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Payback dispositivi medici, il Tar respinge i ricorsi delle aziende: “Meccanismo già noto dal 2015”


Il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto i ricorsi presentati dalle aziende fornitrici contro il payback sui dispositivi medici, per quanto riguarda lo sforamento dei tetti di spesa che va dal 2015 al 2018.

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Il pronunciamento del Tar era atteso da tempo, ma ora una decisione di questo tipo potrebbe avere conseguenze significative per il Servizio sanitario nazionale, dato che le aziende, a meno di interventi governativi, dovranno pagare alle Regioni quanto dovuto.

Le motivazioni della sentenza

Secondo il Tar, che ha anche ripreso le sentenze della Corte Costituzionale, “con l’entrata in vigore del decreto legislativo 78 del 2015 il sistema del payback era sostanzialmente noto. Ciò sia con riguardo alle quote di ripiano posto a carico delle aziende fornitrici di dispositivi medici (che sono pari al 40 per cento per l’anno 2015, al 45 per cento per l’anno 2016, al 50 per cento per l’anno 2017 e al 50 per cento per l’anno 2018), sia con riguardo alla misura entro la quale ciascuna azienda è chiamata a concorrere alle predette quote (in misura pari all’incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa per l’acquisto di dispositivi medici a carico del relativo Servizio sanitario regionale o provinciale)”.

Quindi, proseguono i giudici, “anche se anche se la determinazione del tetto di spesa regionale è avvenuto successivamente rispetto alle procedure di gara svoltesi e ai contratti conclusi nelle annualità 2015-2018, la società ricorrente, come le altre imprese del settore, ben avrebbero potuto e dovuto assumere la misura del tetto di spesa nazionale quale parametro di riferimento cui conformare la propria azione”.

In sintesi, chiarisce la sentenza, proprio alla luce di quanto riportato, le aziende “si dovevano ritenere già edotte, ex ante, dell’alea e dei rischi contrattuali insiti nella fornitura dei dispositivi medici, proprio sulla base delle norme già vigenti, e chiare nella loro formulazione, venendo in considerazione possibili rischi derivanti dalla (pur sempre prevedibile) fornitura in eccesso dei dispositivi medici rispetto al tetto di spesa individuato dal legislatore”.

Le aziende valutano lo stop alle forniture per gli ospedali

“Abbiamo già avviato un tavolo di confronto con il Governo, ma, visti gli ultimi sviluppi, in assenza di un intervento immediato, saremo costretti a valutare lo stop delle forniture di dispositivi medici agli ospedali – dichiara Sveva Belviso, presidente di Fifo Confcommercio – Non possiamo garantire l’approvvigionamento di materiali essenziali quando lo Stato pretende di far pagare alle imprese miliardi di euro per inefficienze imputabili alle proprie Regioni”.

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La reazione delle imprese

“Il Tar del Lazio respinge i ricorsi delle imprese sul payback dei dispositivi medici per gli anni 2015-2018 con argomenti giuridicamente inconsistenti. Le imprese, contrariamente a quanto sostenuto dal Tar non conoscevano la spesa nazionale in dispositivi medici, nonostante fosse noto il tetto di spesa e non erano in grado di prevedere la quota parte di compartecipazione alla spesa pubblica. Non è possibile sostenere che gli esiti delle gare pubbliche non siano stati alterati, considerando l’impossibilità delle imprese di conoscere ex ante i tetti di spesa regionali. Appare, inoltre, non corretto che il Tar abbia considerato il tetto di spesa come un parametro unico e nazionale, trascurando la definizione di tetti distinti a livello regionale. Il ricorso al Consiglio di Stato è dunque un atto dovuto. Si tratta di un duro colpo per le imprese e per la loro sopravvivenza. Siamo decisamente preoccupati del futuro delle nostre aziende e siamo certi che il Mef interverrà presto, avendo già avviato un tavolo di lavoro congiunto per trovare presto una soluzione politica al payback”. Questo il commento di Aforp, Confapi salute università ricerca, Confimi Industria Sanità, Confindustria dispositivi medici, Conflavoro Pmi Sanità, Coordinamento filiera, Fifo Confcommercio, sulla sentenza del Tar del Lazio sul payback dei dispositivi medici pubblicata oggi.

