AGI – Opportunità di investimento per le imprese italiane in Africa come strumento per creare soluzioni concrete per prevenire l’emigrazione, e approccio economico come motore di sviluppo umano: sono questi i due assi al centro del convegno “Diritto di soggiorno e ritorno: opportunità per l’Italia e l’Africa”, organizzato ieri alla Camera dei Deputati dal deputato ivoriano Aboubakar Soumahoro. Il dibattito ha riunito rappresentanti istituzionali, economici e finanziari di numerosi Paesi africani, nonché i responsabili dell’attuazione del Piano Mattei, per sviluppare una riflessione sulla necessità di coniugare il cambiamento di prospettiva nel continente africano con un approccio più concreto, progettuale e di lungo periodo. Nel suo discorso di apertura, il Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, ha definito il Piano Mattei un “modello virtuoso” di cooperazione e ne ha riconosciuto il potenziale per promuovere “uno sviluppo equilibrato delle relazioni economiche tra i Paesi”. Per Fontana, la sinergia tra decisori pubblici e settore privato è fondamentale in questo contesto: “I governi africani ed europei devono cooperare per supportare le imprese nella costruzione di un’economia in grado di generare posti di lavoro e rafforzare il tessuto produttivo locale”, ha dichiarato, per il quale “lo sviluppo economico non può essere disgiunto dallo sviluppo umano”. Un compito, ha aggiunto, “che coinvolge anche le organizzazioni del terzo settore e le comunità locali”, con l’obiettivo di “spezzare con successo la catena che trasforma il bisogno in esodo”.
Lorenzo Ortona, vice coordinatore della struttura operativa del Piano Mattei presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sottolinea i primi effetti positivi del programma governativo sull’immagine del continente africano. “A un anno e mezzo dal suo avvio, non è un caso che l’opinione pubblica italiana abbia ora una visione molto più positiva dell’Africa”, ha affermato l’esperto, che ha poi citato gli strumenti finanziari messi in atto per facilitare l’attuazione dei progetti. Tra questi, la collaborazione con la Banca Africana di Sviluppo (AfDB), che “per ogni euro investito dall’Italia, ne immette almeno altrettanto”. Per il sottosegretario di Stato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Federico Freni, con il Piano Mattei l’Italia deve dimostrare la sua fiducia nell’Africa, promuovendo un approccio economico che richiede “coraggio e visione”. “Investire non è come fare beneficenza: richiede credere” nel progetto in cui si investe, ha ammonito, considerando il “diritto a rimanere” (nel proprio Paese) come “una sfida culturale” e uno “sviluppo che si traduce anche in termini economici”.
Il pubblico africano si è concentrato sulle questioni cruciali del passato nelle relazioni europee con il continente e sulla necessità di un autentico processo decisionale. Così, l’Alto Rappresentante del Presidente della Liberia, il deputato Nthati Moorosi, ha rivolto un feroce appello all’Italia affinché “svolga un ruolo maggiore” in Africa, dato che molti Paesi dell’Africa occidentale “non controllano le proprie valute perché dipendono ancora dalla Francia”. “I giovani africani devono avere i mezzi per raggiungere la loro autonomia”, ha insistito Moorosi, sottolineando che da questo dipende la creazione di opportunità industriali che contribuiranno a rimodellare gli equilibri di potere globali. “Pensiamo a come si potrebbe ridurre il ruolo della Cina nelle industrie italiane o africane”, ha continuato il liberiano, sottolineando la pesante tassazione e lo sfruttamento delle materie prime africane. “L’oro africano viene utilizzato per aumentare il valore delle materie prime provenienti dal Regno Unito o da altri Paesi”, ha denunciato, ricordando che la mancanza di relazioni eque ha recentemente spinto diversi leader del continente – in particolare nella regione del Sahel – “a chiedere che l’Africa venga restituita agli africani”. “Nella definizione di partnership strategiche, dobbiamo tenere presente la necessità di un quadro di rispetto e reciprocità”, ha avvertito, invitando a “costruire ponti tra Italia e Africa”.
