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Rimborsi chilometrici degli associati e deducibilità per lo studio associato


La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4226/2025, ha stabilito l’integrale deducibilità in capo allo studio associato dei rimborsi chilometrici corrisposti agli associati, a ristoro delle spese di trasporto sostenute in occasione di trasferte di lavoro nell’ambito delle quali l’associato ha utilizzato l’autovettura personale. Il dispositivo è particolarmente apprezzabile poiché adotta argomentazioni convincenti e del tutto condivisibili, con la conseguenza che dovrebbe porre la parola fine ai dubbi interpretativi che sono stati fonte di incertezza fino alla sua pubblicazione, con buona pace dell’Amministrazione finanziaria.

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Trattamento ai fini delle imposte dirette dei veicoli “professionali

Il trattamento fiscale delle autovetture e più in generale degli automezzi nell’ambito del reddito di lavoro autonomo è regolato dall’articolo 164, Tuir, norma di carattere speciale.

In sostanza, quindi, trova applicazione per i professionisti la stessa disciplina prevista per le imprese con le particolarità però che:

  1. all’esercente arti e professioni non risultano applicabili le disposizioni inerenti ai veicoli strumentali all’attività, senza perciò limitazioni fiscali. A sostegno di tale orientamento, l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 244/E/2002, ha negato a un professionista (nel caso di specie, un notaio) la possibilità di fruire della totale deduzione del costo e della totale detraibilità dell’Iva riferita all’acquisto di un autocarro per il trasporto di documenti da e verso gli uffici pubblici. Ciò in quanto la possibilità di beneficiare della deduzione integrale del costo e della detrazione integrale dell’Iva sull’acquisto di un veicolo strumentale, sarebbero subordinate alla sussistenza di un rapporto di inerenza tra l’utilizzo del veicolo e l’esercizio dell’attività professionale. Tuttavia, non è possibile, in linea generale, rinvenire una diretta strumentalità tra l’utilizzo di un veicolo e l’attività di un professionista, principalmente basata sull’applicazione delle proprie conoscenze intellettuali. In tal senso, la risoluzione afferma che “la scrivente ritiene, in linea generale, che non sia possibile riscontrare un nesso di diretta strumentalità tra l’utilizzo di un autocarro e lo svolgimento di un’attività professionale, quale quella notarile, che si caratterizza logicamente per il fatto di fondarsi sull’applicazione di energie intellettuali da parte del prestatore del servizio e che viene normalmente esplicata in ambienti organizzati in ufficio”;
  2. è possibile applicare il regime fiscale delle auto aziendali solo per un unico veicolo se l’attività professionale è esercitata individualmente oppure per un veicolo per ogni associato o socio nell’ipotesi in cui l’attività sia svolta in forma associata (ad esempio, come studio associato o associazione professionale).

 

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Intestazione dei veicoli alle associazioni professionali e studi associati

Con la nota n. 51431 dell’11 giugno 2010, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, modificando il precedente orientamento, ha avuto modo di precisare che “per giurisprudenza ormai consolidata, gli Studi associati, ancorché privi di personalità giuridica, costituiscono forme di aggregazione di interessi assimilabili alle associazioni non riconosciute (Cassazione Civile, Sezione III, 13 aprile 2007, n. 8853). Pertanto, ricorrono i presupposti per poter procedere alla intestazione della carta di circolazione direttamente a nome dello Studio associato, con riferimento alla relativa sede, nella persona che ne ha la legale rappresentanza”.

Con ciò quindi il Ministero ha riconosciuto la possibilità per gli studi associati (e associazioni professionali) di essere intestatari di un’autovettura o di altro automezzo.

 

Criteri per la deduzione fiscale

Le disposizioni dell’articolo 164, Tuir, e le connesse limitazione alla deducibilità fiscale, riguardano:

  • le autovetture ex articolo 54, comma 1, lettera a), D.Lgs. 285/1992;
  • gli autocaravan ex articolo 54, comma 1, lettera m), D.Lgs. 285/1992;
  • i motocicli;
  • i ciclomotori;
  • gli aeromobili da turismo, le navi e le imbarcazioni da diporto.

