Conquistare terreno sul fronte della politica per superare gli eventuali ostacoli giudiziari. Sembra essere questa la strategia delle aziende di intelligenza artificiale fronte alla sempre più agguerrita difesa dei contenuti da parte dei titolari dei diritti. Ora supportata dal presidente Trump.
Negli ultimi due anni abbiamo avuto modo di apprendere sempre più spesso quali sono le posizioni delle tech sul fronte dello sviluppo dell’AI generativa e sicuramente contengono elementi di forte preoccupazione.
Il report copyright e AI negli USA e la reazione Trump
Ma paradossalmente un fronte interno per le piattaforme statunitensi è emerso negli ultimi giorni, in ambito del copyright relativo all’intelligenza artificiale.
La pre- pubblicazione del report “Copyright and Artificial Intelligence Part 3: Generative AI Training” da parte del Copyright Office ha colpito al cuore le teorie sull’estensione indiscriminata del fair use ai contenuti utilizzati per l’addestramento.
Non ha sorpreso gli esperti come l’Ufficio del Copyright abbia sancito che che la creazione di un dataset di addestramento utilizzando opere protette da copyright “implichi chiaramente il diritto di riproduzione”, rendendolo presumibilmente in violazione a meno che non si applichi una difesa come l’uso corretto.
Come giustamente è stato osservato, i programmatori di solito creano più copie di opere protette durante il processo di addestramento: scaricando, riformattando, trasferendo tra sistemi e incorporandole nei dataset di addestramento. E quando un modello addestrato genera in seguito output che riproducono o somiglia da vicino a contenuti protetti da copyright, diversi diritti esclusivi del titolare del copyright possono essere coinvolti anche in quella situazione.
Le conclusioni del Copyright Office sono rilevanti e possono avere un impatto significativo nell’orientare anche i procedimenti giudiziari federali.
La determinazione dell’uso lecito richiede di bilanciare più fattori statutari alla luce di tutte le circostanze rilevanti. Sebbene non sia possibile anticipare il risultato in un caso particolare, i precedenti supportano le seguenti osservazioni generali:
- I vari utilizzi delle opere protette da copyright nell’addestramento dell’IA sono probabilmente trasformativi. Tuttavia, il grado in cui siano equi (fair) dipenderà da quali opere sono state utilizzate, da quale fonte, per quale scopo e con quali controlli sui risultati, tutti fattori che possono influenzare il mercato.
- Quando un modello è utilizzato per scopi come analisi o ricerca – i tipi di utilizzo che sono critici per la competitività internazionale – gli output difficilmente sostituiranno le opere espressive utilizzate nella formazione.
- Ma fare un uso commerciale di vasti archivi di opere protette da copyright per produrre contenuti espressivi che competono con esse nei mercati esistenti, specialmente quando ciò avviene attraverso accessi illegali, supera i confini del fair use stabiliti.
Secondo il Copyright Office per quegli utilizzi che potrebbero non qualificarsi come fair use, soluzioni pratiche sono fondamentali per supportare l’innovazione continua. Gli accordi di licenza per la formazione dell’IA, sia individuali che collettivi, stanno rapidamente emergendo in alcuni settori, sebbene la loro disponibilità finora sia incoerente.
Data la forte crescita delle licenze volontarie, così come la mancanza di supporto da parte dei portatori di interessi per qualsiasi cambiamento normativo, l’Ufficio ritiene che un intervento del governo sarebbe prematuro in questo momento.
La visione del Copyright Office, molto vicina a quella dei titolari dei diritti che hanno semprre spinto per l’individuazione di modelli di licenza finalizzati a remunerare la filiera, non deve essere piaciuta a chi oggi siede nelle stanze della Casa Bianca e vuole orientare la linea di indebolimento delle riserve dei diritti di proprietà intellettuale.
