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Ariston presenta il piano di rilancio per la produzione in Italia: investimenti per 500 milioni e un nuovo stabilimento all’avanguardia


Il Gruppo Ariston, realtà specializzata nelle soluzioni sostenibili per il comfort climatico e l’acqua calda, ha annunciato un piano di investimenti da 500 milioni di euro per il periodo 2022-2028 e un nuovo stabilimento per la produzione di scaldacqua elettrici di ultima generazione ad ad Albacina (AN).

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Il nuovo sito, che verrà operato secondo la metodologia del World Class Manufacturing, assorbirà una quota significativa degli investimenti, mentre gli altri fondi serviranno al Gruppo per rafforzare la ricerca e sviluppo nelle tecnologie chiave e, al tempo stesso, dotarsi di un’impronta industriale adeguata a sostenere la crescita di lungo periodo.

Ariston investe nel futuro: i dettagli del progetto del nuovo stabilimento

Il nuovo stabilimento, con una superficie di circa 30.000 metri quadrati, sarà un centro di eccellenza per la produzione manifatturiera. Integrando tecnologie all’avanguardia, mira a elevare gli standard di performance, qualità e servizio al cliente.

La gestione del sito si baserà sulla metodologia del World Class Manufacturing, che valorizza il ruolo delle persone.

Il cuore tecnologico sarà un ecosistema digitale intelligente, sviluppato in collaborazione con Accenture e basato sulla tecnologia Nvidia.

Grazie a un digital twin ad alta fedeltà, agenti di intelligenza artificiale collaborativi e interfacce naturali, l’ambiente di produzione diventerà adattivo e auto-apprendente. In questo modo, macchine e persone lavoreranno in sinergia per raggiungere l’eccellenza operativa.

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Il progetto è stato concepito con un forte impegno verso gli standard ESG, per garantire sostenibilità ambientale, efficienza energetica e responsabilità sociale. Una volta a regime, entro la fine del 2026, il nuovo sito sostituirà quello attuale di Genga (AN).

Il piano industriale per il rilancio della produzione in Italia

Un piano di investimenti ha interessato anche le attività di ricerca e sviluppo di Ariston Group. L’azienda ha potenziato i centri di Agrate Brianza (MB) e Albacina (AN) per le soluzioni rinnovabili, mentre ha concentrato l’innovazione per i sistemi di acqua calda e riscaldamento convenzionale a Fabriano (AN) e Osimo (AN).

Sul piano produttivo, il gruppo ha modernizzato i suoi siti storici, riportando in Italia alcune produzioni ad alto valore aggiunto.

Ad Albacina è stato creato un polo d’eccellenza per le pompe di calore, che prima erano prodotte in Cina. A Cerreto d’Esi (AN) è stata avviata una nuova linea per scaldacqua di alta gamma, anch’essi precedentemente realizzati in Cina.

Ad Arcevia (AN) è stata inaugurata la prima fabbrica di elettronica del gruppo. Infine, lo stabilimento di Osimo (AN), che ha ottenuto la medaglia Silver del World Class Manufacturing, è diventato il centro di produzione delle caldaie domestiche e commerciali per i mercati europei.

Il consolidamento del gruppo a livello internazionale

Il piano di investimenti in Italia si inserisce in una più ampia strategia di consolidamento globale del Gruppo. In Germania, per esempio, nello storico stabilimento Wolf di Mainburg, è stata attivata una nuova linea per le pompe di calore di alta gamma, realizzata secondo il metodo del World Class Manufacturing.

Sempre a Mainburg sarà inaugurato il nuovo Campus Wolf, un centro per la formazione e la ricerca e sviluppo in collaborazione con il Deggendorf Institute of Technology. A Siegenburg, invece, è stato costruito un nuovo hub logistico.

In Serbia, a Niš, è in fase di avvio un nuovo impianto per la produzione di cilindri indiretti per l’acqua calda.

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In Asia Ariston Group ha potenziato le sue capacità produttive e di sviluppo prodotto in mercati strategici come Vietnam, Indonesia e India.

Anche in Africa ci sono stati progressi: il nuovo stabilimento del Cairo, in Egitto, è ora pienamente operativo per la produzione di scaldacqua destinati ai mercati africani e mediorientali.

Infine, in Nord America, il Gruppo ha siglato una joint venture con Lennox, azienda leader nel mercato statunitense degli scaldacqua, supportata dal rafforzamento dello stabilimento di Saltillo, in Messico.

Il consolidamento del Gruppo Ariston e le sfide sui mercati internazionali

Dalla sua quotazione in borsa nel 2021 Ariston è cresciuta fino a diventare una vera e propria “multinazionale tascabile”, come la definisce l’imprenditore Paolo Merloni, Presidente esecutivo del Gruppo e figlio di Francesco Merloni, imprenditore, politico ed ex ministro dei Lavori pubblici nei governi Amato e Ciampi.

Nel 2024 l’azienda ha superato i 2,6 miliardi di euro di ricavi, impiegando più di 10.000 persone in 29 stabilimenti distribuiti in 17 Paesi e con una presenza diretta in oltre 170 mercati. Ogni anno produce oltre 8 milioni di apparecchi.

Nonostante la sua forte espansione globale, l’Europa rimane il principale mercato, generando il 71% del fatturato. La Germania si posiziona al primo posto con il 19%, grazie all’acquisizione del marchio Wolf, seguita da Italia (11%) e Svizzera (8%).

“Ariston Group ha saputo mantenere l’Italia al centro del proprio sviluppo, dimostrando come la crescita internazionale possa contribuire al benessere del territorio, senza fratture. Basti pensare che oggi l’Italia rappresenta poco più del 10% del nostro fatturato globale, ma vi produciamo quasi il 40% dei nostri volumi industriali”, commenta Merloni.

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“Forti delle nostre radici, investiamo per il futuro e sono particolarmente orgoglioso di annunciare l’avvio del nuovo sito di Albacina. Qui, dove il nostro gruppo è stato fondato 95 anni fa, sorgerà una delle fabbriche di scaldacqua più avanzate d’Europa”, aggiunge.

Concorrenza, energia e vincoli normativi: le sfide del mercato

Tuttavia, il gruppo affronta diverse sfide, tra cui la concorrenza asiatica, l’alto costo dell’energia e alcune normative europee.

A preoccupare la dirigenza del Gruppo, nello specifico, è il nuovo Cbam (Carbon Border Adjustment Mechanism), il Meccanismo di Adeguamento delle Frontiere per il Carbonio.

Lo strumento mira a contrastare il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, facendo sì che i prodotti importati nell’UE siano soggetti a un prezzo del carbonio equivalente a quello pagato per la produzione nell’UE.

Tuttavia, applicandosi solo alle materie prime e non sui semilavorati e sui prodotti finiti c’è il rischio, avverte Merloni, che questo strumento si trasformi in “un incentivo a portare via le fabbriche dall’Europa“.



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