Invece, sono esclusi dall’ambito applicativo della norma:

  • tutti i mezzi di trasporto non a motore (come ad esempio le biciclette);
  • i veicoli non espressamente ivi indicati.

Per quanto riguarda le tipologie di spese da ricomprendere nell’articolo 164, Tuir, il riferimento è a tutti i costi connessi agli automezzi, quali:

  • gli ammortamenti (in caso di acquisto);
  • i canoni di leasing e di noleggio;
  • le spese di utilizzo, come il carburate e i lubrificanti;
  • le spese di custodia (box e autorimesse);
  • le spese di manutenzione e di riparazione;
  • il bollo e il super bollo, laddove applicabile;
  • le spese di assicurazione;
  • l’Iva indetraibile.

Ebbene, tutte queste spese relative a veicoli intestati alla partita Iva del professionista o dello studio associato e utilizzati nell’attività professionale, sono deducibili nel limite del 20% del loro ammontare.

Vi è inoltre un ulteriore vincolo in ordine al costo sostenuto per l’acquisto del veicolo, nonché per i canoni di noleggio e di leasing, che riguarda il plafond massimo di spesa. In altri termini, oltre alla limitazione derivante dall’applicazione dell’aliquota del 20%, si aggiunge l’ulteriore limitazione dettata dal tetto di spesa fiscalmente rilevante ai fini del calcolo dell’ammortamento, del canone di leasing o del canone di noleggio deducibile.

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Ammortamento fiscale

Nel caso di acquisto ordinario del veicolo, non si tiene conto della parte del costo che eccede:

  • 075,99 euro per le autovetture e gli autocaravan;
  • 131,66 euro per i motocicli;
  • 065,83 euro per i ciclomotori.

Ne deriva che l’importo massimo fiscalmente ammortizzabile è individuato come segue.

Veicolo Plafond di spesa % di deducibilità Importo deducibile
Autovetture e autocaravan 18.075,99 euro 20% 3.615,20 euro
Motocicli 4.131,66 euro 20% 826,33 euro
Ciclomotori 2.065,83 euro 20% 413,17 euro

L’ammortamento fiscale ordinario viene effettuato applicando al valore ammortizzabile, definito con le regole e limiti sopra illustrati, gli appositi coefficienti sanciti dal D.M. 31 dicembre 1988, secondo cui per le autovetture, i motoveicoli e simili, trova applicazione un coefficiente di ammortamento fiscale del 25%.

Va poi considerato che per l’esercente arti e professioni:

  • il piano di ammortamento deve seguire il metodo ordinario e quindi a quote costanti;
  • non c’è l’obbligo di effettuare l’ammortamento per il primo esercizio al valore dimezzato della quota;
  • non esiste ragguaglio ad anno nel caso di inizio o cessazione dell’attività nel corso dell’anno.

 

Leasing

In caso di acquisto del veicolo in leasing non si tiene conto dell’ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondenti al costo di detti veicoli che eccede i limiti indicati. Pertanto, per determinare la parte del canone di leasing deducibile occorre:

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  1. moltiplicare la quota capitale dello stesso per il rapporto tra il costo fiscalmente rilevante e il costo del veicolo sostenuto dal concedente. Così, se ad esempio i canoni del periodo d’imposta fossero pari a 12.000 euro e l’autovettura avesse un costo di 45.000 euro, si deve tener conto della parte di canone data dalla formula seguente: 12.000 × 18.075,99/45.000 = 4.820,27;
  2. ragguagliare i limiti al periodo di utilizzazione del veicolo nel periodo d’imposta.

Si evidenzia che, ai sensi del nuovo articolo 54-quinquies, comma 1, Tuir, la deduzione dei canoni di locazione finanziaria degli autoveicoli aziendali (ossia dei beni di cui all’articolo 164, comma 1, lettera b), Tuir) è ammessa per un periodo non inferiore a quello di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito dal D.M. 31 dicembre 1988 (25%, quindi 4 anni/48 mesi).

