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Per “un’Italia più sobria”, l’accettabilità sociale dell’alcol va ridotta


Almeno 40 patologie sono totalmente attribuibili all’alcol e oltre 200 ne sono influenzate. Solo nel 2019 ha causato 2,6 milioni di decessi nel mondo. Prevenire e ridurre i danni causati dall’alcol, uno dei principali fattori di rischio per la salute globale, è un obiettivo dell’Agenda 2030 dell’Onu. L’Italia però mostra un quadro inadeguato per centrarlo: è al secondo posto per i maggiori aumenti di consumo di alcol in Europa, superando gli otto litri pro-capite nel 2020, registra comportamenti a rischio tra donne, giovani e over 65, più vulnerabili ai suoi effetti, e un’insufficiente presa in carico delle persone che necessitano di cure. Urge un rinnovamento incisivo delle politiche di salute pubblica, senza interferenze delle industrie, e una prevenzione differenziata per età e genere.

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Questo scenario, appello compreso, emerge dal Rapporto 2025 dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di Sanità (Ona-Iss), contenente i trend sui consumi di bevande alcoliche in Italia. I dati sono stati presentati il 16 aprile a Roma in occasione della 24esima edizione dell’Alcohol prevention day, promossa dall’Iss in collaborazione con il ministero della Salute, un evento che punta a focalizzare l’attenzione sulla sfida di salute globale rappresentata dall’alcol. L’obiettivo è promuovere una cultura della prevenzione, nonché politiche basate sulle evidenze scientifiche e sulle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità. 

Consumo a rischio, dannoso, binge drinking

Nel 2023, in Italia, i consumatori a rischio (ovvero esposti a maggior rischio di malattie evitabili causate dall’alcol) sono rimasti stabili a otto milioni. Di questi, circa 2,5 milioni sono donne, una cifra invariata dal 2014. I valori più alti sono tra i 16-17enni (circa il 40% dei maschi e il 30% delle femmine), a fronte del divieto di vendita e somministrazione di alcolici ai minori di 18 anni, e tra gli uomini over 65 (circa il 30%). Da evidenziare questa modalità di bere anche tra i giovanissimi (11-15 anni): 9% dei maschi e 6,6% delle femmine.

Oltre 4 milioni di persone hanno praticato il binge drinking, il bere con l’intenzione di ubriacarsi, con i valori più alti nella fascia d’età 18-24 anni. Il fenomeno ha coinvolto 74mila minori e ha registrato un aumento dell’80% in dieci anni nelle donne, raggiungendo quota 1,23 milioni. Nella popolazione femminile è in crescita il consumo fuori pasto, soprattutto tra le18-49enni (38,9%), attribuito alla moda delle happy hours e simili. Nelle ultrasettantenni questo dato è raddoppiato rispetto al 2013. Bere a stomaco vuoto, anziché durante i pasti principali, è un comportamento a rischio, sottolinea il Rapporto. Il cibo, rallentando l’assorbimento dell’alcol, porta a un aumento più graduale della concentrazione nel sangue (alcolemia), riducendo l’intensità dei suoi effetti sul corpo. 

Tornando ai dati, il numero di consumatori dannosi, ossia quelli in cui l’alcol ha già causato un danno d’organo e che necessitano di cure, nel 2023 ha raggiunto quota 780mila, ma meno del 10% ha avuto accesso ai servizi sanitari.

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Età, genere, scienza: i fattori chiave per il successo della prevenzione

Contrastare la disinformazione che attribuisce benefici al consumo “moderato” di alcol e aumentare la consapevolezza dei rischi con una comunicazione chiara e differenziata per età e genere, deve essere una priorità per le politiche di prevenzione, viene rimarcato nel Rapporto.

Secondo le conoscenze attuali non esiste un livello di consumo di alcol sicuro per la salute, è più appropriato parlare di quantità a “basso rischio”. Per misurare il livello di rischio viene utilizzata l’Unità alcolica, che corrisponde a 12 grammi di alcol, contenuti in un bicchiere standard di vino (125ml), birra (330ml), aperitivo (80ml) o superalcolico (40ml). 

