Quali sono le aziende più inclusive in Italia nel 2025 in base a diverse ricerche e rapporti

L’inclusione all’interno delle organizzazioni rappresenta una leva strategica sempre più valorizzata da imprese e mercato. Nel contesto italiano, pratiche di equità, pari opportunità e valorizzazione della diversità influenzano direttamente competitività ed evoluzione delle realtà imprenditoriali.

Le aziende più inclusive in Italia non solo promuovono ambienti di lavoro in cui le differenze sono apprezzate, ma rispondono anche alle crescenti aspettative di una società attenta ai temi della diversità. Nel 2025, i risultati di ricerche e ranking evidenziano le trasformazioni in corso, sottolineando come l’adozione di strategie DEIA (Diversity, Equity, Inclusion & Accessibility) apporti benefici tangibili non solo alla reputazione, ma anche al rendimento economico.

Le aziende più inclusive secondo i ranking 2024 e 2025

Numerosi report mettono in luce una crescita della sensibilità ai temi DEIA nella realtà imprenditoriale italiana. Nel periodo 2024-2025 sono state individuate realtà di eccellenza nei diversi comparti, dove l’impegno si traduce in vantaggi per dipendenti e stakeholder.

La classifica Best Workplaces for Diversity, Equity & Inclusion

La graduatoria condotta da Great Place to Work raggruppa aziende di dimensioni eterogenee, ponendo al centro il punto di vista dei collaboratori su ambiente, cultura, equità retributiva e meritocrazia. Nel 2024, solo il 7% delle imprese partecipanti è entrato nella top 20 grazie a un alto livello di soddisfazione dei dipendenti in termini di inclusione (93%), equità (84%), work-life balance (88%) e attitudine manageriale (90%).

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  Teleperformance (servizi di contact center)

Cessione crediti fiscali



procedure celeri

 

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  GalileoPro (servizi per le farmacie)
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  Cisco (tecnologie di rete)

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  Bending Spoons (sviluppo software)
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  Skylabs (soluzioni IT avanzate)
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  Storeis, Hilton Italia, American Express, Biogen Italia Srl, Agile Lab, Unifix SWG Srl, ServiceNow, Fiscozen, DHL Express, IoInvesto, Webranking, Mondelez Italia, Vianova

In questi contesti si riscontrano performance significative sulla capacità di includere ogni generazione e sul trattamento paritario indipendentemente da ruolo e identità personale.

Il Diversity Brand Index: i top brand impegnati nella DEIA

L’indagine condotta dalla Fondazione Diversity con Focus Management evidenzia i marchi percepiti come maggiormente inclusivi dalla popolazione italiana. Il Diversity Brand Index 2025 attribuisce rilievo a iniziative che spaziano dalla promozione dell’equilibrio di genere all’accessibilità per le persone sorde, includendo anche progetti legati a educazione, salute, engagement locale e comunicazione responsabile. Nella Top 10 figurano:

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  Nuvenia – Campagna di sensibilizzazione sui tabù del ciclo mestruale

Trasforma il tuo sogno in realtà



partecipa alle aste immobiliari.

 

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  Sephora – Progetto We Belong Here su Safe Place LGBTQIA+
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  IKEA – Quiet Hours per l’accessibilità sensoriale
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  Fastweb, Ferrovie dello Stato Italiane, Idealista, Procter & Gamble, TIM, Alexa, Ace

Questi brand si distinguono non solo per la portata dei progetti, ma anche per la capacità di incidere sul clima sociale e sulla percezione del pubblico.

Settori leader in pratiche di diversità e inclusione

Dalla comparazione settoriale delle varie classifiche emerge una prevalenza dei servizi, in particolare:

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  Information Technology – presenza significativa di soggetti che adottano politiche inclusive, innovazione e formazione continua;
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  Financial Services & Insurance – attenzione a equità retributiva, meritocrazia e formazione di leadership diversificata;

Finanziamenti personali e aziendali



Prestiti immediati

 

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  Health Care, Biotechnology & Pharmaceutical – implementazione di progetti specifici su accessibilità e benessere del personale;
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  Professional Services & Manufacturing – progressi nella parità generazionale e nell’inclusione delle differenze di status socioeconomico;
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  Retail & Apparel – forte impatto sulla fidelizzazione e visibilità pubblica grazie a campagne di inclusività.

I comparti IT e Retail risultano trainanti dal punto di vista della percezione inclusiva sia interna sia esterna, rappresentando un modello spesso replicato anche da altri settori emergenti come media, trasporti e hospitality.

Criteri e metodologie delle principali ricerche sull’inclusione aziendale

L’identificazione delle realtà più avanzate in tema di inclusione si basa su analisi di settore che valutano sia la percezione interna dei collaboratori sia quella del pubblico esterno. Gli studi come quelli di Great Place to Work e Diversity Brand Index si avvalgono di indici come il DE&I Index, focalizzati su parametri quali:

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  Diversità: rappresentanza di identità e prospettive multiple;

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  Equità: parità di accesso, meritocrazia, equità retributiva e assenza di discriminazioni;
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  Inclusione: percezione di rispetto, accoglienza, sicurezza psicologica e bilanciamento tra lavoro e vita privata;
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  Accessibilità: iniziative rivolte anche a persone con disabilità e altre forme di fragilità.

Le survey coinvolgono campioni estesi, come i 127.489 partecipanti al sondaggio annuale di Great Place to Work, analizzando i dati raccolti su questioni demografiche (genere, età, condizione contrattuale) e specifici indicatori di clima aziendale. Il Diversity Brand Index integra la prospettiva del mercato, utilizzando metriche come il Net Promoter Score per valutare l’impatto delle strategie inclusive su reputazione e fidelizzazione.

Impatto dell’inclusione su reputazione, ricavi e fidelizzazione dei consumatori

L’adozione strutturale di strategie DEIA offre vantaggi misurabili su più fronti. Secondo il Diversity Brand Index, i brand giudicati più aperti all’inclusività presentano un Net Promoter Score superiore di quasi il 70% rispetto alla media. Sette consumatori su dieci preferiscono marchi che promuovono la diversità, traducendo le politiche interne in una crescita dei ricavi (20,1% in più rispetto ai concorrenti meno inclusivi). Le aziende più inclusive fidelizzano maggiormente, presentando tassi di engagement e di raccomandazione tra i lavoratori tra l’87% e il 95%, una differenza notevole rispetto a chi non investe in queste pratiche.

Questo impatto si traduce anche in una maggiore attrattività per nuovi talenti e nella riduzione del turnover, come confermato dai dati raccolti nei principali ranking nazionali.

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