 

Noleggio

In caso di stipula di un contratto di noleggio, non sono deducibili i costi di noleggio che eccedono:

  • 615,20 euro per le autovetture e gli autocaravan;
  • 774,69 euro per i motocicli;
  • 413,17 euro per i ciclomotori.

Ciò significa che in tutti i casi in cui il canone annuale effettivo di noleggio dell’autovettura superi il plafond di 3.615,20 euro (come è probabile che sia), la deduzione è comunque ancorata al tetto massimo di deducibilità e risulta al più pari a 3.615,20 × 20% = 723,04 euro.

È pur vero, ma questo aspetto va al di là della convenienza fiscale, che in caso di noleggio full service tutti gli adempimenti collegati all’auto, nonché le relative responsabilità, sarebbero caricati in capo alla società di noleggio, la quale generalmente assicura apprezzabili servizi accessori. Il riferimento è:

  • alla manutenzione ordinaria e straordinaria;
  • all’assicurazione;
  • al bollo;
  • al soccorso stradale;
  • alla sostituzione del mezzo in caso di guasti o incidenti.

A ogni modo, qualora si propendesse per la soluzione del noleggio full service, al fine di alzarne la convenienza fiscale, si raccomanda di individuare nel contratto, o in altra documentazione separata, la quota del canone specificatamente riferita alla tariffa del noleggio depurata delle spese per i servizi accessori.

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Solo così facendo, infatti, i servizi accessori non verrebbero computati nel plafond annuo di deducibilità, ossia nei 3.615,20 euro, ma sconterebbero il solo limite di deducibilità del 20% poiché spese relative all’auto. Pertanto, laddove:

  • la tariffa annua del noleggio fosse pari a 5.000 euro; e
  • la spesa annua per i servizi accessori fosse pari a 1.000 euro,

la deduzione spettante sarebbe pari a 3.615,20 × 20% + 1.000 × 20% = 923,04 euro.

 

Rimborsi chilometrici agli associati che utilizzano veicoli privati

È di tutta evidenza che il trattamento fiscale ai fini delle imposte sul reddito applicabile agli automezzi e, in particolare, alle autovetture professionali, quindi acquistate spendendo la partita Iva del professionista o dello studio associato, è tutt’altro che favorevole, comportando una forte limitazione alla deducibilità di tutte le spese relative al mezzo[1].

Ciò indipendentemente dall’uso effettivo dell’autovettura e dunque a nulla rilevando che il mezzo sia destinato per 5 giorni della settimana su 7 a spostamenti per scopi professionali.

Anche per questa ragione, la pratica professionale è da sempre alla ricerca di modalità di gestione alternative delle autovetture utilizzate per lo svolgimento dell’attività; in particolare, la dottrina si è da tempo interrogata sul regime fiscale applicabile ai rimborsi chilometrici corrisposti dallo studio associato agli associati, a ristoro degli spostamenti effettuati a fini professionali con utilizzo dell’autovettura personale.

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Indirizzo della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 4226/2025, ha definitivamente risolto la questione, stabilendo l’integrale deducibilità dei rimborsi chilometrici per l’associazione professionale.

La controversa trae origine da un avviso di accertamento emesso nei confronti di uno studio associato con cui l’Agenzia delle entrate disconosceva la deduzione dell’intero costo di trasporto rimborsato su base chilometrica dall’associazione professionale ai singoli associati (sulla base di schede compilate dagli stessi in relazione a singoli incarichi professionali), che avevano sostenuto la spesa utilizzando i propri mezzi di trasporto, anziché – come ritenuto dall’Agenzia delle entrate – il solo 20% previsto dall’articolo 164, Tuir. In entrambi i gradi di merito l’esito del contezioso è stato sfavorevole al contribuente, che quindi ha proposto ricorso in Cassazione.