Per donne e over 65 il consumo a basso rischio corrisponde a un bicchiere al giorno durante i pasti principali (circa 10 grammi, 1Ua), a due bicchieri per gli uomini (20 grammi, 2Ua). Oltre queste soglie si è considerati consumatori a rischio. I minori di 18 anni sono tali anche se hanno bevuto una sola volta nella vita. Si stima che un secondo bicchiere nelle donne aumenti il rischio di cancro al seno fino al 27%. Un consumo giornaliero che supera i 60 grammi di alcol (circa sei bicchieri, 6Ua) per gli uomini e i 40 grammi (circa quattro bicchieri, 4Ua) per le donne è accertato come causa di danni fisici e mentali. 

Età e genere influenzano la capacità del nostro organismo di metabolizzare l’alcol, ossia di “trasformarlo” fino a renderlo innocuo. Questo processo avviene principalmente attraverso l’enzima alcol-deidrogenasi (Adh), la cui attività è massima tra i 20 e i 40 anni negli uomini, tra i 40 e i 60 anni nelle donne. Dopo i 60, diminuisce in entrambi, il divario di genere tende a ridursi fino ad appiattirsi. La maggiore vulnerabilità delle donne all’alcol rispetto agli uomini è dovuta anche a una massa corporea inferiore e a una minore quantità di acqua nell’organismo, fattori che riducono l’efficienza del metabolismo. 

L’alcol, o etanolo, è tossico praticamente per quasi tutti gli organi. È associato a diversi tipi di cancro, malattie epatiche e cardiovascolari, disturbi neurologici e psichici. Aumenta il rischio di malattie infettive, come tubercolosi e polmonite, e può peggiorare il decorso dell’Hiv/Aids. In gravidanza, incrementa il rischio di aborto e gravi danni allo sviluppo del bambino, richiedendo l’astensione fin dal concepimento e durante l’allattamento. È nota la sua capacità di indurre dipendenza superiore a molte sostanze e droghe illegali più conosciute. L’alcol interagisce con numerosi farmaci di uso comune, da antibiotici e antinfiammatori alla pillola anticoncezionale, e con farmaci per curare disturbi diffusi, tra cui diabete e pressione alta, compromettendone l’efficacia con il rischio di reazioni avverse, anche gravi.

Interventi urgenti per una Italia sobria

Norme culturali, potenti interessi commerciali, mancanza di governance, finanziamenti e infrastrutture adeguate hanno, di fatto, ostacolato in numerosi Paesi, tra cui l’Italia, l’attuazione di politiche e interventi efficaci nel mitigare i danni causati dall’alcol, si legge nel Rapporto dell’Osservatorio dell’Iss. Per ribaltare questo scenario e tutelare la salute pubblica in Italia, vengono sollecitate molteplici azioni. Le principali sono: 

  • realizzare un nuovo Piano nazionale alcol e salute e allinearlo con la strategia globale sull’alcol dell’Oms, l’Agenda 2030 e la Risoluzione del Parlamento europeo sulla lotta al cancro;
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  • dare effettiva attuazione al Libro Bianco sull’alcol pubblicato dal ministero della Salute, che raccoglie proposte su prevenzione, salute e politiche sociali, frutto di un’ampia consultazione partecipativa; 
  • istituire, sulla scia del fondo istituito per contrastare il gioco d’azzardo patologico (Gap) recentemente incrementato, un fondo analogo per i Disturbi da uso di alcol (Dua), “ben più numerosi e impattanti sulla salute individuale e sulla collettività”;
  • fornire formazione obbligatoria ai medici di medicina generale e ai pediatri sulla strategia nota come “Identificazione precoce e intervento breve”, la quale consentirebbe di riconoscere tempestivamente i consumi di alcol a rischio e di fornire supporto personalizzato.
  • ridurre l’accettabilità sociale e culturale, la disponibilità sul territorio e l’accessibilità economica dell’alcol, fattori chiave che ne influenzano il consumo. Tra le azioni cruciali si annoverano un controllo rigoroso del marketing, specialmente online, che spesso associa l’alcol a modelli positivi; l’adozione di una politica dei prezzi che tenga conto dei costi sanitari e sociali correlati; l’aumento della tassazione sulle bevande alcoliche; e l’introduzione di un’etichettatura chiara e dissuasiva sui prodotti.

Leggi il Rapporto dell’Ona-Iss

Di Antonella Zisa

 

Copertina: Unsplash

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