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Farmaceutica: 11 mld di export ‘made in Toscana’, l’appello


Non solo tessuti, pellame e alta moda. Con Firenze, Siena, Pisa e Lucca tra le prime 30 province in Italia per export e occupazione nel pharma, gli 11 miliardi di esportazioni nel 2024 fanno della Toscana una delle culle della farmaceutica italiana, un settore che ha raggiunto la cifra record di 54 miliardi di export.

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Inoltre l’export del pharma rappresenta più del 90% di quello hi-tech regionale e negli ultimi 5 anni è quadruplicato, grazie alla presenza sul territorio di alcune tra le più importanti aziende del settore.

Messe in fila, in Toscana si contano oltre 20 imprese farmaceutiche, con 15 siti di produzione e 13 centri ricerca, come è stato sottolineato in occasione del roadshow di Farmindustria ‘Innovazione e Produzione di Valore. L’industria del farmaco: un patrimonio che l’Italia non può perdere’, in corso presso i Laboratori Guidotti di Pisa. Città che ospita 4 imprese del Gruppo Menarini.

La farmaceutica è “una punta di diamante dell’economia”, rivendica Lucia Aleotti, azionista e membro del Cda Menarini. Importante, considerato che in questo periodo settori come il tessile, tradizionalmente forti in Toscana, fanno fatica.

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Non è un caso, dunque, che il presidente di Farmindustria Marcello Cattani, lanci proprio da Pisa un appello alle istituzioni:È il momento di definire una strategia sulla farmaceutica e le life sciences in Italia, che riformi in modo più moderno e adatto al nuovo contesto la governance della spesa e il quadro degli incentivi agli investimenti. Solo così si potranno affrontare le sfide di un mondo nuovo, con un’industria farmaceutica in grado di rispondere alla domanda di salute, di crescita e di sicurezza”.

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Un settore vivace, innovativo e di eccellenza, che però si trova ad affrontare le ombre dei dazi di Trump, il nuovo ordine esecutivo sul taglio dei prezzi e le sfide geopolitiche.

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Una delle regioni della farmaceutica e il caso payback

“La Toscana è un fiore all’occhiello dell’industria farmaceutica in Italia”, sottolinea ancora Marcello Cattani. Il territorio vanta “aziende a capitale nazionale, altamente internazionalizzate, aziende a capitale estero, con una chiara identità italiana, Pmi all’avanguardia; stabilimenti di produzione che esportano in tutto il mondo, centri di ricerca che collaborano sinergicamente anche con strutture pubbliche in una logica di open innovation”. Insomma, è un “esempio di eccellenza di un settore di eccellenza. Non è un caso che l’export farmaceutico generato nella regione sia un quinto di quello totale made in Italy”.

La farmaceutica nel 2024 risulta il secondo settore per valore delle esportazioni nella Regione, dopo comparti come tessile e abbigliamento. “È inutile che parli di payback – dice ai giornalisti Cattani – Una tassa sopra le tasse, e il mio sconforto e assistere a presidenti di Regione che festeggiano quando il Tar respinge il ricorso delle imprese. Voglio vedere che faranno quando le aziende saranno costrette ai licenziamenti”, aggiuge alludendo agli ultimi eventi sui dispositivi medici.

“Ma anche l’industria farmaceutica paga un prezzo salatissimo”, continua il presidente di Farmindustria, auspicando il superamento di questo meccanismo e una nuova governance. “Crediamo che questo sia il momento giusto”, aggiungesottolineando l’attenzione e l’”ottima collaborazione” con il Governo. Anche perchè occorre che l’Italia si attrezzi per attrarre investimenti, anche dall’estero.

E il 2025? ‘Sta andando benissimo’

Intanto, nonostante le ombre della geopolitica, nel 2025 la farmaceutica italiana “sta andando benissimo”, assicura Cattani rispondendo a una domanda di Fortune Italia. Con il “+32% nell’export a gennaio-febbraio. Siamo dei serpenti, ogni anno cambiamo pelle grazie all’innovazione e alla tecnologia. Il segreto di questa industria è la capacità di fare innovazione grazie a competenze specifiche che abbiamo da Nord a Sud e da Est a Ovest”. Ma anche l’Europa deve reagire, “con meno regole” miopi che non devono incidere in peggio sulla proprietà intellettuale e rallentare il cammini delle imprese.

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Qualche numero del pharma toscano e l’impegno del ministero

Ma vediamo meglio i numeri. Gli addetti sono 8.000, con oltre 1.100 in Ricerca, il 15% del totale nazionale: la Toscana è al 3° posto in Italia per occupati in R&S. Un dato che, insieme agli investimenti di oltre 300 mln di euro l’anno, evidenzia l’elevata specializzazione in R&S. Inoltre dobbiamo tener conto di altri 9.400 addetti nelle imprese dell’indotto. “La Toscana è la terza regione in Italia per produzione farmaceutica”, ricorda il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, che a margine dell’incontro di Pisa rivendica il “pacchetto” di interventi del Governo nel settore e raccoglie la richiesta delle imprese.

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“Sul payback in accordo col Mef entro 4 settimane insedieremo un tavolo che affronti il problema”, assicura Gemmato.

La corsa del pharma italiano

“L’industria farmaceutica – rivendica Cattani – si configura come una realtà trainante per la crescita dell’intera economia e di ogni singolo territorio. Così come per la sicurezza nazionale, in un periodo molto difficile e confuso, che vede un’accesa competizione globale anche nel campo della salute. Abbiamo imprese all’avanguardia, abbiamo i talenti – le nostre risorse umane – abbiamo le competenze, abbiamo un Servizio Sanitario Nazionale che è un unicum nel panorama mondiale. E una maggiore stabilità del quadro politico rispetto ad altri Paesi. Possiamo essere protagonisti, e noi vogliamo esserlo. Siamo al fianco del Governo e di quelle realtà regionali e locali che vogliono recuperare il terreno perduto per giocare un ruolo di primo piano in uno scenario internazionale sempre più competitivo”. 

Quanto all’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), la sfida invece “è restare al passo con l’innovazione”, come ha detto il presidente Robert Nisticò, sottolineando anche come la sua Agenzia lavori a questo, anche in collaborazione con il mondo universitario, ma sia “sottodimensionata”, pur avendo “ottime professionalità. Non è solo un problema di numeri, ma anche di investire in formazione e competenze”. Conciliando le novità della ricerca con l’armonizzazione regolatoria. “L’accesso è una tematica importante, ma l’Italia è il secondo Paese dopo la Germania nell’assocurare l’arrivo sul mercato e ai pazienti dei farmaci approvati da Ema. Dobbiamo spingere sui tempi, per favorire l’accesso precoce, specie dove non ci sono opzioni di cura”. Nisticò ha in mente un sistema “più flessibile e meno rigido. La sfida maggiore è adattarci per essere al passo coi tempi in un momento di grande trasformazione”.

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