Il ceo: nei cantieri ibridi di Palermo e Castellammare possiamo incrementare l’operatività militare con costi bassi
Lei è stato appena riconfermato: a cosa servirà questo secondo mandato?
«Fornisce la possibilità di perseguire il progetto che punta a far emergere il valore ancora inespresso di questa azienda. Un nuovo mandato — spiega Pierroberto Folgiero, amministratore delegato di Fincantieri — vuole dire avere il tempo per mettere in evidenza questi valori. Disporre di più tempo è, insomma, decisivo per completare il percorso avviato tre anni fa».
I governi europei predispongono importanti piani di spesa nel settore della difesa. Per Fincantieri in cosa si traduce?
«L’aumento della spesa richiede un “boost” della capacita industriale navale. C’è una grande mobilitazione politica, istituzionale e finanziaria. Come abbiamo detto alle istituzioni che ce lo chiedono: possiamo accrescere di molto la nostra capacità produttiva in breve tempo perché siamo una industria “duale”».
Pensate di rivedere il piano industriale 2023-2027?
«Stiamo lavorando aduna revisione e aggiorneremo il piano alla fine dell’anno. Nonostante fosse già un piano ambizioso, verrà rivisto proprio perché anche in Europa c’è questa grande accelerazione nel settore difesa che ci porta a valutare interventi di aumento di capacità produttiva. Perché è il sistema che lo chiede, con un cambio epocale per il settore della difesa».
Come pensate di aumentare la produzione dei vostri cantieri?
«Attraverso una duplice azione. In una fase iniziale non si tratta neanche di spendere molto: è sufficiente riarticolare il nostro sistema produttivo tra civile e militare. Noi abbiamo due cantieri ibridi in Italia: a Palermo e a Castellammare possiamo aumentare l’operatività militare concentrandoci interamente sulla difesa. È chiaro che questo poi comporta una redistribuzione del carico di lavoro nel sistema produttivo internazionale di Fincantieri che coinvolge sia la Romania, dove possiamo spostare parte delle navi da crociera in due grandi cantieri con 6 mila persone, sia il Vietnam, dove possiamo contare sulla possibilità di crescere grazie a una grande produttività e alla disponibilità di spazi e manodopera. Possiamo, dunque, subito aumentare la capacità navale militare».
L’altra mossa qual è?
«Investire per aumentare la capacità del nostro business militare nel cantiere del Muggiano a La Spezia e, poi, anche qualche altra idea che per il momento preferisco non anticipare. Si aggiunga che stiamo applicando al settore difesa tutte le tecniche produttive, la turnistica, il pre-allestimento a terra che adottiamo nel settore civile. Da tre anni i nostri miglioramenti produttivi nel mondo militare nascono proprio da questa contaminazione, oltre che dalla professionalità delle nostre persone».
Quali sono i mercati più promettenti nella difesa?
«Le principali aree di intervento sono il Sud Est Asiatico e il Medio Oriente. Nel nostro piano originario era indicato l’obiettivo di seguire i programmi di costruzione per la marina italiana e la marina statunitense e di concentraci molto sull’export per cogliere il macro trend di crescita della capacità navale globale sulla base della piattaforma geopolitica del nostro Paese».
Dove vi siete concentrati?
«Abbiamo messo una grande bandierina ad Abu Dhabi, poi è stata aperta una società in Arabia Saudita. Eravamo già in Qatar e siamo entrati in Indonesia, un paese che conta 270 milioni di persone che vivono in 17 mila isole davanti alla Cina. Con la Malesia, abbiamo appena firmato un accordo, così come con le Filippine per i sommergibili; seguiamo gli sviluppi in Vietnam e Thailandia. Questi erano gli obiettivi del piano, che abbiamo raggiunto e battuto sia per gli aspetti industriali sia finanziari».
Alla costruzione di navi militari, da crociera e da lavoro state aggiungendo la quarta gamba legata all’economia sottomarina.
«Per noi l’attività underwater (destinata a civile e militare, ndr) significa navi di superficie per operazioni subacquee, sommergibili, sonar, siluri, droni unmanned, boe per i segnali acustici e ottici, rappresentando l’altro buonissimo motivo per una revisione del piano. La nostra quarta gamba è l’underwater che prevede già ricavi per 650 milioni, che tra due anni diventeranno 820 milioni, con 150 milioni di ebitda».
È questo il senso del secondo mandato?
«Il lavoro su Fincantieri potrà dirsi a buon punto quando sarà un’azienda che fa 10 miliardi di ricavi, 800 milioni di margine operativo lordo e 300 milioni di utili. Stiamo andando in questa direzione più velocemente del previsto con un carico di lavoro totale che ha raggiunto il record di 57 miliardi di euro, che garantirà lavoro nei nostri cantieri italiani per dieci anni. Leggiamo il mercato e giochiamo il nostro ruolo tecnologico, industriale e sociale in un mondo in cui lo shipbuilding avrà sempre più peso geopolitico».
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