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Attivazione imprenditoriale, Italia al 34esimo posto


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La presentazione del Rapporto Gem – Archivio

L’Italia si posiziona al 34esimo posto nel ranking mondiale per la propensione imprenditoriale, con una significativa diminuzione della tendenza ad avviare nuove imprese negli ultimi dieci anni. In particolare, il settore manifatturiero ha registrato una contrazione ancora più marcata: nell’ultimo biennio il numero di nuove imprese si è attestato tra il 75% e l’80% di quello registrato nel 2010. Un dato ancora più preoccupante emerge nel campo delle imprese manifatturiere, il cui livello nel 2024 è di poco superiore al 60% rispetto al 2010, evidenziando una forte difficoltà nel rinnovamento di questo settore cruciale per l’economia del Paese. È quanto emerge dal Rapporto Gem Italia 2024- 2025 presentato oggi da Universitas Mercatorum – l’Università delle Camere di commercio italiane del Gruppo Multiversity – a Roma, presso gli Horti Sallustiani.

Negli anni, il Gem-Global Entrepreneurship Monitor è divenuto il principale strumento di studio dell’attività imprenditoriale a livello mondiale affermandosi come punto di riferimento autorevole per la ricerca accademica e per i policy maker. L’indagine, relativa al 2024, ha interessato 51 Paesi con interviste dirette a oltre 100mila individui e, in Italia, ha coinvolto 2mila persone nel corso del 2024.

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Il report, ideato per fornire una panoramica approfondita della situazione imprenditoriale italiana, evidenzia sfide e opportunità attuali e future con l’obiettivo di promuovere una maggiore attività imprenditoriale nel Paese.

«Malgrado la ripresa degli ultimi anni, l’indagine Gem mostra un dato allarmante: l’Italia rimane fra i paesi a più bassa propensione imprenditoriale e tra quelli nei quali è più ampio il gap fra la tendenza imprenditoriale della popolazione e l’effettiva attivazione di nuove imprese – spiega Alessandra Micozzi, professoressa ordinaria di Economia Applicata presso Universitas Mercatorum e coordinatrice del Team Gem Italia -. Un elemento particolarmente interessante, evidenziato dagli esperti, è il ritardo dell’Italia nella formazione imprenditoriale. Questo dato, dal punto di vista accademico e politico, ci invita a una riflessione profonda: è indispensabile integrare l’educazione all’imprenditorialità e per l’imprenditorialità all’interno del sistema scolastico e universitario. Proprio in questa direzione si inserisce l’iniziativa della nostra Università, che nel luglio 2024 ha attivato il Contamination Lab, un programma di alta formazione imprenditoriale aperto a studenti, dottorandi e assegnisti, la cui seconda edizione è già prevista per il 2025».

«Purtroppo, in Italia, le imprese giovanili sono state fortemente penalizzate negli ultimi dieci anni, con una significativa contrazione in tutti i settori, ad eccezione di quello dei servizi, che ha visto una crescita soprattutto nei comparti innovativi – sottolinea il segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli -. Tale tendenza riflette le difficoltà strutturali e le sfide economiche che i giovani imprenditori devono affrontare. Tuttavia, vi sono segnali positivi nelle aree più dinamiche, dove l’innovazione e la digitalizzazione offrono nuove opportunità per il rilancio e la crescita delle iniziative imprenditoriali giovanili».

«Il Gem rappresenta un vero e proprio frame informativo che mette a disposizione dei diversi stakeholder i dati raccolti nei diversi Paesi, organizzati in forma comparabile. Il loro utilizzo e l’analisi si prestano ad approfondimenti e riflessioni di studiosi ed operatori di policy, consentendo di ottenere una conoscenza più approfondita del fenomeno dell’imprenditorialità e soprattutto delle sue determinanti: in sintesi si tratta di un importante strumento per orientare, in base alle reali necessità, le politiche nazionali e locali di sostegno e sviluppo all’imprenditoria. L’indagine Gem conferma che in Italia servono politiche più incisive per sostenere chi vuole fare impresa. Ridurre la burocrazia e il divario di genere, migliorare la formazione e facilitare l’accesso al credito sono azioni fondamentali», commenta Gaetano Fausto Esposito, direttore del Centro Studi G.Tagliacarne.

Investire nella cultura imprenditoriale e nei giusti strumenti di supporto può stimolare un rilancio economico più sostenibile e inclusivo. In Italia, l’analisi evidenzia segnali di ripresa negli ultimi anni, soprattutto dopo il periodo di crisi economica causato dalla pandemia. Il Tea-Total early stage entrepreneurial activity, il principale indicatore dell’attività imprenditoriale, ha infatti registrato un aumento significativo, passando dal 2% nel 2020 al 9,6% nel 2024, a testimonianza di una solida ripresa post-Covid. Un dato rilevante riguarda il ruolo dell’istruzione: i laureati mostrano una maggiore propensione a intraprendere attività imprenditoriali con un Tea superiore al 15%, mentre il Tea dei non laureati si attesta appena sotto il 10%. Questo dato suggerisce che la scarsa percentuale di giovani con una laurea sia uno dei fattori che ostacolano la diffusione dell’imprenditorialità nel Paese.

Anche il genere è un parametro di confronto significativo: in Italia, le donne avviano nuove imprese molto meno degli uomini, con un divario che raggiunge il 50%, dato quest’ultimo superiore alla media internazionale. In linea con la maggior parte delle economie avanzate, anche in Italia i tassi di attivazione imprenditoriale sono significativamente più alti per gli uomini rispetto alle donne.

«Il Rapporto Gem permette di approfondire i fattori che favoriscono o che ostacolano la nascita di nuove imprese in Italia. Questo è un tema centrale per l’Universitas Mercatorum, che ha scelto di impegnarsi a fondo in questa ricerca, con l’intento di fornire un contributo scientifico e sociale significativo. La nostra Università ha infatti sostenuto integralmente l’indagine nazionale, consapevole dell’importanza di un’analisi approfondita per promuovere l’innovazione e la crescita del tessuto imprenditoriale italiano», ha dichiarato Giovanni Cannata, rettore dell’Universitas Mercatorum.

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