Il confronto avviato dalla Commissione europea sulla modernizzazione delle procedure antitrust ha visto il coinvolgimento diretto dell’Istituto nazionale tributaristi, pronto a portare a Bruxelles le istanze di una categoria che chiede regole al passo con la digitalizzazione e un quadro concorrenziale equo per imprese, professionisti e consumatori.
Consultazione UE: come cambiano le inchieste antitrust e le ricadute sulle professioni
Le norme procedurali che disciplinano le investigazioni antitrust dell’Unione risultano operative da oltre vent’anni e, pur avendo garantito efficacia e rigore, oggi scontano i limiti di un’economia profondamente trasformata. Documenti digitali, piattaforme on-line e flussi informativi in tempo reale richiedono strumenti di indagine diversi da quelli pensati per archivi cartacei. In questo scenario, la Commissione ha aperto la consultazione pubblica a cui l’Int ha prontamente aderito, sottolineando la necessità di adeguare i meccanismi di raccolta delle prove e di coordinare in modo più stretto l’azione di Bruxelles con quella delle autorità nazionali. Il dossier si concentra su come tutelare la concorrenza nell’era digitale, senza rallentare l’innovazione né comprimere i diritti dei consumatori.
Secondo il presidente Riccardo Alemanno, una revisione delle procedure è imprescindibile per assicurare che la Commissione riesca a intervenire con rapidità ed efficacia nei casi di abuso di posizione dominante previsti dagli articoli 101 e 102 del Tfue. Alemanno evidenzia che pratiche monopolistiche o accordi restrittivi del mercato penalizzano innanzitutto il consumatore, costretto a subire prezzi più alti o a rinunciare alla qualità . Proteggere la concorrenza significa, in ultima istanza, difendere la libera scelta e il potere d’acquisto dei cittadini. Da qui la richiesta di un’armonizzazione delle regole antitrust tra i vari Paesi membri, affinché le decisioni non restino confinate in ambiti nazionali ma rispondano a una logica realmente europea.
Le ragioni della revisione procedurale
Il mutamento del tessuto produttivo, segnato da un’accelerazione tecnologica senza precedenti, impone di ridefinire tempi e modalità delle indagini. Oggi un’infrazione può originarsi su un server remoto, propagarsi in pochi secondi e coinvolgere operatori che agiscono da giurisdizioni differenti. Gli assetti normativi risalenti al 2003 faticano a catturare queste dinamiche, rendendo più complessa l’acquisizione di prove e la valutazione delle condotte. L’Istituto nazionale tributaristi ha quindi indicato nella digitalizzazione degli atti, nell’accesso sicuro ai dati aziendali e in un più stretto raccordo con le autorità garanti interne agli Stati membri i punti cardine di una riforma che non può più attendere. Semplificare le procedure non significa allentare i controlli, bensì renderli più aderenti al reale contesto operativo.
Un altro nodo è la sinergia fra Commissione e autorità nazionali: pur essendo state positive, le esperienze congiunte mostrano margini di miglioramento. Procedure parallele, tempi diversi e standard di prova non pienamente uniformi possono generare incertezza fra gli operatori economici. L’Int suggerisce quindi l’adozione di protocolli condivisi per l’avvio delle indagini, la raccolta delle evidenze digitali e la definizione di sanzioni proporzionate, così da garantire omogeneità di trattamento in tutta l’Unione. Una concorrenza leale non si raggiunge solo con buone norme, ma con l’applicazione coerente delle stesse in ogni Stato membro.
Tutela della concorrenza e professioni regolamentate
La consultazione ha offerto al tempo stesso l’occasione per ribadire il legame fra disciplina antitrust e direttiva 2018/958, che impone un test di proporzionalità prima dell’introduzione o della modifica di regole riguardanti le professioni. Il decreto legislativo 16 ottobre 2020, n. 142, ha recepito integralmente in Italia questo principio, garantendo che ogni intervento normativo valuti, caso per caso, l’impatto sulla concorrenza e sulla libera prestazione dei servizi. Alemanno ha ricordato che tale approccio deve rimanere il punto di riferimento anche nelle future riforme dei vari settori professionali. Ogni barriera ingiustificata riduce le opportunità per i professionisti e, in ultima analisi, colpisce i consumatori che ne utilizzano i servizi.
Il presidente dell’Int osserva che il dibattito sulla modernizzazione delle professioni non può trascurare chi opera ai sensi della legge 4/2013, ossia i professionisti organizzati in associazioni riconosciute. Le richieste provenienti dagli ordini tradizionali devono, secondo Alemanno, rimanere compatibili con i diritti delle professioni associative, già tutelate dall’impianto normativo vigente. In caso contrario, si rischierebbe di creare un sistema a doppia velocità , nel quale alcuni soggetti godono di tutele particolari mentre altri restano esposti a regolamentazioni potenzialmente penalizzanti. La concorrenza equa, in ambito professionale, passa anche dalla tutela di ogni forma di esercizio legittimo dell’attività .
Appello al Governo: salvaguardare le professioni associative
Dallo scorso maggio circola una bozza di legge delega che mira a riformare l’albo unico di dottori commercialisti ed esperti contabili, documento in cui si fa riferimento alla protezione di altre professionalità inserite nei singoli settori, senza però menzionare esplicitamente quelle inquadrate nella legge 4/2013. Davanti a questa omissione, Alemanno si è impegnato a inviare una missiva al presidente del Consiglio e ai ministri competenti, chiedendo che la tutela delle professioni associative venga espressamente inserita nel testo. Prevenire squilibri normativi oggi significa evitare contenziosi e disparità domani.
I professionisti associativi, ha ricordato il presidente Int e vicepresidente vicario di Confassociazioni, alimentano con i propri contributi la Gestione separata dell’Inps, fondo che garantisce sostenibilità grazie ai versamenti dei circa 450 000 iscritti. Imprese, studi e lavoratori che ruotano attorno a queste figure costituiscono un bacino vitale per l’economia e per il sistema previdenziale pubblico. Chiedere di poter continuare a operare nelle materie non riservate, o in quelle attribuite da leggi specifiche, non è un privilegio ma un diritto che l’Int ritiene inderogabile. Il Governo e il Parlamento, conclude Alemanno, non potranno ignorare la voce di una platea che sostiene occupazione, innovazione e stabilità dei conti pubblici.
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