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«Caporalato in due aziende cinesi subfornitrici di Tod’s». Il pm di Milano: va commissariata. I giudici: deve decidere Ancona, la battaglia in Cassazione | Corriere.it


C’è «violazione conclamata» del reato di caporalato in due fornitori cinesi di Tod’s nelle Marche, a conoscenza della società perché «periodicamente vi si recavano i funzionari Tod’s dai cui audit emerge la contestazione di violazioni delle norme» con «raccomandazioni» rimaste però poi lettera morta nella quotidianità di quei laboratori: ma un difetto di competenza territoriale comporta che – ad avviso prima del Tribunale e poi della Corte d’Appello di Milano – debba essere non la magistratura di Milano, bensì quella di Ancona, a decidere se accogliere o meno la richiesta della Procura di Milano di disporre a carico della società di Diego Della Valle la misura di prevenzione della amministrazione giudiziaria. Misura necessaria per la Procura a interrompere l’ipotizzata «agevolazione colposa» dello «sfruttamento di cittadini stranieri che di fatto lavoravano a cottimo, anche durante la notte, sottopagati» (per i carabinieri tra 4,5 e i 4,8 euro l’ora, meno della metà del contratto), «in ambienti di lavoro malsani e su macchinari privi dei dispositivi di sicurezza». Ma la Procura contesta questa lettura della competenza territoriale e impugna il diniego in Cassazione, che deciderà il 19 novembre l’autorità giudiziaria competente a valutare il caso. Tod’s intanto conferma di aver ricevuto la notifica dell’udienza, spiega di non avere altre informazioni sul merito delle contestazioni, ma aggiunge di operare sempre nel rispetto delle leggi sul lavoro, assicura di fare controlli costanti sui fornitori, e rimarca che costoro firmano con la società accordi con i quali si impegnano a far rispettare le condizioni di lavoro previste dai contratti nazionali. 

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A distanza di sei mesi, senza che si sia mai saputo prima delle notifiche che solo ora svelano la fissazione il 19 novembre in Cassazione del ricorso della Procura milanese, a scoppio ritardato adesso emerge che la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano «ritiene che nei confronti della società committente Tod’s spa possano ravvisarsi profili di agevolazione colposa che potrebbero giustificare l’applicazione della misura richiesta dal pm in relazione ai fatti riscontrati presso gli opifici cinesi “Wang Junii” a Monte San Giusto (Macerata) e “Lucy srls” a Torre San Patrizio (Fermo)», fornitore e subfornitore di Tod’s «dove venivano lavorati parti di calzature», in particolare tomaie da orlare, «destinate alla vendita al pubblico» e «vendute direttamente dalla società». Ma per i giudici milanesi di prevenzione (Rispoli-Spagnuolo Vigorita-Canepari-Messina) in primo grado, Nasi-Barbara in secondo grado) gli atti vanno trasmessi per competenza territoriale al Tribunale di Ancona perché i fatti di agevolazione colposa del caporalato cinese «si sono manifestati nel territorio marchigiano, ove peraltro ha anche sede legale la società» Tod’s a Sant’Elpidio a Mare (Fermo).

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Le divise dei commessi

Non che non ci siano altri fatti additati dalla Procura sulla scorta delle ispezioni condotte dai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro tra novembre 2024 e febbraio 2025 anche in altri opifici cinesi radicati invece sul territorio di Milano, e cioè nella «Zen confezioni srl» a Baranzate e nella impresa individuale «Li Quingdong», entrambe subfornitrici della «Maurel srl», a sua volta subfornitrice della Ritaglio Magico fornitrice primaria di Tod’s. Ma qui «si confezionano divise per i commessi dei negozi di Tod’s», il che per i giudici di prevenzione di primo grado fa differenza rispetto alle tomaie di calzature destinate invece a essere vendute al pubblico, e fa escludere in capo a Tod’s l’agevolazione colposa del caporalato degli operai cinesi praticato per i pm in quelle strutture: nel caso delle divise, infatti, «Tod’s spa riveste le caratteristiche di un cliente che richieda una fornitura di prodotti per lo svolgimento della sua attività, e non, al contrario, di una impresa che realizzi prodotti che immette sul mercato e che caratterizzano il brand e la sua immagine, come possono essere le calzature Tod’s conosciute a livello internazionale. Per questi beni, rappresentativi della casa di moda, il livello di controllo nella filiera di produzione deve essere certamente più capillare al fine di garantirne l’originalità e la qualità del prodotto da vendersi al pubblico, e nell’ambito della loro catena di produzione i canoni per la configurazione della agevolazione colposa vanno sicuramente considerati più stringenti» rispetto a quelli negli opifici che preparano le divise per i commessi.

