termine, sviluppo, che racconta in modo ancora più compiuto il percorso del Sud dal Covid ad oggi. Con i principali indicatori (Pil, occupazione, export, investimenti, con la Zes unica capace di garantirne da sola più di 630 in pochi mesi per un valore di circa 10 miliardi) a dimostrare che il cambio di passo è avvenuto e che l’ormai ex Cenerentola è diventata locomotiva (nel 2023), come ribadito anche in questi giorni dalla premier Giorgia Meloni.

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C’è tanto di Mezzogiorno, insomma, nella «ritrovata vitalità economica del Paese negli ultimi cinque anni, nonostante le crisi pandemica ed energetica», spiega il Governatore in un significativo passaggio delle Considerazioni finali sul 2024. Un Paese che in termini di crescita «ha superato quella dell’area dell’euro», in cui il Pil «è aumentato di circa il 6 per cento, trainato da un incremento di quasi il 10 per cento nel settore privato, con un milione di occupati in più e un tasso di disoccupazione sceso dal 10 al 6%. E con contributi significativi non solo dalle costruzioni ma anche “dai servizi, in espansione sia nei comparti tradizionali sia in quelli avanzati». La Zes unica, che ha accelerato l’attrazione di investimenti mobilitando capitali pubblici e privati per 22 miliardi, e l’estrema flessibilità delle imprese meridionali produttive sui mercati internazionali sono i due fattori che concorrono a consolidarsi anche in questi mesi del trend positivo in atto.

L’occupazione

È proprio in “questa Italia”, ben lontana dal declino industriale che le si continua ad attribuire (anche se in termini di produttività e salari le criticità resistono), che il Mezzogiorno ha inciso in modo sempre più costante e concreto. Lo si evince dall’analisi dettagliata e puntuale del volume di Banca d’Italia che accompagna e specifica le Considerazioni finali del Governatore.

«Dopo essere cresciuto meno che nel resto del Paese tra l’inizio degli anni Duemila e la pandemia – vi si legge nel focus dedicato al Sud – il Pil è aumentato nel Mezzogiorno in misura maggiore rispetto al Centro Nord tra il 2019 e il 2023 (5,9 per cento a fronte di 3,4 per cento). Nel 2024, secondo l’indicatore trimestrale dell’economia regionale, elaborato dalla Banca d’Italia, la dinamica sarebbe stata simile nelle due aree (0,9, contro 0,7 per cento)». In termini pro capite, spiega l’Istituto centrale, «nel 2023 il prodotto del Mezzogiorno era poco meno del 57 per cento di quello del Centro Nord, quasi 2 punti percentuali in più di quanto osservato nel periodo pre-pandemico». Determinante la crescita dell’occupazione «che ha più che compensato il peggiore andamento demografico nel Mezzogiorno».

«Zes motore di sviluppo per l’area mediterranea»

L’incremento dell’occupazione tra il 2019 e il 2023 «è riconducibile al comparto delle costruzioni, che ha beneficiato dei generosi incentivi per la riqualificazione edilizia, nonché ai servizi di istruzione e sanità, anche a seguito dell’allentamento dei vincoli di bilancio per l’assunzione di nuovo personale». Secondo Banca d’Italia, «gli effetti di queste politiche sono stati meno marcati al Centro Nord, sia in ragione dei tassi di crescita più moderati dei comparti interessati, sia perché questi ultimi pesano meno sull’occupazione dell’area». Ma è anche dal settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) che emerge una spinta importante alla crescita degli occupati meridionali. «Nel Sud e nelle Isole i lavoratori in tale comparto sono aumentati del 50 per cento (22,5 nel resto del Paese), giungendo a rappresentare il 2,2 per cento del totale, una quota tuttavia ancora significativamente più bassa rispetto al Centro Nord. Tale andamento è stato trainato da tre aree urbane particolarmente dinamiche (Napoli, Bari, Catania), che impiegano circa la metà degli addetti del settore ICT nel Mezzogiorno». Insomma, nel 2024 «l’espansione occupazionale è proseguita a tassi più elevati nel Sud e nelle Isole che nel resto del Paese (2,2 per cento, a fronte di 1,2)» pur restando distante di circa 20 punti rispetto al Nord. Non a caso, dice Banca d’Italia, «una crescita del tasso di occupazione nel Sud e nelle Isole di 10 punti percentuali entro il 2030 – tale da dimezzare il divario attuale nei confronti del Centro Nord – richiederebbe l’impiego di circa 750.000 lavoratori in più».

L’export

E poi l’export, dove forse il cambio di paradigma sulla narrazione del Sud è apparso più evidente e inevitabile. Scrive Banca d’Italia: «Nel periodo 2019-23 anche le esportazioni del Mezzogiorno, che costituiscono poco più di un decimo di quelle nazionali, hanno mostrato segnali di vitalità, crescendo di circa il 15 per cento in termini reali, più del doppio che nel resto dell’Italia. L’aumento è stato determinato in larga parte dal comparto farmaceutico campano e da quello dei prodotti petroliferi siciliano, settori fortemente dipendenti da pochi grandi stabilimenti».

Dazi, ultime notizie oggi. Trump insiste e attacca: «Sentenza politica e orribile. Panetta (Bankitalia): a rischio un punto di Pil mondiale

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E i dazi? «L’esposizione diretta delle macroaree del Paese alle tensioni commerciali con gli Stati Uniti è pressoché analoga: in entrambi i casi le vendite verso tale mercato incidono per circa il 10 per cento sulle esportazioni totali e sono concentrate nei settori dei macchinari, della farmaceutica e, soprattutto per il Mezzogiorno, degli alimentari». Non è un caso, però, che la solidità del sistema delle imprese meridionali si sia rafforzata di più: «Al Centro Nord è cresciuto maggiormente il peso delle grandi imprese (con almeno 250 addetti); nel Sud e nelle Isole, dove l’incidenza delle microimprese rimane comunque quasi 20 punti più elevata che nel resto del Paese, è aumentata soprattutto la rilevanza delle aziende piccole e medie. Indicazioni positive emergono soprattutto dal netto miglioramento delle condizioni economico-finanziarie delle imprese meridionali. Il grado di indebitamento (leverage) è sceso sotto i livelli del Centro Nord e la redditività operativa ha continuato a crescere, beneficiando anche dell’effetto delle misure di decontribuzione sul costo del lavoro (decontribuzione Sud)». Importanti gli effetti che ne sono derivati: la riduzione, ad esempio, «del divario territoriale del costo del credito per le imprese», con i prestiti meno costosi di un punto rispetto al 2019.





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