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Perché sfruttare il procurement per la crescita: ecco i consigli


Mentre i governi di tutto il mondo si affannano per trovare più fondi da investire in tecnologia e difesa in un contesto globale sempre più diviso, rischiano di trascurare uno strumento essenziale e spesso mal utilizzato: il procurement.

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Il procurement pubblico è il meccanismo attraverso cui i governi acquisiscono gran parte di ciò di cui hanno bisogno. Questo termine “ombrello” include tutto: dalla cancelleria agli armamenti militari, fino alle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale generativa. La sua scala è enorme: secondo l’OCSE, il procurement pubblico rappresenta il 12% del PIL annuo delle economie sviluppate. È più di quanto l’Europa abbia speso per rispondere alla pandemia da COVID-19.

Perché il procurement spinge la crescita

Fare bene procurement è fondamentale per la produttività e l’efficienza. Eppure, raramente viene considerato una priorità. Più spesso è trattato come una funzione burocratica di secondo piano, piuttosto che come uno strumento di investimento strategico. In molti casi è diventato sinonimo di assurdità: un accumulo di regole così complesso da risultare incomprensibile persino a chi le amministra, il che genera l’incentivo perverso a fare la cosa meno rischiosa possibile per evitare responsabilità personali. Di conseguenza, i governi finiscono per acquistare tecnologie obsolete che li rendono vulnerabili, e poiché l’innovazione evolve rapidamente, costringe i governi ad acquistare sempre tecnologia nuova.. E così il ciclo si ripete, i budget lievitano e le capacità pubbliche si riducono.

Non a caso, nelle sue linee guida politiche per la prossima Commissione Europea, la presidente eletta Ursula von der Leyen ha sottolineato: “Un guadagno di efficienza dell’1% nel procurement pubblico potrebbe far risparmiare 20 miliardi di euro l’anno. Ed è una delle leve principali per sviluppare beni e servizi innovativi e creare mercati nuovi  nelle tecnologie pulite e strategiche”.

Tecnologia e procurement

Ma come fare? In un’epoca di rapido cambiamento tecnologico, anche il procurement è diventato più complesso. L’elenco delle tecnologie che i governi considerano critiche si è ampliato: ora include il calcolo avanzato (quantistico incluso), le biotecnologie e, naturalmente, l’IA. Queste tecnologie hanno in comune lo sviluppo esponenziale: una sola svolta può cambiare tutto.

Eppure il procurement pubblico è ancora un processo da “mattone e cemento”, adatto più all’acquisto all’ingrosso di beni chiaramente descrivibili, da registrare e archiviare. Ma l’innovazione è diversa: oggi non sai cosa sarà possibile domani, anche se sei tu a sviluppare la tecnologia. Come dice Jennifer Pahlka, mentre i governi lavorano per progetti una tantum, l’innovazione è fatta di prodotti in continuo cambiamento e spesso inesistenti solo qualche mese prima.

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Chi si occupa di procurement di queste tecnologie non è un tecnologo. Solo nel 38% dei paesi OCSE il procurement è una professione. Quindi, anche se gli operatori pubblici avessero l’incentivo a sperimentare, non avrebbero comunque le competenze. Ci sono poche eccezioni, come la DARPA: la celebre agenzia statunitense che ha dato origine a Internet e al GPS – recentemente copiata  anche da Germania e Regno Unito – recluta esperti per incarichi temporanei nel settore pubblico per supporto al procurement, allo scopo di avere un impatto duraturo. Ma sono eccezioni, appunto.

Poiché le tecnologie si sviluppano in modo esponenziale e la capacità istituzionale decresce in modo lineare, i governi rischiano un divario sempre più ampio. Colmarlo richiede più di una riforma delle procedure di acquisto: servirà, nella maggior parte dei casi, costruire istituzioni nuove e diverse.

I tre passaggi per sfruttare il procurement per la crescita

Si propone quindi che i sistemi di procurement siano come un buon software: fluidi, flessibili e in continua evoluzione. Realizzare questa trasformazione richiede più di un cambiamento di regole, bensì tre passaggi.

Le persone giuste nei ruoli giusti

Troppo spesso, chi utilizza i beni acquistati non è coinvolto nel processo di procurement, con il risultato di acquisti sub-ottimali e contratti sottoutilizzati. Più istituzioni dovrebbero replicare l’approccio “tour of duty” della DARPA, dove chi acquista è un esperto del settore, e si occupa non solo della commissione ma anche della gestione e manutenzione per l’intero ciclo di vita del prodotto.

Il procurement dovrebbe essere una funzione strategica, con piani di carriera chiari, incentivi e riconoscimenti. Uno studio sui contratti federali USA dimostra che anche un piccolo miglioramento delle competenze riduce significativamente i costi, i tempi e la complessità. Gli ufficiali di procurement dovrebbero essere formati come product manager.

Il procurement deve diventare un lavoro analitico

Oggi, lo stile “compra e archivia” porta a contratti inutilizzati. Le decisioni motivate dal risparmio immediato non sono bilanciate da un ritorno sull’investimento misurabile. E anche quando lo fossero, spesso manca un sistema preciso per calcolarlo.

Per cogliere i vantaggi dell’IA – efficienza, previsione dei bisogni, negoziazioni semplificate – le istituzioni pubbliche devono dotarsi di un ambiente dati federato. Le grandi aziende lo fanno già, e il settore pubblico può fare lo stesso.

Un’infrastruttura dati integrata, trasparente e accurata permetterebbe alle istituzioni pubbliche di negoziare da una posizione di forza. Oggi, i fornitori hanno spesso dati migliori degli acquirenti sullo storico degli acquisti. Il procurement dovrebbe riequilibrare questa asimmetria informativa. Troppo spesso, ad esempio, i contratti in ambito IA non concedono ai governi il diritto di esaminare gli algoritmi o i dati usati per addestrarli. Così, rischiano di essere accusati di eventuali errori, senza poterli comprendere.

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Il procurement come un portafoglio di opzioni istituzionali

La velocità dello sviluppo tecnologico rende qualsiasi modello fisso rapidamente obsoleto. Le istituzioni vanno adattate al contesto, al sistema e alla tecnologia. Acquistare servizi cloud non può essere come acquistare vaccini.

A seconda dell’obiettivo e della maturità del mercato, i sistemi pubblici dovranno svolgere funzioni diverse. Alcuni orchestreranno il procurement come infrastruttura, come nel caso della Digital Public Infrastructure indiana. Altri agiranno come broker di servizi cloud, aggregando competenze, come i Dynamic Purchasing Systems. Ci saranno acceleratori per tecnologie più scientifiche che ingegneristiche, ma promettenti, e task force R&D che arbitreranno tra valori in conflitto nel sistema.

Un software che si aggiorna troppo lentamente viene superato dai concorrenti, diventa vulnerabile e viene abbandonato dagli utenti. Lo stesso può accadere alle istituzioni. Se i riformatori non ricodificano urgentemente i loro sistemi di procurement, rischiano che la loro capacità di adottare e diffondere innovazione collassi in una crisi irreversibile.

Note


Articolo scritto partendo da una riflessione presente nella newslettere Ministry of Experiment di Leonardo Quattrucci..



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