Il «dove» dello sfruttamento

Una tesi che il pm Paolo Storari definisce «francamente incomprensibile» nel ricorso in Cassazione in cui argomenta che «la distinzione introdotta dal tribunale milanese, tra prodotti destinati alla vendita (scarpe, dove Tod’s dovrebbe effettuare un penetrante controllo) e prodotti ad uso interno (divise, dove Tod’s non dovrebbe controllare nulla), pare introdurre una sorta di distinzione tra caporalato consentito e non consentito che è fuori dal sistema», visto che «l’articolo 34 D.L.vo 159/2011, quando censura l’attività di agevolazione di soggetti indagati per caporalato, non si preoccupa certo (e sarebbe sorprendente il contrario) della tipologia di prodotto realizzato in condizioni di sfruttamento».
Per il pm milanese la questione di competenza territoriale è inoltre malposta dai giudici a causa di una «palese confusione dell’argomentazione» che «sovrappone profili di competenza e di merito. Per la Cassazione conta il luogo di “manifestazione esteriore” della pericolosità soggettiva», e qui «la pericolosità dei soggetti agevolati è emersa a Baranzate (Zen Confezioni) e Vigevano (Lin Qingdong ), cioè dove si è consumato uno dei reati di caporalato», sicché, «se il Tribunale non contesta minimamente che a Baranzate e Vigevano siano stati commessi fatti riconducibili al caporalato, non può poi dichiararsi incompetente».

Cosa poteva sapere l’azienda

Per i due opifici ricadenti nella competenza milanese, e «dove sono state riscontrate gravi violazioni di legge», i giudici d’Appello – nel respingere in maggio l’impugnazione del pm – hanno motivato in maniera diversa dal Tribunale l’esclusione dell’agevolazione colposa di Tod’s, valorizzando che siano «subfornitori di secondo livello nella catena dell’appalto che vede la Tod’s spa committente: se quindi può essere sicuramente contestata una responsabilità colposa e/o dolosa (comunque da accertare compiutamente) nei confronti della Maurel srl nell’omesso controllo e vigilanza delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa presso gli opifici cinesi a cui commissiona di fatto le confezioni» ordinate da Tod’s, «questa responsabilità non appare direttamente esigibile nei confronti della Tod’s spa». Anche su questo il pm propone però ricorso in Cassazione, ritenendo che «la conclusione che Tod’s non è in colpa non appare condivisibile posto che l’omissione di controllo di Tod’s nei confronti dei propri subfornitori in pesanti situazioni di sfruttamento integra quella violazione cautelare che concretizza la colpa di organizzazione in tema di misure di prevenzione».

«Condizioni ottocentesche»

Sarà dunque la Cassazione a decidere il 19 novembre quale debba essere l’autorità giudiziaria competente a vagliare la fotografia proposta dal pm e dai carabinieri: «Paghe da fame, lavoro notturno e festivo, luoghi fatiscenti dove si lavora e si mangia e si dorme, macchinari privi di sistemi di sicurezza per aumentare la produttività concretizzano “condizioni di lavoro ottocentesche”» in cui «due mondi solo apparentemente distanti, quello del lusso da una parte e quello di laboratori cinesi dall’altra, entrano in connessione per un unico obiettivo: abbattimento dei costi e massimizzazione dei profitti attraverso elusione di norme penali giuslavoristiche» che «di fatto favoriscono, seppur colposamente, l’impiego di lavoro nero od irregolare, l’omissione retributiva e contributiva, lo sfruttamento di manodopera».
lferrarella@corriere.it

8 ott 2025



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