Nell’ordinanza in commento la Suprema Corte afferma che:

  1. l’articolo 164, Tuir richiamato dall’Agenzia delle entrate – che va sottolineato si riferisce non specificamente alle spese di trasporto ma in generale alle “spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore” utilizzati dal contribuente – costituisce in effetti una norma speciale rispetto al criterio di deducibilità generale delle spese, dettato invece dall’articolo 54, Tuir e seguenti;
  2. in effetti con l’articolo 164, Tuir il Legislatore ha inteso tener conto dell’uso anche promiscuo del bene intestato all’imprenditore o al professionista (o ad altro titolo dallo stesso utilizzato in via strumentale all’esercizio della professione, dell’arte o dell’impresa), e così ha previsto una limitazione forfettaria della deduzione al 20%, senza che assuma rilevanza la finalità del singolo trasporto, includente anche le spese di acquisto e manutenzione e in generale tutte le componenti negative riconducibili ai mezzi di trasporto in proprietà;
  3. deve dedursene che tale disposizione non osta alla deduzione di specifiche e comprovate spese di trasporto riconducibili a mezzi di terzi soggetti, e in particolare di proprietà dei singoli associati, ricorrendo ovviamente i presupposti della disciplina generale e nello specifico l’inerenza all’attività propria dell’associazione (o dell’impresa);
  4. l’argomento addotto dall’Agenzia delle entrate, secondo cui la limitazione percentuale contenuta nell’articolo 164, Tuir si riferirebbe anche a veicoli in proprietà degli associati in quanto facente riferimento a mezzi “utilizzati” nell’esercizio di imprese, arti e professioni, non rileva, poiché il termine allude alla natura strumentale del bene rispetto all’impresa o, nel caso di specie, all’associazione professionale, e d’altronde come detto attiene in generale a tutte le spese e alle componenti negative riconducibili al mezzo, il che evidentemente non può riguardare mezzi di terzi;
  5. d’altronde, a riprova che la norma non costituisce l’unica forma di deduzione delle spese di trasporto, vale il fatto che, se da un lato l’articolo 164, Tuir disciplina l’ipotesi di uso promiscuo di veicolo aziendale da parte del dipendente, a cui lo stesso viene consegnato, dall’altro l’articolo 95, Tuir configura espressamente l’ipotesi di rimborso delle spese di trasporto affrontate dal dipendente autorizzato all’utilizzo del mezzo proprio, le quali sono deducibili non nella misura di cui all’articolo 164, Tuir, bensì appunto in quella di cui all’articolo 95, Tuir;
  6. da ciò deriva che, ricorrendo la stretta strumentalità della spesa di trasporto all’attività professionale propria dell’associazione (o a seconda dei casi dell’impresa), ove il trasporto sia effettuato con mezzo proprio dell’associato, la stessa sarà integralmente deducibile (in tal senso viene citata l’ordinanza della Cassazione n. 776/2022) in quanto assoggettata non alla norma speciale – propria di beni strumentali che però appunto possono essere adibiti anche ad altri usi – di cui all’articolo 164, Tuir, ma a quella generale di cui all’articolo 54, Tuir e seguenti.

Tutto ciò considerato la Corte di Cassazione arriva ad affermare il seguente principio di diritto: “Ricorrendo il requisito della stretta strumentalità della spesa all’attività professionale propria dell’associazione, il cui onere della prova grava sul contribuente, ove il trasporto sia effettuato con mezzo proprio di un singolo professionista associato, la spesa stessa sarà deducibile integralmente da parte dell’associazione professionale che l’abbia rimborsata, restando la previsione circa la deducibilità limitata al 40% delle spese e degli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto utilizzati riconducibile alla diversa ipotesi dei veicoli strumentali all’attività dell’associazione professionale”.

 

Rilevanza dell’ordinanza

L’ultima pronuncia della Corte di Cassazione è di assoluta rilevanza poiché la giurisprudenza di legittimità, seppur sancendo l’ammissibilità della deduzione dei rimborsi chilometrici, si era espressa in passato in modo non del tutto coerente. Il riferimento è, ad esempio, all’ordinanza n. 2831/2022 in cui la Suprema Corte ha ricondotto la deducibilità dei rimborsi chilometrici all’ambito applicativo dell’articolo 164, Tuir. In questa circostanza, infatti, le spese relative ad autovetture, anche non di proprietà, erano state ritenute deducibili secondo le disposizioni previste dalla disciplina speciale dettata dall’articolo 164, Tuir, quindi, in misura integrale per i veicoli destinati a essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività dell’impresa o professionale, mentre in misura parziale nella generalità dei casi ossia per i veicoli aziendali.

