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Il ruolo apripista del mondo bancario e la necessaria “spinta gentile” verso la sostenibilità


Questa è la nuova puntata della rubrica mensile Insights – Il punto di Pierangelo Soldavini, un’analisi a firma del noto giornalista italiano esperto di economia e innovazione. Qui puoi leggere le precedenti puntate.

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L’Unione Europea rallenta il passo del Green Deal mitigando le misure e riducendo le ambizioni. Intanto sull’altra sponda dell’Atlantico la nuova amministrazione americana rimette in discussione l’intera architettura della decarbonizzazione, eliminando qualsiasi misura all’insegna della sostenibilità e negando l’esistenza stessa di un climate change. Che succede? Quella sostenibilità di cui tanto si parlava fino a ieri come componente strategica per qualsiasi tipo di azienda, all’insegna di una nuova responsabilità sociale delle imprese di fronte alle persone e all’umanità per affrontare le sfide derivanti dall’impatto dell’essere umano sulla Terra. 

È ancora troppo presto per sapere quando sarà quest’anno l’Overshoot Day, il giorno in cui il genere umano arriva a consumare le risorse naturali globali (nel 2024 era arrivato il 1° agosto), ma intanto l’Italia ha già esaurito le risorse a sua disposizione e dal 6 maggio vive a credito. Di anno in anno questa data si anticipa, segnalando che il genere umano continua a vivere al di sopra delle possibilità offerte dalla natura. Questo per dire che quell’emergenza su cui si basa l’urgenza di un’azione tempestiva ed efficace per decarbonizzare l’economia mondiale e contenere drasticamente l’impatto sull’ecosistema terrestre non è certo venuta meno. La sfida che si nasconde dietro la sigla ESG – sostenibilità ambientale, sociale e di governance – non è venuta meno. Così come invariata è anche la sensibilità di buona parte della popolazione nei confronti di questi temi, che impone alle aziende di fare della sostenibilità una componente fondamentale della propria strategia, in nome di una responsabilità sociale diventata parte integrante del brand. Ma allora cosa è successo? A essere variata – e di molto – è la sensibilità politica nei confronti di questi temi, troppo spesso condizionata da interventi privi di una comunicazione adeguata e percepiti alla fine dalle aziende e dai consumatori come costrizioni non condivise e vincolanti in termini economici. In effetti l’Europa non ha rinnegato gli obiettivi – fin troppo ambiziosi, ma dettati dal senso di urgenza di un’azione che garantisca risultati tempestivi – di sostenibilità e di decarbonizzazione alla base del Green Deal. Ma ha dovuto riconoscere l’opportunità di delineare un percorso più pragmatico in grado di coniugare le esigenze legate alla competitività dell’industria con quelle ambientali del pianeta Terra. Così è stato per l’industria automobilistica, che per contro si confronta con una concorrenza cinese che sta spingendo sull’abbandono dei carburanti fossili, e per la reportistica aziendale modificata con modalità stringenti dalla direttiva CSRD. Bruxelles ha corretto la rotta su quest’ultimo punto eliminando l’obbligo per l’80% delle imprese europee e semplificando le regole connesse.

Questo senz’altro riduce le ansie delle aziende, ma non elimina le opportunità connesse a questi temi. Il cambio di rotta non contraddice l’obiettivo ultimo di lungo periodo, ma interviene sulla tattica di breve. Con una considerazione necessaria: il lungo periodo non può essere troppo lungo, dal momento che gli effetti del cambiamento climatico sono evidenti e rischiano di diventare irreversibili. Quindi si tratta di accompagnare le aziende non tanto con obblighi stingenti, ma con una “spinta gentile” che le porti a modificarne le strategie in ottica sostenibile, facendo leva non tanto sulla base della compliance, quanto sulla creazione di valore e di mitigazione del rischio.

In questa chiave il settore finanziario risulta cruciale in diversi ambiti. Da una parte l’innovazione diventa fondamentale. Già oggi le fintech nascono integrando nativamente le metriche ESG nelle loro offerte, dimostrando in maniera concreta il valore per gli investitori e allineandosi a quelle che rimangono le aspettative dei consumatori. Le tecnologie risultano cruciali, a partire dall’intelligenza artificiale, per rendere più efficienti tutti i processi anche dal punto di vista della bilancia di sostenibilità. Proprio l’AI, però, dimostra con i suoi enormi consumi che l’utilizzo non può essere indiscriminato, ma come debba tenere conto in primo luogo dell’efficienza in termini energetici. Dal punto di vista dei pagamenti la programmabilità può rendere più efficienti settori ad alta crescita come utilities, gig economy e servizi su abbonamento, ma anche in questo caso si tratta di bilanciare l’impatto della blockchain. Non c’è dubbio che la flessibilità, la trasparenza e la semplicità dei servizi vadano coniugate con equità e sostenibilità. Questo per i consumatori diventa fondamentale, mentre per le aziende si tramuta in riduzione dei costi e aumento dei ricavi.

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Ma c’è un altro aspetto in cui anche gli operatori più tradizionali dei servizi finanziari possono cogliere opportunità concrete. Le esigenze legate alla compliance regolamentare in capo alle aziende, così come la “spinta gentile” verso il valore della sostenibilità, si inseriscono in una realtà in cui sempre più le banche sono chiamate ad affiancare e accompagnare le imprese per affrontare la complessità del reale, in un mercato in cui il mix di incertezze economiche, geopolitiche, regolamentari e tecnologiche crea un clima di grande confusione e disorientamento. In questo scenario la banca non si può più limitare a fare la banca, ma può – e deve – uscire dal suo ruolo tradizionale mettendo le sue competenze al servizio delle imprese, accompagnandole in un’ottica quasi educativa su fronti come quello della sostenibilità. Il bilancio di sostenibilità, anche se non obbligatorio, può permettere all’azienda di scoprire il valore di un terreno inesplorato.  Per la banca c’è una ricaduta evidente in termini di valutazione più efficace e realistica dei rischi legati all’ambiente e agli eventi per i propri clienti. Ma c’è anche l’opportunità concreta di sfruttare la sostenibilità come base su cui costruire una relazione di fiducia con le aziende che potrà pagare sul lungo periodo.



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