Giampiero Massolo, Presidente di Mundys, in occasione del Festival dell’Economia di Trento, è stato intervistato da Il Giornale d’Italia.
Qual è la situazione del “processo a Musk”?
“Mi pare che l’esperimento “DOGE” non sia riuscito. Del resto, non si riformano le pubbliche amministrazioni a colpi d’ascia ma ci vuole tempo e metodo. Non credo che quella fosse l’intenzione originaria di Musk. Sta invece riuscendo, almeno in parte, il tentativo di Trump, che punta a dare una dimensione politica alle istituzioni, soprattutto a quelle di garanzia e sicurezza, che nel suo primo mandato aveva percepito come il famoso “Deep State” che lo ostacolava.
Tuttavia, ciò non significa che Musk esca di scena. Anche se l’esperienza del “DOGE” è fallita, resta un imprenditore capace di trovare soluzioni innovative. C’è Musk con Starlink, quindi connettività globale; Musk con SpaceX, quasi in monopolio sui lanci spaziali; Musk nell’intelligenza artificiale.
Dobbiamo iniziare a considerare una dimensione più ampia, che per comodità chiamiamo “Musk”, ma che riguarda tutte le Big Tech. Le Big Tech sono nate come utopie tecnologiche, un’idea di sostituire i regimi democratici con sistemi tecnologici più efficienti. Oggi, però, si stanno trasformando. Non si limitano a influenzare i governi: cercano di catturare e, in certi casi, sostituirsi al potere decisionale stesso. Riusciranno? Non lo sappiamo. Ma è una dinamica da osservare con molta attenzione.”
A proposito di Trump: i dazi sono solo strumenti di negoziazione o c’è un’isteria generalizzata?
“C’è un elemento chiave, Trump deve far approvare una legge di bilancio con enormi tagli fiscali, che genereranno un aumento del deficit. E per finanziarlo, propone anche i dazi. Questo gli serve per dimostrare ai suoi parlamentari che sta “facendo qualcosa”. Poi che accada o meno, alla Trump, si vedrà. C’è anche il solito tema del riequilibrio dei flussi commerciali, a lui non interessa tanto la tecnologia o i servizi, ma il bilancio commerciale.
Va detto anche che Trump ha un certo “astio” verso l’Europa, che si presenta come un blocco coeso e potenzialmente competitivo, in grado di danneggiare l’economia americana. Quindi sì, ci sono diverse motivazioni. Ma imporre dazi del 50% significa bloccare i commerci transatlantici e non credo sia nell’interesse di nessuno, nemmeno nel suo”
Nella premessa di alcuni testi di Scienza delle Finanze si legge che i dazi danneggiano sia chi li impone che chi li subisce. È lo stesso errore fatto da von der Leyen, Draghi e altri con le sanzioni alla Russia. Come usciamo da questa situazione in cui compriamo gas liquido dagli USA a 5 volte il prezzo, che a loro volta lo comprano dall’India, che lo importa dalla Russia?
“Purtroppo viviamo in un’epoca in cui il criterio della sicurezza ha superato quello della convenienza. In nome della sicurezza si accorciano le catene di approvvigionamento, comprando anche a prezzi maggiorati.
È un cambio di paradigma, siamo passati da un sistema internazionale collaborativo, dove si cercava il vantaggio reciproco, a uno competitivo dove la sicurezza di uno è a scapito dell’altro. Non vedo, al momento, segnali che questa fase stia per finire. E dobbiamo attrezzarci.”
Avanti con il riarmo europeo? Ma la coperta è corta
“Il termine “riarmo” non è felice. Si tratta piuttosto di dotare l’Europa, per quanto possibile, di una capacità di deterrenza adeguata. Non si tratta di difendersi da un’invasione a Lisbona, ma di evitare che Putin, ad esempio, provochi la NATO sfidandola su un Paese membro. Oppure di contenere operazioni di destabilizzazione e sabotaggio, come quelle che già stiamo osservando.
Serve una capacità di deterrenza e L’Europa deve riprendere in mano il proprio destino.
La vera sfida, però, è trattenere gli Stati Uniti in Europa e lì si apre il tema delle contropartite, che è tutt’altro che semplice.”
A Gaza siamo si parla apertamente di genocidio. Perché l’Italia non si è espressa?
Storicamente, l’Europa ha avuto un ruolo marginale in Medio Oriente, quindi oggettivamente può fare poco oltre ai buoni uffici e questo ci dovrebbe far riflettere sulla necessità di darci un’identità e degli obiettivi comuni in termini di sicurezza ma siamo ancora lontani dal farlo. Forse tragedie come Gaza o la guerra in Ucraina ci spingeranno in quella direzione.
Netanyahu è ormai sfuggito di mano. Trump gli aveva dato mano libera a Gaza e in Cisgiordania, con la tacita intesa che sarebbe arrivato un cessate il fuoco, con il solo vincolo di lasciare gestire i rapporti con l’Iran a Trump per quanto riguarda il nucleare iraniano. Quel vincolo è stato finora rispettato, ma la gestione di Netanyahu è molto difficile. Trump lo ha fatto capire evitando Israele nel suo ultimo viaggio in Medio Oriente. Speriamo che Netanyahu capisca che la liberazione degli ostaggi non si ottiene con la forza, né con la distruzione di Hamas.
Giulio Andreotti disse nel 2005 che chiunque cresca in un campo di concentramento, con figli senza futuro, sarebbe diventato un terrorista.
Non dobbiamo dimenticare il 7 ottobre. È stato un trauma profondo, entrano in gioco la proporzionalità e l’autolesionismo.
Sarà difficile per Israele uscire dall’isolamento in cui si è cacciato, specie con le nuove generazioni.
Anche in Israele cresce il dissenso, non mancano le alternative. L’Europa non dovrebbe puntare tutto dolo su una persona.
Mundys, il gruppo gruppo ha cambiato pelle. Qual è la nuova traiettoria? Dove andrà nei prossimi 10 anni?
“Il gruppo ha tre anime: La gestione delle infrastrutture di mobilità (aeroporti e autostrade). Fiumicino, ad esempio, è l’ottavo aeroporto al mondo e ha ricevuto per 7/8 anni consecutivi il massimo riconoscimento: le cinque stelle, votate dai passeggeri stessi. La mobilità intelligente, con l’azienda Yunex, che gestisce il traffico in oltre 600 città nel mondo. I servizi alla mobilità, con Telepass e partecipazioni in tecnologie avanzate come il tunnel sotto la Manica (Getlink), dove Mundys ha la partecipazione maggioritaria. Puntiamo su tre pilastri: Valorizzazione del capitale umano, Innovazione, anche grazie alle nostre startup, Sostenibilità, integrata nei modelli di business, non solo proclamata.”
Avete acquisizioni in vista?
Sì, siamo sempre attenti. Il nostro settore si muove soprattutto attraverso acquisizioni. Lo abbiamo dimostrato di recente in Francia e in Spagna acquisendo nuove concessione. I nostri mercati di riferimento sono Europa, America Latina e Nord America.
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