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Invece, l’ordinanza n. 4226/2025 certifica l’esistenza di una differenza sostanziale nei presupposti degli articoli 164 e 54, Tuir:

  • l’articolo 164, Tuir fissa un criterio forfettario di deducibilità riferito a tutti i costi degli automezzi, nella presunzione assoluta che gli stessi vengano utilizzati promiscuamente e a nulla rilevando invece l’utilizzo effettivo e quindi la reale inerenza all’attività professionale o d’impresa;
  • l’articolo 54, (e seguenti) Tuir consente la deduzione della spesa in funzione dell’inerenza oggettiva, risultando il rimborso chilometrico integralmente deducibile quando funzionale allo svolgimento dell’attività.

Va da sé che la deducibilità piena del rimborso chilometrico deve essere supportata da idonea documentazione probante l’effettiva inerenza. Ad esempio, nel caso dell’ordinanza n. 4226/2025, gli associati avevano compilato delle schede che collegavano il singolo rimborso con lo specifico incarico professionale o, comunque, con la singola trasferta. Ciò peraltro è funzionale anche a consentire il monitoraggio della modalità di calcolo del singolo rimborso, l’entità del quale dipende:

  • dai chilometri percorsi nell’ambito della trasferta;
  • dalla tipologia di mezzo utilizzato. È noto, infatti, che il valore del rimborso per chilometro varia a seconda della categoria dell’auto.

È appena il caso di evidenziare poi che il meccanismo dei rimborsi chilometrici, se ben gestito, è vantaggioso sotto il profilo fiscale non solo perché consente la deduzione integrale della spesa in capo all’associazione professionale, ma anche perché il rimborso risulta totalmente detassato in capo all’associato.

 

Nuovo obbligo di tracciabilità

Gli effetti dell’ordinanza n. 4226/2025 vanno coordinati con i nuovi obblighi introdotti dalla Legge di Bilancio 2025 che, nell’ambito della disciplina del reddito di lavoro autonomo, legano la deducibilità dei rimborsi analitici in capo al datore di lavoro o al committente alla tracciabilità del pagamento.

Infatti, si ricorda che dal 1° gennaio 2025, per effetto dei commi 81-83 dell’articolo 1, L. 207/2024, i rimborsi analitici relativi alle spese di viaggio e trasporto, sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi, sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo del datore di lavoro o del committente a condizione che le spese medesime siano pagate con modalità tracciate.

Pertanto, l’assenza del pagamento tracciato rende il rimborso analitico indeducibile in capo al datore di lavoro o al committente.

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Siccome per definizione l’indennità chilometrica ha natura di rimborso, l’Amministrazione finanziaria potrebbe ritenere applicabile la nuova disciplina anche ai rimborsi chilometrici. A parere di chi scrive, tuttavia, alla luce del tenore letterale della norma, l’obbligo di tracciabilità non dovrebbe riguardare i rimborsi chilometrici corrisposti dallo studio associato in favore degli associati, poiché questi ultimi non sono né dipendenti, né lavori autonomi (pure nell’ipotesi in cui essi siano dotati di partita Iva per espletamento di altri incarichi). Trattandosi però di una disciplina nuova e controversa, si consiglia l’adozione di un comportamento cautelativo e prudenziale, con la conseguenza che, quantomeno nelle more degli opportuni chiarimenti ufficiali, è preferibile che la corresponsione dei rimborsi chilometri agli associati avvenga con metodi tracciabili.

[1] Lo stesso vale ai fini Irap, siccome la relativa disciplina segue le regole proprie dell’Irpef. Pertanto, ad esempio, i costi sostenuti per l’acquisto dell’autoveicolo risultano attualmente deducibili ai fini Irap nella quota del 20%, nel limite massimo del costo di 18.075,99 euro. Si evidenza, peraltro, che a decorrere dal 2022 l’Irap non è più dovuta dalle persone fisiche esercenti arti e professioni; rimane comunque assoggettato ad Irap l’esercizio di arti e professioni in forma associata.



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