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PNRR e digitalizzazione: il Sud resta indietro


Negli ultimi anni, le PA italiane hanno compiuto significativi passi avanti nella transizione digitale, grazie all’impulso determinante del PNRR: ma si va a due velocità e il Sud è ancora indietro rispetto al resto del paese.

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La modernizzazione digitale della pubblica amministrazione rappresenta una delle colonne portanti del rilancio italiano post-pandemia. Tuttavia, senza un’azione decisa per colmare le distanze territoriali e rafforzare le competenze interne, il rischio è quello di una transizione a due velocità, che amplifica piuttosto che ridurre le disuguaglianze.

Il processo non procede in modo omogeneo sul territorio: il Mezzogiorno continua a scontare ritardi strutturali che rischiano di compromettere l’efficacia delle riforme.

La percentuale degli enti locali “digitalizzati”

Dal 2019 a oggi, la percentuale degli enti locali in grado di offrire almeno un servizio completamente online è salita dal 47% al 73%, segnando un progresso evidente in termini di innovazione e accessibilità. In particolare, i servizi rivolti alle imprese mostrano un buon livello di maturità digitale: quasi nove Comuni su dieci gestiscono online le pratiche legate allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP).

Tuttavia, nonostante questi numeri, l’accesso ai servizi per i cittadini resta problematico. Le cause sono molteplici:

  • da un lato una domanda ancora troppo debole
  • dall’altro un’insufficiente alfabetizzazione digitale tra i dipendenti pubblici e una cronica carenza di risorse tecniche, specialmente nei piccoli enti.

PNRR e digitalizzazione: il Sud resta indietro

Il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione in Italia, seppur accelerato dal PNRR, si muove lungo due binari distinti: uno più rapido e strutturato al Nord, l’altro più incerto e frammentato al Sud. Secondo i dati più recenti, oltre il 60% dei servizi comunali nelle regioni settentrionali è pienamente digitalizzato, mentre nel Mezzogiorno la quota si ferma attorno al 40%. Questo scarto del 20% non rappresenta solo una disparità tecnica, ma è il sintomo di uno squilibrio più profondo, che coinvolge risorse, competenze, capacità amministrative e infrastrutture.

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Infrastrutture tecnologiche: la base mancante

Alla radice del divario digitale c’è un ritardo infrastrutturale storico. La diffusione della banda ultralarga – elemento essenziale per abilitare servizi digitali efficienti – è meno capillare nel Meridione. Nonostante i progetti finanziati dal PNRR e le iniziative di Infratel per colmare questo vuoto, molte aree interne del Sud restano escluse da connessioni affidabili e veloci. Questo impedisce ai Comuni di implementare piattaforme stabili e interoperabili, oltre a ostacolare l’accesso da parte dei cittadini.

Debolezza amministrativa e scarsità di personale tecnico

Un altro nodo critico riguarda le risorse umane. Molte amministrazioni comunali del Sud, in particolare quelle di piccole dimensioni, dispongono di organici ridotti e spesso non adeguatamente formati in ambito digitale. Solo il 19% del personale pubblico a livello nazionale ha competenze avanzate, ma la situazione peggiora nelle regioni meridionali, dove la carenza di profili ICT è più marcata. A ciò si aggiungono difficoltà croniche nel reclutamento, legate ai vincoli di bilancio e all’impossibilità di attrarre figure specializzate con retribuzioni competitive.

Minore capacità di spesa e progettazione

Sebbene il PNRR abbia messo a disposizione ingenti risorse per la digitalizzazione, la capacità di intercettare e utilizzare efficacemente questi fondi non è omogenea. Molti Comuni del Sud faticano a redigere progetti coerenti, rispettare le scadenze o gestire procedure complesse. A volte mancano figure in grado di gestire bandi, gare e rendicontazioni. Questo si traduce in una minore partecipazione alle opportunità offerte e in un rallentamento dell’adozione di innovazioni tecnologiche.

Cultura digitale e fiducia nei servizi pubblici

Oltre alle barriere tecniche e amministrative, esiste un ostacolo culturale: la scarsa fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e dei servizi digitali. Nel Sud Italia si registra una minore propensione all’uso di strumenti digitali per interagire con la PA, in parte a causa del digital divide anagrafico e sociale, in parte per la percezione di inefficienza o inaffidabilità. Senza una domanda forte e consapevole, l’offerta digitale rischia di restare sottoutilizzata, rendendo vana l’innovazione.

Il rischio di una cittadinanza digitale diseguale

Tutto ciò contribuisce a una frattura che va ben oltre la dimensione tecnica. Se l’accesso ai servizi pubblici digitali diventa un privilegio territoriale, si crea una cittadinanza a geometria variabile, dove i diritti di accesso, trasparenza e partecipazione dipendono dalla latitudine. Questo compromette uno degli obiettivi fondamentali del PNRR: ridurre le disuguaglianze e rendere l’innovazione un volano di inclusione sociale.

Prospettive e nodi irrisolti nella digitalizzazione al Sud e i fondi PNRR

La digitalizzazione non può essere considerata un processo neutro: rischia, anzi, di amplificare i divari esistenti se non accompagnata da politiche mirate di riequilibrio. Investire nel Sud non significa solo portare connettività, ma costruire competenze, rafforzare le strutture amministrative locali, sostenere economicamente i piccoli Comuni e incentivare una cultura dell’innovazione che coinvolga anche i cittadini.

Il governo ha promesso l’introduzione di una legge organica sull’innovazione e di un testo unico sulla digitalizzazione: due strumenti che, se ben costruiti, potrebbero offrire una visione sistemica e aiutare a superare la frammentazione normativa che oggi frena molte amministrazioni. Tuttavia, senza una strategia coerente per colmare lo scarto territoriale, la transizione digitale rischia di consolidare – anziché ridurre – l’Italia a due velocità.

Prossimi passi in materia di digitalizzazione

Uno degli strumenti chiave per il futuro è l’IT Wallet, il portafoglio digitale nazionale previsto dal PNRR, pensato per custodire documenti e credenziali personali in formato elettronico. Il progetto, già sperimentato con successo tramite l’app IO – dove ha registrato oltre 5 milioni di attivazioni e 8,5 milioni di documenti caricati – si prepara ora al decollo definitivo. Il sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti ha annunciato l’imminente approvazione dei decreti necessari per il suo pieno rilascio.

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Parallelamente, avanza anche il trasferimento delle infrastrutture digitali verso il Polo Strategico Nazionale (PSN), il cloud pubblico che garantirà maggiore sicurezza e interoperabilità dei dati. A oggi, 206 amministrazioni centrali e del settore sanitario hanno completato la migrazione, e oltre 13mila enti locali sono stati coinvolti. L’obiettivo è ambizioso: completare almeno 12.500 migrazioni entro metà 2026, un traguardo che, secondo le previsioni attuali, sembra raggiungibile.

Ma secondo lo stesso Butti, la digitalizzazione non può fermarsi agli strumenti: serve anche una cornice normativa più chiara e coerente. Per questo, il governo sta lavorando a una legge sull’innovazione e a un testo unico della digitalizzazione, con l’obiettivo di rendere più lineare e trasparente l’intero sistema normativo che regola le trasformazioni tecnologiche nel settore pubblico.



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