 “Come sottolineato dal Ministro Giorgetti ‘il payback evidentemente era un cerotto a un’emorragia che merita altri tipi di cure’ e non un ‘fondo sociale’ e tantomeno un ‘contributo solidaristico’, come definito dalla sentenza della Corte costituzionale e dallo stesso Tar, e non può esserlo per sempre. L’impresa privata – hanno dichiarato le 7 sigle di rappresentanza – non ha il dovere di sostenere il Servizio sanitario pubblico e questo non accade in nessun altro settore. Rendere il sistema sanitario economicamente sostenibile è possibile, ma non sono i tetti di spesa e il payback la strada: questa norma porterà a una riduzione dei posti di lavoro, degli investimenti e del Pil”.

“Questa sentenza – hanno sottolineato le 7 sigle di rappresentanza – rappresenta un grave colpo non solo per le imprese, ma anche per il Ssn che non potrà più contare sull’ accesso a dispositivi di qualità per medici e pazienti. Per garantire la sostenibilità del sistema sono necessari cambiamenti strutturali e una governance del settore che superi il payback e preveda tetti di spesa adeguati; una visione sistemica del comparto che comprenda a pieno le problematiche industriali; una programmazione sanitaria per garantire l’allocazione efficiente delle risorse; un sistema che garantisca l’accesso rapido alle innovazioni che migliorano realmente la qualità della vita dei pazienti. Urge un intervento immediato del Mef”.

La palla passa al Governo

“Solo l’Esecutivo ha ora la possibilità e il dovere di intervenire con urgenza per scongiurare questa crisi. Ci attendiamo risposte immediate e concrete dal tavolo ministeriale già attivato. Come fornitori di dispositivi medici, abbiamo sempre anteposto la salute dei cittadini e mai avremmo voluto trovarci nella condizione di dover compromettere la funzionalità del sistema sanitario nazionale, ma senza risposte dalle Istituzioni, non ci sarà lasciata altra scelta. Valutare l’interruzione delle forniture sarebbe per noi una decisione estremamente dolorosa, ma necessaria per la tutela delle imprese coinvolte”.

“In questo scenario, migliaia di pazienti potrebbero subire conseguenze dirette dalla mancanza di dispositivi medici, dai ventilatori polmonari agli stent coronarici, dalle protesi ortopediche fino ai dispositivi per la dialisi. Per evitare il fallimento di oltre 1500 aziende e compromettere la tenuta del sistema sanitario nazionale, chiediamo all’Esecutivo di dar seguito al tavolo tecnico accettando la proposta delle associazioni di categoria”.

Si rischia una crisi

“La sentenza del Tar del Lazio è, per Conflavoro Pmi Sanità, una pagina nera per il diritto e per la tutela del tessuto produttivo italiano”. Lo afferma Gennaro Broya de Lucia, presidente di Conflavoro Pmi Sanità, che aggiunge: “Il Tribunale ha stabilito tre punti chiave: le imprese erano consapevoli della normativa sul payback e potevano organizzarsi; il meccanismo non incide formalmente sugli appalti pubblici, anche se ne altera la sostenibilità economica; le contestazioni contro i provvedimenti regionali vanno presentate al giudice ordinario, non al Tar”.

“Una decisione gravissima – prosegue – che lascia senza tutela le aziende e le spinge verso il baratro, obbligandole a rimborsare forniture effettuate anche dieci anni fa, in base a regole decise solo dopo. Una norma retroattiva che mina la certezza del diritto e travolge ogni equilibrio economico, soprattutto per le piccole e medie imprese. A questo punto, l’unica via è politica: chiediamo la sospensione immediata dell’efficacia della norma per tutte le imprese attualmente a rischio e una soluzione strutturale e definitiva dal tavolo in corso presso il Mef. Senza un intervento rapido e deciso, centinaia di imprese del medtech italiano scompariranno, con danni irreparabili anche per la tenuta del Servizio sanitario nazionale” conclude.



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