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Erg migliore azienda familiare 2025, Edoardo Garrone: «Le rinnovabili vinceranno, investiamo un miliardo»


di
Alessandra Puato

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«Imprese di famiglia più flessibili, prepariamo il passaggio alla quarta generazione», dice il presidente del gruppo che ha vinto il Premio Falck Aidaf

Edoardo Garrone, presidente di Erg, è un esponente di terza generazione della multinazionale genovese, passata in dieci anni dal petrolio all’energia rinnovabile. Per spingere sulle rinnovabili ha investito in epoca pre-Trump, a fine 2023, anche negli Stati Uniti con il socio Apex Clean Energy. È un imprenditore che dice pane al pane. Le rinnovabili hanno ancora un futuro ? «Sì, perché sono competitive anche economicamente». Come si affrontano i momenti difficili? «Preservando la solidità finanziaria: si controlla il debito e si valutano alleanze». Come si governa l’incertezza? «Bisogna investire, è praticamente un obbligo, ma con cautela e selettività».
In parallelo, però, «vanno coinvolte le nuove generazioni con una governance trasparente che separi proprietà e gestione». È con questi presupposti — innovazione, valori familiari, passaggio generazionale — che Erg, primo produttore di energia eolica in Italia e tra i primi dieci in Europa, ha vinto il premio Falck «Migliore impresa familiare 2025», assegnato dall’Aidaf che raduna 310 aziende di famiglia.

Che significa per voi questo premio?
«È un riconoscimento autorevole perché Aidaf lavora sulla valorizzazione delle aziende familiari in un’ottica di medio lungo periodo. Ricevere il premio come famiglia è una doppia soddisfazione. Si attesta che Erg ha saputo interpretare al meglio i valori familiari facendo coincidere il passaggio generazionale con la transizione di business. Dopo 70 anni di petrolio siamo passati all’energia rinnovabile, i valori di mio nonno e mio padre sono stati la base di un’azienda che ha saputo ripensarsi».




















































Quanti eredi ha Erg? Lei ha cinque figli, Alessandro tre…
«Non so se i nostri figli entreranno in azienda, finora ha un ruolo manageriale nel gruppo soltanto un membro della quarta generazione. Potenzialmente gli azionisti sono una quarantina. La famiglia si allarga. Abbiamo lavorato per un anno a un progetto per la quarta generazione e prima dell’estate abbiamo firmato un patto di famiglia sulla condivisione dei nostri valori. Vogliamo rendere i giovani responsabili, anche se non sono coinvolti nella gestione. Devono essere informati su che cosa fa il gruppo e come cresce, ci incontriamo un paio di volte all’anno, oltre che nei momenti formali. Quando mio padre decise di gestire il passaggio generazionale con me e mio fratello Alessandro, 25 anni fa, avevo partecipato a un corso sulle aziende familiari del professor Guido Corbetta (mancato lo scorso anno e anima dell’Aidaf, ndr.)., per capire quali fossero gli strumenti migliori. È un po’ quello che stiamo facendo noi ora con la quarta generazione».

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Avete costituito una nuova holding, Garmon, soci Garrone e Mondini, scindendo la capogruppo San Quirico. Che cosa cambia?
«È la cassaforte di famiglia. È qui che si decide ora, a cascata, la governance del gruppo, dove e come investire la liquidità. San Quirico è la subholding per gli investimenti industriali, da cui dipende la stessa Erg, mentre San Quirico Invest gestisce la liquidità. Il board di Garmon è composto solo da familiari. La proprietà indirizza la strategia e il management ha la responsabilità di gestire piani e investimenti. Garmon ha anche un altro compito: gestire attraverso il Family council la formazione delle nuove generazioni».

Che momento è per le aziende?
«Di revisione ragionata dei piani. Le medie e piccole imprese nei momenti di difficoltà possono contare su un fattore di competitività tipico dell’Italia, la flessibilità. Noi, per esempio, nell’ultimo aggiornamento di piano abbiamo annunciato una strategia più selettiva per valorizzare i nostri investimenti: più focus sui parchi in costruzione e sul repowering».

Avete investito negli Usa con Apex Clean Energy sulle rinnovabili. Che futuro ha l’energia alternativa al fossile?
«Apex è un partner affidabile, leader nelle rinnovabili negli Usa. Continuiamo a credere nel mercato statunitense, che è enorme. A oggi abbiamo 317 megawatt con un approccio zero rischi per un’eventuale nuova crescita. Sono convinto che l’energia rinnovabile sia assolutamente competitiva sul lungo termine. È più affidabile».

Ma l’amministrazione Trump frena.
«Trump è negazionista sul cambiamento climatico per due motivi: primo, per vendere il proprio gas all’Europa; secondo, perché la Cina è leader globale nella tecnologia delle rinnovabili — dalle batterie alle turbine e ai pannelli solari — da cui teme di dipendere in futuro. L’Europa sta rivedendo il modello rigido del green deal, ma non può frenare sulla transizione energetica. Ha poche fonti fossili quindi non c’è altra scelta. La strategia è spingere sulla domanda, sull’elettrificazione dei consumi e sul potenziamento della rete di distribuzione. L’elettrificazione dei consumi in Europa è pari al 23% della domanda, con una produzione di energia da rinnovabili che è quasi il doppio. Vogliamo supportare lo sviluppo delle rinnovabili o restare alle centrali a carbone?».

Erg ha chiuso il 2024 con ricavi in lieve calo da 741 a 738 milioni con l’Ebitda a 535 milioni dai 534 del 2023. La semestrale è in linea. Confermate gli obiettivi al 2026?
«I ricavi sono calati perché abbiamo avuto condizioni ventose straordinariamente sfavorevoli, abbiamo compensato con 580 megawatt di nuova capacità entrata in produzione. Confermiamo l’obiettivo di salire dai 3,8 gigawatt installati di fine 2024 a 4,2 nel 2026, con un miliardo di investimenti in tre anni. Per il 2025 la guidance resta di 540-600 milioni di margine operativo lordo e di un indebitamento netto di 1,85-1,95 miliardi. Continuiamo a investire, con selettività, perché siamo obbligati: se ci fermiamo perdiamo valore. L’altra leva per crescere sono le alleanze, se ben strutturate con patti parasociali sono un motore straordinario. La nostra storia lo conferma».

Siete in Borsa dal 1997, lo rifareste?
« Sì. La quotazione ci ha consentito di accedere a fonti di finanziamento diverse e più flessibili dei prestiti bancari. E con il Codice di autodisciplina la Borsa è un modello di trasparenza verso il mercato e gli stessi azionisti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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