Trump licenzia
Due giorni dopo la pubblicazione del report, è arrivato, da parte dell’amministrazione di Trump il licenziamento della Bibliotecaria del Congresso Carla Hayden e della Register of Copyrights Shira Perlmutter. Le due figure più rilevanti negli Stati Uniti nell’esaminare le questioni legate alla legge sul copyright e alle politiche sollevate dall’intelligenza artificiale (IA), incluso l’ambito del copyright nelle opere generate dall’IA e l’uso di materiali protetti da copyright nell’addestramento dell’IA.
Una coincidenza?
Sicuramente un fatto molto strano, viste le posizioni citate dei mogul delle piattaforme per non suscitare sospetti e sollevare forti timori sul futuro della protezione del copyright negli Stati Uniti nell’era dell’intelligenza artificiale.
Infatti, da OpenAI, a Microsoft, da Google a Meta, l’offensiva per diffondere una serie di messaggi sulla necessità di impiegare liberamente i contenuti per l’addestramento delle piattaforme si è fatta sempre più imponente.
Big tech AI contro il copyright
OpenAI lo ha evidenziato già nell’audizione alla Camera dei Lords britannica a gennaio 2024. L’ex CTO di OpenAI Mira Murati lo ha ammesso nell’ intervista con The Wall Street Journal a marzo 2024. Lo stesso concetto è stato promosso dal CEO di Microsoft AI Mustafa Suleyman nel giugno 2024 e ripresa dal CEO di Microsoft Satya Nadella nell’ottobre 2024, successivamente sviluppata dall’Istituto Tony Blair in un rapporto pro-tecnologia sull’IA e sul copyright nell’aprile 2025.
Google che nell’aprile 2025 ha dichiarato nella sua risposta alla consultazione del Regno Unito su IA e copyright che “non ci sono copie di contenuti nel modello stesso”. Tuttavia, nell’ottobre 2024, il whistleblower di OpenAI Suchir Balaji ha affermato che “il processo di addestramento di un modello generativo comporta la creazione di copie di dati protetti da copyright”.
Meta lo ha confermato in altre occasioni: l’impiego di contenuti protetti per l’addestramento è “fair use”. Negarlo produrrebbe effetti devastanti sullo sviluppo dell’AI e metterebbe in crisi la competizione globale degli Stati Uniti contro i colossi cinesi.
Lo scontro di Usa e big tech con l’Europa sul copyright AI
Questa linea è stata portata all’interno dell’amministrazione Trump dove gli over-the-top stanno sicuramente cercando di accreditarla come la posizione ufficiale, sia sul piano nazionale, sia sul fronte internazionale, ad esempio in Europa, dove l’obiettivo è quello di colpire la regolamentazione europea in materia di AI che ha previsto che utilizzo di contenuti protetti da diritto d’autore richiede l’autorizzazione del titolare dei diritti interessato, salvo se si applicano eccezioni e limitazioni pertinenti al diritto d’autore.
I fornitori di modelli di IA per finalità generali dovrebbero mettere in atto una politica volta a rispettare il diritto dell’Unione Europea in materia di diritto d’autore e diritti connessi, in particolare per individuare e rispettare la riserva dei diritti espresse dai titolari dei diritti a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2019/790. Qualsiasi fornitore che immetta sul mercato dell’Unione un modello di IA per finalità generali dovrebbe rispettare tale obbligo, indipendentemente dalla giurisdizione in cui hanno luogo gli atti pertinenti in materia di diritto d’autore alla base dell’addestramento di tali modelli di IA per finalità generali.
Inoltre, sempre secondo l’AI Act, al fine di aumentare la trasparenza sui dati utilizzati nelle fasi di pre-addestramento e addestramento dei modelli di IA per finalità generali, compresi testo e dati protetti dalla normativa sul diritto d’autore, è opportuno che i fornitori di tali modelli elaborino e mettano a disposizione del pubblico una sintesi sufficientemente dettagliata dei contenuti utilizzati per l’addestramento del modello di IA per finalità generali.
Queste previsioni sono ovviamente oggetto di pesanti attacchi che si sono moltiplicati dall’insediamento di Trump.
Con gli esiti che vediamo oggi.
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