L’ambasciatore del Mozambico in Italia, Santos Álvaro, ha adottato un tono più moderato, definendo l’Italia “un partner affidabile ed essenziale” e lodando il governo italiano per aver gettato le basi per un partenariato equo con l’Africa. Álvaro ha suggerito un maggiore coinvolgimento delle aziende italiane nel settore energetico del Mozambico, un Paese che attualmente esporta energia elettrica verso i Paesi limitrofi. “L’Italia può contribuire con la sua competenza nello sviluppo di sistemi fotovoltaici e di accumulo di energia”, ha sottolineato, proponendo la creazione di una “rete di specialisti” per rafforzare la collaborazione tra Italia e Mozambico.
Sul fronte imprenditoriale, il Vicepresidente di Confindustria-Assafrica, Antonio Tomassini, ha sottolineato il continuo coinvolgimento delle aziende associate nei progetti del Piano Mattei. È il caso dell’iniziativa per la digitalizzazione dell’amministrazione fiscale in Senegal, così come del progetto avviato con l’Università di Bari e il Centro Culturale Giuseppe Lazzati di Taranto, in Puglia, per la creazione di un corridoio universitario per i rifugiati provenienti dal bacino del Mediterraneo.
Antonio Maria Rinaldi, Presidente del Gruppo Trevi ed ex eurodeputato, ha esortato i partecipanti ad affrontare temi cruciali del mercato africano, tra cui il rischio valutario e le difficoltà di accesso al credito, un ambito in cui, a suo dire, l’operato di SACE e di altre agenzie europee svolge un ruolo strategico per mitigare i rischi di investimento. Rinaldi ha ricordato che il Gruppo Trevi è presente in Africa da oltre 50 anni e in più di 90 Paesi, nei settori delle fondazioni speciali e della produzione di macchinari, affermando che l’azione italiana ha “contribuito all’emergere di una classe dirigente locale”.
Raffaello Matarazzo, Responsabile International Business, Supporto aziendale, Africa Subsahariana e America di Eni, ha richiamato l’attenzione sulla sfida energetica del continente africano, dove circa 600 milioni di persone, pari a circa l’8% della popolazione mondiale, non hanno accesso all’elettricità. Si tratta di una sfida sempre più urgente, ha sottolineato Matarazzo, dato che “la domanda africana supera la nostra capacità di creare accesso all’energia. È quindi essenziale lavorare con una visione strategica globale e progetti a lungo termine”. Eni è presente in Africa dal 1954, prima in Egitto e ora in 13 paesi del continente. “Oltre l’80% del gas prodotto in questi paesi è destinato al mercato interno per la produzione di energia”, ha spiegato.
La conferenza ha affrontato anche l’aspetto finanziario. Maurizio Valfrè, Direttore dell’Unione delle Banche Arabe ed Europee (UBAE), ha osservato che la salute economica è “una condizione fondamentale per l’esercizio dei diritti umani”, così come il diritto di rimanere nel proprio Paese. L’istituto di credito, che ha celebrato il suo 50mo anniversario nel 2023, ha realizzato nel corso degli anni “progetti per un valore di 150 miliardi di euro”. “Ci sentiamo particolarmente a nostro agio a parlare a questa conferenza”, ha sottolineato Valfrè, per il quale investire in Africa rappresenta “una grande opportunità, ma anche una grande responsabilità”, osservando che entro il 2050, metà dei neonati nel mondo sarà africana.
Nell’ambito degli sforzi in corso per rafforzare la fiducia reciproca nelle imprese, l’imprenditore ivoriano Stanislas Zezé ha sottolineato la necessità di promuovere maggiori investimenti incrociati tra Italia e Africa. Esperto di gestione del rischio e fondatore di Bloomfield, la prima agenzia di rating africana, questo esperto chiede di “creare ponti e joint venture”, uno strumento prezioso per “migliorare il discorso e la proiezione dell’Africa”. La strada da seguire, suggerisce, è promuovere un approccio in valuta locale al finanziamento dell’Africa: secondo le statistiche sul merito creditizio, i paesi africani subiscono un impatto negativo se vengono valutati in una valuta diversa dalla propria, sottolinea, mentre investire nella valuta locale consentirebbe una migliore rivalutazione del settore privato africano. Secondo lui, in questo ambito bisogna affrontare due sfide principali: la trasformazione economica – un obiettivo “che richiede tempo”, data la recente indipendenza di diversi paesi africani – e gli investimenti tecnologici in settori cruciali “come l’istruzione, lo sviluppo e la sanità”.
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